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Capitolo 4 Relazioni tra strutture e meccanismi nel livello cellulare e in quello tissutale del

4.2 Fisiopatologia dello scompenso cardiaco a livello cellulare e tissutale

4.2.2 Anomalie nelle proteine contrattili

L'attività contrattile nello scompenso cardiaco non viene depressa solo per mezzo di un'alterazione delle concentrazioni ioniche, del ridotto funzionamento della Ca2+-ATPasi

e di una minore densità dei recettori β-adrenergici, ma anche attraverso l'espressione genica di isoforme della catena pesante della miosina. Ci sono due isoforme della catena pesante della miosina: l'α (presenta un'alta attività ATPasica che aumenta la velocità di contrazione) e la β (attività ATPasica ridotta).

E' stato notato che nell'insufficienza cardiaca c'è una maggiore espressione della forma β anziché di quella α411 e ciò contribuirebbe ad una generale depressione del ciclo di

attacco-separazione delle teste della miosina dall'actina indebolendo il processo contrattile.

L'espressione genica di un'isoforma in luogo di un'altra è chiaramente un'alterazione

morfo-funzionale di una certa proteina: se la miosina in stato di fisiologia possiede

l'isoforma α, cui corrisponde una normale attività ATPasica, e se, invece, in stato di scompenso cardiaco, esprime l'isoforma β (con attività ATPasica ridotta), è chiaro che ad una mutazione nella struttura corrisponde un'alterazione nella funzionalità. Qui la dipendenza della variazione funzionale da una di tipo morfologico sembra alquanto

411 Cfr. LOWES, B. D. et al., ʻChanges in gene expression in the intact human heart. Downregulation of alpha-myosin heavy chain in hypertrophied, failing ventricular myocardiumʼ, in The Journal of Clinical Investigation, vol. 100 (1997), pp. 2315-2324.

evidente.

Tutti i processi biochimici appena esposti mostrano un depotenziamento della

contrattilità del tessuto muscolare cardiaco legato ad alterazioni sia morfologiche sia

funzionali.

Torniamo, a questo punto, alle due domande iniziali:

1) nella transizione dallo stato di fisiologia a quello di fisiopatologia dello scompenso, c'è un rapporto di subordinazione o di mutua interdipendenza delle variazioni morfologiche da quelle funzionali?

2) In che modo tali alterazioni concorrono a definire un certo livello biologico? Per rispondere alla prima domanda è necessario considerare due punti:

a) Se consideriamo singolarmente le varie strutture della cellula, è possibile, il più delle volte, ravvisare delle alterazioni funzionali che seguono le alterazioni morfologiche, dal momento che ogni singola alterazione morfologica sembra determinare una leggera

variazione funzionale: la diminuzione del flusso del calcio (responsabile del

meccanismo contrattile) sembra dipendere da una minore densità dei canali Ca2+ di tipo

L, dei recettori β-adrenergici, dell'enzima Ca2+-ATPasi, da un aumento della densità

dello scambiatore Na+-Ca2+ e, infine, dall'assunzione dell'isoforma β, in luogo della α,

delle catene pesanti della miosina.

b) Tuttavia, se consideriamo una variazione funzionale nell'insieme, ad es. la generale alterazione del metabolismo del calcio nel cardiomicita di un individuo scompensato,

non è possibile (almeno nello stato attuale degli studi) ricondurre l'intera alterazione funzionale alle singole modificazioni morfologiche.

dell'emergenza di cui si è avuto modo di parlare nella sezione 3.1 di questo lavoro: l'alterazione funzionale del metabolismo del calcio può essere considerata come la

somma di micro-variazioni morfologiche che si verificano nel cardiomiocita (visione

dell'additività di una proprietà)?

Il panorama della ricerca biochimica attuale sembrerebbe far spiccare la seguente prospettiva: un'alterazione funzionale in un processo metabolico può in linea di

principio essere ricondotta a una somma di micro-alterazioni morfologiche dovute, a

loro volta, ad alterazioni nell'espressione genica; tuttavia, la comprensione esatta di come avvenga quest'integrazione delle alterazioni morfologiche al fine di produrre un'unica macro-variazione funzionale in un processo metabolico è ancora oscura.

