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2 INTRODUZIONE ALLA PROPULSIONE ELETTRICA

2.3 Propulsione elettrica ad emissione di campo

2.3.6 Applicazioni del sistema FEEP

Alla luce della caratterizzazione del sistema FEEP effettuata, è possibile individuare nell’ambito delle missioni spaziali quelle in cui un suo impiego può portare ad un significativo risparmio in termini di massa o ad un incremento della vita operativa, rispetto all’utilizzo di un propulsore chimico tradizionale, o a soddisfare a specifiche non raggiungibili da altri sistemi propulsivi. Le missioni tipiche possono essere

- il mantenimento della posizione orbitale di satelliti rispetto ad una stazione a terra, - il posizionamento di precisione di una costellazione di satelliti,

- la compensazione della resitenza aerodinamica per satelliti in orbita bassa di tipo “Drag free” [14],

- trasferimento orbitale di strutture con elevata snellezza, che per la ridotta rigidezza di alcune parti, non possono tollerare alti livelli di spinta.

Negli ultimi anni il FEEP è stato proposto per numerose missioni ad elevato contenuto tecnologico, che presentano requisiti di posizionamento con tolleranze molto ristrette, tra queste

1) MICROSCOPE: l’obiettivi principale di questa missione è la verifica del Principio di Equivalenza, così come formulato nella Teoria Generale della Relatività di A. Einstein. Tale principio afferma che tutti I corpi che si muovono unicamente sotto l’influenza della gravità e sono schermati da qualsiasi altra influenza seguono lo stesso percorso, indipendentemente dalla loro natura e composizione. Obiettivi secondari, ma fondamentali per il successo della missione, sono la realizzazione di un sistema di controllo di assetto e compensazione della resistenza facente uso di propulsori elettrici e la misura dell’accelerazione a bordo del satellite con precisione migliore di 10-12 ms-2.

2) LISA (Laser Interferometer Space Antenna) – ESA/NASA. Gli obiettivi principali di questa missione sono la misura delle onde gravitazionali e la misura di segnali provenienti da sorgenti remote come i buchi neri, nell’intervallo di frequenze da 101

a 104 Hz. La missione comprende tre satelliti distanziati di 5⋅106 km e posti ai vertici di un triangolo equilatero, il cui centro percorre durante l’anno la stessa orbita della Terra attorno al Sole, con un ritardo di 20°. Le orbite dei satelliti sono scelte in modo che contemporaneamente il triangolo ruoti attorno al suo centro con periodo annuale. Ogni satellite, equipaggiato con un telescopio laser trasmettitore/ricevitore e con un sistema di controllo di tipo drag free, si comporta come lo specchio centrale di un interferometro Michelson, mentre i restanti satelliti ne rappresentano le due braccia: si ottengono quindi tre strumenti di misura separati anche se non completamente indipendenti. Attraverso di essi, conoscendo con accuratezza le posizioni relative dei satelliti e misurando lo sfasamento prodotto nel segnale laser trasmesso da un vertice all’altro, è possibile misurare gli effetti del passaggio di onde gravitazionali. Alla base del funzionamento della missione è naturalmente il sistema di posizionamento dei satelliti che deve essere estremamente preciso: solo il propulsore FEEP è in grado di soddisfarne i requisiti che sono spinte nell’intervallo tra 1 μN e 100 μN con rumore inferiore a 0.1 μN [15].

3) LISA Pathfinder: è un progetto europeo nell’ambito della collaborazione ESA-NASA per la realizzazione della cornerstone mission LISA (Laser Interferometer Space Antenna). La collaborazione prevede una maggior impegno dell’ESA in LISA-PF, mentre la NASA guiderà la realizzazione di LISA. LISA-Pathfinder, come precursore e come seconda missione del programma SMART (Small Missions for Advanced Research in Technology) dell’ESA, dovrà mettere a punto le tecnologie necessarie agli ambiziosi obiettivi di LISA. Lo scopo di LISA-PF è mettere alla prova il concetto stesso di rivelazione di onde gravitazionali dallo spazio, dimostrando che è possibile controllare e misurare con una precisione altissima il movimento di due masse in condizioni di caduta libera. A bordo del satellite ci sarà dunque un sistema composto da due masse di prova e da un interferometro che, insieme all’elettronica e all’ottica associate, costituisce il LISA Technology Package (LTP), realizzato da un consorzio di enti di ricerca europei. LISA-PF ospita anche il Disturbance Reduction System (DRS), uno strumento che ha gli stessi obiettivi di LTP, ma è realizzato negli Stati Uniti con una diversa tecnologia.

