• Non ci sono risultati.

l’ho imparata

di Anna GENNARI

«...ma l’arte del buon bere con mio marito...»

alceo 18:alceo paginato 10/11/08 15:57 Pagina 22

EOSALENTINO

cere di conoscere il vino, per cui apprendevo come una scolara le preziose nozioni che mi trasmetteva, come anni prima aveva fatto mio padre. Col sottofondo delle arie famose tratte da La Traviata o da La Bohème, mio padre mi parlava degli autori e del loro legame col vino, così facendo conoscevo meglio il vino e le cul-ture che sono dentro

e dietro ad ogni tipo di vino.

Da astemia a Signo-ra dell’enogastrono-mia accanto a Vin-cenzo Buonassisi...

La nostra casa è stata per anni non solo un luogo d’in-contri, a cena in un anno si contavano fino a 700 Vip, ma

anche fucina di idee: nascevano trasmissioni televisive, amicizie, grandi amori. Riuscivamo a proporre novità con poco, e sempre con i pro-dotti pugliesi che non mancavano mai nella nostra cucina: la ricotta askante, la burrata, le focacce, vari sott’oli… Ho imparato ad amalga-mare bene i commensali come si fa con gli ingredienti, convivialità e voglia di sperimen-tare, e poi a tavola si è autentici, come lo sono i veri sapori.

Fino a promuovere lo Spumante italiano per 18 anni.

Dal 1974 al 1990, al fianco di grandi Presi-denti come il Duca Denari, Antonio Carpe-nè, Piero Antinori ho promosso l’Istituto dello Spumante classico ita-liano. Ero l’unica donna tra 700 uomini che all’i-nizio tutti guardavano con diffidenza, proveni-vo dal giornalismo della moda e dello spettacolo

«cosa vuole questa?..». Dopo, quando lo spu-mante classico è andato in tutto il mondo, arri-vando sulle tavole più importanti, passan-do da 2 a 18 milioni di bottiglie vendute, hanno compreso che il lavoro di una donna vale.

Sorseggiando uno spu-mante Rosè, la sua pas-sione, mentre fuori impazza un temporale, il ricordo della Puglia è davve-ro vivo in Anna. Racconta le pietanze come farebbe una pugliese doc, ripercorre così precisamente la preparazio-ne di alcupreparazio-ne pietanze come li scajezzuli, il purè di fave e verdura, che sembra di aver-li lì davanti, invitanti con tutto il loro profumo.

Ancora oggi molti miei amici sono pugliesi, da sempre il caro Al Bano. Anche qui a Milano, i miei rivenditori sono pugliesi, quasi tutti di Bisceglie. Il vino pugliese, il Primitivo in parti-colare, non è mai mancato nella nostra canti-na assieme al Negroamaro ed al vino Rosè. Col Primitivo del tipo amabile ho sempre prepara-to la sangria, aggiungendo però dello spu-mante e quanto basta di brandy spagnolo.

Ormai il buon vino si fa anche al sud, così

cor-...La nostra casa è stata per anni un luogo d’in-contri, a cena in un anno si contavano fino a 700 Vip, ma anche fucina di idee: nasceva-no trasmissioni Tv, amicizie, grandi amori.

alceo 18:alceo paginato 10/11/08 15:57 Pagina 23

EOSALENTINO

poso, e se ne sono accorti anche quelli del nord che hanno realizzato impianti di

produ-zione vedi Antinori ed altri.

Il tuo ruolo nell’Associazione Le Donne del Vino?

Curo l’Ufficio Stampa e la Comunicazione dell’Associazione e sono tra le fondatrici della stessa, nel 1988 a Firenze, l’idea fu di una brillante produttrice toscana, Elisabet-ta Tognana. Ho

sospeso per circa sei anni l’attività poi, sotto la presi-denza dell’amica Pia Donata Ber-lucchi, ho ripreso i contatti e le ami-cizie nel mondo dell’enogastrono-mia, dai quali mi ero

allontanata perché avevo scelto di stare accan-to a mio mariaccan-to. È un lavoro che amo tanaccan-to.

