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Diversamente dal disegno animato, la tecnica dell’animazione in diretta implica la presenza dell’animatore che, appunto direttamente, sotto la cinepresa o la telecamera crea l’illusione del movimento, plasmando, muovendo o spostando oggetti, materiali o attori. Il principio è sempre lo stesso: modificando (spesso anche in modo

impercettibile) l’immagine da un fotogramma all’altro, si produce l’effetto del movimento. Qui di seguito elenchiamo una serie di tecniche che pur poggiando sulla stessa metodica di base offrono immagini, atmosfere e risultati del tutto diversi tra loro: la distinzione concerne più che altro i materiali utilizzati.

a. Découpage, cut-out o carta ritagliata

In qualunque modo la si voglia chiamare, questa tecnica si basa sull’utilizzo di ritagli di carta o di cartone disegnati (cui possono essere aggiunti diversi materiali come stoffa, carta argentata, etc.) che compongono la completa fisionomia di personaggi che si muovono su uno sfondo. I ritagli vengono mossi dall’animatore sotto la macchina da presa e più precisamente l’animazione è ottenuta fotografando ogni singola posizione della figura, posizione ottenuta spostando le parti che si vogliono far muovere (testa, arti, occhi, etc.).

Tra i capiscuola di questa tecnica vanno annoverati Giulio Gianini ed Emanuele Luzzati cui abbiamo già fatto riferimento parlando del panorama dei film d’intrattenimento italiani di fine anni Sessanta e Settanta, ma uno degli esempi più lodevoli è probabilmente il cartone

South Park di Matt Stone e Trey Parker. La tecnica della stop motion cut-out animation fu impiegata nel corto d’animazione originale,

l’episodio pilota, per poi essere rimpiazzata dall’animazione al computer in tutti i corti successivi. Con esattezza i ritagli di cartone, un tempo incollati direttamente sullo sfondo, sono stati digitalizzati e

ridisegnati con CorelDRAW111, poi importato in Power Animation112.

Solo a partire dalla quinta stagione della serie, gli animatori hanno cominciato a utilizzare Autodesk Maya, apprezzato in ambito professionale per l’alta qualità degli strumenti di modellazione, animazione e rendering. Al fine di preservare l’immagine di un’animazione “fatta in casa”, a difesa dunque dell’estetica della bassa definizione, per alcuni episodi sono state adoperate tecniche ulteriori che hanno previsto, ad esempio, riprese in live action, stile anime, rotoscopio (come l’episodio Major Boobage della dodicesima stagione, un omaggio al film d’animazione Havy Metal del 1981) o machinima113.

L’esempio dell’adattamento tecnologico di South Park qui presentato diviene quindi esemplificativo di quel processo di inclusione di una delle tecniche più artigianali all’interno di tecnologie digitali applicate all’animazione tramite l’utilizzo del computer e di software specifici.

111 Software per grafica vettoriale professionale della suite Corel simile al corrente Adobe Illustrator e il cui formato fil nativo è CDR. La suite grafica Corel contiene anche diversi programmi e utility rivolte all’elaborazione fotografica e al desktop publishing: Photo Paint (Elaborazione immagini raster), Rave (animazione vettoriale), Trace (Vettorializzazione di immagini raster e tracciamento del testo da raster a testo trattabile OCR), Capture (cattura immagini da schermo) e BitStream Font Navigator (gestione font).

112 Programma altamente integrato utilizzato principalmente per la computer grafica 3D, precursore di Maya e Studio Tools.

113 Per spiegare il termine ci serviamo delle parole di A. Amaducci in Computer grafica. Mondi sintetici e realtà disegnate, Kaplan, Torino, 2010, p.16: Machinima (dalla fusione dei due termini machine e cinema) è “una serie di programmi che a partire dai cosiddetti mod (contrazione di modification: modifiche apportate dagli utenti a scene, personaggi o azioni di un videogioco che possono diventare parcelle autonome di elementi 3D liberamente utilizzabili anche al di fuori dell’ambiente ludico) permettono di gestire con estrema semplicità una serie di ambienti, di azioni e di personaggi allo scopo di creare delle scene”.

Intertitolo della diciassettesima stagione di South Park.

