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Per una analisi dei bisogni educativi emersi dalla ricerca …

3. TEORIE E IDENTITÀ DELLA VITA ADULTA

4.3. U N POSSIBILE PROGETTO DI RIEDUCAZIONE DEL DETENUTO …

4.3.1. Per una analisi dei bisogni educativi emersi dalla ricerca …

Prima di rendere specifici gli obiettivi e di renderli operativi attraverso una metodologia applicativa è necessario prendere in considerazione i bisogni educativi che potrebbero emergere dai detenuti e che potrebbero costituire la base per la progettualità educativa. Come affermato in precedenza, il primo passo che i soggetti in esame sono chiamati a fare è proprio quello di prendere consapevolezza di tali bisogni a partire dai quali si innesca il proprio percorso educativo.

Prendendo spunto dalle parole della Garante dei detenuti la quale parla di gradi vuoti colmati in modo sbagliato, si può intravvedere come, dietro a questa constatazione, si possano nascondere dei bisogni che meritano una particolare attenzione dal punto di vita educativo.

Innanzitutto, la dott.ssa Forestan parla della mancanza di una guida che avesse potuto accompagnare l’individuo durante la sua crescita, aiutandolo a definire la propria identità, i valori e gli orientamenti di senso cui indirizzare la propria vita. La figura dell’educatore o dello psicologo all’interno del carcere potrebbe essere un nuovo punto di riferimento – per il periodo della detenzione – verso quegli adulti che ora vivono le conseguenze di un’esistenza spezzata. Grazie a queste figure professionali il detenuto può riprendere il suo percorso di crescita attraverso quel processo di rieducazione previsto e auspicato dall’art. 27 della Costituzione. È all’interno di questa relazione tra l’educatore e il detenuto che quest’ultimo può avere la possibilità di riportare a galla i propri vuoti, i propri “bisogni educativi” rimasti sospesi, e di trovare ad essi delle risoluzioni adeguate e costruttive per la propria persona.

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Prendendo pertanto in considerazione le interviste fatte agli ex detenuti e da quanto posto in rilievo nel primo capitolo riguardo i fattori che possono essere all’origine di comportamenti antisociali, si possono porre all’attenzione bisogni che riguardano la formazione dell’identità della persona. Alcune affermazioni fatte dagli intervistati possono nascondere, infatti, dei bisogni che possono esseri ricondotti alla carenza e alla fragilità della propria identità personale e sociale.

Secondo le parole e l’esperienza di Pietro233 la carenza nella formazione della propria identità potrebbe essere dedotta da un profondo bisogno di sicurezza e di fiducia verso coloro che potrebbero essere dei validi aiuti per cercare affrontare le proprie personali difficoltà:

E io invece credevo di essere un fenomeno. “Tanto m’arrangio, mi sono sempre arrangiato nella vita” (…)

Sì forse sei riuscito a trovare la sicurezza, paradossalmente, nel chiedere aiuto.

Esatto. Perché “già tanto mi arrangio, faccio io, son capace da solo”. E questo è un grossissimo errore, questo è un grossissimo errore. E diventa, cioè anch’io mi credevo, come dire, vulnerabile, “ma sì, ci penso io, faccio io, ma che, cosa vuoi (…), non c’ho bisogno di questo, non c’ho bisogno di quell’altro”. Ho capito che c’è bisogno. (Pietro)

Agnese rivela invece la propria debolezza di carattere che potrebbe denotare una più profonda fragilità interiore:

Anch’io sono sempre stata abbastanza debole di carattere, una che si fa trascinare. (Agnese)

Se per Pietro il bisogno di sicurezza si dimostra, paradossalmente, in una eccessiva (e per questo non appropriata) fiducia in se stesso, per Agnese, al contrario, il medesimo bisogno di fiducia si manifesta più palesemente attraverso la propria debolezza e fragilità. Queste due differenti modalità di manifestare lo stesso bisogno rivelano tuttavia la medesima difficoltà di rapportarsi in modo positivo con gli altri, da

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Per l’identificazione della persona, si rimanda alla tabella in cui si riporta una breve e schematica presentazione degli ex detenuti intervistati, p. 55.

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una parte con grande distacco mentre dall’altra con un eccessivo coinvolgimento tale da influenzare la propria soggettività.

Anche Mario, con altre parole, sostiene da una parte l’incidenza del proprio carattere, che può essere qui inteso come la solidità o meno della propria identità, dall’altra l’influenza del contesto nel quale la persona è inserita:

cioè uno che cresce in certi contesti, sei in compagnia o che, e dopo c’entra anche il fatto caratteriale di una persona (…). E quando sei in un contesto (…), vai fuori, magari, una sera in un locale e vedi gli amici e le amici che loro, per esempio, si fanno una canna o una sniffata di coca, perché io facevo quello. Cioè non voglio essere di meno. (Mario)

Riprendendo queste affermazioni fatte fin qui si potrebbe pensare che gli adulti detenuti avrebbero bisogno, innanzitutto, di riprendere contatto con se stessi – con i propri disagi, le proprie difficoltà e il proprio vissuto – , per poter ricostruire la propria identità personale e trovare quella maggiore ed equilibrata sicurezza e fiducia in se stessi. Questo costituirebbe il presupposto per poter soddisfare il bisogno di instaurare delle relazioni sane, positive e costruttive con gli altri e di rafforzare la propria identità sociale. Infatti, nella misura in cui la persona possiede una certa stabilità, equilibrio e sicurezza interiore potrà essere capace di vivere i propri rapporti con gli altri senza “tradire” o modificare la propria identità o il proprio modo di essere per poter trovare conferma e apprezzamento da parte degli altri234.

All’interno di tutto questo risiederebbe anche la capacità di rispondere in modo adeguato al bisogno di gestire in modo corretto la propria emotività, soprattutto nelle situazione di incomprensione o di conflitto (la cui incapacità potrebbe essere una causa scatenante azioni violente e criminali), al bisogno di interiorizzare determinati valori sui quali fondare la propria esistenza, al bisogno di chiarire e vivere in modo positivo la propria libertà, al bisogno di raggiungere una giusta autonomia, ecc.

234 Al riguardo Pati compie un passo in più sostenendo una certa circolarità tra la ricerca della propria unità personale e le relazioni interpersonali: «(…) la maturità personale procede di pari passo con la maturità nei rapporti con gli altri. Essa pone una stretta correlazione tra la positiva individuazione e la valida integrazione» (in PATI, Pedagogia della comunicazione educativa, op. cit., p. 109).

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Questi sono alcuni dei bisogni che potrebbero essere considerati come basi di partenza per una crescita integrale dell’adulto che si trova in carcere e, a sua volta, questo cammino, potrebbe essere considerato il presupposto per poter aiutare il soggetto a reinserirsi nella società con una maggiore responsabilità dovuta ad una più ampia conoscenza di sé, dei propri limiti ma anche delle proprie risorse, e di una maggiore capacità di gestire le situazioni di difficoltà e di contrasto in contesto relazionale.