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Il momento sanzionatorio

Nel documento Beni culturali e sistema penale (pagine 177-184)

Le prospettive internazionali di tutela penale: strategie sanzionatorie e politico-criminal

3. Il momento sanzionatorio

solo all’interno di un tale articolato quadro di interventi ‘prepenalistici’ a più livelli ha senso concepire anche una serie di interventi penali – o comunque sanzionatori – i quali, per altro, dovrebbero essere a loro volta

mirati, attentamente ‘tagliati’ (in questo caso la parola inglese ‘tailored’

rende accuratamente l’idea) sulle specificità dei crimini contro il patri- monio culturale.

non è questa la sede per esaminare dettagliatamente le proposte re- lative alle condotte da sottoporre a sanzione52. Basti dire che i fatti con- notati da maggiore lesività – come ad esempio il traffico di beni culturali, l’illecita esportazione, il furto d’arte, il saccheggio di siti archeologici, la ricettazione, il danneggiamento e la falsificazione di opere d’arte – do- vrebbero (ove già non sia previsto) trovare adeguata sanzione sul piano penale, attraverso fattispecie o circostanze aggravanti che diano conto della specificità del valore aggredito – il patrimonio culturale in quanto bene comune di rango costituzionale (o comunque strettamente atti- nente ai diritti fondamentali della persona, anche in altri ordinamenti) – e quindi della maggiore gravità rispetto a corrispondenti fattispecie che incidano esclusivamente sul bene del patrimonio. inoltre, i legisla- tori nazionali dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di configurare queste fattispecie (soprattutto nelle loro forme di manife- stazione più gravi) come “serious offences” ai sensi dell’art. 2(b) della

49ICOM Code of Ethics for Museums, adottato dalla quindicesima assemblea Generale dell’International Council of Museums (Buenos aires, argentina, 4 novembre 1986), ri- visto ed emendato nel 2001 e 2004 (http://icom.museum/fileadmin/user_upload/ pdf/codes/code_ethics2013_eng.pdf).

50 adottato dalla UNESCO Intergovernmental Committee for Promoting the Return of Cul-

tural Property to its Countries of Origin or its Restitution in Case of Illicit Appropriation

nella sua decima sessione (gennaio 1999) e approvato dalla trentesima conferen-

za Generale UnEsco nel novembre 1999 (http://portal.unesco.org/culture/en/

files/13095/10621698751ethics.doc/ethics.doc).

51 v. in particolare Guideline 7.

Convenzione ONU sul Crimine Organizzato Transnazionale (e quindi come

punibili con una pena detentiva fissata, nel massimo, in almeno quattro anni, ovvero con una pena maggiore), in modo da rendere loro applica- bile, quando il fatto abbia carattere transnazionale e coinvolga un grup- po criminale organizzato, la convenzione stessa (in attesa di eventuali ulteriori, più specifici strumenti pattizi internazionali)53.

Per condotte meno lesive, invece, la cui sanzione, in particolare, rap- presenti una forma di tutela anticipata del bene (come tale implicante anche un meno evidente disvalore sociale), ciascun legislatore naziona- le dovrebbe esercitare prudenza nello scegliere tra illeciti penali, ammi- nistrativi o civili (così, ad esempio, in relazione agli scavi archeologici non autorizzati, alla violazione dell’obbligo di denunciare scoperte o ritrovamenti fortuiti, alla violazione dell’obbligo di denunciare la prove- nienza sospetta di un bene culturale, e altre simili ipotesi).

soprattutto, però, risulta vitale in questo settore – come in generale nei confronti delle varie forme di white-collar crime, con cui i reati contro il patrimonio culturale presentano molti elementi comuni, soprattut- to considerando il lato della domanda e le attività di intermediazione nel commercio illecito di opere d’arte – che l’arsenale sanzionatorio sia quanto più possibile flessibile e tagliato sulle specificità dei beni aggrediti, delle condotte e degli autori. La ‘formula’, ricorrente nei documenti internazionali, che fa riferimento a “sanzioni proporzionate, efficaci e dissuasive”54, dovrebbe essere declinata, in questo ambito, con un parti- colare sforzo di immaginazione (intesa come capacità di prevedere i diver- si possibili scenari e l’impatto di ciascuna opzione su di essi) e creatività. in particolare, sotto il primo profilo – specificità del bene giuridico of- feso e degli oggetti materiali della condotta – è evidente come particolare attenzione dovrebbe essere dedicata alla disciplina della confisca55, dal momento che uno degli obiettivi primari del legislatore dovrebbe pro- prio essere quello di massimizzare la possibilità di recupero, restituzione e ‘riacquisizione’ al patrimonio culturale comune delle opere trafugate, trafficate, e così via.

sotto il secondo profilo, poi (specificità delle condotte, dei loro autori e del ‘mercato’ in cui questi due elementi interagiscono), oltre alla già menzionata necessità di prendere in considerazione anche ipotesi di re- sponsabilità degli enti, sarebbe molto importante che, accanto a – ma talora anche al posto di – sanzioni ‘tradizionali’, come la pena detentiva

53 v. in particolare Guideline 26.