Sul tetto da sinistra i quattro personaggi principali: Stan, Kyle, Kenny e Cartman

b. Animazione di silhouette

La tecnica delle silhouette non è altro che una variante monocromatica della cut-out animation, un découpage in bianco e nero che “ripropone in versione cinematografica le «ombre cinesi», tramite figure di cartone ritagliate e retroilluminate”114. Le sagome

dei personaggi, come per tutte le tecniche di animazione in stop

motion, vengono scomposte nelle loro parti e mosse secondo le

posizioni desiderate.

Maestra delle silhouette è indiscutibilmente la tedesca Lotte Reiniger, già presentate nelle vesti di autrice del magico film Le avventure del

principe Achmed.

c. Pupazzi animati (Puppets animation)

Nell’animazione con pupazzi entra in gioco la terza dimensione, la profondità. I fantocci, dall’anima di ferro ma realizzati con i materiali più disparati – stoffa, legno, plastica, etc. – si muovono in una scena

in miniatura grazie a una serie di giunture rigide che permettono il piegamento delle articolazioni. Il principio è sempre lo stesso: i movimenti vengono ripresi a fotogramma singolo, ma in aggiunta, la

puppets animation prevede anche il movimento della macchina sulla

scena e tra i personaggi.

La tecnica della stop motion con fantocci è la stessa che è stata utilizzata per la produzione di un film destinato a lasciare un segno indelebile nella storia del cinema e dell’immaginario mondiale: King

Kong. In realtà la tecnica che prevede l’inserimento di elementi

animati in stop-motion all’interno di scene di un film girato dal vero prende il nome di model animaton, pertanto è di questa tecnica che bisognerebbe parlare in riferimento al film in questione; ma, al di là di questa precisazione terminologica, Kong nella realtà altro non era che un pupazzo articolato. Alto circa 45 centimetri, con uno scheletro di acciaio ricoperto di lattice e pelliccia di coniglio, il gigantesco gorilla fu filmato, immagine per immagine, da Willis O’Brien e dalla sua équipe, su dei plastici rappresentanti la giungla e la città di New York, nelle cui riprese furono usati pupazzi di Kong di diversa grandezza, rispettivamente di sei e otto metri. Nel 1933 il gigantesco gorilla terrorizzò letteralmente le platee. “Agli smaliziati spettatori del XXI secolo, abituati alle raffinate elaborazioni computerizzate, può sembrare ingenuo, ma quando il film fu presentato in anteprima a San Bernardino (in California), una scena in cui King Kong faceva cadere quattro marinai in una tana di ragni giganti, si rivelò così realisticamente terrificante da far gridare per lo spavento il pubblico ed alcuni, addirittura, tentarono di fuggire dal cinema. La scena dovette essere tagliata. Altre scene furono tagliate nelle successive

edizioni fino al 1952 […]. Tutti i frammenti tagliati, tranne il primo, che è andato perso, furono restaurati nel 1971”.115

La tecnica del passo uno era già utilizzata da più di un decennio, ma O’Brien e gli altri tecnici degli effetti speciali hanno saputo miscelarla per la prima volta con altre tecniche come la retroproiezione e la proiezione miniaturizzata per mettere gli attori in scene mai viste prima.

Assistente di O’Brien e maestro indiscusso della stop motion con cui ha inserito creature fantastiche e mostruose all’interno di film girati con attori in carne e ossa è invece Ray Harryhausen, scomparso nel 2013 all’età di novantadue anni. Harryhausen preferiva non paragonare il proprio lavoro a semplici “film di pupazzi” e in effetti a lui si deve l’inserimento reale e realistico dell’animazione a passo uno in film dal vero: nei film intitolati Il re dell’Africa (1949) e Il risveglio

del dinosauro (1953) egli utilizzò per la prima volta lo split-screen –

letteralmente “schermo diviso” (una tecnica che consiste nel frazionare lo schermo in diverse inquadrature) – che inseguito avrebbe chiamato Dynamation, una tecnica che conferiva una straordinaria impressione di interazione tra i personaggi da lui creati e gli attori, oltre che con il mondo circostante in cui l’azione si svolgeva. Destinato a superare la fama del suo maestro, Harryhausen è conosciuto anche per la serie animata Puppetoons, ideata e diretta da George Pal, mentre Il settimo viaggio di Sinbad (1958) e Gli

argonauti (1963) rappresentano due dei suoi film dal vero che

esercitano ancora oggi un forte fascino sul pubblico. Harryhausen, inoltre, è costante fonte d’ispirazione per moltissimi cineasti che lo hanno omaggiato nel corso degli anni: tra i tanti esempi si può

