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Anelli booleani e algebre di Boole

Nel documento LA DUALIT `A DI STONE (pagine 46-60)

Proposizione 10.1. Sia A un anello booleano. Allora ogni ideale primo di A `e massimale. Di conseguenzaSpec(A) `e uno spazio di Hausdorff.

Dimostrazione. Sia P un ideale primo di A; allora A/P `e un anello booleano e un dominio. Ci basta allora dimostrare che un anello booleano `e un dominio se e solo se `e un campo.

Sia A un dominio booleano: se a ∈ A, allora a(1+ a) = a + a2 = a + a = 0, quindi a = 0

oppure a = 1. Quindi A = {0, 1} = 2 `e un campo. 

Notiamo che la stessa dimostrazione dice che l’unico elemento invertibile in un anello boo-leano A `e 1. In realt`a possiamo dimostrare qualcosa di pi`u.

Lemma 10.2. Sia A un anello booleano e sia a ∈ A.

(1) Se a , 0, esiste un ideale massimale m di A tale che a < m.

(2) Sia m un ideale di A; allora m `e massimale se e solo se 1 < m e, per ogni a ∈ A, a ∈ m oppure a ∈ m.

(3) Se m `e un ideale massimale di A, allora A/m `e isomorfo a 2.

(4) Se a ∈ A, a , 0, esiste un omomorfismo ϕ : A → 2 tale che ϕ(a) = 1.

Dimostrazione. (1) Sia a ∈ rad A; allora 1+a `e invertibile, per 8.9. Quindi 1+a = 1, cio`e a = 0. (2) (⇒) Sia m massimale. Allora 1 < m. Se a ∈ A e a < m, abbiamo che, indicando con J l’ideale principale generato da a, m+ J = A. In particolare, esistono b ∈ m e c ∈ A tali che 1= b + ac. Allora a = a1 = ab + aa

c= ab ∈ m.

(2) (⇐) Sia J un ideale di A contenente propriamente m. Allora esiste a ∈ J tale che a < m. Ma allora a∈ m e quindi 1 = a ∨ a∈ J. Perci`o J = A e m `e massimale.

(3) Per la parte (2), l’anello A/m ha due elementi.

(4) Ovvio per le asserzioni precedenti. 

Teorema 10.3. Sia A un anello booleano. Allora Spec(A) `e uno spazio booleano.

Dimostrazione. Abbiamo gi`a visto che Spec(A) `e compatto e di Hausdorff. Una base per la topologia su Spec(A) `e formata dagli insiemi della formaO(a), per a ∈ A. Ora O(a) = V (a),

quindi `e un chiusaperto. 

Siccome sappiamo che ogni anello booleano pu`o essere visto come algebra di Boole, `e interessante dare caratterizzazioni di vari concetti in termini delle operazioni booleane.

Proposizione 10.4. Sia I un sottoinsieme dell’anello booleano A. Allora I `e un ideale se e solo se:

(Id-1) 0 ∈ I;

(Id-2) se a ∈ I e b ≤ a, allora b ∈ I; (Id-3) se a, b ∈ I, allora a ∨ b ∈ I.

Dimostrazione. (⇒) Sia I un ideale; allora 0 ∈ I. Siano a ∈ I e b ≤ a; allora, per definizione, ba= b. Ma ba ∈ I. Per finire, se a, b ∈ I, allora a + b ∈ I e ab ∈ I. Ora a ∨ b = a + b + ab ∈ I.

(⇐) Siano a, b ∈ I. Allora

a − b= a + b = (a ∨ b) ∧ (a ∧ b)

≤ a ∨ b ∈ I

e quindi a+ b ∈ I. Inoltre, se a ∈ I e b ∈ A, ab ≤ a ∈ I e quindi ab ∈ I.  Notiamo che la condizione (Id-1) pu`o essere sostituita da I , ∅.

In modo analogo, possiamo caratterizzare i sottoanelli di A: sono esattamente i sottoreticoli che contengono il minimo e il massimo e sono chiusi rispetto ai complementi.

Proposizione 10.5. Sia B un sottoinsieme dell’anello booleano A. Allora B `e un sottoanello di A se e solo se:

(SA-1) 1 ∈ B;

(SA-2) se a ∈ B, allora a∈ B;

(SA-3) se a, b ∈ B, allora a ∨ b ∈ B e a ∧ b ∈ B.

Dimostrazione. (⇒) Sia B un sottoanello. Allora 1 ∈ B e a ∧ b = ab ∈ B, per definizione. Inoltre a= 1 + a ∈ B. Abbiamo poi a ∨ b = a + b + ab ∈ B.

(⇐) Basta dimostrare che B `e chiuso per la somma. Siano a, b ∈ B. Allora a+ b = (a ∧ b

) ∨ (a∧ b)

e quindi a+ b ∈ B, essendo tutti gli elementi a secondo membro elementi di B.  Per ragioni storiche, piuttosto che di ideali, negli anelli booleani si preferisce parlare di filtri. Definizione 10.6. Sia A un’algebra di Boole. Un sottoinsieme F di A `e un filtro se:

(Fil-1) 1 ∈ F;

(Fil-2) se a ∈ F e b ≤ a, allora b ∈ F; (Fil-3) se a, b ∈ F, allora a ∧ b ∈ F.

