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5.3 Fase II: Modulo Elastico

5.3.2 Approccio B: Con Filtro

Poichè per ogni esperimento sono state effettuate varie prove uguali e poi- chè è stato notato che le varie prove hanno differenze sostanziali, allora si è pensato che tali dati siano affetti da errori non trascurabili dovuti anche alle vibrazioni del device ancora in sperimentazione e continua evoluzione. A tal proposito è stato implementato un filtro che possa identificare ed ap- punto eliminare eventuali outliers acquisiti. Questo nuovo approccio opera come segue:

1. Import: sono stati importati, su Matlab, i dati disponibili di forza e indentazione acquisiti dai tessuti uterini in ospedale

2. Merge: poichè per ogni esperimento sono state effettuate più prove, con le stesse condizioni, allora sono state raggruppate tutte le prove di ogni esperimento

3. Filtro: è stato applicato un filtro per la ricerca di eventuali campioni da non considerare

Figura 5.6: Filtraggio Dati Tessuto

4. Stress-Strain: trovato un modello grazie al fit utilizzato, a partire da quel modello sono state calcolate le grandezze necessarie al fine di verificarne la correttezza

5. Fit: a questo punto è stato effettuato un fit dei dati calcolati di stress- strain cercando un trade off tra la minimizzazione dell’errore quadratico medio e la sovrastima del fit. Quest’ultima infatti potrebbe aumentare la complessità computazionale inutilmente

6. Modulo di Young: è stato infine calcolato il modulo di Young del tessuto in questione

Figura 5.7: Modulo di Young con Filtro Tessuto Uterino

5.3.2.1 Confronto Approcci

Una volta effettuati i due approcci è stato doveroso metterli a confronto per capire in primo luogo se il filtro avesse o meno senso e successivamente

constatare la consistenza e correttezza dei dati.

Dall’analisi dei due moduli elastici si evince che l’approccio A ha portato ad un modulo di Young di circa 30KP a, mentre inserendo il filtro si ha un modulo di Young di circa 2.5KP a.

A questo punto era doveroso guardare allo stato dell’arte per capire se e quale dei due approcci fosse conforme al modulo elastico reale. Dallo stato dell’arte si evince, come si può vedere in figura, che i tessuti molli hanno un modulo elastico nell’intervallo [1 − 10]KP a [13].

Figura 5.8: Modulo di Young Tessuti Organici (fonte: [13])

Se ne deduce quindi che l’idea di inserire un filtro per eliminare eventuali outliers non solo ha senso, ma è proprio indispensabile al fine di ripulire l’acquisizione dei dati da errori dovuti a vari fattori.

Capitolo 6

Finite Element Analysis (FEA)

L’analisi agli elementi finiti (FEA) è una tecnica di simulazione usata nelle analisi ingegneristiche che utilizza il Metodo degli elementi finiti (FEM), il cui obiettivo è la risoluzione in forma discreta e approssimata di generali sistemi di equazioni alle derivate parziali.

I vantaggi di un’analisi agli elementi finiti consistono nella possibilità di trattare problemi di campo, una grandezza fisica esprimibile come funzione della posizione nello spazio e del tempo:

• definiti su geometrie complesse

• relativi ad una larga varietà di problemi ingegneristici (di meccanica dei solidi, dei fluidi, del calore, di elettrostatica, ecc...)

• con complesse condizioni di vincolo • con complesse condizioni di carico Gli svantaggi dell’analisi consistono:

• nell’impossibilità di generare una soluzione in forma chiusa

• nelle approssimazioni della soluzione inerenti all’approccio ad elementi finiti utilizzato: discretizzazione, interpolazione della soluzione, proce- dure numeriche per il calcolo di quantità integrali

• negli errori connessi alle procedure di calcolo utilizzate

La necessità di utilizzare l’analisi agli elementi finiti nasce dal fatto che per vari motivi si è impossibilitati ad eseguire esperimenti e studi su organi ex vivo. Infatti per motivi etici ciò è preferibilmente evitabile. Inoltre, al fine di generalizzare l’algoritmo proposto, era doveroso costruire molti campioni

in silicone con caratteristiche meccaniche differenti in modo da simulare il comportamento fisico dei tessuti biologici. La costruzione di centinaia o addirittura migliaia di campioni di siliconi è risultata dispendiosa in termini di tempo e risorse.

