• Non ci sono risultati.

In tema di obblighi derivanti dalla buona fede ci si è chiesti se la loro violazione possa condurre all’invalidità del contratto. Nel sistema del Codice civile non esiste alcuna norma generale che impedisce di configurare l’invalidità di un contratto per violazione di una norma fondata sul dovere di buona fede198. Si tratta di verificare in concreto se l’invalidità del contratto possa derivare non dalla generale violazione della clausola della buona fede, ma piuttosto dipenda dalle particolari modalità operative della stessa199.

E infatti, come già detto, la clausola della buona fede opera in maniera differente nella fase precontrattuale rispetto a quella di esecuzione del contratto. Nella prima essa ha il compito di consentire la corretta formazione della volontà contrattuale e del contratto stesso. In particolare, nella materia dei pacchetti turistici, l’informazione precontrattuale ha una funzione fondamentale rispetto alla formazione della volontà “in quanto evento che ne condiziona l’esito”200.

L’informazione errata, incompleta o del tutto omessa, può viziare la volontà del destinatario che quindi potrebbe o concludere un contratto che non avrebbe concluso se fosse stato correttamente informato o concluderlo a condizioni svantaggiose o inique.

Come già detto, la normativa codicistica non è diretta a regolare e a porre rimedio alle asimmetrie contrattuali, presupponendo al contrario la parità delle posizioni dei contraenti201. È stata per lo più la legislazione di settore a concepire strumenti di tutela del contraente debole e della sua libertà decisionale, attraverso meccanismi di riequilibrio tra i quali, appunto, gli obblighi di informazione202. Infatti “l’ottemperanza degli obblighi informativi mira a sanare il vizio del

consenso dovuto all’asimmetria iniziale delle parti contraenti: all’adempimento dell’obbligo legale di rendere l’informazione precontrattuale (nella sua varietà di

198 G.M. Uda, La buona fede nell’esecuzione del contratto, cit., p. 229 199 Ibidem, p. 230

200 F. Rende, Le regole d’informazione nel diritto europeo dei contratti, cit., p. 185

201 M.L. Chiarella, Contrattazione asimmetrica. Segmenti normativi e costruzione unitaria, cit.

p. 253

contenuti volta per volta imposti dalla legge) è correlato il diritto del contraente debole di fruire di un periodo di riflessione al termine del quale manifestare la propria volontà negoziale, in maniera consapevole e informata, sia in senso contrario alla conclusione del contratto mediante esercizio del recesso, sia in senso favorevole tramite una condotta inerte risultante dal mancato esercizio dello ius poenitendi”203.

Pertanto, vista la grande incisività dell’informazione sulla corretta formazione del consenso, limitatamente agli obblighi informativi precontrattuali, non si vedono ragioni per escludere l’invalidità del contratto, nella specie l’annullabilità, quando la scorretta o omessa informazione sia tale da elidere completamente il consenso o da viziarlo integrando uno dei vizi tipici di cui all’art. 1390 c.c. Proprio il principio di tipicità dei vizi del volere sembrerebbe escludere che esistano vizi della volontà oltre quelli espressamente indicati dalla norma citata, l’errore, la violenza e il dolo.

Il legislatore cioè “non conosce la categoria del conflitto fra dichiarazione e

volontà né quella dell’anomalia nella formazione del volere”204. Non esiste cioè una categoria generale della scorretta formazione della volontà, che non rientri nei casi tipizzati dal legislatore. Secondo la dottrina citata vi sarebbe quindi una lacuna, consistente nel fatto che vi sarebbero vizi della volontà atipici che non trovano disciplina nel Codice civile. Tuttavia, proprio questa categoria avrebbe necessità di tutela normativa, dal momento che essa verrebbe in rilievo in tutte le ipotesi in cui il contraente avrebbe maggiore necessità di protezione: si tratta delle ipotesi intensificate dalle regole comunitarie in materia di concorrenza, vendita porta a porta e soprattutto in materia di obblighi di informazione205.

203 M.L. Chiarella, Contrattazione asimmetrica. Segmenti normativi e costruzione unitaria, cit.,

p. 100

204 R. Sacco, Il consenso, I contratti in generale, a cura di E. Gabrielli, t. I, Trattato Rescigno,

Torino, 1999, p. 438

205 Ibidem, p. 440, “Con l‘entrata in vigore delle regole comunitarie e interne sulla concorrenza, sulla vendita porta a porta, sulla propaganda sleale, sugli obblighi di informazione, la protezione del contraente si è intensificata. Si rende sempre più palpabile che il possibile contraente è protetto affinché si formi nelle condizioni più vantaggiose la sua scelta: di contrarre; e di contrarre a quelle condizioni. Perché possa deliberare nel modo desiderabile bisogna che

Non avendo il legislatore previsto un rimedio espresso, ma avendo soltanto individuato vizi tipici, tale dottrina sostiene che sia necessario un rimedio per i casi in cui la volontà sia viziata ma non si rientri in ipotesi di errore, violenza e dolo. Tale norma viene individuata proprio nell’art. 1337 c.c., che si porrebbe come norma generale a tutela della corretta formazione della volontà, reprimendo qualsiasi abuso e scorrettezza206. La vittima potrebbe quindi invocare l’art. 1337 per formulare richiesta di risarcimento del danno e altresì l’art. 2058 c.c. per ottenere il risarcimento in forma specifica che sarebbe la rimozione del contratto207.

Secondo tale dottrina “nella sostanza, il contratto affetto da un vizio innominato è annullabile”208.

Tale ricostruzione è stata criticata da chi osserva intanto che l’annullabilità del contratto non potrebbe essere un risarcimento in forma specifica per il vizio della volontà atipico, o meglio per il pregiudizio economico subito dalla parte, in quanto il legislatore non subordina l’annullamento all’esistenza di alcun danno. Inoltre, se è pur vero che alla base dei vizi della volontà vi sono delle scorrettezze e che il principio di buona fede pervada tutta la formazione del consenso, se si volesse dare protezione generalizzata alla buona fede in sé considerata, il sistema dei vizi del consenso non avrebbe più ragion d’essere209.

Secondo quest’ultima opinione quindi la violazione degli obblighi informativi nella fase precontrattuale potrebbe portare all’annullamento del contratto, qualora la scorretta formazione della volontà si concretizzasse in uno dei vizi della volontà tipici di cui all’art. 1390 c.c.

La mancanza di informazione potrebbe quindi derivare da un contegno doloso, quando la stessa si ometta intenzionalmente e comportare quindi l’annullamento

egli: - non venga coartato; - abbia attitudine, capacità, tempo per ponderare; - conosca e sappia (cioè: sia informato)”.

206 Ibidem, p. 442 207 Ivi

208 Ivi

209 G. D’Amico, La responsabilità precontrattuale, in Trattato Roppo, V, Rimedi-2, Milano,

del contratto per dolo. In alternativa l’omissione dell’informazione, qualora non fosse intenzionale, potrebbe comportare la formazione di una volontà distorta, diversa da quella che si sarebbe formata se il soggetto fosse stato correttamente informato, che si traduce in vero e proprio errore. Tutti i comportamenti contrari al precetto di cui all’art. 1337 c.c., sono infatti causa di una falsa rappresentazione della realtà in capo alla controparte, che può comportare un vizio del consenso210.

Vi è quindi un dualismo delle sanzioni, annullamento del contratto e risarcimento del danno, nel caso in cui l’omissione informativa si sostanzi in un vizio del consenso o in un “delitto civile che giustifica la riparazione del pregiudizio subito”.