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ANISAKIDOSI 2.1 Zoonosi parassitarie di origine ittica

2.4 Ciclo biologico

2.6.2 Forme allergiche

Nell’uomo, anche se in corso di infestazioni parassitarie si riscontrino alti livelli di immunoglobuline sieriche prodotte dal sistema immunitario, le infestazioni da elminti non sono solitamente accompagnate da reazione di immunoreattività. Fanno eccezione i casi di rottura delle cisti idatidee da Echinoccoccus sp. e l’esposizione agli allergeni di larve anisakidi (Daschner A. et al., 2000). Queste ultime, infatti, inducono

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una risposta adattativa caratterizzata da proliferazione di linfociti T, produzione policlonale o monoclonale di IgE (causa principale dei sintomi allergici), eosinofilia e mastocitosi (Pravettoni V. et al., 2012).

A seconda del destino della larva all’interno dell’organismo umano un individuo parassitato può venire a contatto con diversi allergeni che possono essere divisi in tre gruppi. Il primo è costituito dalle proteasi e dagli enzimi proteasi-inibitori prodotti dall’apparato escretorio/secretorio, il secondo dagli allergeni somatici presenti in tutto il corpo e il terzo rappresentato dagli allergeni della cuticola secreti dal parassita per proteggersi dai succhi gastrici. Quindi, durante la penetrazione della larva e la sua conseguente morte (solitamente tra le 2 e le 3 settimane) il paziente è esposto a tutti gli allergeni della larva, mentre se la larva attraversa tutto il tratto gastroenterico e viene eliminata intatta, il paziente è esposto solo agli allergeni dell’apparato escretorio/secretorio. Nel caso in cui la larva ingerita sia già morta, gli allergeni coinvolti sono principalmente quelli somatici e della cuticola e in misura minore quelli dell’apparato escretorio/secretorio (Pravettoni V. et al., 2012).

Nonostante siano stati descritti diversi allergeni prodotti da Anisakis simplex (da Ani s 1 fino ad Ani s 12), solo nove di essi sono stati identificati e caratterizzati (Tab. 2.3). Di questi, sette sono allergeni dell’apparato escretorio/secretorio (Ani s 1, Ani s 4, Ani s 5,

Ani s 6, Ani s 7, Ani s 8, Ani s 9), mentre due sono allergeni somatici (Ani s 2 e Ani s 3). Ani s 1, Ani s 2, Ani s 3 e Ani s 7 sono i maggiori allergeni e tra di essi, l’allergene che

merita un particolare interesse sembra essere Ani s 1. Questo allergene ha un peso molecolare di 24kDa ed è apparentemente dotato di pochissime omologie con altri allergeni conosciuti, quindi molto specifico per rilevare i pazienti allergici (Pravettoni V.

et al., 2012; Moneo I. et al., 2000).

Per quanto riguarda la resistenza degli allergeni, vari studi hanno dimostrato che alcuni di essi potrebbero essere resistenti a trattamenti con alte temperature o con pepsina (Caballero M.L. and Moneo I., 2004; Moneo I. et al., 2005). Invece, il congelamento potrebbe ridurre il rischio di manifestazioni allergiche, in quanto molti pazienti sembrano ben tollerare una dieta comprendente pesce congelato (Garcia M. et al., 2001).

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Tab. 2.3 – Allergeni identificati di Anisakis simplex (Ani s). ESP = prodotti dell’apparato escretorio/secretorio. (modificata da Nieuwenhuizen N.E. and Lopata A.L., 2013)