115 P. Martinelli Arlotti, In moto perpetuo. L’animazione in 3D nel cinema e nella televisione dalla fine del XIX secolo alla fine del XX, CLUEB, Bologna, 2004, p.15

ricordare che “Harryhausen è il nome del sushi bar frequentato dai protagonisti di Mosters & Co. ed è anche la marca del pianoforte suonato dal protagonista de La sposa cadavere (Tim Burton’s Corpse

Bride, 2005) di Mike Johnson (1965) e Tim Burton (1959)”116.

Proprio uno dei film d’animazione più noti di questo ultimo artista,

Tim Burton’s The Nightmare Before Christmas (1993), uno dei

pochissimi film in stop motion a essere stato distribuito in tutto il mondo, rappresenta un ulteriore esempio di animazione in stop

motion con pupazzi. Dopo essersi occupato delle pellicole Edward mani di forbice e Batman – il ritorno, Burton aveva affidato la regia di

quel film, originariamente non approvato dalla Disney a causa dei temi dai toni decisamente dark, all’amico Henry Selick. I pupazzi sono stati mossi a mano dagli animatori di fotogramma in fotogramma, mentre una riedizione del film in 3D (stavolta prodotta dalla Walt Disney Picture) è uscita nelle sale statunitensi il 20 ottobre 2006. Visualizzabile stereoscopicamente grazie all’utilizzo di appositi occhialini, la nuova versione è stata presentata in Italia l’anno successivo alla 64° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia in occasione del Leone d’Oro alla Carriera per Tim Burton. La padronanza dell’utilizzo del mezzo cinematografico nell’ambito dell’animazione di Selick è evidente nel confronto con il più recente film La sposa cadavere (2005), codiretto dall’animatore Mike Johnson e da Burton, in quanto quest’ultimo manca di quella fluidità e di quell’incalzante ritmo narrativo che hanno fatto la fortuna di

Nightmare Before Christmas. D’altro canto, in merito alle tecniche di

produzione e di ripresa, La sposa cadavere detiene una serie di primati: vediamo di enumerarli ordinatamente.

La sposa cadavere è il primo film d’animazione ad essere stato ripreso

con camere fisse e non con cineprese Mitchell modificate come accadeva nei precedenti film in stop motion (Galline in fuga della Aardman, ad esempio), le stesse vecchie cineprese usate per King

Kong. Come confermato dalla rivista “American Cinematographer” (ottobre 2005), le camere scelte per la produzione de La Sposa Cadavere sono state delle Canon EOS-1D Mark II, un tipo di digital single-lens reflex che hanno reso il film d’animazione il primo in stop motion girato in digitale. La sposa cadavere, inoltre, è il primo film animato in stop motion ad usare Final Cut Pro, il software creato da Apple Inc. rivolto al montaggio di film digitali, ma è anche il primo film animato in stop motion ad usare la nuova tecnica gear

and paddle per le teste dei pupazzi utilizzati. Questa tecnica consiste

nell'utilizzare un complesso sistema di ingranaggi (gear) da inserire all'interno della testa del personaggio. I vari meccanismi vengono attaccati a delle pale (paddle) esterne, così muovendo i meccanismi e inserendo una brugola dentro piccoli fori localizzati sulla testa dei pupazzi e nelle orecchie, le pale si muovono, cambiando l'espressione facciale del personaggio. Ciò ha permesso di ottenere una migliore mimica facciale (in sintonia con le diverse emozioni) rispetto al vecchio stile di rimpiazzamento delle teste, grazie anche all'utilizzo di una soffice "pelle" con cui sono stati rivestiti i pupazzi, dando al personaggio un aspetto più naturale.

