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Sulla base della Classificazione delle attività economiche del 1954 i marchi sono stati attribuiti a 9 macro-categorie, tutte appartenenti al Ramo 3 delle Industrie manifatturiere: “industrie alimentari e affini” (3.01), “industrie delle pelli e del cuoio” (3.03), “industrie del vestiario, abbigliamento, arredamento e affini” (3.05);

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tra le industrie meccaniche sono stati messi in evidenza due gruppi distinti, ovvero quello della “costruzione di macchine operatrici, di macchine per l’agricoltura, di pompe, compressori, valvolame e simili” (3.11.D) e quello della “costruzione di mezzi di trasporto e lavori affini” (3.11.G). Anche le industrie chimiche e affini sono state catalogate tenendo separati due differenti settori: le “produzioni farmaceutiche” (3.13.13) e l’“industria dei derivati del petrolio e del carbone” (3.13.B); infine abbiamo la categoria “industrie manifatturiere varie” (3.15) e quella residuale “non classificabili”.

La categoria “non classificabili” comprende tutte le domande nelle quali non è stata specificata la natura del prodotto e questa non è intuibile sulla base delle altre informazioni presenti, quali la tipologia di marchio o la descrizione dell’etichetta, per cui questi marchi non possono essere attribuiti con certezza ad un settore piuttosto che ad un altro. Invece, le domande di deposito incomplete nei campi della data, delle generalità del depositante o della descrizione sono state inserite all’interno del settore industriale specifico cui appartengono, in quanto la mancanza di quelle informazioni non inficia questa attribuzione (Cfr. Figura 16).

Figura 16. Marchi e distintivi di fabbrica per ramo di attività economica, 1895-1959.

Fonte: elaborazione personale sui dati riportati in allegato 1. 2% 1% 10% 2% 9% 5% 68% 2% 1%

Costruzione di mezzi di trasporto e lavori affini Costruzione di macchine operatrici

Industrie alimentari e affini

Industrie del vestiario, abbigliamento, arredamento

Non classificabili

Industrie delle pelli e del cuoio Produzioni farmaceutiche Industrie manifatturiere varie

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Il settore chimico è quello che registra il numero più alto di marchi (68%), seguito a lunga distanza dal settore delle industrie alimentari (10%) che comprende al suo interno anche la produzione di bevande. Anche i marchi depositati dalle concerie di pelli, con una quota del 5%, possono essere considerati l’aspetto dinamico di un’industria in continua espansione.

Gli altri settori si attestano intorno a quote che vanno dall’1% al 2% che, sebbene estremamente ridotte, non devono essere sottovalutate perché testimoniano la presenza nella nostra provincia di attività anche fiorenti, ma che per diversi motivi non ricorrevano alla protezione dei loro prodotti tramite gli istituti giuridici dei segni distintivi. In questo gruppo, ad esempio, rientra il settore del vestiario e dell’abbigliamento che si collega strettamente alle attività tessili della tessitura e della rifinitura che erano ampiamente diffuse nel territorio pisano. Come sappiamo, queste attività, seppur estremamente radicate nel territorio, erano caratterizzate da un elevato livello di arretratezza, dal momento che venivano esercitate tramite l’ausilio di strumenti rudimentali e talvolta antichi e facendo ricorso per lo più alla tecnica di lavorazione a domicilio. Dunque, si trattava di una produzione di stampo “casalingo” che non utilizzava etichette da apporre sui prodotti e perciò non aveva bisogno di strumenti di tutela in questo senso.

