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Capitolo 1 Modelli di spiegazioni funzionali

1.2 Spiegazioni causali

Il dibattito filosofico sulla natura delle proposizioni funzionali le ha storicamente considerate come casi particolari di spiegazioni teleologiche. Queste ultime, però, sono inscindibilmente legate alle spiegazioni causali, dal momento che la costruzione di un

explanans su un insieme di eventi futuri prevede sempre che questi abbiano la loro

legittimazione in cause o eventi passati. Una spiegazione si definisce “causale” quando

Un evento per essere accettabile come explicans deve essere il primo membro di una catena causale di eventi terminante con l'explicandum, dove una catena spazio-temporalmente continua di eventi si dice che forma una catena causale se ogni evento nella catena determina nomicamente i suoi

vicini nella catena in modo tale che la legge causale che connette l'evento

explicans con l'evento explicandum sia una conseguenza entro un sistema

deduttivo vero di leggi di livello superiore che colleghino soltanto eventi spazio-temporalmente continui67.

Secondo Braithwaite le spiegazioni causali sono sempre inscritte in catene causali ove l'explanandum viene dedotto dall'explanans attraverso l'applicazione di leggi di generalizzazioni empiriche a eventi con continuità spazio-temporale; ma ciò equivale a riaffermare quello che già Hempel aveva detto sostenendo che la spiegazione causale fosse un caso particolare di spiegazione nomologico-deduttiva68. In quanto tale, la

spiegazione causale è una spiegazione scientifica mentre quella teleologica no. Proprio per questa ragione si è spesso tentato di trasformare le spiegazioni teleologiche in quelle causali (tale trasformazione è un esempio di riduzione) avvalendosi di due modi:

Il primo modo è quello di sottolineare la somiglianza tra le spiegazioni teleologiche di cui ci siamo occupati ora [i.e. le spiegazioni teleologiche che spiegano l'explanandum adducendo eventi futuri a cui esso è correlato] e le spiegazioni teleologiche di azioni intenzionali in cui il riferimento al futuro può venir spiegato a parte, e di argomentare per analogia che in tutti i casi la spiegazione teleologica è riducibile ad una spiegazione in cui una intenzione nell'agente, o qualche cosa di analogo ad una intenzione, sia la “causa efficiente”, di modo che l'attività diretta a uno scopo sia sempre un tipo di attività che si propone uno scopo. […] Questo atteggiamento è equivalente al tentativo di risolvere il problema delle spiegazioni teleologiche in un

67 BRAITHWAITE, R. B., La spiegazione scientifica, Feltrinelli, Milano, 1966, p. 297. 68 Cfr. HEMPEL, C. G., Aspects of Scientific Explanation, op. cit., pp. 300-301.

secondo modo, riducendole a spiegazioni fisico-chimiche del tipo causale comune69.

Il riferimento all'intenzionalità delle spiegazioni teleologiche, da un lato, e a spiegazioni

fisico-chimiche di tipo causale, dall'altro, sono i due modi di ricondurre le proposizioni

teleologiche a quelle causali. Il grande discrimine tra causalismo e teleologia non è da riscontrare né nell'idea che la spiegazione teleologica spieghi solo fatti singoli, mentre quella causale formuli leggi valide universalmente nei limiti posti da queste ultime, né nel fatto che le spiegazioni teleologiche si basino su intervalli di tempo tra i due eventi correlati, mentre quelle causali no. In realtà, osserva Braithwaite, tutte e due le caratteristiche sono presenti sia in proposizioni teleologiche sia in proposizioni non- teleologiche: il tratto che davvero le distingue è quello della varianza, ovvero «la classe di quegli insiemi di condizioni di campo tali che ogni catena causale in [un sistema] b che inizi con [un dato stato iniziale] e, e sia determinata da uno di questi insiemi, consegua lo scopo Γ»70. L'insieme di condizioni che compongono la varianza può essere

ottenuto direttamente attraverso induzioni da una serie di comportamenti finalizzati a un certo scopo oppure indirettamente attraverso deduzioni da proposizioni teleologiche generali ricavate dall'esperienza71.

