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Sorgenti ioniche a metallo liquido per applicazioni propulsive ad alta spinta

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Academic year: 2021

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(1)UNIVERSITÀ DI PISA Scuola di Dottorato in Ingegneria “Leonardo da Vinci”. Corso di Dottorato di Ricerca in INGEGNERIA AEROSPAZIALE Tesi di Dottorato di Ricerca. SORGENTI IONICHE A METALLO LIQUIDO PER APPLICAZIONI PROPULSIVE AD ALTA SPINTA. Autore: Ing. Nicola Giusti ____________________. Relatore: Prof. Salvo Marcuccio _____________________. Anno 2007.

(2) 2.

(3) A Giorgia. 3.

(4) 4.

(5) RINGRAZIAMENTI. Desidero ringraziare il Prof. Salvo Marcuccio, per avermi seguito durante lo svolgimento del presente lavoro di ricerca, per i preziosi consigli e il sostegno nei momenti opportuni, il Prof. Mariano Andrenucci, per avermi concesso di svolgere le attività sperimentali presso i laboratori della Alta S.p.a., i colleghi di studio e di lavoro con i quali ho condiviso il periodo di Dottorato. Il ringraziamento più doveroso va, come sempre, ai miei genitori, e a tutti i familiari, per l’appoggio e gli incoraggiamenti e a Giorgia per la nuova dose di pazienza dimostratami strada facendo.. 5.

(6) 6.

(7) SOMMARIO. L’emissione di ioni da un metallo liquido per effetto di campo è un fenomeno largamente investigato, che trova applicazione nelle cosiddette Sorgenti Ioniche a Metallo Liquido (Liquid Metal Ion Sources, LMIS) nel campo, ad esempio, della microlitografia o della spettrometria di massa a ioni secondari. Uno dei caratteri distintivi di questo meccanismo di produzione di ioni è la dimensione ridotta della regione emittente, limitata essenzialmente a un cono di dimensioni micrometriche. La massima corrente estraibile dal singolo cono senza produrre riscaldamenti localizzati e fenomeni idrodinamici distruttivi è dell’ordine di pochi microA, valore in generale troppo basso per molte delle applicazioni di tipo spaziale. Tuttavia, la singola sorgente elementare può essere replicata in gran numero, sfruttando la formazione spontanea di microprotrusioni su superfici liquide lineari o piane dovuta all’equilibrio fra le azioni di segno opposto del campo elettrico e della tensione superficiale. E’ quindi possibile concepire sorgenti estese capaci di estrarre correnti ioniche intense e produrre spinte relativamente elevate, col solo limite delle dimensioni fisiche della sorgente. Un propulsore elettrico basato sulle LMIS ed operante nel campo dei kW presenta svariate caratteristiche attraenti rispetto ai motori a ioni con griglie e ai motori ad effetto Hall. Un tale propulsore si presta particolarmente bene all’impiego ad alta potenza e ad alto impulso specifico e risulta quindi un candidato ideale per alcune classi di missioni spaziali, come le missioni di trasferimento interplanetario. La ricerca documentata con il presente lavoro è stata rivolta all’obiettivo di individuare, realizzare e sperimentare una serie di configurazioni di sorgenti ioniche a metallo liquido potenzialmente adatte alla produzione di spinte elevate, basate su diversi meccanismi di formazione dei siti di emissione ionica. In seguito ad un’approfondita analisi della letteratura esistente sono stati elaborati modelli teorici per predire il comportamento delle configurazioni prese in esame. I modelli sono stati validati attraverso il confronto con i risultati sperimentali, incoraggianti anche se preliminari. La prospettiva più interessante per sviluppi futuri verso propulsori LMIS ad alta spinta sembra offerta dall’uso di superfici microstrutturate, come ad esempio membrane microforate, per la generazione di una matrice ad alta densità di siti preferenziali di emissione.. 7.

(8) 8.

(9) ABSTRACT. Production of ions from a liquid metal by field ionization is a well-known phenomenon exploited in so-called Liquid Metal Ion Sources (LMIS) for microfabrication and secondary ion mass spectrometry. One of the distinctive features of this ion production and acceleration mechanisms is the very small size of the ion emission region, essentially limited to a point-like cone with sub-micrometer extension. The maximum current that can be extracted from such sources without excessive heating and destructive hydrodynamic instabilities is in the order of a few microA, far too small for most propulsive applications. However, this elementary source can be replicated in large numbers thanks to the spontaneous formation of arrays of instabilities on linear or planar liquid metal surfaces due to the competing action of the electric field and surface tension. Thus, extended sources may be coinceved that produce intense ion current and relatively high thrust, the only limitation being the physical size of the emitting surface.. A LMIS thruster working in the multi-kW range presents a number of attractive features with respect to gridded ion and Hall effect thrusters, lending itself to high power, high specific impulse operation. Such thruster is an ideal candidate for a range of space missions, e.g., for interplanetary transfers.. The research work here reported was aimed at the selection, realization and experimental characterization of a number of LMIS potentially suited to the production of high thrust, based on different ion emission site formation mechanisms. Following a thorough review of the existing literature on the subject, theoretical models of the selected configurations were developed and validated by comparison with preliminary, encouraging experimental results. The most promising concept for development of future high-thrust LMIS devices is surface micro-structuring for the production of a high density matrix of emission sites, such as in micro-pore membranes.. 9.

(10) 10.

(11) INDICE RINGRAZIAMENTI............................................................................................. 5 SOMMARIO ....................................................................................................... 7 ABSTRACT ........................................................................................................ 9 LISTA DELLE FIGURE .................................................................................... 15 LISTA DELLE TABELLE .................................................................................. 21 1. MOTIVAZIONI E OBIETTIVI ..................................................................... 23 1.1. La propulsione elettrica: vantaggi e limiti ........................................... 23. 1.2. Successi della propulsione elettrica ................................................... 25. 1.3. La propulsione elettrica nel campo delle alte spinte........................... 28 1.3.1. 1.4. 2. La propulsione elettrica ad emissione di campo per alte spinte ......... 29 1.4.1. Emissione di campo stimolata da azioni esterne .............................. 32. 1.4.2. Emissione di campo da superfici “strutturate” ................................... 34. 1.4.3. Liquid Metal Ion Sources (LMIS) ....................................................... 34. INTRODUZIONE ALLA PROPULSIONE ELETTRICA.............................. 37 2.1. Principi base della propulsione spaziale ............................................ 37. 2.2. La propulsione elettrica ...................................................................... 40. 2.3. Propulsione elettrica ad emissione di campo ..................................... 46 2.3.1. 3. Incremento della potenza istallata: il progetto Prometheus............... 28. Componenti del sistema FEEP ......................................................... 49. 2.3.1.1. L’emettitore .............................................................................. 49. 2.3.1.2. L’acceleratore........................................................................... 50. 2.3.1.3. Il neutralizzatore....................................................................... 50. 2.3.1.4. L’unità di controllo e di alimentazione ...................................... 51. 2.3.2. Il propellente...................................................................................... 51. 2.3.3. Analisi dell’emissione del fascio ionico.............................................. 53. 2.3.4. Prestazioni teoriche del FEEP .......................................................... 54. 2.3.5. Vantaggi della propulsione elettrica ad emissione di campo............. 60. 2.3.6. Applicazioni del sistema FEEP.......................................................... 61. INSTABILITÀ LINEARE DI LIQUIDI CONDUTTIVI IN CAMPI ELETTRICI63. 11.

(12) 3.1. Introduzione ....................................................................................... 63. 3.2. Stabilità lineare di un liquido conduttivo in campo elettrico ................ 67. 3.3 4. 3.2.1. Caso non viscoso, strato liquido “spesso”......................................... 68. 3.2.2. Caso generale................................................................................... 70. 3.2.3. Regimi asintotici dell’equazione di dispersione ................................. 74. 3.2.4. Curva di stabilità marginale e modi dominanti................................... 77. Superfici confinate.............................................................................. 79. FORMAZIONE. DELL’INSTABILITÀ:. ESPERIMENTI. DA. SUPERFICI. LIQUIDE DI GALLIO ........................................................................................ 83 4.1. Il metallo liquido utilizzato .................................................................. 83. 4.2. Descrizione dell’impianto di prova...................................................... 86. 4.3. Descrizione dell’apparato sperimentale ............................................. 89. 4.4. Procedure sperimentali ...................................................................... 92. 4.5. 4.4.1. Degassaggio ..................................................................................... 92. 4.4.2. Prova di isolamento elettrico ............................................................. 93. 4.4.3. Apertura dell’ampolla ........................................................................ 93. 4.4.4. Accensione........................................................................................ 94. Risultati degli esperimenti .................................................................. 95 4.5.1. Caso b = 2 mm.................................................................................. 95. 4.5.2. Caso b = 2.5 mm............................................................................... 96. 4.5.3. Caso b = 3 mm.................................................................................. 96. 4.5.4. Caso b = 3.5 mm............................................................................... 97. 4.6. Ispezione post-test ............................................................................. 97. 4.7. Considerazioni sui risultati degli esperimenti ..................................... 98. 5. EMISSIONE DI CAMPO STIMOLATA DA AZIONI ESTERNE................ 103 5.1. Introduzione ..................................................................................... 103. 5.2. Stimolazione esterna della sorgente ................................................ 105. 5.3. Stimolazione della sorgente tramite microonde ............................... 106. 5.4. Stimolazione della sorgente tramite ultrasuoni................................. 110. 12. 5.4.1. Stato dell’arte .................................................................................. 110. 5.4.2. Onde di Faraday ............................................................................. 112. 5.4.3. Equazione di dispersione ................................................................ 114. 5.4.4. Stabilità lineare................................................................................ 115. 5.4.5. Esempi numerici.............................................................................. 118.

