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Arcaismi, rarità e termini letterari

Capitolo 3. Corpo a corpo con la lingua: plurilinguismo in Sciarra Amara

3.2 Arcaismi, rarità e termini letterari

Sebbene le opzioni per l’arcaismo o la forma scaduta non rappresentino una scelta dominate, sono comunque necessarie alla realizzazione di una tensione interna con il lessico violento, dialettale ed espressivo. Sono soprattutto scelte che interessano il lessico, ma rientrano in questa categoria anche certi punti di morfologia poetica come, ad esempio, le forme verbali dovea (p. 26) e avea (p. 38) o havea, senza la labiovelare, oppure una certa insistenza al di là del ragionevole per l’anteposizione dell’aggettivo del genere di «galante vita» (p. 21) o «meschina vita» (p. 39), «falso inganno» (p. 24), «rompina / rompigliona rompiculo d’una morte» (p. 27), «i soliti tre compari» (p. 28), «solo cane» (p. 31), «nera carcarazza» (p. 32).

Veniamo al lessico. Con maggiore frequenza si riscontrano termini di uso antico come i sostantivi banditore (‘chi leggeva i bandi al pubblico’, p. 20), smacco (p. 29), ciurma (p. 32) e tavernara (‘frequentatrice di taverne’, p. 35); gli aggettivi biscazzine (‘frequentatrice di bische’ p. 22), pregna (p. 22), tignoso (p. 37) e le forme verbali stuti (‘spegnere’, p. 29), allumo (‘accendere’, p. 29), scavallo (p. 34), cape (‘accogliere’, p. 36), luce (‘si mostra’, p. 36). Alcuni termini presentano dei casi interessanti. Il sostantivo banditore, ad esempio, in questi versi, assume un significato differente ed è posto in posizione finale di strofa, accentuando il suo valore:

venni per accattare vita / come m’ha fottuto / il banditore (p. 20).

Il banditore è un divulgatore, un promotore, un ammaliatore, che con le proprie idee ha fottuto, imbrogliato. Anche il sostantivo smacco non è utilizzato nel suo primo significato di ingiuria, ma per abbondanza, intensificando il disgusto dell’immagine descritta in questi versi:

cancrena allo stomaco ti prenda / per quello smacco di spacchìme / che a ogni fottuta / come becchime / ci dài (p. 29).

L’aggettivo pregna, oggi riferito solamente a femmina di animale, anticamente o in usi letterari è riferito anche alla donna, qui femmina:

amore che fa cantare / denaro che è fammirìdere / femmina pregna che deve figliare (p. 22).

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Interessanti i verbi stutare ed allumare, entrambi di uso antico: il primo con il significato di spegnere, è utilizzato attualmente in alcuni dialetti, tra cui quello siciliano; il secondo, con il significato di accendere, invece, è un verbo parasintetico, usato da Dante nel Purgatorio e nel Paradiso, anche con riferimento all’azione di Dio, ‘per illuminare l’intelletto in fatto di morale’. In questi versi non assume un significato così elevato, ma si riferisce ad una situazione particolare e concreta:

non finiremo ma di fare / sciarra amara / nessun compare ci metterà / la buona parola / tu stuti le candele / che io allumo (p. 29).

La negazione nel primo verso è confermata dagli ultimi due: la sciarra non terminerà mai, in quanto la vita e la morte non troveranno mai una soluzione, dato che l’azione di una, lo stutare, è contrastata dall’altra, tramite l’allumare. Non di immediata comprensione sono le forme verbali cape e luce. Il primo caso ha significato di ‘accogliere, ricevere nel proprio interno’:

la casa cape / quanto vuole il padrone / ma la malacriata non have / padrone / né seggia per assettarsi (p. 36).

La strofa è suddivisa in due parti dalla congiunzione avversativa ma. I primi due versi indicano una realtà comune; gli altri, invece, indicano una situazione particolare, quella di una malacriata, una scostumata. Il verbo luce significa ‘rilucere, distinguersi per virtù’ in questi versi, in correlazione tra loro:

quanto più ti bestemmiano / tanto più ti luce il pelo (p. 36).

Il secondo verso è conseguenza dell’azione del primo e richiama il modo di dire lisciare il pelo a qualcuno, ovvero adularlo.

Di carattere antico o letterario, si riscontrano i sostantivi ricetto (p. 16), lustro (p. 19), sèggia (p. 36), gli aggettivi galante (p. 21) e malo (p. 27), l’avverbio manco (p. 30), in un caso utilizzato in una locuzione proverbiale:

manco per tutto l’oro del mondo / compro carezza / tu sei ciurma / io capoparanza (p. 32).

