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ANOMALIE DELLA VENA BRACHIOCEFALICA SINISTRA Anatomia

La regione del mediastino superiore nel feto ha assunto un interesse sempre

crescente da quando la visione tre vasi e trachea è divenuta parte dell’esame

ecocardiografico. In questa regione anatomica, dorsalmente al timo ma

cranialmente e anteriormente rispetto agli archi trasversi aortico e duttale,

può essere rilevata la vena brachiocafalica sinistra o vena innominata.

Embriologicamente, le vene brachicefalica destra e sinistra si formano

dietro l’articolazione sternoclavicolare dall’unione delle vene giugulare

interna e succlavia del rispettivo lato, e si uniscono poi a formare la vena

cava superiore. Mentre la vena brachicefalica destra corre verticalmente in

basso davanti all’arteria brachicefalica, la sinistra decorre quasi

orizzontalmente attraverso il mediastino superiore davanti alle tre branche

dell’arco aortico. La vena brachicefalica sinistra raggiunge la destra dietro

al manubrio dello sterno, al margine inferiore della prima cartilagine costale

Diagnosi ecografica

Quando il feto è in una posizione dorso posteriore la vena brachicefalica

sinistra può essere identificata visualizzando per primo il piano tre vasi e

trachea e muovendo successivamente la sonda lievemente più cranialmente

e in maniera obliqua verso il lato sinistro. Questo piano rappresenta una Figure 15 The figure shows the left and right innominate veins that unite to form the superior vena

cava and the almost orizzontal course of the left brachiocefalic vein in comparison with the vertical course of the right innominate vein

visualizzati anteriormente alla vena stessa (figura 16 a,b). Il Color Doppler

può inoltre essere utilizzato per identificare la vena che con un decorso

obliquo attraversa il torace da sinistra verso destra ( figura 16 c) [50].

Anomalie della vena brachicefalica sinistra: implicazioni cliniche

Le anomalie congenite delle vene brachicefaliche sono molto rare, rappresentando lo 0.2% -1% di tutte le anomalie congenite cardiovascolari

[51]. Tali anomalie comprendono un anomalo decorso della vena

brachicefalica sinistra, una sua dilatazione, o un’ipoplasia/assenza di tale vena. Mentre alcune non sono delle vere e proprie anomalie ma soltanto delle varianti anatomiche, il riconoscimento di altre risulta invece

Figure 16 Transverse oblique view of the upper fetal chest at level of drainage of left brachiocephalic

vein (LBCV) into superior vena cava in pathology specimen (a), on two-dimensional ultrasound (b) and on color Doppler imaging (c). BCT, brachiocephalic trunk; Eso, esophagus; L, left; LCCA, left common carotid artery; LSA, left subclavian artery; R, right; S, spine; SVC, superior vena cava; Thy, thymus; Tr, trachea.

extracardiache con prognosi severa. Nel 2012 è stato condotto uno studio per valutare le caratteristiche della vena brachicefalica sinistra in condizioni normali e anormali. Sono state incluse nello studio 431 gravidanze singole dalle 11+0 alle 39+6 settimane di amenorrea e in aggiunta è stato eseguito uno studio retrospettivo su 91 feti a cui era stata diagnosticata un’anomalia della LBCV. In questo studio il diametro antero posteriore della LBCV veniva misurato nella su parte intermedia anteriormente alla colonna vertebrale usando immagini 2D. Gli autori notarono che in condizioni di normalità vi è un incremento significativo delle dimensioni della vena con l’avanzare dell’età gestazionale con un valore medio di 0.7 mm a 11 settimane e 4.9 mm a termine. Per quanto riguarda lo studio retrospettivo sulle anomalie della vena brachicefalica il decorso intratimico osservato in 6 feti non era associato ad alcuna anomalia cardiaca, mentre il decorso posteriore all’arco aortico era riscontrato in 2 feti con atresia della polmonare e difetto settale ventricolare e con arco aortico destro e in 4 feti

