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Gli antecedent

Nel documento Beni culturali e sistema penale (pagine 93-103)

Principi etici e norme giuridiche in materia

2. Gli antecedent

2.1. il viaggio di canova a Parigi

un importante antecedente delle attuali discussioni sul rientro dei beni culturali è la missione diplomatica effettuata nel 1815 dallo scultore ita- liano antonio canova (1757-1822).

i rivoluzionari francesi si posero il problema se le opere d’arte doves- sero venire distrutte, in quanto memorie della vergognosa epoca della tirannia, o dovessero venire preservate per aiutare la Nazione a progre- dire in altre direzioni. il 14 agosto 1792 l’assemblea Nazionale adottò un decreto relativo alla distruzione dei monumenti che rappresentava- no il feudalesimo: gli oggetti che incarnavano il disprezzo, il pregiudizio

2 come sottolineato da J.a.R. Nafziger, Cultural Heritage Law: The International

Regime, in id. - t. scovazzi (eds.), Le patrimoine culturel de l’humanité. Cultural heritage of Mankind, Martinus Nijhoff Publishers, leiden 2008, p. 147, gli attori

non statali possono essere suddivisi in sette categorie: commercianti privati, case d’asta e collezionisti; musei e gallerie d’arte; antropologi e archeologi; indigeni e gruppi etnici minoritari; artisti; conservatori di beni culturali, archivisti e storici dell’arte; criminali e organizzazioni criminali (a loro volta suddivisi in: falsifica- tori; truffatori; ladri; ladri di tombe e altri scavatori illegali; contrabbandieri; cri- minali di guerra).

3 sul concetto di patrimonio culturale v. F. Francioni, A Dynamic Evolution of Concept

and Scope: From Cultural Property to Cultural Heritage, in a.a. Yusuf (ed.), Standard- Setting in UNESCO, 2 voll., Martinus Nijhoff Publishers-Brill Publishers, Paris 2007, vol. i, Normative Action in Education, Science and Culture, p. 221.

4 Molti casi discussi in seguito si riferiscono alla pratica italiana, non solo perché più

accessibile all’autore di questo studio. la scelta può anche essere spiegata con il fat- to che, negli ultimi anni, l’italia è stata particolarmente attiva su entrambi i versanti della questione, vale a dire sia nella restituzione di beni culturali ad altri stati, sia nella richiesta di restituzione di beni culturali in possesso di altri stati.

e la tirannia non dovevano essere mantenuti sotto gli occhi del popolo francese e, se fatti di bronzo, dovevano essere più utilmente convertiti in cannoni:

l’assemblée nationale, considérant que les principes sacrés de la liberté et de l’égalité ne permettent pas de laisser plus longtemps sous les yeux du peuple français les monumens élevés à l’orgueil, au préjugé et à la tyrannie;

considérant que le bronze de ces monumens, converti en canons, servira utile- ment à la défense de la patrie, […]5.

tuttavia, se pure il destino di alcuni monumenti era inequivocabilmente deciso, gli oggetti che avevano un valore essenzialmente artistico pote- vano essere salvati:

les monumens, restes de la féodalité, de quelque nature qu’ils soient, existant encore dans les temples et autres lieux publics, et même à l’extérieur des mai- sons particulières, seront, sans aucun délai, détruits à la diligence des commu- nes (art. 3).

la commission des monumens est chargée expressément de veiller à la conser- vation des objets qui peuvent intéresser essentiellement les arts, et d’en présen- ter la liste au corps-législatif, pour être statué ce qu’il appartiendra (art. 4)6.

Prevalse alla fine l’opinione che la Francia avesse il diritto e anche il dovere di ‘liberare’ le opere d’arte detenute in altri Paesi da oppressori dinastici o religiosi e di esporle al pubblico nei musei nazionali, a partire dal louvre. Per questa ragione, i trattati conclusi dalla Francia con gli stati italiani sconfitti, come l’armistizio di Bologna del 5 messidoro 4 (23 giugno 1796)7 e il trattato di pace di tolentino del 1° ventoso 5 (19 febbraio 1797)8 tra Francia e stato Pontificio, il trattato del 20 floreale 4

5 testo in J.B. Duvergier, Collection complète des lois, décrets, ordonnances, réglemens, avis

du Conseil-d’Etat etc., a. Guyot, Paris 1834², p. 305. v. in generale E. Pommier, L’art de la liberté. Doctrines et débats de la Révolution française, Gallimard, Paris 1991.