3.1 Introduzione

La teoria che descrive il comportamento di un liquido conduttivo in un campo elettrico costante è stata sviluppata a partire dai lavori di Tonks [29], Frenkel [31], Taylor [10]-[32], Melcher [33], Nevrovskii [34], ecc.

Durante studi effettuati su fenomeni di scarica tra un elettrodo metallico e uno strato di mercurio, Tonks osservò che a temperature superiori a quelle di solidificazione le scariche si producevano a valori di tensione sensibilmente minori. Suppose, giustamente, che azioni meccaniche originate dal campo elettrico producessero una deformazione della superficie in grado di intensificare il campo elettrico e “sollevare” una punta sufficientemente acuminata da innescare l’emissione e quindi la scarica.

Ipotizzando deformazioni iniziali di tipo emisferico, derivò un impianto matematico approssimato atto a descrivere da un lato le relazioni tra campo applicato, pressione agente sulla superficie e altezza della deformazione, dall’altro la dinamica semplificata del liquido sotto l’azione di tale pressione.

Fig. 3.1 – Deformazione della superficie liquida nel modelllo di Tonks

A tale lavoro contribuì successivamente Frenkel con una trattazione analitica del fenomeno che tiene conto degli effetti della viscosità. Per questo motivo spesso, riferendosi al fenomeno dell’instabilità di un fluido conduttivo in un campo elettrico, si parla di teoria di Tonks-Frenkel.

Taylor per primo formulò una teoria analitica sulla forma assunta dalla superficie di un liquido conduttivo soggetto ad un elevato campo elettrico. Nei suoi esperimenti sulla disintegrazione di gocce macroscopiche di acqua in presenza di un (elevato) campo elettrico, notò che prima dell’inizio dell’instabilità le gocce si deformavano sino ad assumere una forma approssimativamente conica. Taylor prese in considerazione un cono di liquido indefinito, con semiangolo di apertura α qualsiasi, mantenuto ad un

potenziale V rispetto ad un elettrodo antistante al cono stesso e analizzò le condizioni sotto le quali il sistema si manteneva in equilibrio.

Si tratta di un analisi elettro-idrostatica (EHS), nella quale si suppone non si abbia moto di fluido. Come in molti altri casi in cui il potenziale presenta una simmetria assiale e un contorno di tipo conico, la soluzione dell’equazione di Laplace nello spazio compreso tra il cono e l’elettrodo può essere scritta utilizzando le funzioni di Legendre [35] ovvero nella forma generale

0 ( , ) (cos ) s s s s V r θ =V +

A Pμ θrμ

,

(3.1)

dove r e θ sono le coordinate sferiche (φ non influisce per l’ipotesi di simmetria), r0 è la distanza minima tra l’apice dell’elettrodo e il vertice del cono, Pμs( )x sono le funzioni di Legendre di indice non intero μs (Pμs(cos )θ per s = 0,1,2,…). Le superfici

equipotenziale sono definite nella forma 1/

(cos ) s s

r =a P μ θ⎤− μ

,

(3.2)

e, se a = r0, l’equazione (3.2) rappresenta la superficie dell’elettrodo antistante il liquido, che ha quindi una forma curva. Fra tutte le soluzioni (3.1) quella che soddisfa alle condizioni al contorno sulla superficie del cono (V = V0) e sulla superficie dell’elettrodo (V = 0) è l’equazione

0 0

( , ) [1 ( / ) s (cos )]

s

V r θ =Vr r μ Pμ θ

.