Del tutto diversa, invece, è la situazione a Milano, capitale italiana della moda nel primo Novecento, dove la quota di marchi depositati presso la Camera di Commercio è molto più consistente, se paragonata a quella pisana179. Si tratta di una considerazione abbastanza ovvia, dato che in queste zone il settore tessile si stava sviluppando sulla scia di un moderno sistema di fabbrica come conseguenza dell’avvento della prima Rivoluzione industriale. Inoltre, i marchi registrati sono relativi per lo più al settore tessile piuttosto che a quello dell’abbigliamento e ciò fa pensare che la registrazione del marchio diventasse più frequente all’aumentare del

179 Lo studio effettuato sulla realtà milanese considera un arco temporale diverso; i dati, infatti, vanno

dal 1869 al 1914, ma lo scarto temporale che si registra rispetto ai dati pisani (1895-1959) non è tale da rendere inappropriato il paragone.

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volume della produzione che era reso possibile dall’utilizzo delle macchine; le attività di stampo più artigianale collegate alla confezione degli abiti, infatti, erano caratterizzate da un raggio di commercializzazione ridotto e non avevano bisogno di ricorrere ai marchi di fabbrica né come forme di tutela contro i concorrenti né come strumenti di promozione dei loro prodotti.

Le industrie tessili milanesi, d’altro canto, sono state tra le prime ad investire in attività di marketing facendo ampio uso anche dei segni distintivi al fine di aumentare la diffusione dei loro prodotti; nonostante ciò si trattava di industrie nate, appunto, con la prima Rivoluzione industriale e quindi di realtà tecnologicamente non avanzate e per questi motivi – elevato numero di marchi registrati e presenza di imprese di grandi dimensioni ma non tecnologicamente avanzate – lo studio condotto sulla provincia di Milano permette di stabilire l’assenza di una correlazione positiva tra diffusione dei marchi e comparsa di grandi imprese moderne nel settore del tessile/abbigliamento180.

A questo punto potrebbe essere utile verificare questa asserzione considerando le dinamiche di un settore caratterizzato dalla presenza di poli industriali moderni, nati grazie ai progressi della seconda Rivoluzione industriale: il settore chimico- farmaceutico pisano. Potremmo chiederci, allora, se la quota elevata di marchi chimico-farmaceutici (68%) rinvenuta presso l’Archivio Storico della Camera di Commercio di Pisa è direttamente collegata alla nascita della grande industria chimico-farmaceutica nella nostra provincia.

L’attribuzione dei marchi depositati ai laboratori farmaceutici dislocati nelle diverse zone della provincia evidenzia che oltre la metà di essi appartiene alla Farmaceutici Biagini S.p.A., un’azienda in origine pisana e trasferitasi successivamente nel lucchese. Il peso dell’azienda di Castelvecchio Pascoli in termini di privative registrate è pari al 64,1% del totale, anche se si tratta prevalentemente di marchi depositati presso la Camera di Commercio di Pisa in tempi abbastanza recenti, a partire, cioè, dal 1955.

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Segue, con una quota decisamente inferiore, il Laboratorio Chimico- Farmaceutico Teodoro Rossini di Pisa, del quale vengono presentati, in appendice al capitolo, alcuni esemplari di marchi ben conservati (Cfr. Appendice al capitolo 3, Figura 27). I marchi restanti, che complessivamente pesano per il 17,9%, sono stati registrati da altre imprese farmaceutiche pisane, alcune delle quali sono tuttora attive (Cfr. Figura 17).

Figura 17. Percentuali di marchi registrati dalle imprese chimico-farmaceutiche.

Fonte: elaborazione personale sui dati riportati in allegato 1.

La Farmaceutici Biagini era un piccola farmacia pisana, specializzata nella produzione di vaccini, che fu rilevata, negli anni Cinquanta, da Guelfo Marcucci. Da pochi anni egli era entrato in questo settore in seguito alla creazione in Garfagnana di un piccolo laboratorio farmaceutico, che all’inizio funzionava tramite l’importazione dei prodotti realizzati da altri, mentre soltanto qualche anno dopo la sua fondazione fu creato un piccolo impianto per la lavorazione. Il successo che sarebbe derivato da questa attività fu chiaro fin da subito; infatti, in quegli stessi anni Guelfo ottenne la licenza di importazione degli emoderivati e una serie di concessioni che ne permettevano la vendita in Italia.