(13) 5.4.6. 5.5 6. Prove sperimentali .......................................................................... 121. Emissione di campo da superfici “microstrutturate”.......................... 124. EMETTITORE A FESSURA CIRCOLARE .............................................. 129 6.1. Introduzione ..................................................................................... 129. 6.2. Instabilità superficiale per effetto del campo elettrico in geometrie. anulari. ..................................................................................................... 130. 6.3. Descrizione dell’apparato sperimentale ........................................... 134. 6.4. Analisi elettrostatica ......................................................................... 137. 6.5. Risultati degli esperimenti ................................................................ 139. 7. EMISSIONE DI CAMPO DA MEMBRANE MICROFORATE................... 145 7.1. Introduzione ..................................................................................... 145. 7.2. Criteri di progettazione della sorgente.............................................. 145 7.2.1. L’emettitore “a membrana” .............................................................. 146. 7.2.2. Il metallo liquido utilizzato ............................................................... 149. 7.3. Modello elettrostatico ....................................................................... 149. 7.4. Analisi teorica delle prestazioni ........................................................ 157. 7.5. Apparato sperimentale ..................................................................... 158. 7.6. 7.5.1. Configurazione A............................................................................. 160. 7.5.2. Configurazione B............................................................................. 162. 7.5.3. Configurazione C ............................................................................ 167. Risultati degli esperimenti ................................................................ 170 7.6.1. Caratteristiche I - V ......................................................................... 171. 7.6.2. Diagnostica del fascio ionico ........................................................... 176. 8. CONCLUSIONI ....................................................................................... 185. 9. BIBLIOGRAFIA ....................................................................................... 191. 10. APPENDICE........................................................................................ 197. 10.1. Condizioni al contorno su superfici libere......................................... 197. 10.2. Equazione di dispersione per fluido non viscoso ............................. 198. 10.3. Cenni sui fenomeni di scarica nei gas.............................................. 201 10.3.1. Ionizzazione e valanghe elettroniche .......................................... 201. 10.3.2. Meccanismo di scarica “townsend” ............................................. 204. 10.3.3. Legge di paschen ........................................................................ 206 13.

(14) 14.

(15) LISTA DELLE FIGURE Fig. 1.1 – Rappresentazione artistica della missione DS1 ........................................... 26 Fig. 1.2 – Il propulsore NSTAR utilizzato nella missione DS1 ...................................... 26 Fig. 1.3 – Rappresentazione artistica della missione SMART-1................................... 27 Fig. 1.4 – Il propulsore PPS-1350-G utilizzato per la missione SMART1..................... 27 Fig. 1.5 – HiPEP Beam Extraction Test........................................................................ 29 Fig. 1.6 – Sviluppo del FEEP presso i laboratori dell’ESTEC....................................... 30 Fig. 1.7 – Sviluppo dei propulsori ad emissione di campo............................................ 31 Fig. 2.1 – Impulso specifico ottimale per un propulsore elettrico.................................. 42 Fig. 2.2 – Arcogetto Mod-4 e relativo getto, [8]............................................................. 45 Fig. 2.3 – Propulsore MPD e relativo getto, [8]............................................................. 45 Fig. 2.4 – Propulsore HPT e relativo getto.................................................................... 45 Fig. 2.5 – Motore ad effetto Hall da 0.7 kW e relativo getto, [8].................................... 45 Fig. 2.6 – Propulsore a ioni NSTAR e relativo getto, [9] ............................................... 46 Fig. 2.7 – Propulsore FEEP e relativo getto ................................................................. 46 Fig. 2.8 – Principio di funzionamento di un propulsore a ioni ....................................... 47 Fig. 2.9 – Schema di funzionamento del sistema FEEP............................................... 48 Fig. 2.10 – Formazione dei coni di Taylor: a) prima dell’applicazione del campo elettrico, b) dopo l’applicazione del campo elettrico................................................ 48 Fig. 2.11 – Sezione dell’assieme emettitore-acceleratore ............................................ 50 Fig. 2.12 – Diagramma semplificato della composizione del fascio ............................. 54 Fig. 2.13 – Accelerazione elettrostatica monodimensionale......................................... 55 Fig. 2.14 – Angoli di divergenza del fascio ionico......................................................... 57 Fig. 2.15 – Profilo di densità del fascio ionico............................................................... 58 Fig. 2.16 – Spinta teorica e spinta corretta in funzione di Ve ..................................... 59 Fig. 3.1 – Deformazione della superficie liquida nel modelllo di Tonks ........................ 63 Fig. 3.2 – Rappresentazione del modello utilizzato da Taylor ...................................... 65 Fig. 3.3 – Rappresentazione schematica del sistema .................................................. 69 Fig. 3.4 – Diagramma rappresentativo dei vari tipi di comportamento ......................... 74 Fig. 3.5 – Equazione di dispersione per i vari regimi asintotici (casi “sottile” a=0.1, casi viscoso d=20) .......................................................................................................... 76 Fig. 3.6 – Curve di stabilità marginale (linea continua) e modi dominanti (linee 15.

(16) tratteggiate) ............................................................................................................. 79 Fig. 3.7 – Modi dominanti per diversi raggi R ............................................................... 81 Fig. 4.1 – Ampolla in vetro contenente gallio................................................................ 85 Fig. 4.2 – Camera a vuoto utilizzata per gli esperimenti............................................... 86 Fig. 4.3 – Schema dell’impianto a vuoto....................................................................... 87 Fig. 4.4 – Sistema di apertura ed alimentazione del propellente in vuoto (feeding system).................................................................................................................... 89 Fig. 4.1 – Andamento delle linee del campo elettrico ................................................... 90 Fig. 4.5 – a) Attuatore lineare utilizzato per variare la distanza dell’acceleratore b) dalla superficie liquida ..................................................................................................... 91 Fig. 4.6 – Set-up dell’esperimento di emissione da superificie libera di gallio.............. 92 Fig. 4.7 – Dati dello spettrometro di massa (prima dell’apertura dell’ampolla di gallio) 94 Fig. 4.8 – Dati dello spettrometro di massa (dopo l’apertura dell’aampolla di gallio).... 94 Fig. 4.9 – a) Picco di instabilità, b) cortocircuito degli elettrodi, (b=2 mm).................... 95 Fig. 4.10 – a) picco di instabilità, b) cortocircuito degli elettrodi (b=3 mm) ................... 96 Fig. 4.11 – Immagini successive dell’accrescimento del picco (b=3.5 mm) ................. 97 Fig. 4.12 – Stato delle superfici dell’elettrodo e del gallio............................................. 97 Fig. 4.13 – Andamento di V0min in funzione di b .......................................................... 100 Fig. 4.14 – Andamento di k* e s* in funzione di b (V=V0min)........................................ 100 Fig. 5.1 – Focused Ion Beam (FIB) Technology ......................................................... 104 Fig. 5.2 – Instabilità termocapillare in un campo di microonde................................... 107 Fig. 5.3 – Schema dell'esperimento ........................................................................... 108 Fig. 5.4 – Potenza Pin, corrente di emissione elettronica e corrente di emissione ionica: a) ago con indio, Ub=0, b) capillare con indio, φ = 150μm, Ub=+300V, Pin=540 W, c) capillare con Indio, φ = 150μm, Ub=+2000V, P1= 570 W, P2= 650 W, P3= 700 W, d) Caratteristiche corrente-potenza di microonde, corrente-potenziale di griglia per capillare con potassio-sodio, φ = 90 μm, capillare con indio, φ = 90 μm ............... 109 Fig. 5.5 – Schema dell’esperimento ad eccitazione ultrasonica ................................. 111 Fig. 5.6 – Onde stazionarie sulla superficie di gallio liquido ....................................... 111 Fig. 5.7 – Voltaggio e corrente elettronica da emissione esplosiva, (1) con e (2) senza campo di ultrasuoni applicato (distanza interelettrodica b=0,8 mm) ..................... 111 Fig. 5.8 – Rappresentazione del sistema di riferimento.............................................. 112 Fig. 5.9 – Onde di Faraday osservate in esperimenti con forzante sinusoidale: (a) “stripe pattern” [46], (b) “square pattern” [47], (c) “hexagonal pattern” [48], (d) 16.