69 BRAITHWAITE, R. B., La spiegazione scientifica, op. cit., pp. 301-302.

70 Ivi, p. 305. La varianza è, espressa in altri termini, «il dominio di circostanze in cui il sistema raggiunge lo scopo» [p. 305]. Lo scopo può essere raggiunto in una pluralità di circostanze e con una varietà di mezzi [cfr. p. 306]. Come si può facilmente notare, il concetto di “varianza” introdotto da Braithwaite si applica a un tipo particolare di spiegazione causale: quella finale, ampiamente presente nei sistemi biologici.

71 Cfr. Ivi, pp. 307-308. Per quanto l'insieme di circostanze che determina il raggiungimento dello scopo Γ sia ottenuto deduttivamente o induttivamente, si intuisce come nel concetto di “varianza” lo scopo sia un termine della sequenza causale stabilito a priori. Detto altrimenti: come si fa a capire, presa una sequenza causale qualsiasi, se un set di circostanze muova verso uno scopo Γ o meno? Braithwaite risponde che si comprende ciò a partire dalla natura delle circostanze della catena causale. Questa risposta non è, a mio avviso, soddisfacente, poiché lascia intuire che la nozione di “scopo” sia un terminus a quo (anziché un terminus ad quem) della catena causale. In quanto tale si caratterizza come un a priori della catena causale.

Il concetto di “varianza” di Braithwaite fa emergere una visione delle spiegazioni teleologiche come casi particolari di spiegazioni causali arrivando a ripostulare aristotelicamente l'esistenza di cause finali.

Su una linea di pensiero per certi aspetti affine è da considerare Mayr, secondo cui il concetto di causalità efficiente è intimamente legato, a partire dagli scritti biologici, fisici e ontologici di Aristotele, a quello di causalità finale; questo è il motivo per cui «nessuna discussione sulla causalità, che non arrivi ad afferrare il problema della teleologia, è completa»72. Mayr tende a sottolineare che quando parliamo di “finalità” in

biologia essa non è relativa a comportamenti intenzionali, bensì a programmi di

comportamento che rappresentano in potenza ciò che un sistema è “finalizzato” a

compiere. Per tale ragione i termini teleologia e teleologico sono stati applicati a due insiemi radicalmente differenti di fenomeni: «da un lato […] la produzione e il perfezionamento, attraverso la storia dei regni animale e vegetale, di sempre nuovi programmi e di codici di DNA di informazione sempre migliorati. Dall'altro c'è la verifica di questi programmi e la decodifica di questi codici attraverso il tempo di vita di ogni individuo»73. Considerato sotto questa accezione, il termine “teleologia” non ha

una valenza opposta a quella di causalità, pertanto risulta compatibile con essa.

Lo studio delle cause conduce un biologo a interrogarsi sugli effetti di certi fenomeni e, ovviamente, a fare delle predizioni che hanno carattere statistico e sono essenzialmente di quattro tipi: (1) predizione nella classificazione di caratteristiche strutturali e comportamentali; (2) predizione di fenomeni fisico-chimici a livello molecolare; (3) predizione dei risultati delle interazioni dei fenomeni ecologici complessi; (4) predizione degli eventi evolutivi74.

72 MAYR, E., ʻCause and Effect in Biologyʼ, in Science, vol. 134 (1961), p. 1503. 73 Ivi, p. 1504.

E' interessante, a questo punto, integrare il tema concernente il rapporto causalismo-

finalismo con quello dell'indeterminismo nelle teorie biologiche e la sua ripercussione

nella formulazione di spiegazioni statistiche. Si potrà notare, infatti, il legame strettissimo che intercorre tra questi tre argomenti del dibattito filosofico.

Mettiamo a confronto, pertanto, le spiegazioni fornite da due grandi biologi del XX secolo, Dobzhansky e Mayr, in merito all'origine dell'indeterminismo nelle teorie biologiche.

Dobzhansky ritiene ci sia un indeterminismo strutturale nelle teorie biologiche che deriva «dall'immensa disparità tra i poteri della ricombinazione genetica attraverso la riproduzione sessuale, la produzione di sempre nuovi equipaggiamenti genetici e i numeri relativamente piccoli di individui di ogni specie in cui i genotipi possibili possono essere realizzati»75. Dobzhansky è dell'opinione che l'origine

dell'indeterminismo nelle teorie biologiche sia un riverbero di un indeterminismo connaturato ai sistemi biologici e dovuto precisamente all'enorme sproporzione sussistente, da un lato, tra l'enorme numero di variazioni possibili non solo nella struttura del genoma, ma anche nell'espressione genica e, dall'altro, il numero ristretto di genomi in cui, per ogni popolazione di individui, tali alterazioni possono manifestarsi. Per Mayr sono sostanzialmente quattro le cause dell'indeterminismo nelle teorie biologiche:

1) Casualità di un evento rispetto al significato dell'evento. […] I precisi risultati di una data pressione selettiva sono impredicibili poiché la mutazione, la ricombinazione e l'omeostasi dello sviluppo stanno apportando contributi indeterminati alla risposta a questa pressione [...].

