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L’analisi di medio periodo Nel 2016, in Italia, gli occupati sono stati 22.757.838, ovvero 330mila lavoratori in meno rispetto

3.4 La riqualificazione dei grandi poli industrial

4. La CNA e la provincia di Massa Carrara.

4.3.1 L’analisi di medio periodo Nel 2016, in Italia, gli occupati sono stati 22.757.838, ovvero 330mila lavoratori in meno rispetto

al 2008, ultimo anno di crescita dell’occupazione prima della crisi finanziaria. Da un’analisi di medio termine si evince che l’andamento dell’occupazione ha investito in maniera

differente i diversi comparti dell’economia: il settore dei servizi, calcolato al netto del pubblico impiego, dopo una lieve flessione nel 2009, si è riposizionato su un trend di crescita che appare ormai consolidato. Questo settore nel 2011 aveva già superato i livelli occupazionali del 2008 e oggi registra 599mila impiegati in più rispetto agli anni pre-crisi. Il settore dell’industria in senso stretto, invece, dopo aver toccato il suo minimo nel 2013 sta affrontando una fase di timida ripresa, anche se oggi, rispetto al 2008, registra ancora 387mila lavoratori in meno. Infine, il settore che ha risentito maggiormente della crisi economica iniziata nel 2008 è quello delle costruzioni, che oggi impiega 1.403.727 lavoratori, ma che otto anni fa ne impiegava 1.952.519, cioè circa 548mila in più. Il calo complessivo del numero di posti di lavoro nel settore delle costruzioni ha investito in maniera piuttosto uniforme tutte le province italiane. L’andamento dell’occupazione, nel comparto dei servizi e ancor più in quello dell’industria in senso stretto, invece, ripropone una linea di rottura che attraversa l’Italia e che delimita un Centro Nord caratterizzato da province che mediamente hanno affrontato meglio la crisi occupazionale rispetto

ad un Centro Sud che registra perdite consistenti nel numero di posti di lavoro. Si crea quindi una frattura Nord-Sud, che viene evidenziata ancora una volta dall’andamento del

mercato del lavoro che permette di condurre una riflessione più profonda sulla struttura industriale stessa del Paese: le province che nel 2016 registrano i livelli occupazionali più alti sono anche quelle che nel 92% dei casi presentano un tasso di concentrazione delle imprese artigiane superiore alla media italiana. La forte concentrazione di micro e piccole imprese nell’area del Centronord del Paese garantisce una maggiore resilienza al mercato del lavoro, che invece si presenta molto più volatile nelle regioni del mezzogiorno, ancora caratterizzate dalla presenza di grandi stabilimenti che non sempre sono stati in grado di dar vita ad un indotto solido e ricettore di forza lavoro. 4.3.2 Occupazione e artigianato nel 2016. Dall’indagine condotta dall’osservatorio del mercato del lavoro nello scorso anno, si evidenzia la continua crescita dell’occupazione nelle PMI e nell’artigianato del +2,4% rispetto al 2015: le assunzioni a tempo indeterminato hanno ridotto il loro ritmo di crescita (-43,7%), in accelerazione sono invece le assunzioni a tempo determinato (+11%) e con i contratti di apprendistato (+25,7%). Sembra dunque che la decontribuzione per favorire la stabilità dei rapporti di lavoro abbia perso la propria carica propulsiva in seguito al ridimensionamento delle agevolazioni operate a inizio anno. Il 63% dei nuovi contratti sono proprio a tempo determinato (+10% in un anno) a dimostrazione del fatto che, in questa fase, la flessibilità è un fattore importante per favorire la crescita occupazionale

nelle imprese più piccole43. Nel mese di Dicembre 2016 l’occupazione nelle micro e piccole imprese e nell’artigianato ha

accusato una diminuzione dell’1,6% rispetto al mese di Novembre; si tratta indubbiamente di un dato negativo. Se, infatti, la diminuzione dell’occupazione era prevedibile (tradizionalmente in Dicembre molti contratti giungono a scadenza e il saldo tra le attivazioni e le cessazioni dei rapporti di lavoro risulta negativo), è anche vero che la contrazione congiunturale del mese di Dicembre 2016 è di entità doppia rispetto a quella registrata nello stesso mese dell’anno precedente.