(17) “target pattern” [46]. (e) “spiral pattern” [46], (f) regione in cui coesistono esagoni e quadrati [48]. ......................................................................................................... 114 Fig. 5.10 – Diagramma di stabilità per le soluzioni dell’equazione di Mathieu............ 117 Fig. 5.11 – Andamenti di k, λ, γ, ac e b per 100<fe<1000 kHz, h=1mm (kh>>1) ......... 120 Fig. 5.12 – Andamenti di k, λ, γ, ac e b per 100<fe<1000 Hz, h=10 mm (kh>>1) ........ 121 Fig. 5.13 – Apparato sperimentale delle prove preliminari condotte con acqua ......... 122 Fig. 5.14 – a) Schema semplificato dell’altoparlante; b) incollaggio del recipiente sull’altoparlante ..................................................................................................... 122 Fig. 5.15 – Instabilità superficiali ottenute a diversi valori della frequenza di eccitazione. a) fe=400 Hz, b) fe=500Hz, c) fe=700 Hz, d) fe=1000 Hz........................................ 123 Fig. 5.16 – Rappresentazione schematica della sorgente: 1) disco metallico poroso, 2) corpo dell’emettitore, 3) serbatoio del Cs, 4) elettrodo acceleratore, 5) griglia, [18] .............................................................................................................................. 125 Fig. 5.17 – ACC, acceleratore; E, emettitore; CS, schermo freddo; C, condensatore di alta tensione; Rs, resistenza di shunt; UE, voltaggio di emettitore, UA, voltaggio di acceleratore, [18] .................................................................................................. 126 Fig. 5.18 – Caratteristiche I–V della sorgente in modalità ionica al variare della temperature. La linea tratto punto rappresenta la caratteristica di un propulsore FEEP con fessura di 1.5 cm.................................................................................. 127 Fig. 5.19 – Immagini della stessa area della superficie porosa dell’emettitore (φ =0.5 mm): a) superficie bagnata dal cesio, in assenza di emissione (luce artificiale), b) siti di emissione attivi (senza luce artificiale)......................................................... 128 Fig. 6.1 – Geometrie a disco (a) e geometria anulare (b)........................................... 131 Fig. 6.2 – a) Campo elettrico critico Φc al variare di m e di R1 (R2=5 lc), b) numero di picchi m* al variare di ΔR ( R =17 lc), [55] .............................................................. 132 Fig. 6.3 – 1) emettitore, 2) acceleratore, 3) propellente, 4) supporto isolante ............ 134 Fig. 6.4 – Particolare del gruppo emettitore e della griglia acceleratrice .................... 135 Fig. 6.5 – Particolari del gruppo emettitore acceleratore ............................................ 135 Fig. 6.6 – Rappresentazione esplosa del gruppo emettitore – acceleratore .............. 136 Fig. 6.7 – Particolare dell’apparato sperimentale ....................................................... 137 Fig. 6.8 – Particolare della fase di degassaggio ......................................................... 137 Fig. 6.9 – Andamento del potenziale nello spazio tra gli elettrodi............................... 138 Fig. 6.10 – Immagine della sorgente prima dell’apertura dell’ampolla........................ 139 Fig. 6.11 – Immagine della sorgente dopo l’apertura dell’ampolla ............................. 140 17.

(18) Fig. 6.12 – Vista laterale del gruppo emettitore - acceleratore ................................... 140 Fig. 6.13 – Distribuzione dei picchi lungo la fessura (Vacc = 1 kV, Vem= 6 kV) ............ 142 Fig. 6.14 – Evoluzione di una scarica dal picco predominante (Vacc = 1 kV, Vem= 6 kV) .............................................................................................................................. 142 Fig. 6.15 – Tracciato della corrente di emettitore (b=2mm, Vacc = 1 kV, Vem = 6 kV).. 143 Fig. 6.16 – Evoluzione tipica del voltaggio negli esperimenti di [21]........................... 143 Fig. 7.1 – Immagine simulata di una membrana microforata bagnata da metallo liquido sottoposto a campo elettrico (presenza dei coni di Taylor)................................... 147 Fig. 7.2 – Immagini al microscopio elettronico di membrane microporose in a) politelentereftalato (PTFE) e (b) policarbonato ..................................................... 148 Fig. 7.3 – Membrana microforata con porosità da 5 μm e immagine al microscopio elettronico dei pori................................................................................................. 148 Fig. 7.4 – Rappresentaziione di una membrana microforata in policarbonato con porosità da 2 μm ................................................................................................... 149 Fig. 7.5 – Schema di funzionamento della sorgente. (a) Vm < Vc, (b) Vm > Vc ............ 150 Fig. 7.6 – Il modello SOC con ε > 1 per x < 0, per una sfera di raggio a e un cono indefinito con semiangolo di aperture α. Una superficie equipotenziale è scelta per rappresentare il liquido di lavoro ........................................................................... 151 Fig. 7.7 – Immagini delle membrane da 5 μm riprese con il microscopio ottico presso i laboratori di Centrospazio ..................................................................................... 151 Fig. 7.8 – Andamento di ν=ν(ε,α) per diversi valori di ε (1, 2, 6.5, 20 e ∞) ................. 155 Fig. 7.9 – Andamento di Vm in funzione di ν (R=2 mm, f =1.25, b=2mm) ................... 156 Fig. 7.10 – Angolo di divergenza del cono di emissione............................................. 158 Fig. 7.10 – Evoluzione delle configurazioni sperimentali ............................................ 160 Fig. 7.11 – Supporto in acciaio per la membrana della configurazione "A" ................ 161 Fig. 7.12 – Configurazione “A”.................................................................................... 161 Fig. 7.13 – Acceleratore montato sul supporto di teflon ............................................. 163 Fig. 7.14 – Configurazione B ...................................................................................... 163 Fig. 7.15 – Configurazione B (senza acceleratore) .................................................... 164 Fig. 7.16 – Confronto tra il potenziale di rottura (curva di Paschen) e il potenziale di soglia per l’emissione di campo ............................................................................ 165 Fig. 7.17 – Sequenza dei fenomeni di scarica osservati con distanza fra gli elettrodi d = 0.5, …, 1.5 mm...................................................................................................... 166 Fig. 7.18 – Esperimento come visibile dalle finestre della camera (sinistra) e immagine 18.

(19) delle “glow” osservate durante le prove sperimentali (destra) .............................. 166 Fig. 7.19 – Configurazione C e particolare del gruppo emettitore .............................. 168 Fig. 7.20 – Configurazione C ...................................................................................... 169 Fig. 7.21 – Il gruppo emettitore................................................................................... 170 Fig. 7.22 – Vista esplosa del gruppo emettitore ......................................................... 170 Fig. 7.23 – Caratteristica I – V (T=40°C) .................................................................... 172 Fig. 7.24 – Andamento della corrente di emettitore (ΔV =12 kV) ............................... 173 Fig. 7.25 – Andamento della corrente di emettitore (ΔV = 12,5 kV) ........................... 173 Fig. 7.26 – Andamento della corrente di emettitore per diversi valori di ΔV ............... 174 Fig. 7.27 – Incremento della resistenza elettrica del sistema ..................................... 174 Fig. 7.28 – Evidente danneggiamento di membrane microforate utilizzate come emettitori per poche ore ........................................................................................ 175 Fig. 7.29 – Immagini al microscopio elettronico di una membrana dopo l’uso ........... 175 Fig. 7.30 – Disposizione delle sonde elettrostatiche in camera a vuoto ..................... 176 Fig. 7.31 – Geometria del movimento di scansione delle sonde ................................ 178 Fig. 7.32 – Scansione del fascio (sonda trasversale, ΔV=11.5 kV) ............................ 179 Fig. 7.33 – Scansione del fascio (sonda trasversale, ΔV=12.0 kV ............................. 179 Fig. 7.34 – Scansione del fascio (sonda trasversale, ΔV=12.5 kV ............................. 180 Fig. 7.35 – Scansione del fascio (sonda trasversale, ΔV=13.0 kV ............................. 180 Fig. 7.36 – Scansione del fascio (sonda trasversale, ΔV=13.5 kV ............................. 181 Fig. 7.37 – Scansioni del fascio (sonda trasversale) .................................................. 181 Fig. 7.38 – Scansione del fascio (sonda longitudinale, ΔV=11.5 kV) ......................... 182 Fig. 7.39 – Scansione del fascio (sonda longitudinale, ΔV=12.0 kV) ......................... 182 Fig. 7.40 – Scansione del fascio (sonda longitudinale, ΔV=12.5 kV) ......................... 183 Fig. 7.41 – Scansione del fascio (sonda longitudinale, ΔV=13.0 kV) ......................... 183 Fig. 7.42 – Scansione del fascio (sonda longitudinale, ΔV=13.5 kV) ......................... 184 Fig. 7.43 – Scansioni del fascio (sonda longitudinale)................................................ 184 Fig. 8.1 – Anopore aluminum oxide membrane (left) and a cross-sectional view (right) showing 0.23 µm latex microspheres retained on the membrane's surface (AnoporeTM) ........................................................................................................... 189 Fig. 8.2 – Aquamarijn Microsieve® .............................................................................. 189 Fig. 10.1 – Configurazione del sistema di riferimento................................................. 198 Fig. 10.2 – Andamento del coefficiente di ionizzazione α in funzione di p ................. 203 19.

