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NORMATIVA 4.1 Sicurezza alimentare

4.3 Anisakis: normativa nazionale

La diffusione delle larve di Anisakis spp. in molte delle specie ittiche abitualmente consumate e le tradizioni culinarie del nostro paese che prevedono tecnologie inadeguate all’inattivazione del parassita, quali marinatura o affumicatura, rendono l’anisakidosi un motivo di forte preoccupazione per il consumatore italiano, situazione spesso acuita dal facile allarmismo mediatico. Attualmente la normativa italiana fa riferimento a quella comunitaria, ma il primo approccio al problema Anisakis, è avvenuto nel 1992 con l’emanazione, da parte dell’allora Ministero della Sanità, della

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Circolare 11 marzo 1992, n. 10 e della successiva Ordinanza 12 maggio 1992 (Sola D., 2011; Griglio B. et al., 2012).

Nella Circolare Ministeriale 11 marzo 1992, n. 10 “Direttive e raccomandazioni in

merito alla presenza di larve di Anisakis nel pesce” si rassicurava l’opinione pubblica

circa la scarsa rilevanza dal punto di vista epidemiologico dell’anisakidosi in Italia attribuendola alla sola ingestione di larve vive e si raccomandava ai pescatori e agli operatori che manipolavano pesce fresco, di procedere a una quanto più sollecita eviscerazione degli esemplari di lunghezza superiore ai 18 cm e appartenenti alle specie a rischio di infestazione (aringhe, sgombri, tracuri o sugarelli, melù, pesci sciabola, merluzzi e triglie), escluse acciughe e sardine in quanto molto deperibili all’eviscerazione. Al fine di interrompere, per quanto possibile, il ciclo biologico del parassita, si invitava a non gettare le viscere in mare. In attesa di ulteriori indicazioni da parte delle autorità veterinarie comunitarie, ai veterinari ispettori era fatto obbligo di procedere a una verifica sanitaria del pescato, tramite campionamento delle partite ed esame visivo con apertura della cavità celomatica. Nel caso in cui i pesci si presentassero manifestamente parassitati, il veterinario avrebbe dovuto ordinarne la distruzione quando l’aspetto fosse ripugnante o repellente, oppure consentirne la bonifica. Quest’ultima operazione era consentita, previa eliminazione delle porzioni parassitate, sia tramite congelamento ( -20°C per almeno 24 ore) presso stabilimenti autorizzati, sia tramite trattamento termico (60°C per almeno 10 minuti o equivalente) presso stabilimenti di conservazioni o trasformazione (Circ. Min. 11/03/92, n. 10). Nella circolare non erano previsti obblighi in merito al controllo visivo dei prodotti venduti da parte del dettagliante finale, il quale però doveva “accertarsi che il prodotto

avesse subito il controllo da parte del Servizio Veterinario” (Circolare 11/03/92, n. 10). Le indicazioni appena descritte, sono state qualche mese dopo riprese dall’Ordinanza Ministeriale del 12 maggio 1992 riguardante “Misure urgenti per la prevenzione della

parassitosi da Anisakis”. Essa ribadiva la necessità di effettuare i trattamenti di

bonifica, condotti in modo da garantire che le combinazioni di temperatura previste dalla Circolare n. 10 trovassero applicazione a cuore del prodotto, fossero eseguiti solo presso stabilimenti autorizzati e fossero accompagnati da autocertificazione in caso di trattamento con il freddo (Ord. Min. 12/05/92).

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Entrambi i precedenti documenti ministeriali andarono a integrare la normativa nazionale vigente in materia, ovvero la Legge n. 283 del 30 aprile 1962 che, per quanto riguarda l’infestazione degli alimenti da parte di parassiti, definiva i confini applicativi del divieto di “impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere

per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo, sostanze alimentari” “insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive” per la salute del consumatore (L. n. 283/1962).

Successivamente, l’obbligo del controllo visivo anteriormente all’introduzione sul mercato dei prodotti della pesca e il divieto di destinare al consumo umano pesci, o loro parti, manifestamente parassitati, sono stati ribaditi con il Decreto Legislativo n. 531 del 30 dicembre 1992 (poi abrogato dal D.Lgs. n. 193/2007 in seguito all’entrata in vigore del Pacchetto Igiene), in attuazione della Direttiva 91/493 che stabiliva le norme sanitarie applicabili alla produzione e alla commercializzazione dei prodotti della pesca, non fornendo però indicazioni riguardo la vendita al dettaglio. I trattamenti di bonifica erano previsti anche per alcune specie di pesci destinati ad un trattamento di affumicatura a freddo (temperatura all’interno del pesce inferiore a 60°C) e per le aringhe marinate e/o salate se il trattamento praticato non garantisse l’eliminazione delle larve di nematodi (Dir. 91/493/CEE; D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 531).