3,1% 0,8% 0,8% 0,8% 3,1% 1,6% 0,8% 18,0% 0,8% 0,8% 0,8% 1,6% 2,3% 0,8% 64,1%

Laboratorio Chimico Farmaceutico Baldacci (PI) Ditta Laboratorio Chimico Antiepacol (PI)

Spizzichino Enrico Farmacia e Laboratorio Chimico (PI) Galgani Guido (S. GIULIANO)

Laboratorio Jodarsenico Giuseppe Guidotti & C. (PI) Laboratorio Tiocosol dott. G. Cioni (PI)

Bandiera Corrado (PI)

Laboratorio Chimico Farmaceutico T. Rossini (PI) Laboratorio Chimico Farmaceutico C. Biagini E. Vichi (FI) Vottero Pier Ignazio (PI)

Laboratorio Chimico Industriale Prodotti Gino Beanassi (PI) Ditta Lebrun di Pisa (PI)

Istituto Terapeutico Pisano "Già Neveolina" (PI) Farmacia Bottari (PI)

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Nei primi anni Settanta, Marcucci creò un’altra società, la Aima Plasmaderivati a Rieti, con cui dette avvio alla messa in atto del processo per il frazionamento del plasma: si trattava della prima e unica azienda farmaceutica italiana che si era addentrata in questo campo e perciò Guelfo Marcucci ottenne il soprannome di Conte Dracula della Garfagnana. Successivamente l’azienda si ingrandì ulteriormente in seguito all’acquisto dalla multinazionale americana Richardson Merrel dello stabilimento di Sant’Antimo, in cui si eseguiva la produzione di vaccini e di altri emoderivati.

Negli anni Ottanta fu acquistata la Sclavo dall’Enimont, della quale fu conservato soltanto il reparto degli emoderivati, ma questo stabilimento e quello di Rieti furono alienati poco più tardi in seguito ad un provvedimento emesso dall’Autorità Antitrust181

.

Alla soglia del nuovo secolo i due stabilimenti rimasti, quello di Sant’Antimo e quello originario di Pisa, trasferito poi a Castelvecchio Pascoli, sono confluiti in una nuova società, la Kedrion S.p.A., che attualmente risulta una delle sei aziende del settore farmaceutico più grandi del mondo che si occupa della produzione e della commercializzazione di plasmaderivati, vaccini, prodotti farmaceutici di sintesi e della raccolta e commercializzazione di plasma all’estero. Inoltre, essa è dotata di un laboratorio di ricerca e sviluppo altamente qualificato che è l’unico in Italia e risulta tra i più eccellenti d’Europa e che, tra le altre cose, si dedica agli studi di sicurezza nei confronti di virus e prioni182.

Oltre a questa ci sono altre due aziende pisane che, per l’importanza che tuttora rivestono, meritano di essere approfondite, sebbene la quota di marchi che hanno depositato sia piuttosto bassa (3% ciascuna). Si tratta del Laboratorio Chimico- Farmaceutico Baldacci e del Laboratorio Jodarsenico Giuseppe Guidotti & C..

Il Laboratorio Baldacci, fondato a Pisa nel 1904, è il primo opificio chimico- farmaceutico della città e rientra anche tra i cinque più antichi d’Italia. Fin

181 www.specchioeconomico.com.; intervista ad Andrea Marcucci. 182

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dall’inizio il dottor Valentino Baldacci si avvalse della preziosa collaborazione dei docenti e dei ricercatori dell’università di Pisa, anche se la realizzazione di medicinali idonei ad essere commercializzati era un processo lungo e difficile che lo tenne impegnato per oltre i primi cinque anni dalla fondazione del laboratorio.