Per queste ragioni si è pensato allora di proseguire il lavoro in ambiente simulativo al fine di poter utilizzare tutti i campioni desiderati.

6.1

Metodo agli Elementi Finiti (FEM)

Il metodo agli elementi finiti (FEM) trova origini nelle necessità di risoluzione di problemi complessi di analisi elastica e strutturale nel campo dell’ingegne- ria. Esso rappresenta uno strumento avanzato che permette di rappresentare un qualsiasi sistema fisico reale in formato digitale. La sua versatilità sta nel fatto che tale metodo è possibile applicarlo a sistemi molto complessi e per questo è uno degli strumenti più utilizzati.

Ciò che sta alla base della FEM è la modellizzazione del sistema che consiste nella ricerca e creazione del modello computazionale a partire dal sistema reale. Ciò che invece è lo scopo di tale strumento è la simulazione del pro- blema che consiste nell’esecuzione dei modelli computazionali costruiti per verificare che il comportamento risultante dalla simulazioni sia il più simile possibile al comportamento che si ottiene con il sistema reale di partenza. Il metodo agli elementi finiti (FEM), Finite Element Method, permette di risolvere problemi per i quali non è ricavabile la soluzione analitica. É una tecnica che cerca di risolvere in modo approssimato, riducendo ad un siste- ma di equazioni algebriche, le equazioni differenziali alle derivate parziali che descrivono il problema analizzato.

Si fa riferimento ad approssimazione in quanto le equazioni sono ottenute appunto da un numero finito di elementi. Infatti con questo metodo si di- scretizza il continuo, che ha infiniti gradi di libertà, con un insieme di elementi di dimensioni finite tra loro interconnessi in punti predefiniti, detti nodi. Il metodo FEM si applica quindi a corpi fisici che possono essere suddivisi in un certo numero, anche molto grande, di elementi di forma definita e dimen- sioni contenute. Nel continuum ogni singolo elemento finito viene considerato un campo di integrazione numerica di caratteristiche omogenee.

La caratteristica principale del metodo degli elementi finiti è la discretiz- zazione attravero la creazione di una griglia, appunto mesh, composta da primitive (elementi finiti) di forma codificata. Su ciascun elemento caratte- rizzato da questa forma elementare, la soluzione del problema è assunta essere espressa dalla combinazione lineare di funzioni dette funzioni di forma. Tali

funzioni sono scelte in modo da descrivere lo spostamento dei punti interni dell’elemento che si vuole rappresentare. Ogni elemento è caratterizzato da:

• Dimensione: 1D, 2D, 3D

• Nodi: punti precisi dell’elemento che ne individuano la geometria. Su ogni nodo dell’elemento viene associato il valore di un campo o gradiente che interessa l’intera struttura

• Gradi di libertà: i possibili valori che possono assumere i campi o gradienti nei nodi, due nodi adiacenti hanno gli stessi valori

• Forze sui nodi: forze esterne applicate sui nodi o l’effetto delle reazioni vincolari

• Proprietà costitutive: le proprietà dell’elemento e del suo comporta- mento

• Soluzione: soluzione di un sistema di equazioni, anche non lineari risolte per via numerica dall’elaboratore

Per ottenere la giusta simulazione di un problema fisico reale bisogna im- plementare alcuni passaggi al fine di rappresentare il meglio possibile ciò che si vuole emulare. Per ottenere ciò bisogna quindi seguire delle fasi fondamentali ognuna delle quali comporterà l’inserimento di un errore di approssimazione nella soluzione finale.

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