(3.3)

Il campo elettrico corrispondente, sulla superficie del cono vale

1 0 0 0 0 (cos ) sin s s s n P V r E r r μ μ − μ θ ⎛ ⎞ ⋅ = = θ ⎝ ⎠ E n

,

(3.4)

dove θ0 = π – α e n è il versore normale alla superficie del cono, in base al quale la curvatura del cono vale

(

)

0⋅ =1/ rtanα

θ n

.

(3.5)

Si può a questo punto scrivere l’equazione di Laplace – Young, ovvero il bilancio delle tensioni in ogni punto della superficie,

2 tan 8 S E p r Δ = − α π

,

(3.6)

Imponendo la condizione di equilibrio Δp = 0, differenza di pressione attraverso l’interfaccia del liquido identicamente nulla, ovvero imponendo che le azioni dovute alla tensione superficiale bilancino esattamente le azioni di tipo elettrostatico si ottiene la seguente equazione 2 2 1 0 0 0 0 (cos ) /( tan ) 8 sin s s s V r P r r μ μ − μ θ ⎛ ⎞ ⎛ ⎞ γ α = π ⎠ ⎝ θ (3.7)

che risulta soddisfatta se e solo se il semiangolo al vertice è pari a 49.3° (angolo di

Taylor) e μ =s 1/ 2. Il potenziale necessario per la formazione del cono risulta di conseguenza 1/ 2 0 0 1/ 2 0 4 sin (2 cot ) (cos ) c r S V P θ π α = θ

.

(3.8)

Fig. 3.2 – Rappresentazione del modello utilizzato da Taylor

Implicitamente, l’analisi di Taylor stabilisce anche che il potenziale Vc sia la soglia per l’innesco del fenomeno di emissione e che, quando questo insorge, si verifichi globalmente su tutta la superficie, essendo l’instabilità stessa di tipo globale, indipendente dalle coordinate superficiali. Questa conclusione è però in contrasto con le evidenze sperimentali, che mostrano come, in generale, il fenomeno di emissione sia localizzato prevalentemente all’apice del cono. Per questo motivo l’analisi di Taylor non è efficace come criterio di stabilità, sebbene mantenga inalterata la sua validità nel definire le condizioni che garantiscono l’equilibrio statico.

Un criterio di stabilità più opportuno può ad esempio essere dedotto applicando il criterio di Zeleny, che si applica a sistemi meccanici soggetti a forze che ammettono potenziale. In termini di stress, σ, piuttosto che di funzione potenziale, tale criterio si traduce nella seguente condizione

0 0

∂σ =

∂β

,

(3.9)

essendo β0 la generica coordinata che descrive la superficie del liquido indeformata. Nel caso studiato da Taylor, applicando tale criterio, si ottiene un valore del potenziale di soglia Vc dipendente da r, che per r = 0, ovvero in corrispondenza dell’apice del cono, coincide col valore dato dalla (3.8), mentre per r > 0 è maggiore a tale valore, proporzionalmente al crescere di r. Tale risultato coincide con l’evidenza sperimentale che il fenomeno di emissione è fondamentalmente localizzato all’apice del cono e non a tutta la superficie, e che, una volta innescata l’emissione, l’incremento del potenziale applicato aumenta la porzione di superficie deformata interessata dal fenomeno e quindi l’intensità di corrente. Alle stesse conclusioni si giunge utilizzando un’analisi energetica basata sull’applicazione del teorema dei lavori virtuali [36].

Analoghe analisi [37], con crescenti complicazioni matematiche, sono state condotte anche in presenza di elettrodi piani e con superfici di rivoluzione diverse da quella conica (cuspidi, ellissoidi e iperboloidi), in generale simili alla forma osservata sperimentalmente per superfici liquide sottoposte a campi elettrici ortogonali.