6 Ibidem.

7 art. viii: “le pape livrera à la république française cent tableaux, bustes, vases, ou

statues, au choix des commissaires qui seront envoyés à Rome; parmi lesquels objets seront notamment compris le buste de bronze de Junius Brutus et celui en marbre de Marcus Brutus, tous les deux placés au capitole; et cinq cent manuscrits au choix

des mêmes commissaires”: in c. Parry, Consolidated Treaty Series, vol. liii, oceana

Publications, Dobbs Ferry 1969, p. 128.

8 art. Xiii: “l’article viii du traité d’armistice signé à Bologne, concernant les ma-

nuscrits et objets d’arts, aura son exécution entière et la plus prompte possible” (ibi, p. 489).

(9 maggio 1796) tra Francia e Parma9, l’armistizio del 23 floreale 4 (12 maggio 1796) tra Francia e Modena10 e l’armistizio del 16 maggio 1797 tra Francia e venezia11, contenevano, come parvenze di legalità, disposi- zioni sul diritto di rimuovere un certo numero di beni culturali scelti da generali o commissari francesi12.

Nel 1815, dopo la caduta di Napoleone, papa Pio vii inviò canova come suo inviato speciale a Parigi nel tentativo di ottenere la restitu- zione delle cento opere d’arte e dei cinquecento manoscritti perduti con il trattato di tolentino. Benché la questione fosse stata discussa, gli strumenti adottati a seguito del congresso di vienna (1815) non preve- devano espressamente la restituzione dei beni culturali di cui la Francia si era impadronita.

canova era conosciuto e celebrato ovunque in Europa per il suo ta- lento artistico straordinario e le sue qualità personali. aveva lavorato per i più importanti committenti pubblici e privati, dalla nobiltà veneziana e inglese ai papi, da Napoleone e la sua famiglia all’imperatore d’austria, dai re di Napoli allo zar di Russia. il fatto che uno degli artisti preferiti di Napoleone13 si facesse carico di recuperare le opere d’arte rimosse dallo stesso imperatore non deve essere visto come un cambiamento di umane inclinazioni, ma semplicemente come una conferma del fatto che l’arte trascende i destini dei grandi della storia.

in realtà, l’abitudine della Francia di Napoleone di appropriarsi d’opere d’arte era stata già criticata alla sua origine. Grande alleato di canova era un testo pubblicato già nel 1796 dall’erudito francese antoi- ne-chrysostome Quatremère de Quincy (1755-1849), contenente sette

9 art. iii: “il [= le Duc de Parme] remettra vingt tableaux, au choix du général en

chef, parmi ceux existans aujourd’hui dans le duché”.

10 art. iii: “le duc de Modène sera tenu de livrer vingt tableaux à prendre dans sa

galerie ou dans ses états, au choix des citoyens qui seront à cet effet commis”.

11 art. v segreto: “la république de venise remettra enfin aux commissaires à ce

destinés vingt tableaux et cinq cent manuscrits au choix du général en chef”.

12 “il n’en était fait aucun mystère. […] les comités chargés de diriger l’entreprise

menaient leurs opérations en toute clarté, et les chefs-d’œuvre pillés étaient reçus à Paris avec le faste et les honneurs qu’ils méritaient. ils étaient exposés au louvre pour témoigner de glorieuses victoires, puis envoyés dans des musées de province, sauf s’ils étaient de très grande valeur”: K. Pomian, Biens culturels, trésors nationaux,

restitution, “Museum international”, 2005, 228, p. 87.

13 Molto note, tra le opere di canova, sono la statua di bronzo di Napoleone, nel

cortile del palazzo di Brera a Milano, e la statua di marmo di Paolina Bonaparte, nella Galleria Borghese di Roma. Nel 1802 canova rimproverò personalmente a Napoleone la rimozione di opere d’arte dall’italia: cfr. a. D’Este, Memorie di Antonio

lettere sul pregiudizio che avrebbe causato alle arti e alla scienza la ri- mozione di opere d’arte dall’italia. Nell’opera, ristampata a Roma nel 1803 e nel 1815, Quatremère aveva preso una posizione netta contro la spoliazione dei territori italiani14.

