IgG IgM
T3 T7
95 Nel corso dell’osservazione si è palesata una normalizzazione progressiva delle concentrazioni immunoglobuliniche: a T7 il 70% dei pazienti sopravvissuti presentava valori normali di IgG e l’80% normali valori di IgM.
Grafico 6. Andamento dei valori di immunoglobuline durante l’intera osservazione. 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 T0 T3 T7
ANDAMENTO
IgG
T0-T3-T7
96 Grafico 7. Andamento dei valori di IgM durante l’intera osservazione.
Tuttavia 4 pazienti hanno mostrato a T3 una riduzione transitoria di IgG con valori inferiori a quelli dell’ammissione e analizzando i loro profili abbiamo evidenziato che:
-2 pazienti hanno sviluppato infezioni nosocomiali a T3 e hanno presentato una sopravvivenza >28gg;
-1 paziente è deceduto in quarta giornata.
-1 paziente non ha sviluppato infezioni nosocomiali e ha mostrato una sopravvivenza >28gg. 0 50 100 150 200 250 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 T0 T3 T7
ANDAMENTO
IgM T0-T3-T7
97 Nel corso del monitoraggio, uno dei pazienti non sopravvissuti ha presentato una riduzione della concentrazione delle IgG nell’ultima misurazione prima del decesso (ΔT3-T0 IgG = -338; ΔT3-T0 IgM = -89).
IgG T0 T3 T7 SOPRAVVIVENZA INFEZIONI NOSOCOMIALI 1 679 548 765 >28gg No 2 603 530 852 >28gg presenti a T3 3 577 239 <28gg (deceduto a T3) 4 821 668 790 >28gg presenti a T3 Tab.8. Riduzione dei valori di IgG prima del decesso.
Nel follow-up a 7 giorni si evidenziava una persistenza di ipogammaglobulinemia alla dimissione dal reparto nel 30% dei casi, mentre uno dei pazienti mostrava un peggioramento dell’ipogammaglobulinemia sia di tipo IgG che IgM (ΔT7-T0 IgG = -336; ΔT7-T0 IgM =-7).
Analizzando la severità del quadro clinico, valutata con il SOFA score al momento dell’ammissione in reparto (T0), non si riscontrano differenze significative tra i soggetti con ipogammaglobulinemia isolata (solo IgG), combinata (IgG e IgM) e con valori di immunoglobuline nel range di normalità. Gli stessi tre gruppi sono stati studiati al tempo T3 e si nota come i soggetti con ipogammaglobulinemia combinata mostrino punteggi SOFA più bassi rispetto agli altri due gruppi (soggetti con ipogammaglobulinemia isolata IgG e valori normali).
98 Grafico 8. Punteggio SOFA al T0 correlato con i livelli di immunoglobuline.
Grafico 9. Punteggio SOFA al T3 correlato con i livelli di immunoglobuline.
Nello studio sono stati analizzati i livelli di immunoglobuline e il punteggio SAPS II dei pazienti all’ingresso in terapia intensiva. Sono emersi valori di SAPS II sensibilmente più elevati nei soggetti con ipogammaglobulinemia isolata e combinata rispetto a quelli con valori normali.
Inoltre andando a studiare i valori di SAPS II dei pazienti abbiamo anche riscontrato un punteggio medio di SAPS II di 60,42 nei soggetti ipogammaglobulinemici e un punteggio medio di 52 nei soggetti con valori
11 12 13 14 15 T0
SOFA T0
ipog isolata ipog combinata Ig normali 0 2 4 6 8 10 T3SOFA T3
ipog isolata ipog combinata Ig normali99 normali di immunoglobuline a T0, questo potrebbe evidenziare una gravità clinica dei pazienti con ipogammaglobulinemia rispetto a quelli con valori normali.
Grafico 10. Punteggio SAPS II correlato con i livelli di immunoglobuline.
