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4. INSTABILITÀ DEI PENDII

4.2 ANALISI DI II LIVELLO

I metodi di I livello visti nei paragrafi precedenti forniscono risultati di scarso interesse ai fini della zonazione per instabilità dei pendii. In particolare, quelli basati sulle relazioni magnitudo-distanza consentono di stimare l’estensione dell’area in cui possono manifestarsi eventi franosi a condizione che siano state identificate le eventuali sorgenti sismiche, epicentri o faglie sismogenetiche. Fatta eccezione per alcuni casi particolari, questa informazione è generalmente molto incerta, soprattutto in territori, come ad esempio quello italiano, a sismicità molto diffusa. Ne consegue che, essendo di difficile impiego come strumenti di previsione, il loro campo di applicazione finisce per essere limitato allo sviluppo di analisi a posteriori.

Inoltre, tutti i metodi di I livello, prescindendo da qualunque informazione morfologica, geotecnica e idraulica, non sono in grado di fornire nessuna indicazione specifica sulla pericolosità del singolo sito.

I metodi di II livello consentono di migliorare notevolmente la qualità dei risultati con l’aggiunta di alcuni dati relativi alla topografia, alla geologia, alle condizioni idrauliche e alla piovosità, acquisiti con indagini speditive e/o da rapporti e documenti esistenti. Tali metodi sono finalizzati soprattutto alla redazione di carte di suscettibilità e vengono generalmente applicati suddividendo l’area in esame in celle quadrate di dimensioni opportune (con lunghezza del lato generalmente compresa tra 500 e 1000 m).

Figura 13 – Relazioni tra magnitudo e distanza dall’epicentro o dalla faglia in funzione della percentuale di frane indotte dal terremoto (TC4, 1993)

Figura 14 – Relazioni tra magnitudo e distanza massima epicentrale di frane indotte da terremoti. L’area tratteggiata si riferisce alle frane indotte dal

Nel Manuale di Zonazione sono presentati tre metodi di II livello: a) il metodo del Kanagawa Prefectural Government (1986);

b) il metodo di Mora e Vahrson (1994);

c) il metodo della Japan Road Association (1988).

Tra questi, i primi due si basano sui risultati dell’analisi statistica dei dati relativi a diversi terremoti, mentre il terzo fa riferimento alle informazioni ricavate da un unico terremoto.

A motivo della loro maggiore generalità verranno discussi nel seguito soltanto i primi due.

a) Metodo del Kanagawa Prefectural Government

Con questo metodo l’area investigata viene suddivisa in celle di dimensioni 500x500 m2, per produrre una carta di suscettibilità in scala 1:50.000 o 1:25.000. In ciascuna cella la suscettibilità all’instabilità, W, è espressa mediante la relazione:

= = 7 1 i i W W

dove Wi sono parametri che tengono conto di alcuni fattori predisponenti (morfologia, consistenza del terreno) e di un fattore scatenante (accelerazione di picco). Il metodo trascura l’influenza delle condizioni idrogeologiche per quanto riguarda i fattori predisponenti, e non considera l’effetto di eventuali precipitazioni precedenti l’evento tra i fattori scatenanti. Nella Tabella 10 sono riportati i valori dei coefficienti Wi relativi alle diverse condizioni.

Alcune applicazioni del metodo a casi reali ben documentati (Komak Panah e Hafezi Mogaddas, 1993; Yasuda, 1993; Yasuda, 1997) hanno messo in evidenza che i risultati ottenuti sono molto conservativi, cioè che il numero di frane previsto è molto maggiore di quello rilevato in seguito al terremoto. Ciò sembra imputabile principalmente al peso del coefficiente W1, che risulta troppo sensibile al valore di amax (Yasuda, 1997).

b) Metodo di Mora e Vahrson

In questo metodo viene considerata l’influenza sulla franosità di tre fattori predisponenti: la morfologia, la litologia e l’umidità del terreno, e di due fattori scatenanti: la sismicità e l’intensità delle precipitazioni. In base a questi viene definito l’indice del rischio di frane, Hl, espresso dalla relazione:

Hl = (Sr ⋅ Sl ⋅ Sh) ⋅ (Ts + Tp)

dove Sr è l’indice di rilievo relativo (rapporto tra la massima differenza di quota e l’area della cella di lato 1 km), Sl l’indice di suscettibilità litologica , Sh l’indice di umidità naturale, Ts è il fattore di intensità sismica e Tp il fattore di intensità delle precipitazioni.

Alcune verifiche successive del metodo hanno mostrato un’eccessiva influenza dei fattori Tp e Sr sull’indice del rischio di frane e l’opportunità di una suddivisione del range di valori sia di questi parametri che di Hl (Yasuda, 1997).