Uno scheletro snodabile di brontosauro usato nel film King Kong, 1933

Ray Harryhausen con alcune delle sue creazioni cinematiche al Festival del Film Internazionale di Edimburgo, 2008

Jack Skeletron, leader del Paese di Halloween e re delle Zucche, il protagonista di The Nightmare Before Christmas, Tim Burton, 1993

Victor Van Dort e Emily, I protagonisti di La sposa cadavere, Tim Burton e Mike Johnson, 2005

d. Animazione di plastilina (Claymation)

Con la plastilina si può realizzare sia un’animazione bidimensionale (affine al découpage), sicuramente adatta più alla metamorfosi di figure che alla narrazione di eventi, sia tridimensionale (più simile a quella dei pupazzi). Negli Stati Uniti la tecnica è stata brevettata come

claymation da Will Vinton che nel 1985 ha realizzato il primo

lungometraggio del genere The Adventue of Mark Twain, mentre tra gli eroi degli ultimi anni riconosciamo due grandi artisti: Fusako Yusaki – designer e artista giapponese di fama internazionale specializzata nella lavorazione e animazione della plastilina e nota in

Italia per la sigla del programma televisivo per bambini L’albero

azzurro – che attualmente collabora con la RSI (Radiotelevisione

svizzera di lingua italiana) ad una trasmissione per bambini, con il personaggio Peo, un piccolo cane blu; Nick Park, invece, è creatore di

Wallace e Gromit, la popolare coppia divenuta positiva icona

internazionale della moderna cultura britannica costituita da un eccentrico inventore amante del formaggio e il suo cane, antropomorfo, privo di bocca ma intelligente più del proprio padrone.

Dopo un dettagliato storyboard e la costruzione di set e modelli in plastilina, i film di Wallace e Gromit sono stati ripresi, come di norma, un fotogramma alla volta, muovendo i modelli dei personaggi leggermente tra l'uno e l'altro per dare l'impressione di movimento nella pellicola finale. Alcuni effetti in particolare, come quello del fuoco, del fumo e dei coniglietti galleggianti in La maledizione del

coniglio mannaro, si sono rivelati impossibili da creare in stop motion

e per tali ragioni sono stati resi da specialisti della computer

animation.

Wallas e Gromit di Nick Park

e. Pixillation

La tecnica della pixillation, come anticipato con Neighbours (1952) – uno dei film più rinomati di Norman McLaren – prevede attori in carne e ossa invece di pupazzi o plastiline. Si tratta di una tecnica attraverso la quale possono realizzarsi soluzioni brillanti e altamente spettacolari: i personaggi possono attraversare pavimenti e pareti, possono muoversi sul terreno senza camminare, possono strisciare o ancora, rimanere sospesi nell’aria con frenetici spostamenti. Proprio perché utilizzata per creare effetti sorprendenti, la pixillation non a caso viene adoperata spesso nei videoclip musicali, il cui esempio più celebre è Sledgehammer di e con Peter Gabriel, realizzato dalla Aardman Animation.

La tecnica della pixillation mette meglio in evidenza la differenza tra cinema dal vero e cinema d’animazione, una differenza che risiede nella messa in scena: l’animazione rifiuta la ripresa diretta di un movimento tanto è vero che la ripresa di persone reali con la tecnica del passo uno (la pixillation, appunto) rende l’immagine reale un’immagine animata soltanto per questa discrepanza temporale. Il movimento “reale” è simulato, ricreato ex-novo.

f. Schermo di spilli (Pinscreen animation)

Dello schermo di spilli abbiamo già parlato: ideata dall’illustratore e animatore francese Alexander Alexeieff la tecnica risulta particolarissima, complessa e di lunga esecuzione. Su un piano verticale, lo ripetiamo, vengono inseriti migliaia di spilli equidistanti che, a seconda della loro sporgenza sul piano e della posizione della luce, creano ombre o lasciano passare la luce permettendo la suggestiva realizzazione di immagini in bianco e nero. Per essere più precisi, come riportato in un articolo on line del “Dars magazine”117,

gli spilli scorrono dentro a minuscoli tubi all’interno di una cornice di metallo. Ogni spillo di colore nero fuoriesce di cinque millimetri da ogni lato della sua guaina scorrevole di colore bianco e la luce radente illumina lo schermo. L’ombra di questi minuscoli spilli, più o meno infilati nella loro guaina, crea le sfumature generando così immagini in bianco e nero di un’incredibile dolcezza. La cinepresa è puntata verso il centro dello schermo e l’animazione prende forma attraverso il movimento degli spilli che vi sono incastonati, immagine per immagine, a volte conficcandoli, a volte respingendoli all’interno della propria guaina.