(20) Fig. 10.3 – Fenomeno della ionizzazione ................................................................... 203 Fig. 10.4 – Valanga elettronica ................................................................................... 204 Fig. 10.5 – Fenomeni di scarica nei gas di tipo ramificato e diffuso ........................... 206 Fig. 10.6 – Curva di Paschen per l’aria....................................................................... 208. 20.

(21) LISTA DELLE TABELLE Tabella 1.1 – Confronto tra le prestazioni tipiche di alcuni sistemi di propulsione (EB=bombardamento elettronico, RF= radiofrequenza) [2], [5] e [6]. ..................... 25 Tabella 2.1 – Valori dell’incremento di velocità Δv tipici di alcune missioni di interesse (*trasferimenti tramite manovre di Hohmann), [2], [7]. ............................................ 40 Tabella 2.3 – Leghe e metalli utilizzabili come propellenti del FEEP, [12].................... 53 Tabella 3.1 – Grandezze fisiche per differenti liquidi .................................................... 70 Tabella 3.2 – Esponenti dell’equazione di dispersione per i vari regimi asintotici ........ 77 Tabella 4.1 – Proprietà fondamentali del gallio............................................................. 84 Tabella 4.2 – Mass Spectrometer specification ............................................................ 87 Tabella 4.3 – Power supply specification...................................................................... 88 Tabella 4.4 – Dry Insulation Test .................................................................................. 93 Tabella 4.5 – Valori numerici dei modi dominanti ......................................................... 98 Tabella 4.6 – Velocità di crescita e numero d’onda dei modi dominanti (regime spesso e non viscoso) ......................................................................................................... 99 Tabella 4.7 – Valori di V0min, k* e s* al variare di b...................................................... 100 Tabella 5.1 – Valori di k, λ, γ, ac e b per 100<fe<1000 kHz, h=1mm (kh>>1) ............. 119 Tabella 5.2 – Valori di k, λ, γ, ac e b per 100<fe<1000 Hz, h=10mm (kh>>1) ............. 120 Tabella 5.3 – Confronto tra i valori teorici e quelli sperimentali di λ ........................... 124 Tabella 6.1 – Primo modo di instabilità, m, e campo elettrico critico, Φc, al variare di R1 e R2, [55] ............................................................................................................... 133 Tabella 7.1 – Principali caratteristiche delle membrane microforate prese in considerazione ...................................................................................................... 147 Tabella 7.2 – Valori sperimentali dei parametri del modello elettrostatico (b = 2 mm)156. 21.

(22) 22.

(23) 1. MOTIVAZIONI E OBIETTIVI A partire dagli anni ‘90, da quando cioè per la prima volta presso Centrospazio. (Pisa) si è iniziato a prestare attenzione al fenomeno dell’emissione di campo da metalli liquidi, gli sforzi compiuti in Italia per investigare le possibili applicazioni di tale fenomeno in ambito propulsivo hanno avuto come oggetto di studio il sistema FEEP a fessura lineare e la sperimentazione è stata condotta utilizzando un unico metallo liquido come propellente, il cesio (salvo, forse, poche sporadiche prove col rubidio). Ovviamente le ragioni di tale ricerca a senso unico sono tutt’altro che infondate: gli importanti studiosi (C. Bartoli, H. Von Rohden, J. Mitterauer, ecc.) e laboratori di ricerca (ESTEC, SEP, ecc.), che in precedenza si sono occupati di propulsione elettrica ad emissione di campo, con la loro lunga attività di studio e sperimentazione hanno contribuito a consolidare una serie di scelte oggi largamente condivise: geometria e distanza degli elettrodi, altezza della deposizione (e quindi della fessura), scelta dei materiali, scelta del propellente, ecc. D’altra parte le applicazioni alle quali era – ed è tuttora – rivolto il FEEP sono altamente specializzate: missioni che richiedono impulsi specifici elevati (oltre 1000 s) e spinte basse o bassissime (dell’ordine del μN), per soddisfare le quali è stato ottimizzato il sistema attualmente in produzione. Va inoltre considerato che la necessità di un sistema di generazione di potenza separato dal sistema propulsivo stesso, tipica dei propulsori elettrici, unita alle ridotte dimensioni dei generatori installati a bordo dei satelliti, fino ad oggi ha limitato la possibilità di estendere tali limiti, in particolare verso quelle applicazioni propulsive che richiedessero spinte elevate. Non sorprende quindi se per molto tempo non si è sentita l’esigenza di studiare a più ampio raggio le sorgenti ioniche a metallo liquido, oltre la linea tracciata dagli studi sul FEEP. Oggi, grazie al progresso delle tecnologie nel campo della generazione di potenza, che garantisce maggiori efficienze di conversione e quindi maggiori potenze specifiche, la potenza elettrica disponibile per i sottosistemi propulsivi a bordo dei satelliti ha subito un sostanziale incremento. Questa nuova tendenza rende appetibile la propulsione elettrica ed i vantaggi ad essa connessi, nei confronti di un più ampio spettro di missioni, anche in competizione con i sistemi di propulsione tradizionali, chimici.. 1.1. La propulsione elettrica: vantaggi e limiti. La propulsione elettrica, nell’arco degli ultimi decenni, si è affermata nel campo delle applicazioni spaziali come una valida alternativa alla propulsione chimica, in particolar modo nelle missioni che richiedono bassi livelli di spinta. Una delle maggiori. 23.

(24) Sorgenti ioniche a metallo liquido per applicazioni propulsive ad alta spinta. ragioni di questo successo è sicuramente il ridotto consumo di propellente, diretta conseguenza dell’elevato impulso specifico che contraddistingue i propulsori elettrici (come vedremo nel prossimo capitolo, nel caso dei propulsori elettrici Isp varia da valori inferiori a 1000 s a valori superiori a 6000 s). Altri aspetti che rendono interessante lo sviluppo scientifico e le applicazioni commerciali di questa classe di propulsori, sono, ad esempio, la possibilità di accensioni multiple, di riutilizzo per altre missioni e, per quanto riguarda la spinta, la capacità di modulazione su intervalli relativamente ampi, la buona risoluzione, la ripetibilità e la possibilità di ottenere spinte diffuse su strutture grandi e flessibili. A fronte di tanti e tali vantaggi il maggiore limite pratico legato all’utilizzo di sistemi di propulsione di tipo elettrico è la necessità di un sistema di generazione e di conversione di potenza separato dal sistema di propulsione stesso. Infatti, mentre nei propulsori di tipo chimico si sfrutta l’energia derivante dai processi di combustione tra combustibile e ossidante per accelerare i gas prodotti, nei propulsori di tipo elettrico si deve utilizzare un sottosistema dedicato che fornisca l'energia elettrica necessaria a ionizzare ed accelerare il propellente. Il sistema di potenza in questione può essere costituito da celle fotovoltaiche (conversione diretta di energia solare in energia elettrica), da celle a combustibile (conversione diretta di energia chimica in energia elettrica), da Generatori Termoelettrici a Radioisotopi o RTG (conversione del calore generato dal decadimento di un radioisotopo – plutonio 238 – in energia elettrica). La presenza di due distinti componenti funzionali, il propulsore stesso e l’impianto di potenza necessario ad alimentare il propulsore, fa si che, oltre all’impulso specifico, Isp, parametro fondamentale per la caratterizzazione dei propulsori elettrici sia la potenza specifica, Wsp, intesa come la potenza elettrica necessaria ad ottenere un N di spinta. Wsp =. kW Win Win = ≈ 20 − 60 & pv e N T m. (1.1). La tabella 1.1 elenca valori tipici di Isp, T, Wsp per alcuni tipi di propulsori chimici ed elettrici.. 24.