Quando è sorta l’associazione eravamo in ottanta, oggi siamo oltre ottocento socie, tutte impegnate nel mondo del vino: le produttrici, le enotecarie, le ristoratrici, le sommelier pro-fessioniste, e tutte quelle donne come le Pro-moter o le giornaliste enogastronomiche che rappresentano, interpretano, trasferiscono la cultura del vino nel senso più ampio. Gli scopi e le finalità dell’Associazione sono quelli di migliorare la conoscenza del vino attraverso

tutti i canali, organizzando incontri, degusta-zioni, dibattiti tavole rotonde, viaggi studio, corsi d’aggiornamento, con particolare atten-zione al mondo femminile. Tutto questo si svolge anche a livello territoriale con le Dele-gate Regionali (per la Puglia è la Manduriana Alessia Perrucci, n.d.r.). Ad esempio in Puglia, a novembre, la Delegazione pugliese organiz-za un bellissimo evento a Cassano delle Murge, San Martino e le Donne del Vino.

Venti anni di sodalizio per l’As-sociazione, cosa rappresenta-no per il mondo erappresenta-nologico?

E’ sicuramente un valore in più per il settore, uno dei più importanti dell’economia del Paese. L’associazione contri-buisce con passione, innovazio-ne, e tradizione a migliorare la competitività del vino italiano con la presenza delle donne lungo tutta la filiera enologica dal nord al sud dell’Italia. Insieme, Le Donne del Vino esaltano la ricchezza molte-plice dell’Italia, ma anche affermano l’unità territoriale, e così le socie dimostrano l’orgo-glio di appartenere ad un unico e straordinario Paese. La capacità di trasferire la cultura del vino in una donna è forse più spiccata, la donna prende per mano, con senso di mater-nità, la gestione della cantina o di tutto quello che circonda il vino, da apprezzare non solo come prodotto alimentare, ma come prodotto della cultura e della tradizione di un terri-torio.

Il numero di donne che gestiscono o che occupano ruoli chia-ve in aziende vinico-le è cresciuto note-volmente negli ultimi tempi. Cosa ne pensi del vino ‘al femminile’?

Le donne lavorano da sempre nelle

alceo 18:alceo paginato 10/11/08 15:57 Pagina 24

EOSALENTINO

aziende vinicole e nel-l’ultimo decennio le loro capacità imprenditoriali sono state apprezzate anche perché la donna ama la qualità in tutti i suoi aspetti, da sempre.

Molte cantine oggi sono tutte al femminile, cosa che fino a pochi anni fa era impensabile, alcune hanno ereditato e gesti-scono patrimoni ed

aziende vitivinicole, in passato questi passag-gi avvenivano sempre in linea maschile, e la maggior parte di esse sono in attivo. Quante oggi le enologhe, le agronome, professioni fino a qualche anno fa solo per uomini. La donna riesce a trarre cose positive anche da situazio-ni negative, è tosta e non si arrende facilmen-te. Mi piace ricordare le parole del prof.

Andrea Rea, responsabile dell’Osservatorio del Vino della Bocconi che ha svolto una ricer-ca sull’imprenditoria italiana al femminile nel-l’ambito della produzione vinicola, “Le imp-rese al femminile hanno una percentuale di rischio fallimento inferiore rispetto a quelle maschili, perché difficilmente una donna fa il passo più lungo della gamba. Inoltre la donna ha ben sviluppata la cultura dell’accoglienza oggi così importante nel promuovere il vino, attraverso il luogo di produzione e il suo immaginario, visto che il vino è sempre più un elemento di life style, la sua leadership è con-divisa e multipla, sapendo adeguarsi allo schema di gioco più funzionale nel momento contingente, la Donna utilizza la metafora musicale dell’Armonia, come capacità di arrivare ad un’orchestrazione perfetta anche in caso di dissonanze”.

Un mondo tutto al maschile in Italia è ancora quello della critica enologica, delle guide di settore, degli opinion-leader. Come mai non sono presenti nomi femminili?

Hai ragione, molte le socie che si occupano di comunicazione, scrivendo di vino, su quotidia-ni, riviste di settore, libri, come Antonella Bevi-lacqua, a Napoli, Antonella Millarte in Puglia,

ma ancora manca la voce autorevole al femminile. E’

un lembo del settore che ancora ci manca, ma sono certa ci arriveremo pre-sto, le donne sanno fare.

Le donne si sono avvici-nate al vino anche come prodotto di bellezza.

Aumentano le SPA con trattamenti al vino, gli effet-ti benefici del vino rosso per la donna anche in menopausa, insomma il vino un alleato della salute delle donne?