includendo un’ulteriore associazione con la delezione 22q11. Inoltre, dato interessante, il 66% dei pazienti aveva un arco aortico destro. Per quanto riguarda l’assenza della vena brachicefalica, tale condizione si associa molto spesso alla permanenza della vena cava superiore sinistra. Embriologicamente infatti la vena brachicefalica crea un ponte alla vena giugulare per drenare il sangue direttamente in vena cava superiore destra e ciò è seguito dalla regressione della vena cava superiore sinistra. L’assenza di questo “ponte” di collegamento è dunque tipico nella persistenza della cava superiore sinistra. Anche in questo studio, di 68 feti con vena cava superiore bilaterale, 63 mostravano un’assenza della brachicefalica sinistra, mentre in 5 casi con un’agenesia della cava superiore destra, una vena brachicefalica destra veniva identificata tra la giugulare destra e la cava superiore sinistra. Tuttavia l’anomalia più importante della vena brachicefalica consiste nella sua dilatazione in quanto tale reperto è sempre indice di un’anomalia cardiaca o extracardiaca. In questo studio 11 feti mostravano una dilatazione della vena e di essi 4 avevano un aneurisma della vena di Galeno, uno una malformazione arterovenosa del seno durale e 6 avevano ritorni venosi polmonari anomali totali (TAPVC), in

statisticamente maggiore dei controlli normali ( p<0.001). Se da una parte è vero che le fistole arterovenose come l’aneurisma della vena di Galeno possono essere facilmente identificate come strutture “cistiche” intracraniche , dall’altra bisogna ricordare che altre fistole intracraniche come le malformazioni arterovenose dei seni durali possono non essere facilmente riconoscibili e la visualizzazione di una vena brachicefalica

dilatata può indirizzare verso la diagnosi [51]. Nonostante non sia una

malformazione cardiaca così rara, i ritorni polmonari totali anomali non vengono spesso diagnosticati in epoca prenatale. Tale anomalia frequentemente misconosciuta, si associa spesso a sindromi eterotassiche, ma può anche essere isolata e una valutazione mirata del diametro della vena brachicefalica sinistra può dunque aiutare nella diagnosi del tipo più frequente di TAPVC ovvero quello sopracardiaco. Un altro studio retrospettivo è stato condotto nel 2013 su 8 feti che presentavano un vaso venoso dilatato in una sezione trasversa del mediastino superiore,

punto di vista ecocardiografico per escludere un ritorno venoso polmonare sopracardiaco e successivamente sottoposti ad una meticolosa ed accurata ecografia per escludere altre anomalie strutturali. Inoltre un’accurata neuro sonografia veniva effettuata al fine di escludere anomalie vascolari intracraniche quali l’aneurisma della vena di Galeno. Lo studio aveva lo scopo di valutare l’outcome di feti con vena brachicefalica sinistra prominente come reperto isolato. Tutti gli 8 casi, seguiti per tutto il decorso della gravidanza, mostravano una risoluzione spontanea del reperto ecografico, 7 nelle sei settimane di follow-up successive alla diagnosi e 1, in cui il reperto era stato presente fino al parto avvenuto alla 39° settimana, non era più visualizzabile all’ecografia neonatale. Gli autori concludevano che le possibili spiegazioni di tale fenomeno possono essere un transitorio sovraccarico di sangue dalla parte superiore del torace o la possibilità che questo fenomeno sia in realtà più frequente di quanto riportato ma spesso

misconosciuto [52]. In conclusione gli studi relativi alla vena

brachicefalica sinistra in epoca prenatale sono ancora esigui e ulteriori dati sono necessari per poter standardizzare la tecnica di valutazione ecografica soprattutto in merito ad un sua dilatazione al fine poi di investigare il feto in

maniera più dettagliata per poter escludere le condizioni sopra citate, alcune delle quali aventi prognosi severa.