54 E ripresa espressamente nella Guideline 25 (ove v. anche riferimenti normativi

pertinenti).

e quella pecuniaria (la quale, per altro, andrebbe maneggiata con molta cura in un settore come questo, in cui essa potrebbe finire facilmen- te per rappresentare un mero ‘costo di produzione’, o addirittura per erodere definitivamente qualunque apprezzamento dei beni nel loro valore culturale, eccedente le semplici considerazioni economiche56),

56 che l’introduzione di sanzioni pecuniarie in ‘territori’ precedentemente alieni a

forme di ‘monetizzazione’ della devianza possa incrementare, anziché contenere, la stessa, è oggetto di crescente consapevolezza anche da parte degli economisti, che hanno recentemente cominciato a prendere in considerazione la “preoccupante pos- sibilità […] che pratiche di gestione basate sui modelli economici possano danneg- giare (o addirittura distruggere) realtà non-economiche come la motivazione interna e le relazioni sociali” (r. Gibbons, Incentives in Organizations, “Journal of Economic Perspectives”, 1998, 12 (4), p. 130, trad. nostra). Una preoccupazione che sembra confermata da recenti studi empirici, come ad es. quello condotto da U. Gneezy - a. rustichini, A Fine is a Price, “Journal of Legal studies”, 2000, 29 (1), pp. 1 ss.: l’analisi delle conseguenze dell’introduzione, in un gruppo di asili privati, di una sanzione pecuniaria per i genitori che arrivavano in ritardo a prendere i figli rispetto all’orario di chiusura, ha mostrato un aumento, anziché una diminuzione, delle infrazioni al re- golamento; altrettanto preoccupante può essere considerato il fatto che tale maggior numero di condotte ‘devianti’ sia risultato stabile anche dopo l’eliminazione della sanzione, indicando una permanenza dell’effetto negativo – la nascita di un nuovo ‘mercato’, su cui un ‘bene’ piuttosto particolare (il ritardo e, quindi, l’infrazione) viene scambiato contro un ‘prezzo’ (la sanzione pecuniaria) – anche dopo la formale abolizione del ‘corrispettivo economico’ per l’illecito. i due autori ipotizzano dunque che, in generale, l’introduzione di disincentivi (o anche incentivi: v. altresì U. Gneezy - a. rustichini, Pay Enough or Don’t Pay at All, “Quarterly Journal of Economics”, 2000, 115 (3), pp. 791 ss.) materiali possa mutare le percezioni degli agenti sociali, incrementando la rilevanza delle motivazioni estrinseche e puramente materiali al rispetto delle regole a scapito di quelle intrinseche e morali, e trasformando quindi la decisione di conformità o devianza in un mero calcolo basato su costi e benefici economici. sembra, quindi, che l’introduzione di pene pecuniarie possa creare un nuovo ‘mercato delle infrazioni’ anche dove in precedenza prevalevano, nell’orienta- re le condotte degli attori sociali, motivazioni non economiche. Una considerazione che dovrebbe spingere a considerare con molta prudenza l’introduzione di nuove fattispecie presidiate da sanzioni puramente pecuniarie in particolare in un setto- re, come quello della tutela del patrimonio culturale, dove la mentalità ‘di mercato’ già domina molti dei soggetti interessati, e dove un incremento nell’impostazione ‘economicistica’ della tutela rischierebbe di completare la trasformazione di questi beni, dall’intrinseco valore immateriale, in semplici ‘merci’, distruggendo quindi, anche ove presente, la consapevolezza del loro valore sul piano culturale e umano e la controspinta psicologica all’illecito che una tale consapevolezza porta con sé. Più ampiamente, sul significato che questi studi possono assumere, nel senso di fornire un ulteriore fondamento empirico all’opzione per modelli di regolazione e control- lo che massimizzino l’effetto positivo delle motivazioni immateriali al rispetto della legge, garantendo spazi di “rispondenza fiduciaria” agli attori sociali e utilizzando uno schema ‘progressivo’ (su cui v. supra, nota 14), si veda Pelligra, I paradossi della

venisse dato ampio spazio – anche, eventualmente, in veste di sanzioni principali, ove opportuno – agli strumenti interdittivi57. in un mercato in cui licenze e autorizzazioni hanno – o potrebbero avere, negli stati che ancora non lo prevedono – ampia rilevanza, e in cui gli operatori spesso si avvalgono degli stessi canali per transazioni tanto lecite quanto illecite aventi a oggetto beni culturali; in cui, inoltre, il possesso di una licenza o autorizzazione, o di una certa posizione all’interno di un’or- ganizzazione pubblica o privata, è spesso strumentale e necessario alla stessa commissione dell’illecito, la sanzione interdittiva (ovviamente da graduare, secondo la gravità e la reiterazione dell’offesa, in temporanea o permanente) presenterebbe, evidentemente, un potenziale partico- larmente rilevante sia sul piano generalpreventivo, sia su quello special- preventivo58.