al di là del caso specifico di Roma, sul quale si concentrano le lette- re, si può attribuire una portata più ampia al pensiero di Quatremère. secondo lui, si sarebbe costituita in Europa, all’interno di un grup- po selezionato di individui, una sorta di “repubblica delle arti e delle scienze” (“république des arts et des sciences”), regolata dal principio della fraternità universale, che non può venire sconfitto dalla sanguinosa pratica della guerra15. una conseguenza del principio sopra enunciato è che nessuno ha il diritto di appropriarsi di beni che sono il patrimo- nio di tutti i popoli16. imitare gli antichi Romani, che avevano l’abitu- dine di saccheggiare le città conquistate, significherebbe retrocedere dalla civiltà al caos17. Per l’autore francese, dividere i beni culturali, rimuovendoli dal luogo dove sono stati creati, equivale a distruggerli (“diviser c’est détruire’’18). la rimozione di tali beni dà un colpo mortale

14 a.c. Quatremère de Quincy, Lettres sur le préjudice qu’occasionneroient aux Arts et à

la Science, le déplacement des monumens de l’art de l’Italie, le démembrement de ses Ecoles, et la spoliation de ses Collections, Galeries, Musées, etc., s.n., Roma 1815 (pubblicato per la

prima volta nel 1796; l’edizione del 1815, che canova portò con sé a Parigi, è usata per le citazioni nelle note seguenti).

15 “En effet, vous le savez, les arts et les sciences forment depuis long-temps en Euro-

pe une république, dont les membres, liés entre eux par l’amour et la recherche de beau et du vrai qui sont leur pacte social, tendent beaucoup moins à s’isoler de leurs patries respectives, qu’à en rapprocher les intérêts sous le point de vue si précieux d’une fraternité universelle. cet heureux sentiment, vous le savez encore, ne peut être étouffé même par ces discordes sanglantes qui poussent les nations à s’entre- déchirer” (ibi, p. 3).

16 “ainsi, je ne puis bien répondre à votre question, qu’en faisant abstraction de ce

faux intérêt de pays, qui est le partage des ignorans et des fripons: ce sera comme membre de cette république générale des arts et des sciences, et non habitant de telle ou telle nation, que je discuterai de cet intérêt que toutes les parties ont à la conservation du tout. Quel est-il cet intérêt? c’est celui de la civilisation, du perfec- tionnement des moyens de bonheur et de plaisir, de l’avancement et des progrès de l’instruction et de la raison, de l’amélioration enfin de l’espèce humaine. tout ce qui peut concourir à cette fin appartient à tous les peuples; nul n’a le droit de se l’approprier ou d’en disposer arbitrairement” (ibi, p. 4).

17 “Je sais bien aussi qu’il existe sur l’objet de cette discussion des maximes de droit

public, que quelques esprits pervers ou pervertis feignent d’ignorer, et dont l’oubli, s’il pouvoit avoir lieu, feroit rétrograder l’Europe, et rentrer son droit des gens dans le chaos de la politique léonine des anciens Romains” (ibi, p. 8).

alla cultura dei Paesi d’origine, senza portare vantaggio al Paese che se ne appropria19.

le considerazioni di Quatremère riguardano non solo i beni cultu- rali presi come bottino di guerra, ma anche il loro commercio in tempo di pace. Per la stessa ragione per cui non può appropriarsi dei beni culturali altrui, uno stato non può commerciare i propri beni culturali per trarne un vantaggio economico20. i beni culturali hanno una condi- zione speciale e non possono essere trattati come beni commerciali21. Dobbiamo a Quatremère anche la profonda intuizione che i più ricchi spesso sono anche i più immeritevoli, soprattutto se sono abituati ad ap- prezzare soltanto il valore commerciale degli oggetti che possiedono22.

il pensiero di Quatremère si fonda sull’idea di un interesse collettivo di tutti gli esseri umani alla protezione del patrimonio culturale e alla sua preservazione nel contesto in cui esso è stato creato. in aggiunta al principio che i beni culturali non possono venire distrutti dagli stati belligeranti, che era stato da altri già enunciato in precedenza23, Qua-

19 “le déplacement des principaux monumens de l’art enlevés à leur patrie, doit

porter un coup funeste à l’instruction des autres nations, sans devenir utile à la nation qui se les approprieroit” (ibi, p. 87). “Mais voyez combien ce transport de mo- numens qui ne peut jamais être que partiel et très-borné, combien ce transfèrement funeste à l’Europe, devient encore inutile au pays qui en aura été le recéleur. En effet, croyez-vous que la nation qui se seroit adjugé à son prétendu profit, quelques- uns des modèles du beau, comme autant de ballots de marchandises, trouveroit un gros bénéfice dans cette importation? Pensez-vous qu’elle y trouve de quoi fournir à ses artistes les moyens complets de l’enseignement sans sortir de chez eux? ce seroit s’abuser étrangement” (ibi, p. 55).