75 DOBZHANSKY, T., ʻDeterminism and Indeterminism in Biological Evolutionʼ, in V. E. Smith, Philosophical Problems in Biology, St. John's University Press, New York, p. 64.

2) Unicità di tutte le entità ai livelli superiori di integrazione biologica. […] Tutte le specie e categorie superiori sono uniche; tutti i contatti interindividuali sono unici; tutte le associazioni naturali di specie sono uniche; e tutti gli eventi evolutivi sono unici. […] L'unicità, ovviamente, non preclude interamente la predizione […].

3) Complessità estrema. […] Ogni sistema organico è così ricco nei feedbacks, stratagemmi omeostatici, e percorsi multipli potenziali che una descrizione completa è pressoché impossibile […].

4) Emergere di nuove qualità a livelli superiori di integrazione. […]76.

L'indeterminismo nei sistemi biologici è, secondo Mayr, profondamente legato a una serie di fattori interagenti fra di loro. Anzitutto il fatto che le pressioni selettive, all'interno delle diverse nicchie ecologiche, producano delle variazioni nei genomi e nell'espressione genica assolutamente singolari e impredicibili77. Ciò è da legare ai

diversi meccanismi di auto-regolazione che, nella fisiologia e nella fisiopatologia, ogni singolo sistema biologico mette in atto per garantire la propria omeostasi. Infine, l'organizzazione gerarchico-livellare dei sistemi biologici comporta, per ogni livello, peculiari processi di integrazione fra le strutture morfologiche e i loro meccanismi di funzionamento che stanno all'origine dell'emergenza di nuove proprietà78.

Sebbene sia complementare a quello di Dobzhansky, ritengo che il quadro fornito da Mayr in merito all'indeterminismo nelle teorie biologiche sia più esaustivo, dal momento che punta l'accento non solo sulla struttura genomica e il modo in cui esso muta a causa delle pressioni selettive, ma anche sui meccanismi di auto-regolazione

76 MAYR, E., Cause and Effect in Biology, op. cit., p. 1505.

77 Per una trattazione più diffusa in merito a questo tema si vedano le sezioni 2.1 e 2.3 del presente lavoro.

78 Per una visione più ampia delle problematiche filosofiche insite nel tema dell'emergenza si veda la sezione 3.1 (sull'ontologia dei sistemi complessi) del presente lavoro.

coinvolti nel mantenimento dell'omeostasi e sulle differenti forme che assume l'integrazione livellare nei sistemi biologici.

Le letture dell'indeterminismo biologico di Mayr e Dobzhansky meritano di essere rilette alla luce delle acquisizioni della biologia molecolare e della genetica di quest'ultimo quarantennio: qualsiasi tipo di variazione morfo-funzionale nei diversi livelli di organizzazione di un sistema biologico è attribuibile a delle modifiche

nell'espressione genica. La peculiare interazione tra l'organismo e il proprio ambiente

concorre all'attivazione o all'inibizione dell'espressione di certi geni i quali, a loro volta, se “attivati” permettono la sintesi di determinate molecole proteiche, se “inibiti” la impediscono. L'attivazione o la repressione della sintesi dei più differenti tipi di proteine implica lo sviluppo di certi tipi di meccanismi biochimici che hanno ripercussioni non soltanto a livello della funzionalità cellulare, ma dell'intero sistema.

Alla luce di tale indeterminismo va letta anche la nozione di “spiegazione causale” in biologia: essa si configura tendenzialmente come una sequenza di meccanismi atta a spiegare il comportamento biologico dell'individuo considerato sia nella sua singolarità (eredità genetica, fisiologia, fisiopatologia) sia come membro di una specie (pressioni selettive operanti all'interno di una certa nicchia ecologica). Tali spiegazioni meccanicistiche hanno molto spesso (anche se non sempre) un carattere eminentemente statistico dettato proprio da quell'indeterminismo, costitutivo dei sistemi biologici, di cui si è discusso prima.