Notiamo che la condizione (Fil-1) pu`o essere espressa come F , ∅.  La somiglianza con le condizioni della proposizione 10.4 dovrebbero essere evidenti. Natu-ralmente, parlando di ideale in un’algebra di Boole, si intende un ideale nell’anello booleano associato.

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Proposizione 10.7. Sia A un’algebra di Boole e sia F ⊆ A. Allora F `e un filtro in A se e solo se F `e un ideale in A. L’applicazione F 7→ F `e una biiezione dell’insieme dei filtri in A con l’insieme degli ideali di A, che conserva l’inclusione.

Dimostrazione. Esercizio. 

Come A `e un ideale, allora A = A

`e anche un filtro, che chiameremo filtro improprio. Conveniamo fin d’ora che tutti i filtri che considereremo saranno propri.

Definizione 10.8. Un filtro U nell’algebra di Boole A si dice un ultrafiltro se `e massimale

nell’insieme dei filtri (propri) in A, ordinato per inclusione. 

Segue dalla proposizione precedente che U `e un ultrafiltro se e solo se U `e un ideale massi-male. Possiamo allora enunciare un risultato che si ricava direttamente da queste considerazioni e dal lemma 10.2.

Proposizione 10.9. Sia A un’algebra di Boole e sia a ∈ A.

(1) Se F `e un filtro in A, esiste un ultrafiltro U in A tale che F ⊆ U. (2) Se a , 1, esiste un ultrafiltro U in A tale che a < U.

(3) Sia F un filtro in A; allora F `e un ultrafiltro se e solo se, per ogni a ∈ A, a ∈ F oppure

a∈ F. 

Abbiamo gi`a usato implicitamente gli ultrafiltri; precisamente, l’insieme F nella dimostra-zione del teorema di Tychonov `e un ultrafiltro.

Se a ∈ A, il filtro generato da a `e Fa = { x ∈ A : x ≥ a }; naturalmente, per avere un filtro proprio, occorre a , 0. `E chiaro che Fa = (aA). Poich´e da b ≤ a segue che Fa ⊆ Fb, abbiamo che Fa `e un ultrafiltro se e solo se a `e un atomo, cio`e un elemento minimale di A \ {0}.

Anche il fatto che ogni ideale massimale `e primo ha una controparte per gli ultrafiltri. Proposizione 10.10. Sia U un ultrafiltro in A. Se a, b ∈ A e a ∨ b ∈ U, allora a ∈ U oppure b ∈ U.

Dimostrazione. `E possibile dare una dimostrazione diretta della proposizione. Ne preferisco una che usi la dualit`a fra filtri e ideali 10.7.

Se U `e un ultrafiltro, allora I = U

`e un ideale massimale di A. Ora (a ∨ b) = a ∧ b = (1+ a)(1 + b) ∈ I e quindi 1 + a = a∈ I oppure 1+ b = b ∈ I. 

Indicheremo con S(A) l’insieme degli ultrafiltri sull’anello booleano A. Dato a ∈ A, poniamoW (a) = { U ∈ S(A) : a ∈ U }.

Lemma 10.11. Sia A un’algebra di Boole e siano a, b ∈ A. Allora (1) W (0) = ∅ e W (1) = S(A); (2) W (a) ∪ W (b) = W (a ∨ b); (3) W (a ∧ b) = W (a) ∩ W (b); (4) W (a )= S(A) \ W (a); (5) W (a) ⊆ W (b) se e solo se a ≤ b.

Dimostrazione. (1) Ovvio.

(3) Sia U ∈W (a) ∩ W (b); allora a ∈ U e b ∈ U; quindi a ∧ b ∈ U e U ∈ W (a ∧ b). Viceversa, sia U ∈W (a ∧ b); allora a ≥ a ∧ b ∈ U e a ∈ U; analogamente b ∈ U.

(4) Supponiamo a ≤ b; alloraW (a) = W (a ∧ b) = W (a) ∩ W (b) e quindi W (a) ⊆ W (b). Viceversa, supponiamo a 6≤ b; allora b ∨ a, 1, altrimenti

b ∨ a= (b ∨ a) ∧ 1 = (b ∨ a) ∧ (b ∨ a

)= b ∨ (a ∧ a

)= b ∨ 0 = b

cio`e a ≤ b. Di conseguenza, esiste un ultrafiltro U tale che a ∨ b< U. Pertanto, a < U e b < U, quindi b ∈ U.

(2) e (5) Esercizio. 

Conseguenza di questo lemma `e che gli insiemiW (a) formano una base per una topologia su S(A). L’insieme S(A) con questa topologia si dice lo spazio booleano di A.

Osservazione 10.12. Abbiamo in realt`a definito due volte la stessa cosa. Infatti l’applicazione ι: Spec(A) → S(A) definita da ι(m) = m

`e un omeomorfismo. In particolare, abbiamo che

S(A) `e uno spazio booleano. 

In base a questa osservazione, possiamo definire, dato un omomorfismo ϕ : A → B di anelli booleani, un’applicazione continua S(ϕ) : S(B) → S(A), ponendo, per U ∈ S(B),

S(ϕ)(U) = ϕ (U). Abbiamo anche subito l’analogo del teorema 8.13.