Il nostro limite conoscitivo riguardo lo statuto ontologico dell'emergenza consiste precisamente nella nostra limitata comprensione dei processi di integrazione tra le singole strutture e i rispettivi meccanismi che compongono un livello. Ciò vale sia per la fisiologia sia per la fisiopatologia.

Nel caso del sistema cardiovascolare molti meccanismi fisiologici sono biochimicamente e biofisicamente noti ed è ormai possibile rispondere alla domanda «sono le funzioni che dipendono dalle strutture anatomiche o viceversa?»: nei livelli cellulare (cardiomicita) e tissutale (muscolo cardiaco) del sistema cardiovascolare le funzioni biochimiche e biofisiche possono essere considerate o come funzioni singole

prodotte da una singola struttura morfologica (ad esempio la funzione del flusso ionico

intermembrana dipende ontologicamente dalla struttura morfologica delle pompe ioniche) oppure come funzioni composte derivanti dall'interazione e dall'integrazione di

tante singole funzioni che si verificano in altrettante singole strutture morfologiche.

dipendenza delle funzioni (alterate) dalle strutture morfologiche (alterate) è evidente

solo quando si considera la singola alterazione funzionale limitatamente alla singola struttura cellulare alterata. Se, tuttavia, consideriamo una funzione generale alterata (ho preso in considerazione la modificazione del metabolismo del calcio nel cardiomiocita), non è possibile ricondurla a una sommatoria di singole variazioni morfologiche.

La causa di ciò sta proprio nella scarsa conoscenza che attualmente si possiede circa i

processi di integrazione che intervengono nella fisiopatologia dello scompenso ai livelli

cellulare e tissutale. Si comprende, dunque, per quale motivo un'alterazione “emergente” (quale quella del pathway metabolico del calcio modificato) non possa trovare un'adeguata spiegazione meccanicistica in una sommatoria di alterazioni morfologiche delle singole strutture. Il limite epistemologico di ciò va ricercato in una generale incapacità, da parte delle spiegazioni meccanicistiche downward e upward, di rendere conto dello statuto dell'emergenza.

Va notato, inoltre, che tutte le alterazioni morfologiche nelle proteine dipendono, come si è avuto modo di vedere, da modificazioni nell'espressione dei geni responsabili della sintesi di siffatte proteine. Un interessante interrogativo, alquanto spinoso e su cui non mi soffermerò, concerne proprio il rapporto sussistente tra le forme e le funzioni a

livello genico e sul modo in cui vadano interpretate, da un punto di vista filosofico, le

modifiche che concorrono ad “attivare” o “inibire” una determinata espressione genica. 2) Proviamo a rispondere adesso alla seconda domanda circa il modo in cui le alterazioni morfo-funzionali concorrono a definire lo statuto ontologico di “livello biologico”.

Abbiamo visto che, da un punto di vista anatomico, il sistema cardiovascolare va letto come un'integrazione progressiva di cardiomiociti nei tre tipi di tessuto muscolare

cardiaco, i quali, a loro volta, vanno a costituire l'organo del cuore. Quest'ultimo, considerato insieme al tessuto endoteliale e connettivo dei vasi della circolazione sistemica e polmonare, va a costituire il sistema cardiovascolare nella sua interezza. Ho mostrato nella sezione 3.3 del presente lavoro come la nozione di “livello” sia stata criticata, a causa della sua ambiguità semantica, e considerata da taluni meramente da un punto di vista epistemologico e non ontologico412. Ho argomentato, in antitesi a

siffatta visione, che il concetto di “livello” sia un correlato necessario per quello di “sistema organizzato gerarchicamente”.

Le analisi sviluppate nei paragrafi precedenti evidenziano la necessità e l'irrinunciabilità, da un punto di vista ontologico e contestualmente epistemologico, del concetto di “livello” biologico non solo per la conoscenza, ma anche e soprattutto per la costituzione ontologica di un determinato sistema dell'organismo, quale quello cardiovascolare. In che modo, allora, le strutture e i meccanismi concorrono a definire

ontologicamente ed epistemologicamente il livello delle cellule, dei tessuti, degli organi

e del sistema considerato nella sua interezza?