Fattori Wi W1 Accelerazione massima in superficie (gal) <200

200÷300 300÷400 >400 0.0 1.004 2.306 2.754 W2 Lunghezza della curva di livello a quota media (m) <1000

1000÷1500 1500÷2000 >2000 0.0 0.071 0.320 0.696

W3 Massima differenza di quota (m) < 50

50÷100 100÷200 200÷300 >300 0.0 0.550 0.591 0.814 1.431 W4 Rigidezza del terreno in un pendio rappresentativo Terreno

Roccia tenera Roccia dura

0.0 0.169 0.191 W5 Lunghezza totale delle faglie (m) Nessuna faglia

<200 >200

0.0 0.238 0.710 W6 Lunghezza totale dei pendii artificiali (m) <100

100÷200 >200

0.0 0.539 0.845 W7 Topografia di un pendio rappresentativo

0.0 0.151 0.184 0.207

Tabella 11 – Valori del parametro Sr in funzione del rilievo relativo (Mora e Vahrson, 1994)

Rilievo relativo (m/km2) Suscettibilità Parametro Sr

0 ÷ 75 Molto bassa 0 76 ÷ 175 Bassa 1 176 ÷ 300 Moderata 2 301 ÷ 500 Media 3 501 ÷ 800 Alta 4 >800 Molto alta 5

Tabella 12 – Valori del parametro Sl in funzione della litologia, validi per l’America centrale (Mora e Vahrson, 1994)

Litologia Suscettibilità Valore di Sl

Calcare permeabile, rocce intrusive poco fessurate, basalto, andesiti, graniti, ignimbrite, gneiss, orneblende con feldspati; rocce con basso grado di alterazione, falda freatica profonda, fratture spigolose e pulite, elevata resistenza al taglio

Bassa 1

Rocce delle litologie sopradette ma fortemente alterate e ammassi di rocce dure, clastiche e sedimentarie; di bassa resistenza al taglio e con fratture non resistenti al taglio

Moderata 2

Rocce notevolmente alterate sedimentarie, intrusive, metamorfiche, vulcaniche, terreni regolitici sabbiosi compatti, sensibilmente fratturati, con oscillazione della profondità delle falde freatiche, colluvium e alluvium compatti

Media 3

Rocce di qualunque tipo, notevolmente alterate, anche per effetto termico e idraulico, molto fratturate e fessurate, con argilla interstiziale; terreni piroclastici e fluvio-lacustri poco compatti, falda freatica a piccola profondità

Alta 4

Rocce molto alterate, terreni alluvionali, colluviali e residuali di bassa resistenza al taglio, falda freatica a piccola profondità

Molto alta 5

Piovosità media mensile (mm/mese) Valore assegnato <125 0 125 ÷ 250 1 >250 2

Tabella 14 – Valori del parametro Sh in funzione della piovosità media annuale (Mora e Vahrson, 1994)

Somma delle precipitazioni medie (somma dei valori della tab. 13 per 12 mesi)

Suscettibilità Parametro Sh 0 ÷ 4 Molto bassa 1 5 ÷ 9 Bassa 2 10 ÷ 14 Media 3 15 ÷ 19 Alta 4 20 ÷ 24 Molto alta 5

Tabella 15 – Valori del parametro Ts in funzione dell’intensità sismica attesa (Mora e Vahrson, 1994)

Intensità M.M. (periodo di ritorno 100 anni)

Suscettibilità Parametro Ts III Leggera 1 IV Molto bassa 2 V Bassa 3 VI Moderata 4 VII Media 5 VIII Considerevole 6 IX Rilevante 7 X Forte 8 XI Molto forte 9 XII Fortissima 10

Tabella 16 – Valori del parametro Tp in funzione dell’intensità delle precipitazioni (Mora e Vahrson, 1994)

Precipitazione massima (n>10 anni; p. di ritorno 100 anni)

Precipitazione media (n<10 anni) Suscettibilità Parametro Tp <100 mm <50 mm Molto bassa 1 101 ÷ 200 51 ÷ 90 Bassa 2 201 ÷ 300 91 ÷ 130 Media 3 301 ÷ 400 131 ÷ 175 Alta 4 >400 >175 Molto alta 5

Tabella 17 – Classi di suscettibilità in funzione del valore dell’indice del rischio di frana Hl (Mora e Vahrson, 1994)

Valore di Hl Classe Suscettibilità

0 ÷ 6 I Trascurabile 7 ÷ 32 II Bassa 33 ÷ 162 III Moderata 163 ÷ 512 IV Media 513 ÷ 1250 V Alta >1250 VI Molto alta

5. LIQUEFAZIONE

Analogamente a quanto già visto a proposito dell’instabilità dei pendii, nella stima del rischio di liquefazione vengono distinti i due concetti di opportunità e suscettibilità. Il primo definisce le caratteristiche del fattore scatenante (il terremoto), mentre il secondo è legato alla natura del terreno (composizione mineralogica, struttura, storia geologica).

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