(25) Capitolo 1 - Motivazioni e obiettivi. Propulsori. Processo accelerativo. Energia utilizzata. Isp [s]. T [N]. Wsp [kW/N]. Monopropellenti (N2H4). gasdinamico. chimica. 230. 0.5-102. -. Bipropellenti (N2H4/ N2O2). gasdinamico. chimica. 310. 0.5-103. -. Bipropellenti criogenici LH2/LOX. gasdinamico. chimica. 450. 0.5-106. -. Resistogetti (N2H4,, RCC). gasdinamico. elettrica. 300. 0.4. 5. Arcogetti (N2H4). gasdinamico. elettrica. 420. 0.16. 10-15. Effetto Hall: SPT 100. elettromagnetico. elettrica. 1600. 0.086. 30. MPD. elettromagnetico. elettrica. 2000. 102. 35. Elettrostatici (EB): UK 10. elettrostatico. elettrica. 3250. 0.018. 25-30. Elettrostatici (EB): NSTAR. elettrostatico. elettrica. 3170. 0.092. 25-30. Elettrostatici (RF): RIT 10. elettrostatico. elettrica. 3150. 0.015. 25-30. FEEP: μFEEP-100. elettrostatico. elettrica. 8000. 10-4. 55. Tabella 1.1 – Confronto tra le prestazioni tipiche di alcuni sistemi di propulsione (EB=bombardamento elettronico, RF= radiofrequenza) [2], [5] e [6].. In generale, nota la potenza massima disponibile a bordo del satellite, sono direttamente calcolabili i valori di spinta ottenibili utilizzando un determinato propulsore elettrico e quindi la classe di applicazioni in cui il propulsore stesso può operare.. 1.2. Successi della propulsione elettrica. La missione Deep Space 1 (DS1), la prima della serie "Nuovo Millennio" della NASA, è stata la prima che ha visto protagonista un sistema di propulsione elettrica a ioni. La missione, accanto ad un obiettivo di carattere scientifico, ovvero l’avvicinamento dell’asteroide 9969 Braille e della cometa Borrely, aveva come obiettivo la dimostrazione del funzionamento di almeno una dozzina di nuove tecnologie, (tra cui NSTAR, il propulsore a ioni, SCARLET, pannelli solari a concentrazione con elevata efficienza, AUTONAV, un sistema di navigazione automatico con interventi a terra minimi, ecc.), che promettevano la riduzione di costi e rischi per le future missioni spaziali. 25.

(26) Sorgenti ioniche a metallo liquido per applicazioni propulsive ad alta spinta. Fig. 1.1 – Rappresentazione artistica della missione DS1. Il lancio della sonda è avvenuto il 24 ottobre 1998 e, dopo l’incontro con l’asteroide 9969 Braille (29 luglio 1999) e la cometa Borrely (21 settembre 2001), è terminata il 18 dicembre 2001, dimostrando il funzionamento complessivo delle nuove tecnologie, in particolare del nuovo tipo di propulsione ionica (con un funzionamento record di 678 giorni, 16265 ore). L’NSTAR, il propulsore utilizzato, era un motore elettrostatico a griglia (GIE, Gridded Ion Engines) da 92 mN di spinta e 2100 W di potenza, sviluppato presso i laboratori della JPL, California.. Fig. 1.2 – Il propulsore NSTAR utilizzato nella missione DS1. La missione SMART-1 è stata la prima del programma SMART (Small Missions for Advanced Research in Technology) dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA, European Space Agency). Tale programma prevede il lancio di piccoli satelliti dedicati a verifiche tecnologiche, in vista di future importanti missioni dell’Agenzia stessa. La missione SMART-1, iniziata il 27 settembre 2003 e terminata il 6 settembre 2006, accanto ad un obiettivo di carattere prettamente scientifico, ovvero lo studio della superficie lunare per la verificare della presenza di ghiaccio all’interno dei crateri del polo sud, aveva come 26.

(27) Capitolo 1 - Motivazioni e obiettivi. obiettivo primario il collaudo definitivo da parte dell’agenzia europea della propulsione elettrica, in vista della missione Bepi Colombo, che dovrebbe raggiungere Mercurio nel 2010.. Fig. 1.3 – Rappresentazione artistica della missione SMART-1. Il PPS-1350-G, il propulsore utilizzato, era un motore SPT (Stationary Plasma Halleffect Thruster) da 70 mN di spinta e 1350 W di potenza sviluppato da SNECMA, Francia.. Fig. 1.4 – Il propulsore PPS-1350-G utilizzato per la missione SMART1. Altre missioni che hanno coinvolto l’uso di sistemi di propulsione elettrica sono -. Artemis, motori a ioni per il controllo dell’inclinazione dell’orbita,. -. MUSES-C avvicinamento di un asteroide grazie a un motore a ioni MECR 27.

(28) Sorgenti ioniche a metallo liquido per applicazioni propulsive ad alta spinta. (microwave electron cyclotron resonance).. 1.3. La propulsione elettrica nel campo delle alte spinte. Per i motivi che saranno analizzati al capitolo 2, le applicazioni che richiedono livelli di spinta elevati sono state fino ad oggi prerogativa dei sistemi propulsivi di tipo chimico, ovvero motori a razzo monopropellenti o bipropellenti, a solido o a liquido. Oggi, tuttavia, da parte delle agenzie spaziali più importanti (fra cui l’ESA) si assiste ad una lenta affermazione di nuove strategie propulsive, che mirano a scalare i propulsori elettrici verso valori di spinta maggiori, con l’intenzione di sfruttarne i numerosi vantaggi anche in quelle applicazioni che richiedono spinte significative, come ad esempio i viaggi interplanetari. Questo interesse è di fatto giustificato dalla tendenza attuale ad avere a bordo dei satelliti potenze molto maggiori rispetto a quanto succedeva solo pochi anni fa. Merito delle nuove tecnologie nel campo della generazione di potenza, che presentando maggiori efficienze di conversione e maggiori potenze specifiche, permettono livelli di potenza utile maggiori, con pesi contenuti. 1.3.1. Incremento della potenza istallata: il progetto Prometheus. Nel 2003 è stato inaugurato dalla NASA il progetto Prometheus con lo scopo di sviluppare sistemi di generazione di potenza di tipo nucleare per missioni spaziali di lunga durata. A causa della loro distanza dal sole, i veicoli spaziali destinati all’esplorazione dei pianeti esterni del sistema solare sono severamente limitati nella possibilità di utilizzare l’energia solare come sorgente di energia elettrica per i sistemi di bordo e in particolare per i sistemi di propulsione elettrica necessari per tali missioni. Le precedenti missioni verso pianeti esterni, come le sonde Voyager e Galileo, hanno contato su RTG come loro principale sorgente di potenza. Anziché l’uso di RTG, che producono calore attraverso il naturale decadimento di isotopi radioattivi, il Progetto Prometheus prende in considerazione l’uso di piccolI reattori nucleari come principali sorgenti di potenza. I principali vantaggi di questa scelta dovrebbero essere -. l’aumento della potenza installata a bordo dei satelliti, e quindi maggiore flessibilità nel progetto e nella realizzazione delle missioni,. -. l’aumento della vita operativa dei satelliti,. -. l’aumento dell’intervallo di spinta dei propulsori. La missione JIMO (Jupiter Icy Moons Orbiter) era stata identificata per inaugurare. tale programma. Scopo di tale missione era quello di esplorare la superficie delle lune 28.

