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Villafranca in Lunigiana

3.2 Analisi storica del convento di S Francesco

Secondo gli storici della Lunigiana i frati dell'Osservanza furono introdotti a Villafranca nel 1511 dalla marchesa Bianca Malaspina, e nel 1525 il figlio Bartolomeo eresse loro il convento.

Da fonti sappiamo che mentre la chiesa era stata terminata nel giro di pochi anni a spese dei Malaspina, che vi avevano posto le loro sepolture, la costruzione del nucleo abitativo, si protrasse almeno fino al nono decennio del Cinquecento. Integrando fra loro tali notizie si anticipa la fondazione del complesso di quasi vent'anni dalla datazione corrente, stabilita al 1525, anno in cui invece il Malaspina donò un terreno ai frati; è probabile che questa donazione servisse ad accrescere l'impianto iniziale della fabbrica. Per quanto riguarda la chiesa sappiamo che gli antichi stalli del coro, ora perduti, furono realizzati nel 1531 e che il primo arredo della sagrestia risaliva al 1529.

43 Il convento di San Francesco, ricevette l'assetto definitivo entro la prima metà del Seicento (Fig. 3.5).

Figura 3.5: vista del convento dell’epoca dalla strada adiacente l’attuale stazione ferroviaria.

Dalla prima Relazione del luogo, redatta nel 1664 dal frate Niccolò di Villafranca, risulta che l'ultimo ambiente realizzato fu la biblioteca, voluta e ordinata da fra Paolo Riccardoni da Virgoletta. Durante il quarto decennio le offerte frequenti e alcuni legati permisero il rinnovamento degli altari e degli arredi di chiesa; un pulpito ligneo venne posto sulla parete sinistra vicino al presbiterio.

Nel 1631, al tempo dell'erezione del porticato prospiciente la chiesa, fu posta in facciata l'arme in pietra della Religione. All'altezza del coro, dalla parte sinistra, vi era la sagrestia con un andito che introduceva in chiesa; lo stanzino a fianco fu ricavato da un carabotto di cucina, quando, nella prima meta del Settecento, fu risistemata la sagrestia. Nel coro vi erano otto corali e il campanile aveva tre campane. Nel 1664 si presentavano undici cappelle, di cui sei erano a destra e le restanti cinque sulla sinistra; quella dei Malaspina occupava gli ultimi due vani in prossimità dell'altare maggiore.

Perduto l'impianto planimetrico originale in seguito ai bombardamenti aerei del 1944 che distrussero i bracci sud ed est del complesso, dalla descrizione seicentesca possiamo in parte ricostruire l'assetto degli spazi. Vediamo dunque

44 che un dormitorio di diciotto celle era distribuito intorno al chiostro (Fig. 3.6), con quattro finestroni al termine di ogni corridoio. La foresteria, composta di due stanze, era situata al piano superiore dalla parte di levante; ancora al primo piano, ma a ponente, si trovava la libreria, fornita di 1400 volumi. Nella loggia adiacente alla chiesa, vi era la stanza dei panni, detta anche della “comunità”.

Figura 3.6: veduta originaria del chiostro all’interno del convento.

Al piano terreno si aprivano sul chiostro due stanze riservate al ministro provinciale e due destinate al deposito per il grano. Il refettorio, costituito di sei mense, era lungo il lato meridionale con l'accesso in prossimità della scalinata che conduceva in dormitorio. La canova era dietro al refettorio e, dalla parte opposta, di fronte all'entrata, si trovava il locale della cucina. Vicino alla cucina vi era la stanza del “fuoco comune”, e una di fronte all'altra, la cantina e la legnaia. Dentro la clausura vi erano due orti, uno a ponente (dalla parte della cucina), su cui sorse la stazione ferroviaria e l'altro a meridione (dalla parte del refettorio), dove furono costruite una strada e alcune case. Vi erano anche due pozzi, una fonte e una peschiera mentre una stalla si trovava nell'orto occidentale.

Nel 1679, si trasportò la tavola invetriata dell'altare nella parete di fondo del coro e sopra l'altare maggiore fu posto un Crocifisso. Nel 1737 venne risistemata la sagrestia, fornendola di ulteriori suppellettili e paramenti sacri; venne anche costruito l'organo con la sua cantoria.

45 Nel 1788 in seguito alle leggi leopoldine, il convento di Villafranca, con gli altri della Lucchesia e della Lunigiana, si separa dalla Provincia toscana dei Minori e rimase fino al 1802 unito alla custodia autonoma di Lucca. Nel 1796, con l'arrivo dei francesi, i frati furono costretti a lasciare il convento.

Tramontato l'impero napoleonico, la Lunigiana passa sotto il dominio del duca di Modena; fu chiesta la riapertura del convento, dove sarebbero rientrati dieci frati. Fra il 1832 e il 1833 si restaurò il convento, la cui muratura esterna a sud ovest venne rinforzata con dei barbacani12.

Nel 1835 fu la volta della chiesa, interamente rintonacata e dipinta. In previsione dell'apertura di un seminario per i chierici della Lunigiana, che si inaugurò nel 1839, furono condotti i lavori per ricavare le stanze dello studentato a sud est, sopra la porta del Martello tamponando una loggia che guardava il chiostro. Il chiericato rimase in vigore fino al 1853. I lavori continuarono in chiesa con il rialzamento del soffitto delle cappelle. A questa fase di lavori si deve probabilmente l'erezione della loggia a nord del chiostro. Ancora in chiesa fu eretta la balaustra del presbiterio e ricostruito in marmo l'altare maggiore. Divenuto possesso demaniale nel 1866, due anni più tardi passò al Municipio, che nel 1869 vi sistemò gli uffici comunali e la scuola elementare; ai religiosi, fu concesso di rimanere a custodia della chiesa riservando loro i locali del braccio ovest del complesso.

Nel 1872 erano rimasti quattro frati. Intanto nell'orto di ponente venne costruita la stazione ferroviaria e in quello di meridione si realizzarono un ampio stradone e alcune abitazioni civili. Perdute le speranze di riscattare l’edificio, e dato che i locali loro assegnati erano insufficienti per poter accogliere una famiglia religiosa, nel 1889 1'Ordine richiamò gli ultimi due frati.

Partiti i religiosi la chiesa passò sotto la giurisdizione della parrocchia di San Niccolò; nell'agosto del 1914, i frati ritornarono a Villafranca per ufficiare la chiesa di San Francesco.

Il terremoto del 7 settembre 1920 danneggiò gravemente la copertura della chiesa e degli ambienti abitativi, che furono ricostruiti a spese del Comune.