La vendita al dettaglio è stata regolamentata attraverso la Nota del Ministero della Salute n. 4379-P del 17 febbraio 2011 avente come oggetto “Chiarimenti concernenti

alcuni aspetti applicativi del Reg. (CE) n. 853/2004 in materia di vendita e somministrazione di preparazioni gastronomiche contenenti prodotti della pesca destinati ad essere consumati crudi o praticamente crudi” e specificante che, così come

previsto dal Regolamento (CE) n. 1020/2008, anche nella vendita al dettaglio devono essere rispettati i requisiti specifici relativi ai parassiti e quelli concernenti l’esame visivo per la loro ricerca in conformità a quanto previsto dal Regolamento (CE) n. 853/2004 (Reg. (CE) n. 1020/2008; Sola D., 2011). Infatti, conseguentemente al parere dell’EFSA del 2010 (EFSA, 2010) riguardante la valutazione del rischio di parassiti nei prodotti della pesca,il Ministero della Salute ha emanato, parallelamente e in accordo con la normativa comunitaria (vedi Reg. (CE) n. 1276/2011) la succitata circolare

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avente lo scopo di evidenziare la corretta prassi a cui devono attenersi gli Operatori del Settore Alimentare, alla luce della normativa vigente. Innanzi tutto viene evidenziato l’obbligo previsto dal regolamento europeo di effettuare un trattamento di bonifica preventivo mediante congelamento (-20°C per 24 ore) per il pesce, anche d’acqua dolce, destinato ad essere consumato crudo o in preparazioni gastronomiche ove rimane praticamente crudo. Il trattamento effettuato dovrà essere dichiarato nel piano di autocontrollo e i prodotti della pesca che hanno subito la bonifica dovranno sempre essere accompagnati, alla loro immissione sul mercato, da un’attestazione del produttore che indichi il trattamento ai quali sono stati sottoposti, eccezione fatta qualora siano forniti al consumatore finale (Nota DGSAN n. 4379-P).

Infine, il Decreto Legislativo 17 luglio 2013, ha stabilito le informazioni che devono essere messe a disposizione dei consumatori per consentire un impiego appropriato dei prodotti della pesca. Tenendo conto della normativa vigente sulla sicurezza alimentare, del Regolamento (UE) n. 1169/2011 “relativo alla fornitura di informazioni

sugli alimenti ai consumatori” (Reg. (UE) n. 1169/2011) e della Legge n. 189/2012 in merito allo “sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute” (L. n. 189/2012), vengono indicate “le informazioni minime relative alle corrette condizioni di

impiego che devono essere riportate dal cartello apposto nei luoghi in cui sono offerti in vendita al consumatore finale pesce e cefalopodi freschi, nonché pesci di acqua dolce, sfusi o preimballati per la vendita diretta”. Il cartello in questione deve essere

chiaramente visibile dalla posizione in cui il consumatore prendo o riceve il prodotto e le informazioni, riportate nell’Allegato I del suddetto decreto e qui di seguito riportate, devono essere chiaramente leggibili:

“INFORMAZIONI AL CONSUMATORE PER UN CORRETTO IMPIEGO DI PESCE E CEFALOPODI FRESCHI”

“In caso di consumo crudo marinato o non completamente cotto il prodotto deve essere preventivamente congelato per almeno 96 ore a -18°C in congelatore domestico

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4.4 Normativa regionale

Negli anni successivi al D.Lgs. 531/1992, alcune regioni italiane hanno provveduto ad inserire nella normativa regionale appositi provvedimenti, al fine di uniformare il controllo ufficiale utilizzato per il rilevamento delle larve e quindi tutelare la salute dei consumatori.

4.4.1 LOMBARDIA

Prima fra tutte la Regione Lombardia che in collaborazione con l’Osservatorio Epidemiologico Veterinario Regionale, mediante la Circolare VS8/C790/94, definiva le modalità di campionamento statisticamente significativo al fine di ottenere un quadro reale circa la presenza delle larve del parassita nelle partite ittiche. Lasciando comunque alla discrezionalità del veterinario ispettore, in funzione della propria esperienza e professionalità, la scelta dei parametri più opportuni da adottare. Il protocollo descritto era applicabile sia su partite di acciughe o sardine, sia per partite di altri pesci a rischio Anisakis (ad esempio sgombro, tombarello, palamita, tonnetto, ecc.).

Considerando che un campione statisticamente significativo doveva possedere una sensibilità (capacità di evidenziare la presenza dell’infestazione) del 10 % con confidenza del 95 % e che un lotto è composto solitamente da più casse, risalendo al numero presumibile di soggetti presenti utilizzando metodi di conversione a seconda della specie interessata e attraverso la tabella allegata era possibile determinare il numero di soggetti da esaminare per ogni cassa (massimo 29 per acciughe e sardine). Nel caso l’omogeneità del lotto fosse incerta, la sensibilità poteva essere portata al 5 % (Tab. 4.1).

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NUMERO SOGGETI CHE