In generale la trattazione matematica del problema elettro-idrodinamico di per sé conduce ad un’equazione non lineare, tutt’altro che ben disposta verso soluzioni di tipo analitico. Per rendere il problema più facilmente trattabile di solito si distinguono due regimi di funzionamento, il regime elettro-idrostatico (EHS) e quello elettro- idrodinamico (EHD).

Nel primo caso i campi e le velocità sono considerati piccoli, in modo che si possa supporre un equilibrio quasi statico e il liquido praticamente fermo (assenza di moto). Tra parentesi va detto che l’assenza di moto, ovvero la condizione di conservazione del volume di liquido (assenza di scambio di massa attraverso la superficie), si traduce di fatto in una condizione sulla forma del profilo all’apice dell’instabilità, che deve essere arrotondata, ovvero

2

0, per r 0 r

∂ξ = =

.

(3.10)

essendo ξ l’altezza locale della deformata. Viceversa, una singolarità al vertice (come nel caso di superfici coniche, cuspidi, ecc.) implica una singolarità del campo elettrico (vd. (3.4)), che teoricamente assume valore infinito, sufficiente quindi a provocare l’emissione. Di fatto la configurazione conica proposta da Taylor è stabile solo se si ammette contemporaneamente emissione di particelle (cariche e neutri) in corrispondenza del vertice, mentre, immediatamente prima dell’emissione, la

configurazione di equilibrio è un cono con apice arrotondato.

Nel caso elettro-idrodinamico si introduce un gradiente di pressione, Δp, all’interfaccia diverso da zero e dipendente dal tempo e si studia il moto del liquido. L’instabilità si caratterizza considerando le equazioni che definiscono il potenziale elettrostatico, il potenziale della velocità e la deformata della superficie, ottenendo in generale una relazione del tipo

(

)

2 2

0 , , ,...

s =s k S E

,

(3.11)

detta equazione di dispersione, dove s è la velocità di crescita del modo di instabilità e k il vettore numero d’onda. In generale l’instabilità idrodinamica si verifica quando Re( ) 0s > , cui corrisponde un valore critico di soglia del campo elettrico, Ec.

In generale è dimostrato che sotto un certo valore del campo elettrico, Ec, detto

campo elettrico critico o di soglia, la superficie del liquido rimane invariata, mentre per valori del campo elettrico uguali o immediatamente superiori a Ec la superficie si

instabilizza formando una o più protrusioni di forma approssimativamente conica, con apice arrotondato.

Una volta deformatasi la superficie, innalzando ulteriormente il campo elettrico si forma all’apice di ciascuna delle protrusioni caratteristiche dell’instabilità una cuspide, in corrispondenza della quale, il drastico aumento del campo elettrico contribuisce ad innescare l’emissione ionica, che si verifica con il concorrere di due diversi fenomeni, detti field ionization e field desorption, l’importanza relativa dei quali è tuttora oggetto di discussione.

3.2 Stabilità lineare di un liquido conduttivo in campo

elettrico

Nello studio di sorgenti LMIS di tipo puntiforme (aghi, capillari, ecc.) si presuppone noto il modo di instabilità, in quanto presumibilmente, le condizioni al contorno “ravvicinate”, vincolano la formazione di un unico picco di emissione, come dimostrano le osservazioni sperimentali.

Viceversa nello studio di sorgenti piane sufficientemente “estese” i modi di instabilità possibili sono molteplici e corrispondono alla formazione di molteplici siti (o picchi) idonei all’emissione. La superficie piana iniziale sotto l’azione del campo elettrico e della tensione superficiale si deforma secondo una distribuzione che in linea di principio possiamo descrivere con l’equazione (2.2), che di seguito riportiamo,

(

x y t, ,

)

Re⎡ˆ0exp

(

st i

)

ζ = ζ − ⋅k r

.

(2.2)

In generale si tratta di una superficie ondulata con picchi e valli distribuiti nelle due dimensioni del piano secondo il vettore numero d’onda k=( ,k kx y), ovvero distanziati secondo la lunghezza d’onda λ= λ λ( x, y) 2= π

(

kx−1,ky−1

)

.

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