Analizzando i risultati è emerso che:
- tra i non sopravvissuti (4 pazienti) nessuno mostrava all’ammissione normali livelli immunoglobulinici. Il 50% di questi aveva ipogammaglobulinemia combinata IgG e IgM, i rimanenti presentavano un’ipogammaglobulinemia di tipo IgG. 0 10 20 30 40 50 60 70 T0
SAPS II
ipog isolata ipog combinata Ig normali100 T0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 IgG 650 679 603 510 346 577 571 1070 230 394 460 668 821 264 IgM 39 31 144 46 15 159 44 45 26 30 61 38 234 35 T3 IgG 757 548 530 674 239 651 1510 387 446 952 668 479 IgM 60 30 137 64 70 49 70 159 31 49 181 97 T7 IgG 1020 765 852 770 235 1500 674 586 790 667 IgM 150 37 199 80 37 75 214 44 214 118 Tab. 9. Profili immunoglobulinico IgG e IgM dei pazienti reclutati a T0, T3 e T7.
-tra i sopravvissuti, quelli che hanno presentato una degenza lunga nel reparto di terapia intensiva (3 casi su 14) hanno sviluppato infezioni nosocomiali. In particolare la permanenza in UTI è stata rispettivamente di 36, 39 e 20 giorni e in tutti i casi si trattava di pazienti che presentavano ipogammaglobulinemia a T3.
-i pazienti reclutati a T0 presentavano ipogammaglobulinemia globale nell’86% dei casi, nello specifico nel 50% dei casi si presentava in forma combinata e nel 36% dei casi in forma isolata.
- i pazienti sopravvissuti a T3 (12 soggetti) presentavano ipogammaglobulinemia globale nel 74% dei casi, nello specifico nel 16% dei casi la forma combinata e nel 58% dei casi la forma isolata.
101 - i pazienti sopravvissuti a T7 (10 soggetti) presentavano ipogammaglobulinemia globale nel 40% dei casi, nello specifico nel 10% dei casi la forma combinata e nel 30% dei casi la forma isolata.
102
DISCUSSIONE
Analizzando i dati emersi dal nostro studio possiamo sottolineare come i marcatori immunologici possano rendersi utili sia per la diagnosi dell’immunosoppressione, che si manifesta nella sepsi grave e nello shock settico, sia per la stratificazione prognostica dei pazienti.
La prima precisazione riguardo i dati riscontrati è che lo studio è stato effettuato su una popolazione limitata, da ciò ne deriva che non è possibile estrapolare dei dati statisticamente significativi e che i risultati emersi richiedono ulteriori conferme utilizzando campioni più ampi.
Va sottolineato che in letteratura esistono pochi lavori recenti che vadano ad indagare i livelli circolanti delle varie classi immunoglobuliniche nei pazienti con sepsi grave e shock settico.
Da qui è nata l’idea di questo studio, nel quale ci siamo concentrati sul monitoraggio delle variazioni della componente umorale della risposta immunitaria, in particolare analizzando i valori delle immunoglobuline dei pazienti reclutati in tre particolari time-point (T0-T3-T7).
103 Nel nostro campione, infatti, abbiamo riscontrato uno stato di precoce immunosoppressione della componente umorale nel decorso della malattia, in corrispondenza dell’insorgenza dello shock settico. Probabilmente questa precocità del deficit immunitario, rilevata dal nostro studio, dipende dalla popolazione studiata, che è rappresentata da soggetti ammessi in UTI con shock settico e sepsi severa e non con sepsi, e quindi in una fase di malattia non iniziale, ma già evoluta e complicata.
Alla luce dei risultati ottenuti circa la prevalenza abbiamo riscontrato che:
l’ipogammaglobulinemia è quasi costante nello shock settico e nella sepsi grave all’ammissione in terapia intensiva ed entro le prime 48/72h, come testimoniato dal riscontro che l’86% dei pazienti studiati presentava ipogammaglobulinemia a T0.
Tra i pazienti non sopravvissuti nessuno mostrava normali livelli immunoglobulinici a T0 (50% presentava ipogammaglobulinemia combinata e 50% ipogammaglobulinemia isolata).