20 “Je pense aussi que dans la défense d’une cause, il y a un choix de moyens à fai-

re: je n’aime pas, je vous l’avoue, qu’au milieu des grandes considérations morales qui abondent dans celle-ci, on s’attache à des argumens intéressés, et qu’on fasse en quelque sorte dépendre le sort des arts et de la science en Europe, des calculs partiels de la balance du commerce. Quoi de plus contraire au véritable esprit et à l’amour éclairé des arts, que ces théories fiscales, qui ne trouvent que des objets de commerce dans les monumens de l’instruction des peuples, qui ne découvrent dans les chefs-d’oeuvre du goût et du génie, que des impôts indirects sur la curiosité étrangère” (ibi, p. 82).

21 “Quand cessera-t-on de regarder les objets de l’instruction publique comme des

joyaux, comme des diamans dont on ne jouit que pour le tarif de leur valeur?” (ibi, p. 65).

22 “l’amour de l’argent n’a jamais produit que de l’argent” (ibi, p. 84). “il est évident

qu’on ne peut pas diminuer autour de soi les lumières, les connoissances, les talens, le goût et l’amour des arts, sans les diminuer aussi chez soi” (ibi, p. 91).

23  “Pour quelque sujet que l’on ravage un pays on doit épargner les édifices qui font

honneur à l’humanité, & qui ne contribuent point à rendre l’ennemi plus puissant; les temples, les tombaux, les bâtiments publics, tous les ouvrages respectables par

tremère avanza il principio dell’integrità dei contesti culturali. Egli dà a questo principio un valore generale, applicabile in tempo sia di pace che di guerra. in effetti, la république des arts et des sciences esisteva soltanto nella mente di Quatremère ed è probabile che essa mai esisterà in una comunità composta di stati sovrani. Ma questo non ha molta impor- tanza, perché Quatremère propone un imperativo morale, che va al di là delle disposizioni del diritto applicabile in un dato periodo e che è rilevante ancora oggi.

Nello svolgimento della sua missione24, canova, grazie anche all’ap- poggio di Gran Bretagna, austria e Prussia, fu capace di superare una serie di ostacoli di natura politica e pratica, inclusa l’esistenza di una norma di un trattato in base alla quale gli oggetti erano stati rimos- si25. un ulteriore ostacolo da superare era l’argomento, avanzato da parte francese, che le opere d’arte in questione erano molto meglio valorizzate ed esposte al pubblico nelle gallerie del grande museo del louvre, piuttosto che nella trascuratezza e nell’oscurità di conventi e chiese romani26.

in proposito, canova ottenne dal governo pontificio l’impegno, poi mantenuto, a meglio conservare e rendere accessibili al pubblico le ope- re che avesse recuperato. alla fine della sua missione, canova ebbe la soddisfazione di poter rispedire a Roma settantasette delle opere d’arte leur beauté. Que gagne-t-on à les détruire? c’est se déclarer l’ennemi du genre hu- main, que de le priver de gaieté de coeur, de ces monuments de l’art, de ces modèles du goût”: E. de vattel, Le droit des gens ou principes de la loi naturelle appliqués à la

conduite & aux affaires des nations & des souverains, s.n., londres 1758, t. iii, l. iii, cap.

iX, parr. 168 e 169.

24 cfr. E. Jayme, Antonio Canova, la repubblica delle arti e il diritto internazionale, “Rivista

di Diritto internazionale”, 1992, p. 897.

25 Pur non essendo un giurista, sembra che lo scultore canova si rendesse conto di

complesse questioni giuridiche, come la validità o la nullità di un trattato concluso mediante minaccia oppure l’efficacia o l’estinzione di un trattato a seguito di ina- dempimento (v. F. zuccoli, Le ripercussioni del trattato di Tolentino sull’attività diplo-

matica di Antonio Canova nel 1815, per il recupero delle opere d’arte, in aa.vv., Ideologie e

patrimonio storico-culturale nell’età rivoluzionaria e napoleonica: a proposito del trattato di Tolentino (Atti del convegno, Tolentino, 18-21 settembre 1997), Ministero per i Beni e le

attività culturali, Roma 2000, p. 617).