DISCUSSIONE

Negli ultimi anni la disponibilità di nuove tecniche diagnostiche in campo ecografico, l’introduzione di ulteriori piani di scansione oltre a quelli inizialmente previsti e la ricerca di nuovi segni extracardiaci nell’esecuzione dell’ecocardiografia fetale, non solo hanno reso possibile la diagnosi di malformazioni cardiache precedentemente misconosciute, ma hanno soprattutto contribuito ad una loro miglior definizione e quindi ad un loro più adeguato management ostetrico. Le anomalie dell’arco aortico infatti, in particolare l’arco aortico destro con mirror image branching ed il doppio arco aortico, che possono essere diagnosticate tramite un’attenta analisi del piano tre vasi trachea, sono spesso associate a cardiopatie fetali, maggiormente rappresentate dalle anomalie del cono tronco. L’utilità di questi nuovi reperti ecografici non consiste dunque nel fatto che essi

in esame mostrano inoltre come, nonostante la frequente associazione con anomalie cardiache più o meno severe, le anomalie dell’arco aortico, in particolare l’arco aortico destro con arteria succlavia sinistra aberrante (ALSA) , possono presentarsi anche come reperto cardiaco isolato. Tuttavia la loro stretta associazione con anomalie cromosomiche, rappresentate soprattutto dalla microdelezione del cromosomo 22q11, deve indurre ad un accurato esame ecografico fetale volto ad escludere ulteriori reperti associati, soprattutto quelli maggiormente presenti nella sindrome di Di George ed eventualmente a proporre alla coppia l’esecuzione del cariotipo fetale. Anche per quanto riguarda l’ARSA la questione dell’esecuzione di un’indagine invasiva rimane dibattuta soprattutto quando esso costituisce un reperto isolato. La decisione di eseguire test genetici nei casi di ARSA dovrebbe quindi essere suggerita da una valutazione globale di tutti i fattori di rischio disponibili in quello specifico caso seguendo una metodologia matematica; il modello statistico proposto da Nicolaides che prevede di ottenere il rischio finale di trisomia 21 moltiplicando il rischio a priori per il LR positivo di ogni marcatore ecografico presente e per il LR negativo di ogni marcatore assente, risulta a tal proposito altamente riproducibile e

caso di diagnosi di ARSA dipende da diversi fattori: la qualità dei tests precedenti (come il test combinato del I trimestre), i loro risultati quantitativi e la concomitante presenza o assenza di altri markers o anomalie associati. Attualmente vi sono evidenze insufficienti per raccomandare esami invasivi per il cariotipo fetale in tutti i casi di ARSA isolata e un basso rischio per trisomia 21. In questi casi un’ecografia genetica dettagliata ed un’ecocardiografia accurata dovrebbero essere effettuate in modo da ricercare addizionali markers di trisomia 21 o di microdelezione del cromosoma 22q11( per esempio l’ipo/ aplasia timica). Un’ecocardiografia materna potrebbe essere consigliata al fine di escudere una ricorrenza familiare dell’ARSA. In ogni caso un counseling esperto ed approfondito dovrebbe essere offerto ai genitori proponendo loro la possibilità di effettuare tests invasivi nei casi individuali in cui essi lo desiderano. Anche i dati riguardanti l’associazione di ARSA e cardiopatie congenite non sono conclusivi. Una correlazione è stata dimostrata da

Down valutata per la ricerca di ARSA, ha dimostrato che non esiste correlazione tra i due reperti. Ulteriori studi sono dunque necessari per chiarire tale associazione. Concludendo, la valutazione dell’ARSA nel I trimestre è più difficoltosa e richiede un training addizionale potendo quindi essere effettuata da operatori esperti in ecocardiografia fetale mentre nel II trimestre risulta possibile nella quasi totalità dei casi. Nonostante attualmente non sia richiesta una sua valutazione routinaria in uno screening di I livello in gravidanze a basso rischio, i dati più recenti dimostrano che la prevalenza dell’ARSA nei feti Down è circa 24 volte più alta rispetto ai feti con un regolare decorso dell’arteria: sussistono dunque sufficienti evidenze per promuovere l’inclusione della ricerca dell’arteria succlavia destra nelle gravidanze ad alto rischio indirizzate all’ecografia di II livello per una rivalutazione del rischio dettato dai soft markers e da anomalie ecografiche