(29) Capitolo 1 - Motivazioni e obiettivi. ghiacciate di Giove (Europa, Ganimede e Callisto) alla ricerca di oceani subglaciali nei quali fossero possibili eventuali forme di vita. Durante il viaggio verso le lune di Giove, JIMO avrebbe dovuto essere propulso da un motore a ioni, denominato HiPEP (High Power Electric Propulsion), con impulso specifico di 6000-9000 s e potenza di 20-50 kW, alimentato, per la prima volta nello spazio, da un piccolo reattore a fissione nucleare. Attraverso un ciclo Brayton il calore prodotto dal reattore avrebbe dovuto essere convertito in elettricità, con risultati centinaia di volte superiori ai sistemi di potenza basati sui convenzionali pannelli solari o sugli RTG. Al reattore, oltre al sistema propulsivo, era affidata l’alimentazione di sistemi radar in grado di penetrare la superficie ghiacciata e sistemi di trasmissione dati a larga banda. La missione JIMO è stata sospesa a causa dei netti tagli imposti dal Congresso alla NASA nel 2005 e il programma è stato ricondizionato verso missioni meno ambiziose, ma comunque importanti per il raggiungimento degli obiettivi del progetto.. Fig. 1.5 – HiPEP Beam Extraction Test. 1.4. La propulsione elettrica ad emissione di campo per alte spinte. Interesse analogo a quello dimostrato verso l’utilizzo di motori a ioni e motori ad effetto Hall nel campo delle alte spinte dovrebbe essere rivolto anche verso la propulsione elettrica ad emissione di campo. Infatti, come evidenziato al paragrafo 2.3.5, oltre al maggiore impulso specifico attualmente raggiungibile (6000-8000 s), ulteriori vantaggi legati a questo tipo di propulsione sono rappresentati da -. la facilità di stoccaggio del propellente, che, essendo in fase liquida, occupa minor spazio e richiede serbatoi meno gravosi rispetto ai propellenti di tipo gassoso,. -. un elevato rendimento di spinta (~98%), dovuto al fatto che tutta la potenza fornita è spesa per accelerare gli ioni estratti dal propellente liquido, senza necessità di 29.

(30) Sorgenti ioniche a metallo liquido per applicazioni propulsive ad alta spinta. una fase preliminare di ionizzazione, -. l’assenza di parti in movimento, fonti potenziali di disturbi in tutte quelle missioni nelle quali siano richiesti posizionamenti del satellite molto precisi,. -. fenomeni di erosione ridotti, per l’assenza di griglie estrattrici e acceleratici e la ridotta presenza di ioni a carica multipla nel getto,. -. ecc. Alla luce delle considerazioni precedenti si comprende l’importanza di una ricerca. volta ad incrementare le possibilità applicative di questa classe di propulsori, in particolare per quanto riguarda le missioni che richiedono alte spinte. Attualmente la classe di propulsori elettrici ad emissione di campo, come indicato al paragrafo 2.3.6, è in fase di sviluppo e industrializzazione, in vista di una serie di missioni che richiedono spinte molto piccole e precise, per rispettare requisiti di posizionamento con tolleranze molto ristrette (Microscope, LISA Pathfinder, LISA). I livelli nominali di spinta dei modelli in fase di industrializzazione sono dell’ordine dei 150 μN, con risoluzioni dell’ordine di 0.3 μN, e su questi valori sembra ormai essersi consolidato l’attuale tendenza di sviluppo. In passato, durante gli anni di sperimentazione sul FEEP, vari tentativi sono stati effettuati per estendere l’intervallo operativo di spinta, passando da progetti che prevedevano propulsori con spinta massima dell’ordine del micronewton a propulsori destinati a sviluppare spinte dell’ordine del millinewton. Per raggiungere tali obiettivi è stato necessario agire direttamente sulla lunghezza di fessura dell’emettitore, mantenendo inalterata l’altezza del meato (circa 1.5 μm). In tal modo si sono progettati emettitori con fessure lunghe da pochi millimetri sino a svariati cm, come mostrato in fig. 1.6.. Fig. 1.6 – Sviluppo del FEEP presso i laboratori dell’ESTEC. Tuttavia l’aumento della lunghezza di fessura del FEEP comporta da sempre una serie di problematiche di non semplice risoluzione. La proporzionalità tra spinta e lunghezza di fessura aumenta gli ingombri laterali dell’emettitore e quindi del propulsore nel suo complesso. Inoltre, cosa più importante, 30.

(31) Capitolo 1 - Motivazioni e obiettivi. -. aumentano le difficoltà tecnologiche relative ai processi di lavorazione della lama e del piano di emissione (rettifica e lappatura),. -. diventa più difficile conseguire i requisiti di rugosità, planarità e rettilineità richiesti per il corretto funzionamento del propulsore,. -. diventano più critici i problemi di contaminazione e pulizia delle superfici,. -. aumentano le difficoltà di tenuta sul perimetro esterno dell’emettitore,. -. aumentano i problemi di deformabilità lungo la lama introdotti dalla strizione delle viti di serraggio,. -. ecc. Si presenta in questo contesto la possibilità di sviluppare – o quantomeno definire. le linee di sviluppo – di una nuova tipologia di propulsori elettrici ad emissione di campo ad alta spinta, nei quali l’emissione, anziché avvenire lungo una fessura monodimensionale, avvenga a partire da superfici estese nel piano, bidimensionali. In tale ottica l’aumento dei punti di emissione, proporzionale al quadrato della dimensione di ingombro tipica dell’emettitore, permetterebbe di ottenere correnti di emissione tali da garantire livelli di spinta di almeno due ordini superiori agli attuali valori, probabilmente in un intervallo compreso fra il millinewton e il Newton.. Fig. 1.7 – Sviluppo dei propulsori ad emissione di campo. Lo sviluppo di una configurazione di emissione planare presenta tuttavia alcuni problemi di base che devono essere attentamente analizzati e risolti. Come vedremo al paragrafo 2.3, l’innesco e il mantenimento del fenomeno dell’emissione di campo dalla superficie di un liquido metallico (o in generale un liquido conduttivo) si basano fondamentalmente. sull’intensificazione. del. campo. elettrico. all’apice. delle. microprotrusioni, di forma approssimativamente conica, che su tale superficie si originano a seguito di fenomeni di instabilità elettro – idrodinamica. In generale il valore di soglia del campo elettrico necessario per innescare tale instabilità è piuttosto elevato, circa 109 V/m [18]. 31.

(32) Sorgenti ioniche a metallo liquido per applicazioni propulsive ad alta spinta. Se la geometria degli elettrodi è tale da comportare un’intensificazione locale del campo elettrico per effetto punta, come nel caso del FEEP a fessura (con raggio di curvatura degli elettrodi dell’ordine del μm), il valore di soglia del campo elettrico si raggiunge applicando agli elettrodi un potenziale complessivo dell’ordine di 104 V. Se invece la superficie di emissione è piana, viene a mancare il fattore geometrico di intensificazione del campo elettrico, i potenziali elettrici richiesti sono quindi significativamente più elevati e aumentano al diminuire delle dimensioni di confinamento del recipiente contente il liquido [21]. 1.4.1. Emissione di campo stimolata da azioni esterne. Varie sperimentazioni sono state condotte in letteratura riguardo l’emissione di campo da superfici estese, per determinare l’influenza sul fenomeno delle condizioni al contorno, dell’altezza dello strato di liquido, della distanza e forma degli elettrodi, ecc. In particolare, in tempi recenti – fine anni ’90 – sono stati condotti una serie di studi volti a verificare l’influenza sull’emissione di azioni esterne applicate al liquido, ottenendo in alcuni casi risultati interessanti. In particolare proprio alcuni di questi studi si prestano ad affrontare in modo concettuale il problema degli elevati potenziali necessari ad innescare l’emissione nel caso di geometria piana del sistema. In tal caso, infatti, per continuare a sfruttare l’effetto benefico delle punte, si può indurre artificialmente la formazione di microprotrusioni sulla superficie del liquido prima di applicare tensione agli elettrodi (e quindi prima che la superficie si instabilizzi per effetto elettro-idrodinamico), “stimolando” il sistema attraverso azioni di tipo periodico, ad esempio -. sottoponendo il liquido a vibrazioni meccaniche, [22], [23],. -. irradiandolo con onde elettromagnetiche, [23], [25],. -. oppure facendo variare periodicamente lo stesso campo elettrico applicato, [27]. Le microprotrusioni indotte esternamente costituiscono punti preferenziali di. emissione, grazie ai fenomeni locali di intensificazione del campo elettrico collegati alla presenza stessa di tali strutture superficiali. Ovviamente il tipo di campo esterno applicato influenza il tipo di instabilità superficiale, la dinamica dell’emissione che ne deriva e l’approccio analitico del fenomeno. L’instabilità superficiale, così come definita da un punto di vista matematico, si traduce in pratica in un emissione regolare e continua, grazie ad alcuni fattori “stabilizzanti” il getto. Nel caso tipico di emissione di campo ottenuta applicando ortogonalmente alla superficie del liquido conduttivo un campo elettrico continuo, l’instabilità che si eccita su tale superficie è di tipo non periodico. Limitandosi ad un’analisi lineare del problema, 32.