Teorema 10.13. Sia ϕ : A → B un omomorfismo di anelli; allora l’applicazione S(ϕ)= ϕ]: S(B) → S(A)

definita da ϕ](U)= ϕ(U) `e continua. Inoltre, se ψ : B → C `e un altro omomorfismo di anelli,

S(ψ ◦ ϕ) = S(ϕ) ◦ S(ψ). Vale anche che S(idA)= idS(A). 

Esercizi

10.1. Gli ideali primi in Z sono 0Z e pZ, per p numero primo. Quali sono gli ideali massimali?

10.2. Sia X uno spazio topologico e sia C(X) l’insieme delle funzioni continue X → R. Se f , g ∈ C(X)

definiamo f + g: x 7→ f (x) + g(x) e f g: x 7→ f (x)g(x). Allora C(X) `e un anello commutativo. Possiamo

perci`o considerare Max(C(X)). Dimostrare che, per x ∈ X, l’ideale mx = { f ∈ C(X) : f (x) = 0 } `e un

ideale massimale e che l’applicazione ωX: X → Max(C(X)) definita da ωX(x) = mx `e continua. (Per

dimostrare la massimalit`a di mx, si dimostri che f 7→ f (x) `e un omomorfismo C(X) → R, con nucleo

mx.)

10.3. Sia X uno spazio compatto; allora ωX `e un omeomorfismo tra X e Max(C(X)). Infatti:

(a) se m `e un ideale massimale di C(X), si consideri U = { x ∈ X : f (x) = 0, per ogni f ∈ m }; se U

`e vuoto, per ogni x ∈ X, esiste fx ∈ m tale che fx(x) , 0; essendo fx continua, esiste un intorno

aperto Uxdi x dove fxnon si annulla; allora X= Ux1∪ · · · ∪ Uxn, perch´e X `e compatto; ne segue che

f = f2

x1+ · · · + f2

xn ∈ C(X) e f (x) , 0, per ogni x ∈ X; ora f ∈ m ed `e invertibile nell’anello C(X); ne

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(b) per l’iniettivit`a, si deve usare il lemma di Urysohn: se x, y ∈ X e x , y, esiste f ∈ C(X) tale che

f(x) , f (y) (la dimostrazione del lemma non `e richiesta: `e piuttosto complicata!);

La dualit`a di Stone consiste, inizialmente, nell’osservazione che ad ogni algebra di Boole A `e possibile associare uno spazio booleano S(A) e, ad ogni spazio booleano X un’algebra di Boole B(X). Dimostreremo che B(S(A)) `e isomorfa ad A e S(B(X)) `e omeomorfo a X. Questo permette di dimostrare fatti algebrici usando metodi topologici.

Facciamo un riassunto di quanto provato in precedenza.

(1) Se A `e un’algebra di Boole, allora S(A) `e uno spazio booleano.

(2) Se ϕ : A → B `e un omomorfismo di algebre di Boole, allora S(ϕ) : S(B) → S(A) `e un’ap-plicazione continua.

(3) Se ϕ : A → B e ψ : B → C sono omomorfismi di algebre di Boole, allora S(ψ ◦ ϕ) = S(ϕ) ◦ S(ψ).

(4) Se A `e un’algebra di Boole, allora S(idA)= idS(A).

(5) Se X `e uno spazio booleano, allora B(X) `e un’algebra di Boole.

(6) Se f : X → Y `e un’applicazione continua, allora B( f ) : B(Y) → B(X) `e un omomorfismo di algebre di Boole.

(7) Se f : X → Y e g : Y → Z sono applicazioni continue, allora B(g ◦ f )= B( f ) ◦ B(g). (8) Se X `e uno spazio booleano, allora B(idX)= idB(X).

Dimostriamo ora la prima parte della dualit`a di Stone: ogni spazio booleano X `e omeomorfo allo spazio di Stone di un anello booleano e precisamente dell’anello booleano B(X).

Teorema 11.1. Sia X uno spazio booleano. Allora esiste un omeomorfismo ωX: X → S(B(X)). Dimostrazione. Definiamo

ωX(x)= ˆx = { U ∈ B(X) : x ∈ U }. `

E chiaro che ˆx `e un filtro in B(X); `e anche un ultrafiltro perch´e, se U ∈ B(X), abbiamo x ∈ U oppure x < U, cio`e U ∈ ˆx oppure U < ˆx.

Verifichiamo che ωX `e iniettiva. Infatti, se x , y, sappiamo che esiste U ∈ B(X) tale che x ∈ Ue y < U. Ma allora U ∈ ˆx e U < ˆy e quindi ˆx , ˆy.

Dimostriamo ora che ωX `e continua. `E sufficiente dimostrare che ω

X(W (U)) `e aperto in X, per ogni U ∈ B(X). Ma

ω

X(W (U)) = { x ∈ X : ˆx ∈ W (U) } = { x ∈ X : U ∈ ˆx } = U.

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Per finire dimostriamo che l’immagine di ωX `e densa in S(B(X)), cio`e che ha intersezione non vuota con ogni aperto non vuoto di S(B(X)). Ovviamente `e sufficiente verificarlo per gli aperti non vuoti della forma W (U), dove U ∈ B(X). Ora, dire che W (U) , ∅, equivale a dire che U = ∅, per il lemma 10.11. Se x ∈ U , ∅, allora ˆx ∈ W (U), per definizione.