La risposta va ricercata nell'assoluta peculiarità e unicità dei complessi morfo-funzionali che, sia in stato fisiologico sia (forse ancor più) in stato patologico, definiscono la struttura globale di un certo livello (i.e. la sua ontologia). Sono, in breve, certe caratteristiche anatomiche e al contempo funzionali, localizzate in aree ben precise dell'organismo, che definiscono lo statuto ontologico di un livello.

Ora, nel caso specifico del livello dei cardiomiociti (livello cellulare) e dei tre tipi di muscolo cardiaco (livello tissutale), analizzati in questo capitolo, vanno fatte alcune osservazioni riguardo il modo in cui i loro complessi morfo-funzionali ne definiscono

412 Si vedano le analisi effettuate nel paragrafo 3.3 del presente lavoro. In particolare, cfr. CRAVER, C. F. e W. BECHTEL, Top-down causation without top-down causes, op. cit.

l'ontologia.

Nel caso dei cardiomiciti abbiamo la morfologia tipica di una cellula (i.e. nucleo, mitocondri, citoscheletro, citosol ecc.) con delle caratteristiche peculiari: anzitutto la presenza di un reticolo sarcoplasmatico in luogo di quello endoplasmatico, poi la presenza delle miofibrille (con la tipica interdigitazione di actina e miosina) che determina una forma allungata e leggermente schiacciata della cellula, infine la presenza di tre canali ionici peculiari (canali Ca2+ tipo L, scambiatore Na+-Ca2+, scambiatore Na+-

K+). La morfologia è piuttosto affine a quella della cellula del muscolo scheletrico,

tuttavia esistono alcune sottili differenze nelle strutture molecolari coinvolte in conseguenza delle quali nel cardiomiocita il rilascio di calcio dal reticolo sarcoplasmatico dipende molto più dalle concentrazioni del Ca2+ extracellulare del

tubulo trasverso: ciò implica una significativa differenza funzionale fra cardiomiociti e cellule muscolari scheletriche.

Va aggiunto, inoltre, che il tessuto muscolare cardiaco presenta la sua assoluta peculiarità nella morfologia del tessuto atriale, ventricolare e del sistema eccitatorio- conduttivo. Ciò implica una genesi del potenziale d'azione che è differente rispetto al muscolo scheletrico e a tempistiche di propagazione del segnale che sono differenti. Ne deriva una funzionalità nella meccanica della contrazione/rilasciamento che è, nel complesso, differente (sebbene con molte affinità) nel muscolo scheletrico e in quello cardiaco.

Tutto ciò vale per lo stato di fisiologia ma può applicarsi, specularmente alle condizioni fisiopatologiche (quale quella dello scompenso). La condizione dell'insufficienza cardiaca implica una serie di alterazioni geniche, cellulari e tissutali che sono tipiche esclusivamente del sistema cardiovascolare. Le alterazioni morfo-funzionali che

coinvolgono il cardiomiocita e quelle che concernono l'alterazione della contrattilità del tessuto atriale e ventricolare sono un qualcosa di unico, nella misura in cui si verifica solo nel sistema cardiovascolare.

Secondo l'analisi appena effettuata, trovo legittimo parlare di un livello dei cardiomiociti e di uno concernente il tessuto muscolare cardiaco, dal momento che esistono complessi morfo-funzionali localizzati esclusivamente nei cardiomiciti e nel muscolo cardiaco e non risiedenti in nessun'altra parte. Non sarebbero, dunque, le diverse tecniche d'indagine, come vorrebbero Craver e Bechtel, a definire un livello, ma le sue strutture anatomiche e i suoi meccanismi considerati sia nello stato di fisiologia sia nei multipli possibili stati di patologia. La costituzione ontologica di un livello determina anche una rappresentazione globale che noi abbiamo di un determinato sistema concorrendo, così, al processo di conoscenza che noi abbiamo di esso.