(33) Capitolo 1 - Motivazioni e obiettivi. è possibile sviluppare la soluzione in serie di Fourier e analizzare separatamente i vari modi. Il generico di tali modi assume la forma ζ ( x, y , z, t ) = Re ⎡⎣ζˆ 0 ( z ) exp ( st − ik ⋅ r ) ⎤⎦ ,. (1.2). dove s è la velocità di crescita del modo di instabilità, r = ( x, y ) e k = ( k x , k y ) rispettivamente il raggio vettore e il vettore numero d’onda nel piano orizzontale. Il generico modo (1.2) della soluzione è instabile per valori di Re ( s ) maggiori di zero. Nel caso di emissione di ioni il principale fattore che sperimentalmente rende “stabile” il processo è la carica spaziale del getto ionico stesso, che previene la crescita a valanga della cuspide all’apice dei coni, la formazione di microgocce e la distruzione stessa del getto [23], [28]. Viceversa, nel caso di emissione elettronica, riducendosi l’effetto della carica spaziale di un fattore (me/M1)1/2, si riduce parimenti l’effetto stabilizzante e il processo di emissione commuta in una fase detta “esplosiva”, nella quale la corrente di emissione cresce spontaneamente e in modo divergente. Nel caso di emissione di campo stimolata da azioni periodiche, l’instabilità che si eccita sulla superficie del liquido è di tipo periodico. Anche in questo caso, limitandosi ad un’analisi lineare del problema, è possibile sviluppare la soluzione in serie di Fourier e analizzare separatamente i vari modi. Il generico di tali modi assume la forma ζ ( x, y , z, t ) = Re ⎡ ζˆ 0 ( z ) exp ( ik ⋅ r − i ωt ) ⎤ , ⎣ ⎦. (1.3). essendo ω la frequenza angolare o pulsazione del generico modo di oscillazione. In questo caso il fattore principale di stabilizzazione del fenomeno di emissione è lo stesso movimento oscillatorio del liquido che blocca la transizione spontanea del sistema verso regimi di emissione di tipo esplosivo. A seconda della frequenza delle azioni periodiche esterne utilizzate per stimolare l’emissione, sono possibili due meccanismi per lo sviluppo di instabilità superficiali: -. nell’intervallo di frequenze fe<10 MHz è possibile una instabilità parametrica1, alla quale corrisponde l’eccitazione di modi di oscillazione con frequenza sub-armonica o armonica rispetto a quella dell’azione esterna applicata al sistema;. -. nell’intervallo di frequenze fe>1 GHz (Super-high-frequency (SHF) fields) lo sviluppo di tale tipo di instabilità è ostacolato dall’influenza delle azioni viscose (che in prima analisi cresce proporzionalmente al numero d’onda, cfr. (5.8)), mentre è possibile un’instabilità termocapillare, dovuta a fenomeni di riscaldamento non uniforme della. 1. L’aggettivo parametrico è comunemente utilizzato in letteratura per indicare che la vibrazione. modula uno dei parametri in gioco (la gravità effettiva).. 33.

(34) Sorgenti ioniche a metallo liquido per applicazioni propulsive ad alta spinta. superficie. In generale i due fenomeni si verificano contemporaneamente, ma l’intensità di uno rende l’altro trascurabile a seconda delle frequenze interessate. In entrambi i casi i due meccanismi di instabilità determinano sulla superficie del metallo liquido la crescita di microprotrusioni, che, a seconda delle dimensioni, possono in generale presentare un fattore di intensificazione del campo elettrico sufficiente a innescare e mantenere l’emissione ionica a valori dei potenziali elettrici applicati inferiori a quelli del caso statico. 1.4.2. Emissione di campo da superfici “strutturate”. Una ulteriore possibilità è quella di confinare opportunamente la superficie di emissione in modo tale da costringerla ad assumere, sin dall’inizio o durante l’emissione, configurazioni non semplicemente piane, bensì, come si dice in letteratura, “microstrutturate”. Infatti anche supponendo di disporre di elevati potenziali elettrici, non sempre la loro applicazione agli elettrodi comporta l’emissione. Come vedremo infatti al par. 3.2, l’instaurazione dei modi dominanti l’emissione è influenzata dalle dimensioni, dalla forma geometrica, dalle condizioni al contorno, dalle modalità di applicazione del campo elettrico, ecc. In particolare spesso, contrariamente ai nostri obiettivi, si rischia di ottenere un numero limitato di picchi di instabilità di dimensioni tutt’altro che microscopiche ed in tal caso, per motivi principalmente geometrici (quale ad esempio la distanza degli elettrodi), non si ottiene alcuna emissione. Per risolvere il problema relativo al numero di picchi di emissione, o meglio relativo alla selezione del modo di instabilità dominante, è possibile strutturare la superficie libera del liquido, introducendo una serie di vincoli di varia natura che imponga, tra tutti i modi di instabilità possibili per la geometria libera del liquido, quelli con elevato numero di picchi di instabilità. 1.4.3. Liquid Metal Ion Sources (LMIS). Quale che sia il meccanismo utilizzato per aumentare le probabilità di innescare con successo il fenomeno di emissione di campo a partire da superfici estese, l’obiettivo comune è quello di aumentare l’intensità di corrente emessa, aumentando la superficie, ovvero il numero di siti di emissione. A questo proposito, in base alla geometria dei siti di emissione, si può distinguere tra tre diverse tipologie di sorgenti ioniche a metallo liquido (LMIS). -. Sorgenti puntiformi (Single Point LMIS). Il substrato solido che supporta il liquido in questo caso può essere o un ago o un capillare. Supponendo un bagnamento. 34.

(35) Capitolo 1 - Motivazioni e obiettivi. uniforme del substrato, il risultato che si ottiene è un cono o una cuspide con simmetria assialsimmetrica. Questo tipo di sorgente è quella più estesamente studiata ed utilizzata in pratica, soprattutto nell’ambito delle tecnologie che si basano sull’utilizzo di fasci ionici focalizzati (FIB, Focused Ion Beam). Analogamente, di questa tipologia sono quasi tutte le sorgenti elettroniche a metallo liquido (LMES) presenti in letteratura. -. Sorgenti lineari (Linear Array LMIS). Il substrato solido che supporta il liquido è in questo caso o una serie lineare di aghi affiancati o un capillare con fessura molto allungata, di sezione approssimativamente rettangolare. In entrambi i casi si assiste alla formazione di una serie di coni di emissione disposti in fila. Nel primo caso l’interasse dei coni di emissione è strettamente determinato dalla geometria intrinseca del sistema (distanza fra gli apici degli aghi). Nel secondo caso l’interasse (uniforme) dei coni di emissione è indotto dalla geometria trasversale del sistema (altezza della fessura), che vincola la selezione di un determinato modo di instabilità elettro-idrodinamica. Lo sviluppo dei propulsori ad emissione di campo fino ai nostri giorni ha seguito proprio questa direzione, evolvendo dal singolo ago ricoperto di cesio, alla serie di aghi affiancati, fino alla fessura micrometrica del FEEP a lama. In questo ultimo caso l’interasse tipico dei punti di emissione è approssimativamente dell’ordine di 10-5 m e la densità di corrente lineare si aggira attorno a 5x10-1 Am-1.. -. Sorgenti bidimensionali (Two-dimensional Array LMIS). Il substrato solido che supporta il liquido è in questo caso una superficie piana parallela ad un elettrodo anch’esso piano. La distribuzione bidimensionale dei picchi di emissione può dipendere. dalla. geometria. intrinseca. del. supporto. (opportunamente. “microstrutturato” per forzarne lacalizzazione) oppure dipendere da un fenomeno di instabilizzazione indotto in vario modo sulla superficie (surface capillary waves). Teoricamente ogni picco sulla superficie è un potenziale punto di emissione e contribuisce quindi alla corrente complessiva emessa.. 35.

(36) Sorgenti ioniche a metallo liquido per applicazioni propulsive ad alta spinta. 36.