Ci`o che abbiamo visto dice allora che la chiusura dell’immagine di ωX `e S(B(X)). Ma X `e compatto, quindi ωX(X) `e compatta, dunque chiusa in S(B(X)). Ne concludiamo che ωX `e suriettivo.

Abbiamo allora un’applicazione continua e biiettiva di uno spazio compatto in uno spazio di

Hausdorff. Perci`o ωX `e un omeomorfismo per 7.15. 

Veniamo alla seconda parte della dualit`a di Stone: ogni anello booleano A `e isomorfo al-l’anello booleano B(X), per un opportuno spazio booleano X; precisamente A `e isomorfo a B(S(A)).

Cominciamo con un lemma, che `e una versione “modulo 2” del famoso teorema di Stone-Weierstrass: se un’algebra A di funzioni reali continue su uno spazio compatto X contiene le funzioni costanti e separa i punti (cio`e, dati x, y ∈ X, con x , y, esiste f ∈ A tale che f(x) , f (y)), allora ogni funzione reale e continua su X `e limite uniforme di funzioni in A. Il teorema fu dapprima dimostrato da Weierstrass nella forma: ogni funzione reale e continua sull’intervallo chiuso [a, b] `e limite uniforme di polinomi. Altre versioni di questo teorema sono utili, ad esempio per l’analisi di Fourier.

Per rafforzare la somiglianza con il teorema di Stone-Weierstrass, enunciamo il lemma se-guente per C(X). Occorre ricordare poi che C(X) `e isomorfo a B(X). Qui la condizione “A contiene le costanti” diventa banale e “A separa i punti” diventa quella dell’enunciato seguente; infatti, la funzione 1 − f vale 0 su x e 1 su y e 1 − f ∈ A, se f ∈ A.

Lemma 11.2. Sia X uno spazio booleano e sia B un sottoanello di C(X) tale che, dati x, y ∈ X, con x , y, esiste g ∈ B tale che g(x) = 1 e g(y) = 0. Allora B = C(X).

Dimostrazione. Sia f ∈ C(X); se f = 0, non c’`e nulla da dimostrare. Supponiamo f , 0 e poniamo U = f({0}). Fissiamo x ∈ X tale che f (x)= 1. Per ogni y ∈ U, esiste gy ∈ B tale che gy(x) = 1 e gy(y) = 0. Allora gli insiemi g

y ({0}) formano un ricoprimento aperto di U, che `e compatto, quindi esistono y1, y2, . . . , yn∈ U tali che

U ⊆ gy1({0}) ∩ gy2({0}) ∩ · · · ∩ gyn({0}). Sia hx = gy1gy2. . . gyn; allora hx ∈ B e hx(x)= 1, hx(y)= 0, per ogni y ∈ U.

Gli insiemi h

x ({1}) formano un ricoprimento aperto di X \ U, che `e compatto. Esistono allora x1, x2, . . . , xm∈ X \ U tali che

X \ U ⊆ hx1({1}) ∩ hx2({1}) ∩ · · · ∩ hxm({1}). Poniamo h= hx1 ∨ hx2 ∨ hxm; allora h ∈ B. Se x ∈ X \ U, abbiamo

h(x)= hx1(x) ∨ hx2(x) ∨ hxm(x)= 1; se y ∈ U, abbiamo

In definitiva f = h ∈ B.  Questo lemma `e un passo chiave per la dimostrazione del teorema seguente. Tuttavia ci occorrer`a la versione per B(X).

Lemma 11.3. Sia X uno spazio booleano e sia B un sottoanello di B(X) tale che, dati x, y ∈ X, con x , y, esiste U ∈ B tale che x ∈ U e y < U. Allora B = B(X).

Dimostrazione. Basta ricordare come `e definito l’isomorfismo tra C(X) e B(X).  Teorema 11.4. Sia A un anello booleano. Allora esiste un isomorfismo di anelli booleani ωA: A → B(S(A)).

Dimostrazione. Definiamo, per a ∈ A,

ωA(a)= W (a) = { U ∈ S(A) : a ∈ U }.

Di fatto, sappiamo che ωA(a)= W (a) `e un chiusaperto. Dunque ωA `e ben definito. Il lemma 10.11 dimostra che ωA `e un omomorfismo di algebre di Boole.

Sia a ∈ ker ωA =: allora ωA(a) = ∅, cio`e nessun ultrafiltro su A contiene a. Questo implica a= 0.

Per dimostrare che ωA `e suriettivo, basta vedere che ωA(A) soddisfa le ipotesi del lemma 11.3. `

E chiaro che ωA(A) `e un sottoanello di B(S(A)). Dobbiamo verificare che, dati U, V ∈ S(A), U , V, esiste a ∈ A tale che U ∈ ωA(a) e V < ωA(a). Questo equivale a cercare a ∈ A tale che

a ∈ Ue a < V. 

Notiamo che la corrispondenza cos`ı stabilita va “all’indietro”, cio`e rovescia la direzione delle frecce. Tuttavia, se applichiamo il B a S(ψ), otteniamo un omomorfismo B(S(ψ)) : B(S(A)) → B(S(B)). Analogamente avremo S(B( f )) : S(B(X)) → S(B(Y)).