Sicuramente il vino rosso ha molti effetti benefici se consumato moderatamente, spe-cialmente per le donne: è un perfetto anti-invecchiante durante il periodo della meno-pausa, grazie alle caratteristiche chimiche contenute nelle uve. Il vino è poi un perfetto cosmetico che rende ancora più bella e più gio-vane la pelle femminile, sono ormai numerose le case di bellezza che hanno messo in com-mercio trattamenti detossinanti ispirati alla vinoterapia. Ancora un perfetto connubio tra donna e vino.

La tua opinione sui vini pugliesi e sul Primiti-vo di Manduria...

Oggi per fortuna i vini del sud, come quelli pugliesi si sono fatti strada anche all’estero. In America si trovano nei locali, fino a qualche anno no, la facevano da padroni solo i vini toscani. Il vino rosso lo bevo, preferibilmente fresco di cantina con alcuni formaggi, o cibi con sapori decisi. Il Primitivo è un vino che mi infonde allegria, serenità, pace interiore, oltre ai tanti ricordi della terra di Buonassisi. Si dovrebbe investire di più in promozione, farsi conoscere, è una terra con tante cose buone da offrire.

In una frase: cos’è per te il vino?

E’ il senso della vita. In un bicchiere di buon vino c’è la vita intera di un uomo. Osservalo, un bicchiere può raccontarti tante storie, basta stare ad ascoltarlo…

...Le case di bellezza hanno messo in com-mercio trattamenti detossinanti ispirati alla vinoterapia. Ancora un perfetto connubio tra donna e vino.

alceo 18:alceo paginato 10/11/08 15:58 Pagina 25

EOSALENTINO

Storia

A

priva la cena il gustum, il nostro antipa-sto: lattuga, uova sode, ruchetta, rava-nelli, porri, cipolle, olive, cetrioli, feccia di vino, acciughe, allec (il residuo solido della produzione del garum, una specie di pasta d’acciughe). Per convenzione, i piatti a base di uova venivano serviti tra gli antipasti, compresi sformati, soufflé, tortini o l’apiciana frittata di lattuga. Sul gustum si beveva, a mo’ d’aperiti-vo, il mulsum, il vino mielato, freddo d’estate, caldo d’inverno, onde il gustum fu chiamato anche promulsis.

V

enivano le mensae primae, compren-denti selvaggina di piuma e pelo (lepri, ghiri, tordi, fagiani, pernici, gru); il cin-ghiale, ove possibile, o il maiale (che anche quando allevato era sempre semi-selvatico ed al cinghiale molto vicino); pollo anatra oca pavone o, in

alternati-va, capretto; non dovevano mancare le delicatezze come le mammelle di scrofa lessate o la vulva par-ticolarmente apprez-zata anche per motivi ritualistico-simbolici;

quindi i piatti di pesce (il cui pregio derivava

dalla provenienza e, particolare sul quale noi oggi non concordiamo affatto, dalla grossezza, fino a sconfinare nel grottesco, come quando fu addirittura convocato il Senato ed emesso un senatoconsulto per stabilire come cucinare un gigantesco rombo che era stato - non si sa quanto spontaneamente - offerto

all’imperato-re Domiziano; per i curiosi aggiungeall’imperato-remo che il senatoconsulto fu di realizzare in fretta e furia una padella tanto grande da contenere intero, senza dunque doverlo «mutilare», l’ecceziona-le pesce): in umido, alla brace, fritti o in com-plicate preparazioni che andavano dalla patina apiciana, un sontuoso pasticcio di pesce e carne, al «tirotarico», un padellotto di pesce fresco e sotto sale con abbondante formaggio, aromi ed altro.

F

ra i pesci più pregiati (ma la moda ogni tanto ne innalzava qualcuno deprimendone altri...) lo storio-ne, che ancora non aveva abbandonato le nostre acque, la murena (particolarmente pre-giata la lampreda, che veniva dallo stretto di Sicilia), il rombo, costosissimo, il nasello, l’orata, la spigola, la triglia, il dentice (allevato anche in vivai costieri), il cefalo (che in alcuni periodi arriverà a costare cifre assoluta-mente folli), lo scaro, portato sulle rive tirreni-che e qui fatto acclimare antirreni-che con un lungo ed assoluto divieto di pesca (ritenuto pesce di gran pregio, il suo fegato era particolarmente gradito al ghiottone imperatore Vitellio, mentre

Gastronomia

della

(3° parte)

Documenti correlati