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CAPITOLO 3: CRYSTAL SIZE DISTRIBUTION: TEORIA E LORO INTERPRETAZIONE

3.4 ANALISI D’IMMAGINE SU PLAGIOCLAS

Sui vetrini dei campioni di lave etnee sono state condotte, tramite analisi d’immagine, misurazioni delle dimensioni dei cristalli di plagioclasio in modo da poter ricostruire le CSD, ottenendo preziose informazioni sulla storia di raffreddamento e cristallizzazione di queste lave.

I vetrini sono stati scannerizzati in modo da ottenere delle immagini con un’alta risoluzione, dalle quali, mediante l’utilizzo del programma “ImageJ”, è stato possibile ottenere le aree dei cristalli di plagioclasio. Prima della scansione si è provveduto alla colorazione dei vuoti. Questo è possibile attaccando la colla presente al loro interno, utilizzata per incollare il vetrino alla roccia, con dell’acetone ed in seguito, colorando il vetrino con un pennarello indelebile; a questo punto, l’inchiostro verrà assorbito dalla colla, mentre sarà rimosso con un solvente dal resto del campione. Le immagini scannerizzate dei campioni sono state rilevate con una risoluzione pari a 3600 pixel/pollice, equivalente a 141,73 pixel/cm. Di seguito è riportato l’elenco dei campioni per i quali è stato condotta l’analisi d’immagine sui plagioclasi (sono stati esclusi alcuni campioni troppo vetrosi dove risultava difficoltosa la misurazione delle aree dei plagioclasi).

Data evento Sigla campione

1. 12-13/01/11 11ET11 2. 12-13/01/11 2ET11 3. 11-12/05/11 A4a 4. 30/07/11 A8b 5. 18/03/12 B4 6. 23/02/13 CSE

Le immagini sono state scansionate sia a nicol paralleli che a nicol incrociato, in posizione di quasi completa estinzione, in modo da poter far risaltare in modo più evidente le varie fasi minerali. Di seguito sono riportate due scansioni, a nicol paralleli e incrociati, del campione 2ET11.

Figura 3.3 – (a) Immagine a nicol paralleli del campione 2ET11; sono visibili i plagioclasi (cristalli allungai chiari), i pirosseni (color bruno), i vuoti, colorati di azzurro o completamente bianchi laddove il colore non è penetrato e in nero la pasta di fondo; (b) stessa scansione a nicol incrociati con un angolo di estinzione di circa 15°-20°.

Le immagini cosi ottenute sono state poi processate con il programma “ImageJ”; dapprima sono stati evidenziati i vuoti, in modo da poterla sottrarre la loro area dall’area totale della sezione e ottenere cosi l’area della lava al netto delle bolle. Questo è stato possibile utilizzando una routine creata appositamente con “ImageJ” che permette di evidenziare le aree colorate in azzurro, tramite il riconoscimento dei toni di grigio equivalenti nelle tre bande di colore RGB (Red Green Blue).

Figura 3.4 – Immagine ridotta a 16 colori. Si noti la differenza con le immagini precedenti (3.1 (a) e (b)).

L’immagine è stata ridotta a 16 colori ed è stato utilizzato un filtro per “mediare” le varie tonalità in modo da ottenere superfici più estese caratterizzate da uno stesso colore.

Tramite il comando “Wand” è possibile selezionare aree contraddistinte dalla stessa tonalità di grigi nelle tre bande, in modo da ottenere un immagine come la seguente:

Figura 3.3 – (a) Aree precedentemente evidenziate in azzurro (b) sovrapposizione delle aree in (a) con immagine reale: è evidente come queste non rappresentino la totalità dei vuoti.

Risulta evidente come queste aree evidenziate non rappresentino tutte le aree occupate da bolle nell’immagine di partenza. Per aggiungere le aree che non sono state evidenziate di procede alla sogliatura dell’immagine di partenza selezionando tutti gli oggetti più chiari, ed eliminando così la pasta di fondo della roccia:

Figura 5.4 – sogliatura di tutti gli oggetti più chiari, cristalli e vuoti.

Utilizzando poi il comando “Binary Reconstruction” è possibile andare ad aggiungere alle bolle tutte le aree che, evidenziate dalla sogliatura, condividano dei punti in comune:

Figura 3.5 – Risultato del

comando “Binary

Reconstruction”: il programma

aggiunge all’immagine 3.3 (a) i

punti in comune con

l’immagine 3.4, di fatto i vuoti non colorati.

Le ulteriori bolle non ancora campionate vengono selezionate utilizzando filtri che selezionano le particelle in base a dimensione, “Aspect-Ratio” e “Circolarity”.

Figura 3.6 – totalità dei vuoti

Allo stesso modo, effettuando le opportune sogliature ed utilizzando i filtri sopra citati è possibile isolare i plagioclasi.

Figura 3.7 – (a) Aree occupate dalla fase plagioclasio (b) sovrapposizione delle aree in (a) con immagine reale: in rosso i contorni dei cristalli di plagioclasio.