Teorema 11.5. Siano ψ : A → B un omomorfismo di anelli booleani e f : X → Y un’applica-zione continua di spazi booleani. Allora i diagrammi

A ωA // ψ  B(S(A)) B(S(ψ))  X ωX // f  S(B(X)) S(B( f ))  B ωB //B(S(B)) Y ωY //S(B(Y))

sono commutativi, cio`e ωB◦ψ = B(S(ψ)) ◦ ωAe ωY ◦ f = S(B( f )) ◦ ωX. Inoltre S(ωA) ◦ ωS(A) = idS(A)e B(ωX) ◦ ωB(X)= idB(X), cio`e i diagrammi

S(A) ωS(A) // idS(A)LLLL&&L L L L L L S(B(S(A))) S(ωA)  B(X) ωB(X)// idB(X)LLLL&&L L L L L L B(S(B(X))) B(ωX)  S(A) B(X) sono commutativi. Dimostrazione. Esercizio. 

12. Applicazioni

Studiamo alcuni fatti importanti legati alla dualit`a di Stone.

Lemma 12.1. Sia A un sottoanello dell’anello booleano B. Se A , B e ϕ : A → 2 `e un omomorfismo, esistono un sottoanello C di B, con A ⊂ C ⊆ B ed un omomorfismo ψ: C → 2 che ristretto ad A coincide con ϕ.

Dimostrazione. Sia b ∈ B \ A. Consideriamo I = { x ∈ A : x ≤ b }; abbiamo due casi: (1) ϕ(x) = 0, per ogni x ∈ I, oppure ϕ( ¯x) = 1 per un ¯x ∈ I.

Supponiamo di essere nel primo caso. L’insieme

A+ bA = { x + by : x, y ∈ A }

`e un sottoanello di B che contiene propriamente A (esercizio). Definiamo ψ : A + bA → 2 ponendo ψ(x + by) = ϕ(x). Se dimostriamo che questa `e una “buona definizione”, cio`e che non dipende dal particolare modo di scrivere un elemento in A+ bA, `e chiaro che abbiamo un omomorfismo di anelli, e quindi la tesi.

Sia x1+ by1 = x2+ by2; allora x1+ x2 = b(y1+ y2) e quindi x1+ x2 ≤ b, da cui x1+ x2 ∈ I. Segue dall’ipotesi che ϕ(x1+ x2)= 0, cio`e che ϕ(x1)= ϕ(x2).

Supponiamo di essere nel secondo caso. Poich´e ϕ( ¯x) = 1 e ¯x ≤ b, per ogni z ∈ A, con z ≥ b, abbiamo necessariamente ϕ(z) ≥ ϕ( ¯x)= 1. Quindi ϕ(z) = 1. Ma allora, se J = { x ∈ A : x ≤ b

}, abbiamo che, per ogni x ∈ J, ϕ(x) = 0. Infatti x ≤ b

vale se e solo se 1+ x = x

≥ b. Dunque 1= ϕ(1 + x) = 1 + ϕ(x) e ϕ(x) = 0. Perci`o ci siamo ridotti al caso precedente.  Teorema 12.2. Sia A un sottoanello dell’anello booleano B. Se A , B e ϕ : A → 2 `e un omomorfismo, esiste un omomorfismo ψ: B → 2 che ristretto ad A coincide con ϕ.

Dimostrazione. Sia A l’insieme delle coppie (C, ψ), dove C `e un sottoanello di B contenente A e ψ : C → 2 `e un omomorfismo che ristretto ad A coincide con ϕ. Ordiniamo A ponendo (C0, ψ0) ≤ (C00, ψ00) quando C0 ⊆ C00e ψ00ristretto a C0coincide con ψ0: che questo sia un ordine parziale `e evidente.

Sia B ⊆ A una catena e consideriamo C, unione delle prime componenti degli elementi di B; `e ovvio che C `e un sottoanello di B: infatti le condizioni da verificare riguardano al massimo due elementi e, dati x, y ∈ C, esiste (C0, ψ0) ∈ Y tale che x, y ∈ C0. Possiamo definire un’applicazione

ψ: C → 2 ponendo ψ(x) = ψ0(x), dove (C0, ψ0) ∈ B `e tale che x ∈ C0. Poich´e B `e una catena, ψ `e ben definito ed `e un omomorfismo. In definitiva (C, ψ) ∈ A ed `e un maggiorante della catena.

Per il lemma di Zorn, A ammette un elemento massimale (B0, ψ). Ma il lemma precedente impone che B0 = B: l’esistenza di b ∈ B \ B0contraddice infatti la massimalit`a.  12.3. Cerchiamo di caratterizzare gli omomorfismi iniettivi o suriettivi di anelli booleani senza usare gli elementi.

Chiamiamo mono un omomorfismo ϕ : A → B con la seguente propriet`a:

se χ, ψ : C → A sono omomorfismi di anelli booleani e ϕ ◦ χ = ϕ ◦ ψ, allora χ = ψ.