Non è raro che i sintomi gastrointestinali dell’anisakidosi possano essere associati a fenomeni quali urticaria, angioedema o addirittura shock anafilattico. Il range di insorgenza di questa sintomatologia è molto ampio e può variare dai 20 minuti alle 26 ore. Solitamente i pazienti si presentano alla visita con sintomi di ipersensibilità in seguito all’ingestione di pesce, ma risposta negativa allo SPT (Skin Prick Test) e alla ricerca di IgE specifiche per il pesce ingerito. Il quadro clinico si delinea quando il coinvolgimento di una reazione IgE-mediata viene provato per mezzo di un SPT specifico e confermato dalla ricerca delle IgE specifiche per Anisakis sp. e/o una gastroscopia esplorativa. A causa del variare dei tempi di insorgenza delle manifestazioni cliniche e delle difficoltà nella diagnosi, le forme allergiche dovute agli antigeni dei parassiti anisakidi non sono sempre riconosciute. Esse possono essere considerate un’entità clinica non del tutto dipendente dal parassitismo vero e proprio. Sia perché i sintomi predominanti sono quelli dell’ipersensibilità, sia perché il trattamento della sintomatologia allergica di per sé non richiede una corretta diagnosi (che invece risulta fondamentale se si tratta di prevenire eventuali futuri episodi). Resta ancora dubbio se lo sviluppo dell’ipersensibilità agli antigeni delle larve di anisakidi richieda una precedente esposizione al parassita vivo, se sia correlata solo alla forma invasiva o anche a quella non invasiva e se sia possibile una riduzione della sensibilità (Daschner A. et al., 2000; Audicana M.T. et al., 2002).

Oltre agli episodi allergici concomitanti con le infestazioni acute, sono stati segnalati casi di asma, rinite, congiuntivite e dermatite (PCD, Protein Contact Dermatitis) dovuti al contatto o dall’inalazione degli allergeni durante la manipolazione di prodotti ittici in

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ambiente domestico o lavorativo (Anibarro P.C. et al., 1997; Anibarro B. and Seoane F.J., 1998; Armentia A. et al., 1998; Scala E. et al., 2001).

Allo scopo di verificare l’effettiva presenza di fenomeni di ipersensibilità corrispondenti ad allergia ad Anisakis nella popolazione italiana, è stato condotto uno studio che ha coinvolto 34 centri di allergologia e sottoposto a screening 10570 soggetti sul territorio nazionale. Dai risultati si è riscontrato che solo 66 individui (0,6 %) sono risultati positivi allo SPT per A. simplex ed alcuni altri allergeni, mentre un numero ancora inferiore corrispondente a 34 individui (0,3 %) è risultato positivo allo SPT specifico per

A. simplex(AAITO-IFIACI Anisakis Consortium, 2011; Griglio B. et al., 2012).

2.7 Diagnosi

Poiché i sintomi dell’anisakidosi sono molto vari, questa patologia spesso non viene diagnostica e i suoi sintomi vengono confusi con quelli di altre patologie (Sakanari J.A. and McKerrow J.H., 1989). Più nello specifico, in base ad uno studio condotto confrontando le forme non diagnosticate di anisakidosi gastrica e intestinale, è risultato che la forma gastrica è confusa più frequentemente con ulcere, forme neoplastiche e polipi dello stomaco, mentre quella intestinale viene spesso confusa con l’appendicite acuta o con il morbo di Crohn (ileite regionale) (Oshima T., 1972). La raccolta dei dati anamnestici è fondamentale per poter collegare i sintomi ad un’eventuale ingestione di pesce crudo o poco cotto. La diagnosi definitiva di anisakidosi si ottiene mediante prelievo endoscopico della larva e successiva identificazione molecolare a livello di specie o con l’esame istologico di biopsie endoscopiche o chirurgiche. La rimozione della larva è fondamentale per prevenire la formazione del granuloma eosinofilico, causato dalla reazione immunomediata che si instaura nelle forme croniche in risposta alla degenerazione del parassita (De Carneri I., 2003; Sakanari J.A. and McKerrow J.H., 1989).

Test cutanei (SPT) e prove sierologiche (ELISA, Immunoblot) non sono ancora di sicura specificità in quanto alcuni studi hanno evidenziato una cross reattività dei test ad antigeni di altri parassiti ascaridoidei o addirittura di altri invertebrati quali crostacei e molluschi (De Carneri I., 2003; Audicana M.T. et al., 2002).

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I reperti radiografici, quando presenti, dipendono dal sito di infezione. A livello gastrico, metodiche contrastografiche con bario possono evidenziare infiltrazione, edema e ispessimento della parete. L’utilizzo della tomografia computerizzata (TAC) permette di rilevare a livello intestinale un irregolare ispessimento della parete con scomparsa delle pliche circolari (valvole di Kerkring), edema della mucosa e restringimento del lume (Pravettoni V. et al., 2012).