(37) 2. INTRODUZIONE ALLA PROPULSIONE ELETTRICA In questo capitolo si introducono i concetti fondamentali della propulsione spaziale. e in particolare di quella elettrica. Non si vuole trattare questa materia in dettaglio, ma solo fornire al lettore una linea guida per comprendere alcuni dei concetti ai quali viene fatto riferimento all’interno del presente lavoro. Per una trattazione più completa si rimanda alla consultazione di testi specializzati [1], [2].. 2.1. Principi base della propulsione spaziale. Uno dei fattori che maggiormente condiziona il progetto di un veicolo spaziale e la realizzazione della sua missione è senza dubbio lo stato dell’arte delle tecnologie propulsive. La capacità di mettere in orbita attorno alla terra un certo carico utile è ad esempio legata all’impulso fornito dai motori a razzo dei lanciatori, mentre le missioni spaziali interplanetarie sono limitate dalla quantità di energia disponibile negli stadi superiori del veicolo. Per soddisfare le richieste imposte dalla grande varietà di missioni spaziali realizzate e quelle future, sono stati ideati e tuttora in via di sviluppo innumerevoli tipi di sistemi propulsivi. Comunque, a fronte di questa varietà, tutti i sistemi propulsivi si possono ricondurre a tre principi fondamentali: -. la pressione di radiazione solare;. -. le azioni gravitazionali;. -. lo scambio di quantità di moto attraverso espulsione di propellente. Il primo principio è alla base del concetto di vela solare. Il sole emette un flusso. costante di energia che alla distanza di 1 AU1 ha un’intesità media pari a Is=1358 W/m2 e varia con l’inverso del quadrato della distanza dal sole, 1/r2. Considerando che i quanti di energia (fotoni) viaggiano alla velocità della luce, c, a tale flusso di energia corrisponde una forza per unità di superficie I N ps = s = 4.5 ⋅ 10−6 c m2. .. (2.1). Questa è la cosidetta pressione di radiazione solare, che rappresenta una delle principali cause di perturbazione per i satelliti in orbita medio-alta. Ad una altitudine di 1000 km la resistenza aerodinamica dovuta all’atmosfera residua rappresenta solo il 10 % di quella dovuta alla pressione di radiazione solare. Come anticipato la pressione di radiazione se opportunamente sfruttata può rappresentare una forza propulsiva anziché una perturbazione. Un veicolo spaziale 1. Astronomical Unit, corrisponde alla distanza terra – sole, ovvero 149 597 900 km. 37.

(38) Sorgenti ioniche a metallo liquido per applicazioni propulsive ad alta spinta. dotato di un rapporto superfice-massa molto elevato è in grado si sfruttare al meglio questa forza. In base alla superficie esposta al sole si ottiene la spinta sul veicolo dalla relazione F = KAnps, dove An è l’area della sezione del veicolo ortogonale alla congiungente sole-satellite e K un coefficiente che tiene conto delle proprietà di assorbimento delle radiazioni da parte della superficie esposta (K = 0, corpo nero ideale, K = 2 specchio ideale). Una trattazione più approfondita delle possibilità e dei limiti della navigazione a vela solare è riportata in [3], [4]. Il secondo principio sfrutta il campo gravitazionale dei pianeti per modificare direzione e modulo della velocità del veicolo (gravity assisted swing by). È molto utilizzato nelle missioni spaziali interplanetarie in quanto permette di effettuare trasferimenti orbitali a velocità elevate e costo zero (senza consumo di carburante), sebbene con tempi e complessità della missione elevati. Questo metodo è stato sfruttato da tutte le missioni interplanetarie dagli anni settanta (ad esempio le missioni Voyager e Mercury) fino ad oggi (ad esempio le missioni Galileo e Cassini). Lo scambio di quantità di moto attraverso l’espulsione di massa è il principio più comunemente applicato nei veicoli spaziali e quello classicamente associato al termine di propulsione. Un gran numero di sistemi di propulsione a razzo è stato sviluppato per soddisfare i vari requisiti di spinta delle differenti missioni e manovre orbitali. Questi metodi si differenziano tra loro in base al processo accelerativo e al tipo di energia utilizzati. I processi accelerativi utilizzati nella propulsione a razzo si possono distinguere in -. gasdinamico: è un processo nel quale un gas mantenuto ad alta pressione e temperatura all’interno di una camera di reazione viene accelerato per mezzo di un’espansione in un condotto di forma opportuna (ugello);. -. elettrostatico: è un processo nel quale viene accelerato un fluido ionizzato per mezzo di forze elettrostatiche ottenute con un’opportuna combinazione di elettrodi;. -. elettrodinamico: è un processo nel quale si accelera un fluido ionizzato ma globalmente neutro (plasma) per mezzo di forze elettromagnetiche (forze di Lorentz) derivanti dall’interazione, nel plasma in movimento, di una corrente ed un campo magnetico tra loro perpendicolari. Le forme di energie utilizzate per ottenere la spinta si possono distinguere in. -. chimica, liberata in seguito ad una qualsiasi reazione chimica esotermica;. -. nucleare, liberata in seguito a fissione o fusione nucleare;. -. elettrica, richiesta per generare i campi elettrici e/o magnetici necessari per ionizzare e/o accelerare il propellente.. 38.

(39) Capitolo 2 - Introduzione alla propulsione elettrica. L’equazione di moto di un satellite che ottiene la sua accelerazione dall’espulsione della massa di propellente, deriva direttamente dalla conservazione della quantità di moto tra satellite e getto di scarico: & ve , ms v& = m. (2.2). dove ms è la massa del satellite ad un dato istante, v& è il suo vettore di accelerazione, ve è il vettore di velocità del getto di scarico rispetto al satellite, e m& è la portata di massa del propellente espulso. Il prodotto m& ve , rappresenta la spinta del razzo, T, e può essere trattata come una forza esterna applicata al satellite. Il suo integrale nel tempo è l’impulso totale, I, e il rapporto di T rispetto alla portata in peso, m& g 0 , è stato storicamente denominato come impulso specifico, Is =. T v = e & mg0 g0. .. (2.3). L’impulso specifico è una unità di merito per la propulsione a razzo che misura essenzialmente l’efficienza nell’utilizzo del propellente. Viene misurato in secondi e quindi assume lo stesso valore qualunque sia il sistema di misura adottato. In generale l’impulso specifico di un propulsore elettrico risulta da 2 a 100 volte superiore a quello di un propulsore chimico. Assumendo ve=cost l’integrazione dell’equazione (2.2) fornisce m m Δv = v e ln o = g0Is ln 0 mf mf. ,. (2.4). dove mo e mf sono, rispettivamente, la massa iniziale e la massa finale (al termine della fase di sparo) del razzo e Δv il suo incremento di velocità. La relazione (2.4) è la formula di Tsiolkovsky per i razzi ideali. Essa si può anche scrivere come. mp mo. = 1− e. −. Δv ve. = 1− e. −. Δv g0Is. ,. (2.5). essendo mp la massa di propellente. Le manovre spaziali sono usualmente definite in termini del Δv necessario alla loro realizzazione. La (2.5) evidenzia che per una data missione spaziale, caratterizzata da un dato incremento di velocità Δv, l’elevata velocità di scarico dei propulsori elettrici (o equivalentemente il loro elevato impulso specifico) riduce la frazione di carburante mp/m0, rispetto a quella richiesta dall’utilizzo dei propulsori chimici. A parità di massa totale del propellente e di carico utile, la maggiore efficienza di utilizzo del propellente 39.

(40) Sorgenti ioniche a metallo liquido per applicazioni propulsive ad alta spinta. ha come conseguenza l’aumento del numero di manovre possibili o il tempo di vita del satellite. In tabella 2.1 si riportano i valori di Δv richiesti da alcune manovre tipiche.. Missione. Δv [m/s]. Fuga dalla superficie della Terra (impulsiva). 11200. Fuga da un’orbita di 540 km (impulsiva). 3150. Trasferimento dalla Terra a Marte e ritorno*. 34000. Trasferimento dall’orbita Terrestre all’orbita di Venere e ritorno*. 16000. Trasferimento dall’orbita Terrestre all’orbita di Mercurio e ritorno*. 31000. Trasferimento dall’orbita Terrestre all’orbita di Giove e ritorno*. 64000. Trasferimento dall’orbita Terrestre all’orbita di Saturno e ritorno*. 110000. Compensazione resistenza aerodinamica Sollevamento orbitale (da 250 km a 600 km). 320/anno 200. EWSK per satelliti geostazionari. 2/anno. NSSK per satelliti geostazionari. 49/anno. Tabella 2.1 – Valori dell’incremento di velocità Δv tipici di alcune missioni di interesse (*trasferimenti tramite manovre di Hohmann), [2], [7].. 2.2. La propulsione elettrica. Nelle applicazioni spaziali si definisce propulsione elettrica l’accelerazione di un gas ai fini propulsivi mediante riscaldamento elettrico e/o per mezzo di forze di massa elettriche e/o magnetiche, [2]. La scienza e la tecnologia della propulsione elettrica comprende un vasto campo di strategie per raggiungere velocità di scarico molto elevate, e quindi ridurre la massa totale di propellente. Queste tecniche si possono raggruppano in tre categorie fondamentali: -. la propulsione elettrotermica, nella quale il propellente (gas) è riscaldato elettricamente attraverso opportuni elementi dissipativi (resistenza o arco elettrico) e poi espanso e accelerato in un ugello;. -. la propulsione elettrostatica, nella quale il propellente, costituito da un gas altamente ionizzato, è accelerato dalla applicazione di opportuni campi elettrici;. 40. la propulsione elettromagnetica, nella quale il propellente ionizzato, viene.

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