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Osservatorio del Mercato del Lavoro della CNA monitora mensilmente gli andamenti

occupazionali nelle micro e piccole imprese mediante le informazioni provenienti da un campione di oltre 20.500 imprese associate che occupano circa 130mila dipendenti. Il campo di indagine dell’Osservatorio è il lavoro dipendente suddiviso secondo le principali tipologie contrattuali.

Il 2016 si chiude comunque con una crescita dell’occupazione su base annua di entità pressoché identica (+2,4%) a quella registrata nel 2015 che, al netto del dato di Dicembre, sarebbe stata molto più robusta: fino a Novembre l’aumento degli occupati rispetto all’inizio dell’anno risultava infatti pari a +4,1%. Questo aumento occupazionale delle PMI e soprattutto nell’artigianato è stata favorito dalle posizioni lavorative messe in essere: rispetto al 2015 le cessazioni sono ridotte del 7,1% anche per quanto riguarda le assunzioni, ma diversamente da ciò, il tasso di crescita si è ridotto sensibilmente, questo perché prima nel 2014 le assunzioni erano cresciute a causa degli incentivi che erano stati messi in vigore. Mentre nel biennio appena concluso, il nostro paese è tornato ad avere una ripresa più soffocata, risultando ancora lontano dall’uscita dal tunnel della crisi. Nonostante la lenta ma modesta ripresa economica, quello che risulta dai dati emersi dall’osservatorio della CNA nel 2015/2016, è che il numero degli occupati delle PMI e nell’ambito dell’artigianato è aumentato di 2.5%.

Questo dato però non è da considerarsi valido per le assunzioni, poiché prima erano presenti degli sgravi fiscali sulle posizioni a tempo indeterminato, in modo da agevolare le imprese nell’assunzione di personale (+26.6%), ma a causa di un ridimensionamento proprio di questi incentivi, le imprese sono state costrette ad usare altre tipologie contrattuali, come ad esempio il contratto a tempo determinato, per cui, di conseguenza, le assunzioni hanno visto una crescita del

+ 11%, mentre quelle a tempo indeterminato sono diminuite del -43,7%. Tenendo conto dell’analisi effettuata, risulta che a Dicembre 2016 le assunzioni a tempo

determinato erano del 63%; è dunque necessario ragionare in termini di flessibilità per poter aumentare la domanda di lavoro sia delle PMI che dell’artigianato: poiché da un lato si vede una crescita positiva dell’economia, ma dall’altro si ha bisogno di azioni che puntino al suo consolidamento.

Il ruolo della CNA in questo caso deve essere quello di saper confermare le riforme relative al mercato del lavoro messe in atto negli ultimi tre anni, le stesse che hanno permesso di evitare il rischio di una crescita che però non porti ad un aumento occupazionale. Si può anche mettere in atto un confronto sulla composizione dell’occupazione nelle micro e piccole imprese: partendo dall’analisi comparata della composizione dell’occupazione in questa tipologia di imprese e nell’artigianato, tra il 2014 e il 2017, emerge chiaramente l’esigenza e la volontà di cercare nuovi tipi di contratti di lavoro maggiormente rispondenti alle esigenze di flessibilità delle Imprese. Oggi il lavoro a tempo indeterminato rappresenta ancora e di gran lunga la tipologia contrattuale più diffusa, e a Ottobre 2017 esso risultava applicato a quasi il 70% degli occupati. Nel tempo, però, si è assistito a un ridimensionamento nell’utilizzo di questa forma contrattuale, la cui quota si è ridotta di circa 15 punti percentuali in tre anni. Questo avviene nonostante la significativa riduzione del costo del lavoro, introdotta nel 2015, per i contratti a tempo indeterminato e l’introduzione del CONTRATTO A TUTELE CRESCENTI44.

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Il contratto a tutele crescenti si applica per i nuovi contratti di lavoro a tempo

indeterminato, e introduce una nuova disciplina sui licenziamnti; si è arrivati al

superamenro dell’art 18 dello Statuto dei lavoratori. www.giudalafisco.it sezione impresa

e lavoro (20 ottobre 2017 14.30)

Come si può vedere da questi grafici Il contratto a tempo determinato ha registrato un apprezzamento sempre maggiore e attualmente viene applicato al 19,4% degli occupati mentre nel

2014 la stessa tipologia contrattuale era applicata al 6,6% dei lavoratori. Questo è stato possibile soprattutto grazie alle riforme che sono state introdotte nel corso degli

85,40% 6,60%

5,50% 2,50%