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L’amore per il prossimo

6 2 Le cerimonie religiose

6.4 L’amore per il prossimo

Nella parte del saggio a proposito dell’amore per il prossimo, Simone dice che per fare veramente dono della qualità di esseri umani a coloro che in un rapporto di forze sono nel piano inferiore, basta trattarli da uguali. Se il destino, le circostanze, la vita lo ha privati di qualcosa, gli altri, quindi il prossimo ha il dovere morale di sopperire alla generosità del creatore.

L’esistenza del male in terra e l’esistenza degli sventurati, che sono in fin dei conti parte dello stesso insieme, testimoniano che Dio non comanda ovunque potrebbe; se lo facesse, se esercitasse la sua onnipotenza non esisterebbero le degradazioni, i poveri, gli ammalati, ma visto che ci sono si deve concludere che la verità forse più evidente è proprio la ri- nuncia divina all’onnipotenza.

Questa rinuncia però ci consente di avvicinarsi a Lui comportandoci come se volessimo in qualche modo imitarlo, quando aiutiamo il prossimo, quando ci accorgiamo della sua bellezza, quando cerchiamo di salvarlo non facciamo altro che imitare l’onnipotenza di Cristo.

Chi, grazie alla generosità del prossimo riesce ad uscire dal proprio stato di sventura, sperimenta per un breve momento di avere un’anima generata esclusivamente dalla carità, viene generato dall’alto per mezzo di acqua e spirito. Per questo Simone dice che

Trattare con amore il prossimo colpito dalla sventura è come battezzarlo.57

56 Ivi., p.132

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Fare questo diventa per chi aiuta l’altro un momento di pura rinuncia, l’anergia che viene generata non ha la finalità di accrescere il suo potere ma significa dare esistenza ad un altro essere, che senza questo aiuto gratuito sarebbe destinato all’oblio.

Offrire sé stessi, immedesimarsi con lo sventurato rendono ognuno che ne sia capace una specie di Redentore, e solo seguendo l’esempio di Dio è possibile tutto questo. E tra i due soggetti in questione nasce un rapporto di armonia e uguaglianza, entrambi accettano il loro ruolo e riconoscono nell’altro la presenza divina.

Il tipo di attenzione in gioco sul rapporto del buon samaritano con il povero è una atten- zione molto particolare, di solito infatti siamo portati a dare attenzione a qualcosa che c’è, a qualcosa di presente ed evidente; ma non in questo caso, si parla per l’appunto dell’at- tenzione a ciò che non esiste, lo sventurato è carne anonima, è umanità assente.

Solo l’amore vede ciò che è invisibile, per essere invisibili secondo una canzone popolare spagnola riportata dalla Weil non c’è modo migliore che diventare poveri. Ma non dob- biamo cadere nell’errore di credere che siamo noi ad amare gli sventurati, in realtà è Dio a farlo attraverso di noi. Solo Dio può suscitare un amore del genere.

La conclusione a cui arriva Simone è che ogni uomo ha il potere di fare del bene o del male al prossimo, ogni uomo ha quindi la facoltà di premiare con il pane o di punire con la spada, ma, il Signore passa attraverso entrambi; con il pane Egli ringrazia i giusti e con la spada punisce gli empi.

Il compito di ognuno di noi, tirando le somme, è quello di accogliere il pane ma anche le ferite in modo che queste entrino nella nostra carne il più possibile, solo quando capiremo che Dio entra in noi con questi mezzi allora sapremo di aver raggiunto la consapevolezza necessaria.

Dopo aver a lungo parlato della carità e dell’amore per il prossimo, Simone scrive anche poche pagine a proposito dell’amicizia. Questa si differenzia dall’amore di cui sopra per- ché non è indiscriminata, infatti si prova nei confronti di una persona in particolare; si

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cerca l’amicizia con un soggetto determinato o per avere un certo bene o se si ha bisogno di lui.

Secondo la mistica francese non c’è contraddizione fra cercare un bene in un essere umano e volergli bene, sono facce della stessa medaglia; però si deve distinguere l’ami- cizia dall’amore per necessità. Per spiegarmi meglio: è necessario per una madre amare il figlio ed è necessario l’amore fisico nella sua forma più intensa, questi sono diversi dall’amicizia, Simone attraverso questo esempio ne chiarisce la specificità:

si va a respirare l’aria di mare non perché se ne ha la necessità, ma perché piace.58

La necessità che entra in gioco quando si parla di legami affettivi è data da una combina- zione di simpatia e abitudine. Non si deve confondere la necessità come ad una specie di sfruttamento di un’altra persona al fine di ottenere un certo risultato, e come tutti noi diremmo, anche la Weil

È una cosa atroce quando l’attaccamento di un essere umano a un altro è costituito solo dalla necessità. Poche cose al mondo possono raggiungere questo grado di bruttura e or- rore.59

L’amicizia viene definita come un miracolo dalla filosofa, perché dal momento in cui tra due individui si instaura un simile rapporto, nessuno dei due riesce a conservare la propria autonomia, si diventa per l’altro indispensabili grazie a una unità soprannaturale che si può definire con armonia.

Armonia perché si può dedurre dalle parole dette sopra che, si mescolano tra loro due opposti quali la necessità e la libertà individuale, e sono gli stessi due contrari che sono stati utilizzati da Dio per creare il mondo e con esso l’uomo.

58 Ivi., p. 156

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L’amicizia infine si può anche definire come una imitazione di quella originale e perfetta che è la divina Trinità, e ho trovato bellissima la definizione finale di amicizia della Weil con la quale chiudo questa analisi degli scritti raccolti in Attesa di Dio:

L’amicizia ha qualcosa di universale: consiste nell’amare un essere umano come si vor- rebbe poter amare chiunque appartenga alla specie umana.60

60 Ivi., p. 160

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