tutto questo rimanendo ben consapevoli, tuttavia, di come anche i migliori, più ‘creativi’ e più raffinati interventi sull’apparato sanziona- torio, in particolare penale, siano destinati a restare sterili, se non pre- ceduti e accompagnati da quella schiera di misure non penali – che po- tremmo definire, con un linguaggio familiare a chi si occupi di devianza organizzativa o comunque in contesti complessi, di natura ‘sistemica’ e

57 v. in particolare Guidelines 27 e 29.

58 in merito al ricorso a sanzioni interdittive e a varie forme di pubblicità negativa

(formale e informale) all’interno di un modello ‘piramidale’ a enforcement progres- sivo nel più ampio settore del white-collar crime v., oltre alla bibliografia citata supra (nota 14), anche J. Braithwaite, Restorative Justice for Banks Through Negative Licen-

sing, “British Journal of criminology”, 2009, 49, pp. 439 ss. in generale sulla ratio e

sul potenziale (ma anche sui profili problematici) delle sanzioni interdittive, in par- ticolare in relazione a reati economici o comunque strettamente legati a particolari posizioni rivestite dal soggetto attivo (anche in prospettiva di riforma), si rinvia, ex

plurimis, a L. Eusebi, Ripensare le modalità della risposta ai reati. Traendo spunto da CEDU

19 giugno 2009, Sulejmanovic c. Italie, “cassazione penale”, 2009, 49(12), pp. 4938 ss.

(in part. pp. 4952-4958); id., Appunti minimi in tema di riforma del sistema sanzionatorio

penale, in P. Pisa (a cura di), Verso una riforma del sistema sanzionatorio? Atti del conve- gno in ricordo di Laura Fioravanti (Genova, 15 novembre 2006), Giappichelli, torino

2008, pp. 279 ss.; id., Appunti minimi di politica criminale in rapporto alla riforma delle

sanzioni penali, “criminalia”, 2007, pp. 185 ss.; a. Garapon - D. salas, La Repubblica penale (1996), trad. it. di s. sinibaldi, Liberilibri, Macerata 1997, pp. 80 ss.; s. Lariz-

za, Le pene accessorie, cEDaM, Padova 1986, in part. pp. 70 ss., pp. 165 ss. e pp. 343 ss.;

Marinucci, Politica criminale e riforma del diritto penale, p. 496; G. Marinucci - M. ro- mano, Tecniche normative nella repressione penale degli abusi degli amministratori di società

per azioni, in aa.vv., Il diritto penale delle società commerciali, Giuffrè, Milano 1971, pp. 100 ss.; M. romano, Diritto delle società e sistema punitivo italiano nel contesto internazio-

nale, in P. Balzarini - G. carcano - M. ventoruzzo (a cura di), La società per azioni oggi. Tradizione, attualità e prospettive. Atti del convegno internazionale di studi (venezia,

‘situazionale’59 – che sole possono rendere concretamente possibile una reale efficacia dissuasiva della minaccia penale, e su cui, non a caso, si è ritenuto preferibile concentrare le Guidelines on Crime Prevention and Cri-

minal Justice Responses with respect to Trafficking in Cultural Property, come

pure questo stesso contributo.

59 con il termine “situazione” si fa riferimento, particolarmente negli studi di psico-

logia sociale, al contesto di gruppo in cui il singolo individuo si trova inserito in via immediata, il quale può poi essere più o meno organizzato (si va da semplici gruppi a formazione spontanea a organizzazioni complesse di natura privata o pubblica, come imprese o istituzioni di varia natura), mentre con il termine “sistema” si indica il più ampio contesto sociale, economico, giuridico, politico e culturale in cui sia gli individui che i gruppi e le organizzazioni si trovano ad agire e interagire: v. in tal senso s. Milgram, Obbedienza all’autorità (1974), trad. it. di r. Ballabeni, Einaudi, torino 2003, pp. 140-142; P. Zimbardo, L’effetto Lucifero. Cattivi si diventa? (2007), trad. it. di M. Botto, cortina, Milano 2008, pp. 317-345.