`

E chiaro che ogni omomorfismo iniettivo `e mono. Supponiamo viceversa che ϕ sia mono e sia a ∈ ker ϕ. Allora C = { 0, a, a, 1 } `e un sottoanello di A. Chiamiamo χ l’inclusione di C in A e definiamo ψ : C → A con ψ(0)= ψ(a) = 0 e ψ(a)= ψ(1) = 1. Allora χ e ψ sono omomorfismi e ϕ ◦ χ = ϕ ◦ ψ. Ma allora χ = ψ e quindi a = 0. Dunque ϕ `e iniettivo.

Chiamiamo epi un omomorfismo ϕ : A → B con la seguente propriet`a:

se χ, ψ : B → C sono omomorfismi di anelli booleani e χ ◦ ϕ = ψ ◦ ϕ, allora χ = ψ.

`

E chiaro che ogni omomorfismo suriettivo `e epi. Rimanderemo a pi`u tardi la dimostrazione che un epi `e suriettivo.2

Ci limitiamo ad osservare che, dato ϕ : A → B, possiamo sempre considerare ¯A = ϕ (A) e fattorizzare ϕ = j ◦ ¯ϕ, dove ¯ϕ: A → ¯A `e definito in modo ovvio e j: ¯A → B `e l’inclusione; entrambi sono omomorfismi. Allora ϕ `e epi se e solo se j `e epi (esercizio).  12.4. Cerchiamo di caratterizzare le applicazioni continue iniettive o suriettive di spazi booleani senza usare gli elementi.

Chiamiamo mono un’applicazione continua f : X → Y con la seguente propriet`a: se g, h : Z → X sono applicazioni continue di spazi booleani e f ◦ g = f ◦ h, allora g= h.

`

E chiaro che ogni applicazione iniettiva `e mono. Viceversa, sia f mono e siano x1, x2 ∈ X tali che f (x1) = f (x2). Allora il sottospazio Z = {x1, x2} di X `e uno spazio booleano e possiamo definire g : Z → X con g(x1) = x1, g(x2) = x2 e ancora h : Z → X con h(x1) = h(x2) = x2. Entrambe sono applicazioni continue e f ◦ g= f ◦ h. Ne segue che g = h e quindi x1 = x2, cio`e

f `e iniettiva.

Chiamiamo epi un’applicazione continua f : X → Y con la seguente propriet`a: se g, h : Y → Z sono applicazioni continue di spazi booleani e g ◦ f = h ◦ f , allora g= h.

`

E chiaro che ogni applicazione suriettiva `e epi. Viceversa, sia f epi e supponiamo f(X) , Y. Allora esiste y ∈ Y \ f(X). Per 9.3, esiste un chiusaperto U di Y tale che y < U e f(X) ⊆ U.

2Devo ammettere che ho cercato a lungo una dimostrazione di questo fatto che non usi la dualit`a di Stone; non ci sono riuscito.

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Definiamo ora un nuovo spazio topologico Z: poniamo Z = (Y \ U) ∪ {∞}, dove ∞ `e un elemento non in Y. Vogliamo definire una topologiaT su Z che lo renda uno spazio booleano. Diciamo che un sottoinsieme V di Z `e inT se V \ {∞} `e aperto in Y: questo ha senso perch´e V \ {∞} ⊆ Y.

Verifichiamo le propriet`a (Ap-1–4). Che ∅ e Z siano aperti `e ovvio. Siano V1 e V2 aperti: allora

(V1∩ V2) \ {∞}= (V1\ {∞}) ∩ (V2\ {∞}) `e aperto in Y. SeX `e un sottoinsieme di T , allora

([ X ) \ {∞} = [{ V \ {∞} : V ∈ X } `e aperto in Y. Che Z sia uno spazio booleano `e lasciato per esercizio.

Possiamo definire ora due applicazioni g : Y → Z e h : Y → Z: g(y)= ∞, se y ∈ U e g(y) = y se y < U; h(y) = ∞, per ogni y ∈ Y. Si verifichi che g e h sono applicazioni continue.

Ora, `e chiaro che g ◦ f = h ◦ f , quindi, per ipotesi, g = h. Ne segue che U = Y, cio`e

f(X)= Y e f `e suriettivo. 

Il vantaggio di queste formulazioni dovebbe essere evidente una volta che si esamini (e si completi) la dimostrazione del teorema che segue. Prima per`o occorre un lemma.

Lemma 12.5. Siano ϕ1, ϕ2: A → B omomorfismi di anelli booleani. Allora ϕ1 = ϕ2 se e solo se S(ϕ1)= S(ϕ2).

Siano f1, f2: X → Y applicazioni continue di spazi booleani. Allora f1 = f2 se e solo se B( f1)= B( f2).

Dimostrazione. Supponiamo che S(ϕ1)= S(ϕ2); allora B(S(ϕ1))= B(S(ϕ2)) e quindi ϕ1 = ω−1

B ◦ B(S(ϕ1)) ◦ ωA = ω−1

B ◦ B(S(ϕ2)) ◦ ωA = ϕ2.

La seconda asserzione si dimostra allo stesso modo. 

Teorema 12.6. Sia ϕ : A → B un omomorfismo di anelli booleani; allora: (1) ϕ `e iniettivo se e solo se S(ϕ) : S(B) → S(A) `e suriettivo;

(2) ϕ `e suriettivo se e solo se S(ϕ) : S(B) → S(A) `e iniettivo. Sia f: X → Y un’applicazione continua di spazi booleani; allora: (3) f `e iniettiva se e solo se B( f ) : B(Y) → B(X) `e suriettiva; (4) f `e suriettiva se e solo se B( f ) : B(Y) → B(X) `e iniettiva.