Uno dei primi farmaci ad essere realizzati fu lo Iodarsolo, uno sciroppo ricostituente ricavato da un vino siciliano che in breve tempo ottenne un grande successo a livello sia nazionale che internazionale grazie alle cospicue esportazioni negli Stati Uniti. Negli anni Venti, infatti, la produzione dello Iodarsolo e degli altri sciroppi ricostituenti Baldacci si intensificò al punto tale da spingere la famiglia Baldacci a creare uno stabilimento anche in Spagna, da cui prese avvio un flusso di esportazioni massicce in Portogallo e nei paesi dell’America Latina (Cfr. Figura 18).

Figura 18. Esemplari di marchi registrati dal Laboratorio Chimico-Farmaceutico V. Baldacci di Pisa: Iodarsolo (1909) e Abekolo (1922).

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I Baldacci, seguendo l’esempio dei Laboratori Guidotti, iniziarono a promuovere i loro prodotti in Italia e all’estero servendosi dei propagandisti, i quali contribuirono ad accrescere la notorietà dei prodotti, generando un circolo virtuoso che ha apportato all’azienda nuovi capitali con cui essa ha potuto ingrandirsi ed espandersi ulteriormente nel corso di tutto un secolo.

Attualmente i Laboratori Baldacci S.p.A. sono una delle industrie chimico- farmaceutiche più importanti d’Italia e con un mercato estero in continua espansione183.

La società anonima Laboratorio Jodarsenico Giuseppe Guidotti & C. è stata fondata a Pisa nel 1914 e deve la sua denominazione al prodotto farmaceutico di maggiore successo che realizzava, lo Jodarsenico, lo sciroppo ricostituente molto simile ad altri medicinali di moda a Pisa all’inizio del secolo, come il Diapurolo della Gentili e lo Iodarsolo della Baldacci. Tra i soci fondatori di questa impresa c’erano anche illustri personalità provenienti dal mondo accademico pisano e questo testimonia il ruolo chiave che l’università ha avuto nel consolidamento del settore farmaceutico a Pisa nei primi anni del Novecento.

Il Laboratorio Guidotti si distinse subito dagli altri presenti nella città, in quanto era uno dei pochi che affiancava all’attività farmaceutica anche quella chimica, specializzata nella realizzazione dei principi attivi necessari alle diverse produzioni. Alla fine degli anni Venti i prodotti realizzati dalla piccola industria farmaceutica erano arrivati ad otto e alcuni di questi erano stati registrati presso la Camera di Commercio; nell’Archivio Storico, infatti, sono state rinvenute, oltre allo Jodarsenico, le domande di registrazione dei marchi Timental liquido, Timental pastiglie e Timental dentifricio, ma per tutti questi prodotti, purtroppo, non sono reperibili le immagini delle etichette.

Un’altra caratteristica del Laboratorio Guidotti è rappresentata dall’intensa attività pubblicitaria che era stata messa in atto fin dai primi anni dalla sua

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creazione; nell’azienda, infatti, lavoravano numerosi informatori che promuovevano i prodotti dell’impresa in molte regioni italiane e tutto questo, insieme al complesso di condizioni favorevoli che si erano generate all’interno del settore, aveva portato Luigi Guidotti ad intraprendere un processo di crescita che lo aveva indotto ad ampliare i locali della sua azienda, ad investire in macchinari e tecnologie avanzate e a realizzare prodotti sempre più all’avanguardia.

In breve tempo il Laboratorio Guidotti si era trasformato in un’industria farmaceutica a tutti gli effetti che aveva fatto dell’aspetto chimico della produzione farmacologica uno dei suoi punti di forza, divenendo la prima impresa in Italia a fabbricare materie prime chimiche a livello industriale, le quali venivano sia utilizzate internamente per la produzione dei farmaci sia vendute ad altre industrie farmaceutiche.