Tra non sopravvissuti, il paziente deceduto entro le prime 24h dall’innesco dello shock settico presentava il valore di immunoglobuline in assoluto più basso dell’intero studio (IgM = 15mg/dl a T0).
104 Questi dati potrebbero suggerire una mortalità maggiore dei pazienti con ipogammaglobulinemia in accordo con i diversi studi presenti in letteratura (Myrianthefs et al.67, Prucha et al.69, Tamayo et al.70), nei quali è stata dimostrata una correlazione tra deficit immunoglobulinico e mortalità nella sepsi grave e shock settico.
Dall’analisi dell’andamento dei valori delle immunoglobuline durante il monitoraggio è emerso che:
Nonostante quasi tutti i pazienti presentassero ipogammaglobulinemia a T0, durante il tempo di osservazione del nostro studio si è assistito ad una progressiva normalizzazione dei livelli delle immunoglobuline da T0 a T7.
Tra i pazienti sopravvissuti a T3 il 75% presentava ancora ipogammaglobulinemia e tra i pazienti sopravvissuti a T7 la presentava il 40%.
Questi dati potrebbero evidenziare come i pazienti non sopravvissuti presentassero tutti ipogammaglobulinemia, in contrapposizione ai pazienti sopravvissuti che, durante la degenza in UTI e grazie alle cure intensive cui sono stati sottoposti, hanno manifestato una generale tendenza alla normalizzazione dei valori delle immunoglobuline.
Dall’analisi dell’andamento delle medie del punteggio SAPS II nella popolazione studiata abbiamo riscontrato che:
105
Sia i pazienti con ipogammaglobulinemia isolata che quelli con ipogammaglobulinemia combinata a T0 presentavano dei punteggi maggiori di SAPS II rispetto a quelli con valori di immunoglobuline normali.
Quest’ultimo dato potrebbe suggerire una condizione clinica peggiore (come evidenziato dal SAPS II score) dei pazienti che presentavano ipogammaglobulinemia nel nostro studio.
Analizzando i profili dei pazienti che hanno presentato una degenza più lunga (>20 giorni) nel nostro campione è emerso che:
Tutti hanno sviluppato infezioni nosocomiali, documentate con la positivizzazione delle colture in terza/quarta giornata.
Tutti presentavano ipogammaglobulinemia a T3.
Alla luce di questi dati risulterebbe evidente che l’immunosoppressione di questi pazienti, evidenziata dall’ipogammaglobulinemia a T3, possa incidere sulla possibilità di sviluppo di infezioni nosocomiali, costringendo i pazienti ad una degenza più lunga nel reparto di terapia intensiva.
106
CONCLUSIONI
L’utilizzo dei biomarker immunologici permetterebbe l’individuazione precoce dei soggetti immunocompromessi, evitando le conseguenze cliniche di un prolungato stato di immunoparalisi, sia in termini di complicanze infettive, sia sull’outcome.
Il monitoraggio immunoglobulinico, in particolare, permetterebbe sia una più precisa stratificazione del rischio dei pazienti con sepsi severa e shock settico, sia l’ottimizzazione della finestra terapeutica tramite l’identificazione dei soggetti che potrebbero beneficiare maggiormente dei trattamenti immunostimolanti. Potrebbe, quindi, rivelarsi utile per selezionare i pazienti da sottoporre a trattamento con soluzioni di Immunoglobuline endovena (IVIG) e guidare questo approccio terapeutico, valutandone la risposta.
Da studi precedenti emerge come la tempestività del trattamento rivesta un ruolo fondamentale: la precocità della prima somministrazione incide, infatti, sul buon risultato del trattamento. Tuttavia i costi di una terapia immunostimolante risultano ad oggi molto elevati e rappresentano un forte freno per la loro utilizzazione routinaria nei reparti di terapia intensiva. Da qui
107 la necessità di una rapida e mirata selezione dei pazienti da sottoporre a trattamento, ricordando che questa particolare terapia (IVIG) riduce di oltre il 30% il tempo di degenza, andando quindi ad ammortizzare i costi elevati sostenuti dai singoli reparti per la somministrazione di tali farmaci.
108
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