Dimostrazione. (1 (⇒)) Siccome ϕ `e iniettivo, esso `e mono. Allora f = S(ϕ) `e epi: infatti, se g, h: S(A) → Z sono applicazioni continue di spazi booleani tali che g ◦ f = h ◦ f , possiamo applicare B, ottenendo che B( f ) ◦ B(g)= B( f ) ◦ B(h) e quindi

ϕ ◦ ω−1

A ◦ B(g)= ϕ ◦ ω−1

A ◦ B(h). Poich´e ϕ `e mono, otteniamo

ω−1

A ◦ B(g)= ω−1 A ◦ B(h)

e quindi B(g) = B(h). Ma allora g = h, per il lemma precedente. Poich´e allora S(ϕ) `e epi, `e suriettiva.

(2 (⇒)), (3 (⇒)) e (4 (⇒)) si dimostrano allo stesso modo.

(1 (⇐)) Supponiamo S(ϕ) suriettiva. Allora B(S(ϕ)) `e iniettiva, per la (4 (⇒)). Poich´e ϕ = ω−1

B ◦ BS(ϕ) ◦ ωA, abbiamo la tesi.

(3 (⇐)) e (4 (⇐)) si dimostrano allo stesso modo.

(2 (⇐)) Supponiamo S(ϕ) iniettivo. Allora S(ϕ) `e mono, quindi S(ϕ) `e epi. Ci basta allora vedere che un epi iniettivo `e un isomorfismo, per l’osservazione fatta prima. Sia ϕ : A → B un epi iniettivo; allora S(ϕ) `e mono e epi, quindi biiettivo. Dunque S(ϕ) `e un’applicazione continua e biiettiva di un compatto in un Hausdorff, quindi `e un omeomorfismo. Ne segue che g= (S(ϕ))−1 `e continua e S(ϕ) ◦ g= id. Ma allora B(g) ◦ B(S(ϕ)) = idB(S(A))e quindi

B(g) ◦ ωB◦ϕ ◦ ω−1

A = idB(S(A)).

Basta allora dimostrare che B(g) `e un isomorfismo. Tuttavia sappiamo gi`a che B(S(ϕ)) `e un’inversa sinistra di B(g). Inoltre

B(g) ◦ B(S(ϕ))= B(S(ϕ) ◦ g) = B(id) = id.

La dimostrazione `e conclusa. 

Un’applicazione importante della dualit`a di Stone `e che ogni algebra di Boole `e (isomorfa ad) una sottoalgebra di P(E), per un opportuno insieme E.

Teorema 12.7. Sia A un anello booleano. Esistono allora un insieme X ed un omomorfismo iniettivo di anelli booleani j: A → P(X).

Dimostrazione. Sia X = S(A). Allora ωA: A → B(X) `e un isomorfismo, e B(X) `e chiaramente

un sottoanello di P(X). 

Definizione 12.8. Un’algebra di Boole si dice completa se ogni sottoinsieme di A ha estremo

superiore. 

Pu`o sembrare che la definizione data sia asimmetrica. Usando la dualit`a (o l’esercizio 9.4) si dimostra subito l’asserzione seguente.

Proposizione 12.9. Un’algebra di Boole `e completa se e solo se ogni suo sottoinsieme ha

estremo inferiore. 

Vogliamo vedere quale propriet`a topologica corrisponde alla completezza.

Definizione 12.10. Uno spazio topologico X si dice estremamente sconnesso se la chiusura di

ogni aperto in X `e un aperto (in particolare un chiusaperto). 

Proposizione 12.11. Sia X uno spazio topologico estremamente sconnesso; allora X `e total-mente sconnesso.

Dimostrazione. Siano x, y ∈ X, con x , y. Allora esiste un aperto U contenente x ma non y. Ne segue che y < Cl(U) e quindi abbiamo ottenuto una separazione di x e y. 

58 Enrico Gregorio

Teorema 12.12. Un’algebra di Boole A `e completa se e solo se S(A) `e estremamente sconnesso.

Dimostrazione. (⇒) Sia U un aperto di S(A); poniamo E = { a ∈ A : W (a) ⊆ U }. Allora U = S{ W (a) : a ∈ E }, perch´e gli insiemi W (a) formano una base della topologia di S(A).

Essendo A completa, esiste s= sup E. Affermiamo che Cl(U) = W (s): ci`o prover`a la tesi. Per prima cosa, se W (a) ⊆ U, allora a ≤ s e quindi W (a) ⊆ W (s). Quindi U ⊆ W (s) e, di conseguenza, Cl(U) ⊆W (s).

Supponiamo, per assurdo, cheW (s) \ Cl(U) , ∅. Allora l’aperto W (s) \ Cl(U) contiene un chiusaperto non vuoto V. QuindiW (s) \ V `e un chiusaperto che contiene U ed esiste t ∈ A tale che W (s) \ V = W (t). Ne segue che t < s e, per ogni a ∈ E, a ≤ t, perch´e W (a) ⊆ W (t): assurdo.