Durante la seconda guerra mondiale i locali dell’azienda vennero completamente distrutti, ma questo non ha inficiato le competenze e il know how che ormai erano stati acquisiti dalla compagine aziendale. Al termine della guerra, infatti, ebbe inizio il processo di ricostruzione sotto la guida capace di Harry Bracci Torsi, che aveva previsto la costruzione di due unità separate: un laboratorio di ricerca dotato delle più moderne tecnologie per l’epoca e un’unità di produzione di materie prime e prodotti finiti.

Oggi il Laboratorio Guidotti S.p.A. è entrato a far parte del gruppo Menarini e grazie a questa collaborazione ha potuto intraprendere un processo di internazionalizzazione grazie al quale si prospettano sempre nuove possibilità di crescita.

Alla luce dei fatti appena presentati, quindi, la risposta all’interrogativo che è stato posto all’inizio sembra essere affermativa. A Pisa la grande industria farmaceutica era oggettivamente nata e questo è un dato certo, reso ancor più evidente dal fatto che oggi quelle industrie fondate più di un secolo fa sono ancora presenti e intraprendono continue e sempre nuove strategie di crescita. Non è un caso, quindi, che questo settore presenti, nella prima metà del Novecento, la quota

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più alta di marchi registrati; quella correlazione positiva evidenziata nello studio della Polese tra il ricorso all’uso dei segni distintivi e le dimensioni aziendali si riscontra, quindi, nel settore farmaceutico pisano184.

La grande differenza tra il caso milanese del settore della moda e quello pisano si ravvisa, da un lato, nella presenza dell’industria, dall’altro, dell’industria moderna. Oltre a ciò bisogna aggiungere il fatto che a Pisa le industrie chimico- farmaceutiche erano nate all’interno di un ampio tessuto di piccoli farmacisti che lavoravano nelle loro botteghe e che, nel loro piccolo, riuscivano talvolta a depositare marchi di successo (Cfr. Figura 19).

Figura 19. Esemplari di marchi registrati: Antiepacol (Laboratorio Chimico Antiepacol, 1910), Jodarenina (Galgani Guido, 1913), Iothal (Spizzichino Enrico Farmacia e Laboratorio Chimico, 1913), Tiocosol (Laboratorio Tiocosol dott. G. Cioni, 1923).

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163 Fonte: Archivio Storico della Camera di Commercio di Pisa.

Il fatto che nella nostra provincia si fosse creato già dal primo Novecento un comparto fatto di grandi industrie e piccoli artigiani è la prova del forte radicamento del settore farmaceutico in questa zona, in cui alla predisposizione territoriale e al fiuto imprenditoriale di molti esperti farmacisti si è aggiunta anche la collaborazione con l’università che certamente ha contribuito allo sviluppo dell’intero settore.

Si comprende, dunque, come per le aziende farmaceutiche nate all’inizio del secolo sia stato determinante per il successo, oltre alle buone capacità imprenditoriali dei fondatori, il supporto proveniente dall’ateneo pisano. Infatti, è stata proprio la collaborazione diretta che si è instaurata tra l’industria farmaceutica e i docenti universitari l’elemento che ha fornito a questo settore quelle caratteristiche industriali di alto profilo qualitativo che lo hanno distinto dal settore

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considerato a livello nazionale, in cui prevaleva un modello di industria collaterale e funzionale all’esercizio commerciale delle farmacie185.