26 “a tutte queste obbiezioni ho cercato di rispondere, difendendo il nostro spirito

propagatore di ogni scienza e di ogni arte, e ribattendo quelle che sono puramente false, e scusando quelle che hanno qualche fondamento di verità. io non so quello che ne avverrà, ma certo mi pare di dover presagire fino ad ora, che uscendo a buon fine, come spero, la mia impresa, saremo obbligati ad adottare su questi due punti un nuovo ordine e regolamento” (da una lettera del 15 settembre 1815 scritta da canova al cardinal consalvi, in D’Este, Memorie di Antonio Canova, p. 205).

rimosse a seguito del trattato di tolentino (tra cui il laocoonte, l’apollo del Belvedere, la trasfigurazione di Raffaello, la Deposizione di caravag- gio27) e molti manoscritti.

Era la prima volta che la pratica secondo cui la potenza vittoriosa po- teva liberamente impossessarsi del patrimonio culturale dei Paesi sconfitti era così apertamente rovesciata. si era di nuovo posto il problema se fosse accettabile che il forte abusasse della vulnerabilità del debole, operando il saccheggio dei beni culturali. la risposta fu, questa volta, negativa28. 2.2. i manoscritti restituiti all’università di Heidelberg

un interessante seguito della missione di canova è la questione della restituzione dei numerosi manoscritti saccheggiati dalla Biblioteca Pala- tina di Heidelberg nel 1622 in tempo di guerra da Massimiliano, Duca di Baviera, e da questi donati l’anno successivo a papa Gregorio Xv. si trattava di complessivamente 847 manoscritti tedeschi, 1954 latini, 393 greci e 278 ebraici. Quarantasette dei manoscritti in questione erano tra i beni rimossi dalla Biblioteca vaticana di Roma a seguito del trattato di tolentino e poi recuperati a Parigi da canova.

il principe Metternich, per conto dell’austria, e il principe Har- denberg, per conto della Prussia, in due lettere del 26 e del 31 ottobre 1815, ricordarono al cardinale consalvi, segretario di stato del Papa, l’appoggio che le due potenze avevano dato alla missione di canova nel perseguimento delle esigenze di giustizia e al fine della restituzione di oggetti legati all’onore e alla cultura di un determinato Paese:

la plus part des marbres, tableaux et manuscrits, enlevés à la ville de Rome et à l’Etat Romain, se trouvent entre les mains du commissaire du st. Père, et ceux, qui restent encore, continuent à lui être remis. si les Puissances alliées se sont cru engagées par les considérations générales les plus importantes, à donner cet exemple éclatant de justice, et à ne point souffrir que des objets qui tien- nent immédiatement à l’honneur et à la culture des nations, qui forment leur patrimoine, le plus cher, et sur lesquels le droit de la guerre ne devrait jamais s’étendre, restent la possession d’une seule qui s’en était emparée injustement, Elles ont éprouvé en même temps une satisfaction bien particulière d’avoir pu témoigner par là à sa sainteté le Pape leur désir de protéger ses intérêts, et de seconder ses vues29.

27 oggi questi quattro capolavori sono esposti ai Musei vaticani di Roma.

28 si dovrebbe anche osservare come gli stessi stati che sconfissero la Francia evitaro-

no di saccheggiare il saccheggiatore.

29 si veda H. Bastgen, Vatikanische Dokumente zur Herausgabe der Codices an die Heidel-

austria e Prussia colsero però l’occasione per appoggiare la domanda avanzata dall’università di Heidelberg per la restituzione dei manoscrit- ti sottratti nel 1622. Poiché Heidelberg era all’epoca situata in uno stato terzo (Baden), le due potenze dichiararono che esse agivano nel nome della comune cultura degli stati germanici (“vu les devoirs que leur imposent les rapports qui unissent tous les Princes de l’allemagne, et l’intérêt qu’Elles prennent à l’honneur national, et à un rétablissement littéraire qui appartient aux plus anciens et aux plus célèbres de l’alle-

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