Gli eredi di questa invenzione culturale, nonché gli ultimi cineasti ad aver utilizzato lo schermo di spilli (del quale hanno svelato i segreti nel contesto della mostra Alexeieff/Parker Shadow Tamers durante il festival di Annecy 2015) sono Michèle Lemieux e Jacque Drouin del NFB. Gli artisti, una volta di fronte allo schermo, disegnano con la luce esercitando una pressione sugli spilli attraverso diversi strumenti per creare le sfumature del grigio: si passa da una lampadina a un ditale, da un tappo di bottiglia ai rulli inchiostratori. In altre parole, viene

117 Articolo disponibile all’indirizzo http://www.darsmagazine.it/lo-schermo-di-spilli-la-

utilizzata una moltitudine di oggetti capaci di lavorare la luce senza rovinare il supporto dello schermo, poiché gli spilli, estremamente fini, rendono lo schermo fragile.

Il concetto delle ombre creato dagli spilli grazie all’illuminazione radente, Annecy, 2015

Lemieux Michèle, Wolfgang Noethlichs (2012), Annecy, 2015

La sand animation prevede sul banco di ripresa la sabbia o la polvere, che creano forme e immagini colorate o retroilluminate. Esistono due stili dell’animazione con la sabbia: l’animazione vera e propria e quella intesa come performance d’artista dal vivo. Nel primo caso gli animatori creano con la sabbia ogni singolo fotogramma della pellicola d’animazione; nel secondo caso, l’artista crea a tempo di musica una serie di immagini sulla propria “lavagna luminosa” mentre le figure sono riprese in diretta live da una telecamera e trasmesse a circuito chiuso su un maxischermo.

Gli svizzeri Ernest e Gisèle Ansorge utilizzarono per primi negli anni Sessanta la polvere nera di quarzo per le loro animazioni e la tecnica fu poi perfezionata nel 1968 da Caroline Leaf che utilizzò la sabbia e creò il suo primo film d’animazione, il già citato Sabbia, o Pierino e il

lupo (Sand, or Peter and the Wolf) presso l'università di Harvard,

modellando la sabbia su una lightbox fotogramma per fotogramma. I

sand artist che in questi ultimi anni spopolano in TV e non solo sono

invece l’ungherese Ferenc Cakó, l’israeliana Ilana Yahav nota per lo spot Eni (2009-2010), l’ucraina Ksenija Symonova vincitrice nell’anno 2009 del programma televisivo “Ukraine’s Got Talent”, l’albanese Fatmir Mura e la giovanissima italiana Gabriella Compagnone. Dalle loro mani sapienti nascono atmosfere suggestive, affascinanti e magnetiche che oltre ad incantare il pubblico sono state poste, spesso e volentieri, al servizio di molte aziende e committenti vari. Una cosa è certa: l’eleganza della tecnica e le emozioni che essa produce fanno della sand art un potentissimo veicolo comunicativo.

Una delle opere di Fatmir Mura realizzate tramite in sand animation

Frame dello spot pubblicitario Eni (2010) realizzato da Ilana Yahav

h. Disegno animato “in diretta”

Le possibilità dell’animazione in diretta sono infinite: l’intervento dell’animatore sulla scena che viene modificata dopo ogni impressione di fotogramma è realizzabile con il disegno a pastello, con la manipolazione di colori sul vetro, la cosiddetta paint-on-glass

animation, così come con oggetti di ogni tipo – scarpe, dentifrici,

frattaglie di pollo, conchiglie, etc – come accade nello straordinario

Moznosti dialogu di Jan Svankmajer. Esempi come quest’ultimo sono

più noti come object animation in cui sono immortalati oggetti di comune uso quotidiano, o comunque oggetti non creati appositamente per l’animazione. Rientrano in questa categoria anche

i Brickfilm, i film realizzati applicando la stop-motion ai mattoncini Lego o simili.

Frame tratto da Moznosti dialogu di Jan Svankmajer, 1982

Frame di un Brickfilm Lego, Lego Wedding.

Disponibile all’indirizzo

https://www.youtube.com/watch?v=LDH09390Fa0

3. Il disegno diretto su pellicola, DDSP (Draw-on-film animation)

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