Ricapitolando, i passaggi eseguiti per poter arrivare a misurare le aree occupate dai plagioclasi, sono i seguenti:

Preparazione del campione: vengono realizzate delle sezioni sottili dello spessore di poco superiore allo standard (30µm), quindi vengono messi in risalto i vuoti come descritto precedentemente;

Analisi di immagine tramite software “ImageJ”:

1. Eliminazione della pasta di fondo tramite sogliatura dei livelli di grigio dell’immagine;

2. Ricoscimento delle bolle (vuoti) attraverso un processo di “binarizzazione” dell’immagine (Segmentation) che permette di selezionare sulle tre bande RGB i livelli di grigio relativi alle bolle, assegnando poi a questi, nell’immagine binarizzata il valore di 1. Successivamente, applicando il filtro “Binary Reconstruction” è possibile identificare effettivamente la fase “bolle”;

3. I plagioclasi vengono individuati tramite sottrazione della pasta di fondo e delle bolle, riconoscimento dei livelli di grigio con il processo di Segmentation, utilizzo di filtri sui rapporti di forma e circolarità;

4. Misurazione delle aree: sempre utilizzando il software “ImageJ” è possibile utilizzare il comando “Analise Particles” per ottenere una tabella con le misure in pixel delle aree occupate da plagioclasi, facilmente convertibili in mm2 utilizzando la scala riportata precedentemente. Queste tabelle vengono poi importate ed elaborare con Excel.

Figura 3.8 – Screenshot del file di output delle aree creato in Excel

I valori delle aree in mm2 per ogni cristallo cosi come l’area della sezione al netto delle bolle, sono i dati di input che verranno utilizzati per generare le CSD per ogni campione così processato.

Gli stessi campioni sono stati quindi osservati al microscopio elettronico a scansione (SEM), al fine di ottenere le misurazioni delle aree dei cristalli di taglie più piccole, non risolvibili a ingrandimenti maggiori. Per ognuno dei vetrini, sono state campionate immagini ad ingrandimenti 80X e 320X; in dettaglio,sono state analizzate 4 immagini ad ingrandimento 80X (Area totale 8mm2) e 4 immagini ad ingrandimento 320X (Area totale 0,496mm2), questo per poter esaminare un’area sufficientemente estesa in relazione alle taglie considerate. Infatti se si applica l’eq.1 le aree minime da analizzare risultano essere rispettivamente 7,5mm2 e 0,18mm2, considerate le taglie maggiori conteggiate.

Le immagini ottenute al SEM sono del tipo “8-bit”, quindi in diversi livelli di grigio da 0 a 255. I plagioclasi sono stati isolati tramite un’accurata sogliatura dei livelli di grigio

a loro corrispondenti. Anche in questo caso, se vi è presenza di vetro, le aree da esso occupate vanno sottratte dall’area totale della lava.

Figura 3.9 – (a) immagine del campione 11ET11 ad ingrandimento 320X; la fase plagioclasio è contraddistinta da una tonalità grigio scura, ben distinta dal pirosseno, grigio chiaro e magnetite, bianco. (b): cristalli di plagioclasio, bianco, sogliati e pronti per il conteggio delle aree. (c): in rosso è evidenziata la fase plagioclasio.

Le aree vengono conteggiate con il comando “Analise particles” su immagini binarizzate (fig 3.9 (b)) ed inserite in tabelle analoghe a quella in figura 3.8, dove avviene la conversione da pixel a mm2.

Le aree ottenute ai diversi ingrandimenti (Scanner su sezione sottile, SEM 80X e SEM 320X) vengono quindi processate indipendentemente utilizzando il programma denominato “Unfolding”. Questo programma è stato sviluppato in ambiente Excel e permette di ricostruire una Crystal Size Distribution partendo da una distribuzione di aree misurata all’interno della superficie in esame. Nel nostro caso si tratta di

a

b

distribuzioni di aree di plagioclasio all’interno di sezioni sottili di lave dell’Etna e immagini delle stesse prese al SEM ad ingrandimenti maggiori.

Il programma si basa sull’applicazione del metodo “Schwartz-Saltykov” sopra descritto, in modo da individuare per ogni classe di oggetti, partendo dalla classe più grande, il contributo dato alle classi più piccole.

Poiché la forma e l’andamento di una CSD è fortemente influenzato dal numero di classi scelte e dal valore della classe più piccola (Armienti, 2008), risulta necessario un metodo di controllo per la scelta della migliore distribuzione. Ricordando il teorema della Stereologia, la frazione in volume della fase analizzata, data dalla sommatoria delle frazioni in volume delle particelle di ogni classe

L

i, dovrà necessariamente essere uguale alla frazione in area derivante dall’analisi d’immagine. Allo stesso modo il numero di oggetti conteggiati tramite l’analisi di immagine dovrà essere lo stesso dato dalla sommatoria, per ogni classe

L

i, del prodotto della number density volumetrica per il volume campionato in ogni classe; il risultato di questa operazione è appunto il numero di cristalli.

Di conseguenza, la CSD scelta dal programma sarà quella che conserverà meglio le grandezze frazione in aerea e numero di oggetti.

( )

f i i v f

A

L

L

N

V

=

=∑

3

2

3

4π

eq.3.18

( )

i (conteggiati) V i tot

Area

LN

L

N

N

=

=

eq.3.19

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