conclusioni

ABSTRACT

This contribution, while summarizing the main and most up-to-date issues concerning cultural heritage protection and the prevention and sanctioning of offences which infringe upon it, primarily focuses on the emerging trends in national and international criminal policies, as well as on the most promising research threads which should be further pursued to provide original knowledge and ideas indispensible for an effective safeguard – even through the criminal law instrument – of cultural property. More specifically, four topics are addressed: the main features of the crimes against cultural heritage, and how they affect (or might affect) the choices of national lawmakers; the intrinsic vocation to market which characterizes offences against cultural property, and how it should be taken into account in drafting criminal policies; the troubling question of the involvement of organi- zed crime in such offences, and of the organization of such crimes by different actors; and finally the transnational feature of these crimes and its actual and possible repercussions on national jurisdictions.

comincerei da una storia a lieto fine di cui abbiamo avuto tutti contezza nella cronaca di questi giorni1. mi riferisco al rinvenimento di un famo- so dipinto di Henri matisse, Le jardin, trafugato dalla pinacoteca di stoc- colma nell’ormai lontano 1987 e messo in vendita in un’asta nell’essex da un collezionista polacco, identificato sul finire dell’anno scorso gra- zie all’intervento di un’organizzazione inglese con sedi in diversi Paesi, l’Art Loss Register, che raccoglie informazioni su opere d’arte trafugate o scomparse. Queste le conseguenze del caso, per le poche informazioni disponibili: restituzione al legittimo proprietario e ritorno nel Paese di origine; esclusione di un equo indennizzo, dati i dubbi sorti sulla buona fede del possessore; mancato intervento di un’assicurazione, che spesso invece figura in vicende di questo tipo; avvio di indagini penali in uno o più Paesi, con le prevedibili divergenze nei diversi ordinamenti e con

1 Per maggiori dettagli su questo episodio di cronaca si vedano ad es. J. Lawless,

Matisse Painting Stolen in 1987 Recovered in UK, “the Guardian”, January 8, 2013; the art Loss register, Stolen Matisse Painting Recovered 25 Years After Theft, January 7, 2013 (http://www.artloss.com/news/stolen-matisse-painting-recovered).

l’esigenza di fare ricorso alla cooperazione penale; concorso di un orga- nismo di natura privata, tanto in fase di identificazione del bene, quanto di indagine. al di là del ‘lieto fine’, premeva in questa sede segnalare l’articolazione e la ricchezza degli strumenti giuridici chiamati a interve- nire a fronte di un caso – tutto sommato piuttosto ordinario – di traffico di opere d’arte.

conformemente a tale rilievo, il quadro che è andato delineandosi nel corso di questa giornata di studio mostra una tale varietà di spunti (in ter- mini criminologici, dal punto di vista degli assetti della tutela penale, in relazione alle applicazioni giurisprudenziali, nella più ampia prospettiva della riforma della normativa interna e internazionale: si veda per esem- pio la relazione odierna di renold2), da rendere assai ardua una sistematiz-

zazione – non dico definitiva, ma perlomeno soddisfacente – nelle brevi

note che mi accingo a presentare. Per utilizzare una metafora attinta dal nostro campo di studio odierno, oggi mi sono sentito non tanto nella sala del Louvre che ospita la lineare, pacificante rappresentazione pittorica della Monna Lisa, ma in quella sezione della Tate Gallery che raccoglie le diverse manifestazioni del surrealismo, dove convivono pacificamente de chirico, Picasso, mirò, Giacometti e molti altri.

e ciò senza considerare che lo spaccato che è stato offerto nelle approfondite relazioni di quanti mi hanno preceduto è ancora larga- mente parziale e insoddisfacente; è mancata – ma non credo lo si possa imputare ad altro che alla ristrettezza dei tempi e al taglio del nostro in- contro, e certamente non invece alla densità delle riflessioni di quanti mi hanno preceduto – un’analisi comparatistica adeguata che tenesse conto del quadro giuridico di Paesi che, dotati di un’economia molto avanzata ma sprovvisti di un patrimonio culturale autoctono compara- bile a quello italiano, rappresentano i principali attori del mercato e sono quindi fortemente investiti da fenomeni di acquisto, importazio- ne, sottrazione illeciti.

date queste premesse rinuncerò a un tentativo di sintesi nel quale dar conto dell’estrema varietà dei profili affrontati dai relatori, per limi- tarmi invece a tracciare qualche linea direttrice delle principali temati- che in campo. Prenderò le mosse da uno dei fili conduttori del nostro incontro: mi riferisco ai profili di interrelazione tra le componenti empirico-

criminologiche che emergono sul terreno – su cui ci ha intrattenuti il Generale

mariano mossa3 – e le concrete opzioni politico-criminali che si evidenziano su scala interna e internazionale.

2 Vedi supra, nel presente volume, m.-a. renold, International Tools: Return, Restitution

and Beyond.

Nel documento Beni culturali e sistema penale (pagine 177-184)