Le spiegazioni statistiche aiutano non solo a comprendere determinati meccanismi nel presente (a partire dalla regolarità delle loro manifestazioni in determinate condizioni spazio-temporali), ma anche a predire l'evoluzione di questi ultimi nel futuro. Per tale ragione, osserva Mayr, il concetto di causalità in biologia si caratterizza come «(i) una

spiegazione di eventi passati (“una causalità a posteriori”); (ii) predizione di eventi futuri; e (iii) interpretazione di fenomeni teleologici -ovvero “diretti verso un fine”-»79.

Lo studio della causalità è, secondo Mayr, un elemento che accomuna la biologia funzionale80 e la biologia evolutiva81. La biologia funzionale ha a che fare «con l'analisi

delle cause prossime, mentre il biologo evolutivo avrebbe a che fare con l'analisi delle cause ultime»82. La biologia evolutiva studia infatti principalmente quattro cause: 1)

cause ecologiche; 2) cause genetiche; 3) cause fisiologiche interne; 4) cause fisiologiche esterne83. Riguardo la natura delle cause prossime e di quelle ultime Mayr si esprime

molto chiaramente: «le cause prossime governano le risposte dell'individuo (e dei suoi organi) ai fattori immediati dell'ambiente mentre le cause ultime sono responsabili per l'evoluzione del particolare codice di DNA di informazione di cui è dotato ogni individuo di ogni specie»84. In tal senso è possibile affermare che le cause prossime

sono tipiche della biologia funzionale, poiché coinvolgono meccanismi biochimici e biofisici coinvolti nelle risposte date dall'organismo (e dai suoi tratti) agli stimoli provenienti dall'ambiente in cui si trova, mentre le cause ultime coinvolgono le modificazioni nell'ereditarietà genetica studiate dalla biologia evolutiva.

Il percorso che, partendo da Braithwaite arriva a Dobzhansky e Mayr, ha inteso intrecciare, integrandoli, i tre diversi temi del causalismo-finalismo, dell'indeterminismo e delle spiegazioni statistiche.

79 MAYR, E., Cause and Effect in Biology, op. cit., p. 1501.

80 La biologia funzionale studia le funzioni delle diverse strutture morfologiche presenti in un organismo a partire dal livello microscopico dei geni e della cellula fino ad arrivare a quello macroscopico degli organi e dei sistemi.

81 La biologia evolutiva studia l'interazione tra organismo e ambiente nel cambiamento evolutivo. 82 MAYR, E., Cause and Effect in Biology, op. cit., p. 1503.

83 Cfr. Ivi, pp. 1502-1503. Mayr elenca queste quattro cause in riferimento al fenomeno della migrazione degli uccelli nella notte del 25 agosto in una certa località del New Hampshire; ritengo tuttavia che queste quattro, nonostante siano presentate in relazione a uno specifico fenomeno, possano essere considerate come tipologie di cause piuttosto generali diffuse nelle spiegazioni della biologia evolutiva e, pertanto, da me annoverate come esempi di causalità in questo ramo della disciplina biologica.

Come si è avuto modo di vedere col concetto di “varianza”, la spiegazione teleologica in biologia può esser vista come un esempio particolare di spiegazione causale. Mi trovo piuttosto d'accordo con la visione di Mayr secondo cui una causalità di tipo efficiente possa accompagnarsi in biologia a una di tipo finale. Ciò è legato all'intima natura dei sistemi biologici il cui grande “fine” biologico è quello di mantenere l'omeostasi, ovvero condizioni pressoché costanti del mezzo interno. Le peculiari interazioni con l'ambiente, le modifiche nell'espressione genica e nell'ereditarietà genetica, infine l'ampia presenza di meccanismi di auto-regolazione e compensazione possono esser lette meccanicisticamente e, al contempo, finalisticamente, nella misura in cui lo scopo ultimo è il mantenimento dell'omeostasi.

Questo fine viene raggiunto grazie a una serie di fattori, ognuno interagente con l'altro, che produce un sostanziale indeterminismo (o, meglio, un determinismo non rigido) nel comportamento di un sistema biologico. La forma epistemologica migliore che assume tale mancanza di determinismo è proprio quella della spiegazione statistica, che, infatti, è ampiamente presente in tutto il settore disciplinare delle “scienze della vita”.