(⇐) Sia E ⊆ A; allora U = S{ W (a) : a ∈ E } `e aperto in S(A). Perci`o la sua chiusura `e un chiusaperto di S(A), dunque Cl(U)= W (s), per un opportuno s ∈ A. Per a ∈ E, W (a) ⊆ W (s), quindi a ≤ s. Perci`o s `e un maggiorante di E. Se t `e un maggiorante di E, abbiamo cheW (t) `e un chiusaperto che contiene U, quindi anche Cl(U)= W (s). Ma allora s ≤ t.  Teorema 12.13. Sia A un anello booleano finito. Allora A `e isomorfo a P(S(A)), in particolare |A|= 2|S(A)|. Due anelli booleani finiti sono isomorfi se e solo se hanno la stessa cardinalit`a. Dimostrazione. Poich´e A `e finito, S(A) `e finito, quindi discreto. Ma allora B(S(A))= P(S(A)).

Supponiamo |A1|= |A2|. Allora

|A1|= 2|S(A1)| = 2|S(A2)| = |A2|,

quindi S(A1) e S(A2) sono spazi discreti con la stessa cardinalit`a e perci`o omeomorfi.  Esempio 12.14. Sia X un insieme infinito. Consideriamo l’algebra di Boole F(X) dei finiti-cofiniti di X. Abbiamo chiaramente un’applicazione

j: X → S(F(X))

definita, per x ∈ X, da j(x) = { E ∈ F(X) : x ∈ E }. Ovviamente j(x) `e un elemento di S(F(X)), cio`e un ultrafiltro in F(X).

Possiamo anche considerare U, che consiste dei sottoinsiemi a complementare finito di X. Anche U `e un ultrafiltro in F(X).

Evidentemente, j(x) , U, per ogni x ∈ X. Sia U ∈ S(F(X)); abbiamo due casi.

Primo caso: E < U, per ogni sottoinsieme finito E di X. Allora ogni insieme a complementare finito appartiene a U e quindi ϕ = ϕ.

Secondo caso: esiste E0 ⊆ X, E0finito, tale che E0 ∈ U. Se E0 = {x1, x2, . . . , xn}, abbiamo {x1} ∪ {x2} ∪ · · · ∪ {xn} ∈ U

quindi esiste x ∈ E0tale che {x} ∈ U. Facciamo vedere che U = j(x).

Sia E ∈ F(X); se x ∈ E, `e {x} ⊆ E, quindi E ∈ U. Se x < E, allora x ∈ X \ E e quindi X \ E ∈ U, da cui E < U.

Per esercizio si provi che la topologia indotta da S(F(X)) su j(X) `e discreta e che gli intorni di ϕ sono i sottoinsiemi di S(F(X)) che contengono ϕ ed hanno complementare finito. In altre parole S(F(X)) `e omeomorfo alla compattificazione di Aleksandrov dello spazio discreto

X(si vedano gli esercizi 12.4 e 12.4). 

Esempio 12.15. Esistono altri modi di “immergere” uno spazio discreto X in uno spazio com-patto; invece dell’algebra F(X) possiamo infatti considerare P(X) e porre β(X) = S(P(X)), che si chiama compattificazione di Stone- ˇCechdi X. L’applicazione di immersione che identifica X con un sottospazio di β(X) `e

k: X → β(X), k: x 7→ k(x) = { E ∈ P(X) : x ∈ E }.

Se Y `e uno spazio compatto, f : X → Y `e un’applicazione iniettiva e Y induce su X la topolo-gia discreta, allora esistono e sono uniche due applicazioni fα: Y → α(X) e fβ: β(X) → Y tali che il seguente diagramma sia commutativo:

β(X) fβ  X k {{=={ { { { { { f // jDDD!!D D D D D Y  α(X) cio`e fβ◦ k= f e fα◦ f = j (esercizio).

In questo senso quella di Stone- ˇCech `e la “massima” compattificazione di X, mentre quella

di Aleksandrov `e la “minima”. 

Esercizi

12.1. Dimostrare direttamente, usando solo le propriet`a “algebriche” della dualit`a di Stone, che ϕ : A →

B`e un isomorfismo se e solo seS(ϕ) `e un omeomorfismo.

12.2. Dimostrare direttamente, usando solo le propriet`a “algebriche” della dualit`a di Stone, che f : X →

Y `e un omeomorfismo se e solo seB( f ) `e un isomorfismo.

12.3. Sia X uno spazio localmente compatto, cio`e nel quale ogni punto ha almeno un intorno compatto.

Sia ∞ un elemento non appartenente a X e definiamo su α(X)= X ∪ {∞} una topologia T . Diciamo che

un sottoinsieme U di α(X) appartiene aT se e solo se vale una delle condizioni seguenti:

(a) ∞ < U e U `e aperto in X;

(b) ∞ ∈ U e α(X) \ U `e compatto in X.

Si dimostri che T `e una topologia e che α(X) `e compatto. Si dimostri che α(X) induce su X la

topo-logia originale; inoltre X `e denso in α(X) se e solo se X non `e compatto. Lo spazio α(X) si chiama

compattificazione di Aleksandrovdi X.

12.4. Sia X un insieme infinito, dotato della topologia discreta. Si provi che α(X) `e omeomorfo a

Nel documento LA DUALIT `A DI STONE (pagine 46-60)

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