Inoltre sono interessanti il sostantivo gabbo (p. 16) e la sua forma verbale gabbato (p. 18), che questi versi assumono propriamente il significato di ‘grave mancanza di rispetto, disprezzo ’:

44 ti fai gabbo che non ti cerco più (p.16),

mentre qui di ‘suscitare la derisione altrui’:

finita la festa / gabbato lo santo (p.18).

Di carattere letterario e raro, sono il sostantivo spregiativo santocchie (‘coloro che fingono santità di vita in modo ipocrita’, p. 36), gli aggettivi nericata (p. 26), affatturata (‘ammaliata’, p. 38) e meschina (p. 39), la forma verbale soverchia (‘avanza, sovrabbonda’, p. 37).

Jolanda Insana ricerca un lessico determinato e preciso. Ciò si riscontra sia nella scelta di forme dialettali, ma anche nella preferenza dell’iponimo talvolta tecnico sulla parola comune. In questa categoria rientrano i sostantivi còcciole (‘rigonfiamento’, p. 18), tacce (‘imputazione’, p. 23), sazio (p. 27), tribolo (‘dolore’, p. 28), sconcerto (p. 33), facciòla (‘strisce di tela bianca’, p. 35), mignatta (‘sanguisuga’, p. 35), tabacchiere (p. 36), salvamento (p. 37) e madapolàm (‘mussola’, p. 38), gli aggettivi subitanea (p. 32), lorda (p. 35) e sbordellata (‘frequentatrice abituale di bordelli’, p. 35) e le forme verbali sconcludere (p. 16), avvoltolata (‘avvolta’, p. 26) e arraffa (p. 33). Ci sono alcuni sostantivi di difficile comprensione. In questi versi si riscontra il sostantivo còcciole:

né còcciole né baciate / riempiono panciate / qua noi non facciamo figli / non abbiamo famiglia (p. 18).

Qui potrebbe assume il significato di rigonfiamento, connesso con il verbo riempire e con il sostantivo panciate. I sostantivi facciòla e mignatta sono utilizzati nella stessa strofa:

faccia lorda di facciòla / più nera di mignatta / t’attacchi alla mia vita (p. 35).

I primi due versi sono apparentemente in antitesi, in quanto la facciòla identifica il bianco, mentre la mignatta identifica il nero; tuttavia assumono lo stesso significato, in quanto nel primo caso è presente l’aggettivo lorda. Un termine specifico e forestierismo

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è il sostantivo madapolàm: indica un tessuto molto leggero19 ed è facilmente comprensibile in questi versi:

com’è camoliato / il madapolàm della vita / lo sa la falsabrigante / e nulla può naftalina (p. 38).

La forma verbale camoliato e il sostantivo naftalina, infatti, condividono la stessa area tematica. Un’interessante voce verbale è il participio passato avvoltolata, ovvero avvolta, dall’infinito avvoltolare, frequentativo di avvolgersi e avvoltarsi:

non dovea pigliare latte / ma restare con la bocca secca / avvoltolata in spine santare (p. 26).

Interessanti sono i sostantivi femminili come crudela (p. 19), traditora (p. 19) e mastra (p. 20). Potrebbero apparentemente sembrare sostantivi con suffissazioni dell’italiano antico, ma la scelta di Insana è dettata da una sensibilità verso una lingua di genere. A partire dal Sessantotto e dagli anni Settanta, con i movimenti di massa delle donne, si cominciò a comprendere l’importanza nell’eliminazione degli stereotipi sessisti, anche in ambito linguistico20. Vita e morte, sostantivi di genere femminile, permettono di plasmare nuovi sostantivi, con suffissazioni che prendano in considerazione le differenze.

Altri sostantivi che apparentemente presentano suffissazione antica, come quella astratta in –ura, o una forma femminile antica, sono termini in realtà di uso siciliano quali trovatura (p. 19) e forbiciara (p. 32), oppure di uso comune come fottitura (p. 19). Il sostantivo trovatura, infatti, è connesso alla tradizione fantastica siciliana ed indica un ‘avvenimento fortunato’, mentre forbiaciara è connesso alla forma verbale furbiciàri, con significato di ‘tagliare con le forbici’ o in senso figurato di ‘criticare’. Il

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Deriva dal nome di «un sobborgo di Narasapur, cittadina dell’India sudorientale, dove la Compagnia delle Indie aveva un’importante manifattura tessile», Grande dizionario italiano dell’uso.

20 È un processo che continuò nei decenni successivi con tappe significative, ad esempio nel 1986 con la pubblicazione del libro di Alma Sabatini, Il sessismo nella lingua italiana, ma anche delle

Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana, su indicazione della Commissione

nazionale per le Pari Opportunità, sino al progetto POLITE (Pari opportunità e libri di testo) del 1997. Sulla questione cfr. Sapegno 2010, 17-26.

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termine fottitura, invece, indica, ‘l’atto sessuale di penetrazione’, utilizzato ancora oggi con valore spregiativo, ma attestato già in Sacchetti21.