o biochimiche [53]. Infine come ultimo nuovo reperto ecografico ho preso

in esame la valutazione della vena brachicefalica sinistra. Attualmente pochissimi studi prenatali sono stati effettuati per valutarne il regolare decorso e dimensioni e le sue eventuali anomalie. Tuttavia i dati preliminari mostrano che una sua attenta ricerca e valutazione potrebbe essere

che possono talvolta sfuggire all’esame ecografico. La visualizzazione di un vaso dilatato nella scansione assiale del mediastino superiore deve quindi indurre ad un attento esame ecografico del cuore e dell’encefalo fetale poiché alcune anomalie sono percettibili solo focalizzando l’attenzione su segni indiretti come la dilatazione compensatoria di alcuni vasi.

CONCLUSIONI

Le anomalie dell’arco aortico come l’arco aortico destro con le sue varianti, l’arco aortico doppio e l’arteria succlavia destra aberrante sono oggi considerati dei nuovi marcatori extracardiaci che dovrebbero essere inclusi nella valutazione ecocardiografica fetale. Nonostante alcuni di essi rappresentano soltanto delle varianti anomale della norma, altri possono indirizzare l’operatore verso la diagnosi di una cardiopatia congenita, di un’anomalia cromosomica o, come nel caso delle anomalie della vena brachicefalica sinistra, possono costituire un segno indiretto non solo di malformazioni cardiache ma anche extracardiache. Tali reperti dovranno

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RINGRAZIAMENTI

Alla fine di un percorso viene naturale guardarsi indietro e ringraziare tutte le persone che ti hanno aiutato ad arrivare fin là.

Vorrei ringraziare prima di tutto la mia famiglia, i miei genitori, i miei nonni, mia sorella e Luca,i miei nipoti, i miei zii… e la mia nuova famiglia, i miei suoceri e i miei cognati per essermi stati vicini in questo lungo percorso durato quasi 6 anni…senza il loro supporto, i loro consigli, i loro incoraggiamenti non sarei riuscita a compierlo con la serenità con cui l’ho fatto..

Ringrazio tutti i miei colleghi/amici specializzandi per il tempo che abbiamo condiviso…con loro ho pianto,riso,gioito, mi sono incazzata e confidata, con loro ho condiviso questi ultimi 6 anni della mia vita che grazie a loro saranno indimenticabili..alcuni sono ormai parte della mia vita e voglio poter credere che nonostante prenderemo strade diverse, rimarremo comunque punti di riferimento gli uni per gli altri..

Ringrazio tutti gli strutturati della clinica e della divisione ospedaliera, perché ciascuno a modo suo, mi ha insegnato qualcosa..

Ringrazio la Prof.ssa Strigini che per prima ha fatto nascere in me la passione per la diagnosi prenatale

Ringrazio Raffaella ed Arianna per la fiducia che mi hanno dato in questi anni, per avermi consigliato,supportato e guidato nei momenti di insicurezza

Ringrazio tutto il personale della sala parto,dei reparti e degli ambulatori con cui ho passato belle serate ed intense giornate di lavoro.

Ringrazio Matteo per aver compreso l’importanza di rivolgere in questi ultimi mesi, tutto il mio tempo e la mia dedizione alla specializzazione, per avermi aiutato con Bianca non facendogli mai sentire la mancanza della sua mamma

Infine il ringraziamento più grande va a lei, Bianca, perché in pochi mesi mi ha già insegnato una cosa importante…che oltre il mio lavoro, c’è un mondo, il suo, che viene prima di tutto…

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