A partire dal secondo dopoguerra questa collaborazione inizia a diminuire di intensità e poco a poco cede il posto alle collaborazioni tra aziende farmaceutiche e laboratori aziendali o altre imprese multinazionali straniere. Questo cambiamento assume una portata gigantesca, dal momento che non interessa soltanto l’ateneo di Pisa, ma anche tutti gli altri centri universitari in cui la farmaceutica ha ottenuto nel tempo un carattere industriale; si pensa che ciò sia dovuto in modo particolare alle limitazioni imposte dalla legge sulle invenzioni, che vietando la brevettazione delle scoperte in campo chimico-farmacologico ha indotto le industrie farmaceutiche italiane a dedicarsi ad attività di confezionamento piuttosto che di ricerca, con il conseguente allentamento dei rapporti con le strutture accademiche, ormai non più necessari. Infatti, le aziende farmaceutiche a poco a poco hanno cominciato a prendere in licenza i brevetti depositati dalle imprese straniere, cioè hanno iniziato ad acquistare all’estero le materie prime, le molecole quindi, e a rivendere col proprio marchio sul mercato nazionale il farmaco trasformato nella forma più opportuna (compresse, fiale, sciroppi).

Un altro motivo che spiega perché questo rapporto nel tempo è andato deteriorandosi si lega al fatto che all’inizio del secolo i professori universitari erano ben inseriti nel tessuto economico e sociale pisano, partecipando agli eventi pubblici e ricoprendo anche incarichi politici, e in questo modo sono riusciti a dare un supporto determinante per la nascita delle prime aziende. Invece, a partire dal secondo dopoguerra, questo non accade più. Le università italiane, infatti, non vengono più coinvolte a livello politico nei piani strategici volti a promuovere la collaborazione tra scienza e impresa e la catena impresa-ricerca-università si spezza non riuscendo più a fornire nei settori strategici per la crescita del paese, come quello farmaceutico, risultati coerenti con il suo effettivo potenziale186.

185 Bianchi, Il settore farmaceutico pisano, cit. 186

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Quel processo dinamico di industrializzazione sui generis che si diffonde in Toscana e in modo particolare nel territorio pisano non si limita soltanto ai due settori che, in maniera molto differente l’uno dall’altro, hanno fatto la storia della provincia, cioè quello del tessile e quello chimico-farmaceutico, bensì si estende fino ad abbracciare altre attività.

Sempre analizzando i marchi registrati e rinvenuti presso l’Archivio Storico della Camera di Commercio si comprende come il clima di sviluppo e prosperità che ha caratterizzato l’inizio del secolo scorso permeasse in ogni bottega artigiana, in ogni opificio, fabbrica o piccola industria che si trovava all’interno della città o nei comuni circostanti.

Altri due settori particolarmente fiorenti diffusi nelle nostre zone erano quello dedicato alla produzione di generi alimentari e bevande e quello relativo alla concia delle pelli e alla lavorazione del cuoio.

I marchi del settore alimentare sono soltanto 19, ma coprono ugualmente tutto l’arco temporale considerato, mentre quelli della categoria pelli e cuoio si concentrano nel decennio 1948-1958187.

Nel settore alimentari e bevande il marchio più vecchio è stato registrato dal dottor Gustavo Gasperini il 14 febbraio 1895 e contraddistingue l’Acqua Acidula di Agnano, un’acqua minerale da tavola dotata di un potere diuretico, digestivo e ricostituente che sgorgava dalla sorgente di Agnano Pisano, sita nel comune di Bagni di San Giuliano. All’Archivio è conservato in ottimo stato un esemplare di

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Il domicilio dei soggetti che hanno registrato questi marchi è sempre lo stesso ed è rappresentato dalla frazione di Ponte a Egola, nel comune di San Miniato. Queste zone sono entrate a far parte della provincia di Pisa nel 1926, per cui l’assenza di marchi precedenti a questo anno è facilmente intuibile; invece il vuoto che si rileva tra il 1926 e il 1947 potrebbe essere dovuto a molti fattori; uno dei più plausibili potrebbe essere quello relativo al fatto che a partire dagli anni Trenta lo Stato italiano comincia il potenziamento militare e con le politiche fasciste dettate dal nazionalismo cerca di farsi strada in Europa tramite il potenziamento delle grandi industrie, come i comparti della chimica, della meccanica e della siderurgia. La lavorazione delle pelli è un’attività, che sebbene possa fare affidamento su processi chimici

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