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Fenomeni di composizione e univerbazione

Capitolo 3. Corpo a corpo con la lingua: plurilinguismo in Sciarra Amara

3.5 Quando la parola è manchevole: neologismi e invenzioni lessicali

3.5.2 Fenomeni di composizione e univerbazione

Tramite il processo di composizione, si registrano nuovi termini della lingua della poetessa messinese. Un numero elevato di composti sono allocuzioni, costituite da nome e verbo al participio passato, che assume valore attributivo66:

non m’importa / che tu resti brutta / faccia di trippacotta / basta che non mi tocchi / chiapperi e chiapperara (p. 23)

culoperciato / ho la legna a malo / passo / e il fiato grosso (p. 27)

faccia di stìcchiozuccheràto / non aspettarti gioie / da minchiapassoluta (p. 27) dio sacramentato / morte subitanea / a questa facciatappiàta / che non ci lascia / manco sale di saliera (p. 32)

ti ridurremo a spogliaserpe / culostracciato / e senza scarpe (p. 34).

In tutti i casi presenti in questi versi, il determinato precede il determinante, ovvero «il secondo elemento determina cioè il significato del primo»67. Si riscontrano due composti costituiti con il sostantivo culo e con due participi passati, sinonimi tra loro: perciato, ovvero bucato, e stracciato. Altri composti sono di carattere volgare, stìcchiozuccheràto e minchiapassoluta, la cui testa è costituita da due termini del dialetto siciliano. Due epiteti sono allitteranti fra loro e insistono sulla occlusiva bilabiale sorda /p/, trippacotta e facciatappiàta. In entrambi i casi, inoltre, è la faccia che costituisce elemento di scherno, ma solo nel secondo caso il sostantivo è la testa del composto. Si riscontrano altri composti costituiti da nome ed aggettivo:

anche se tu sei padrona / di farci cuocere / a fuocolento (p. 24)

che scanto / quando la minchiababba e bannacchia / ci prende per stanchezza con il fiato di fuori (p. 27)

che incucchi e stracchi / minchiasecca / che t’affanni a diventare ricca (p. 31) trucubalda e minchiatesa / fa l’occhiolino / per fottermi nel vicolo / più vicolo / ma io perdìo la scavallo (p. 34).

66«Il genere fondamentale N + A che rappresenta il punto di riferimento dell’intera classe di composti, proviene dalla trasformazione di una frase predicativa con verbo essere; una relativa rappresenta il passaggio intermedio», ivi,175.

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In questi composti, la testa è il sostantivo minchia, le cui peculiarità sono definite dagli aggettivi babba, ovvero sciocca, secca e tesa. L’altro caso, invece, è un’espressione utilizzata frequentemente, ma non utilizzata come composto: fuocolento. Anche in questi tre casi il determinato precede il determinante.

Si riscontrano composti costituiti da aggettivo e nome, tipo poco produttivo in italiano, in cui il «nome ha la caratteristica espressa dall’aggettivo» (D’Achille 2003, 135):

che scanto / quando la minchiababba e bannacchia / ci prende per stanchezza con il fiato di fuori (p. 27)

ti cafulo / di moffe e timpolate / te e i tuoi beatipaoli (p. 32)

com’è camoliato / il madapolàm della vita / lo sa la falsabrigante / e nulla può naftalina (p. 38)

vita bella e affatturata / non avea catene al collo / né debito di coscienza / dopo la sua porcapedata / non sa più spendersi (p. 38).

Due casi sono epiteti ovvero babbanacchia e falsabrigante. Il termine beatipaoli, invece, solitamente è utilizzato come locuzione proverbiale, con il significato di grande quantità68. Le origini di Insana suggeriscono che il riferimento possa essere, invece, la setta segreta, nata in Sicilia nel XII secolo, e che quindi qui assuma un significato dispregiativo. Il composto porcapedata accosta al sostantivo pedata un aggettivo che solitamente non lo caratterizza (cfr. Serianni 1988, 559-60).

68 «La locuzione, già usata col senso di ‘abbondanza di botte in una rissa’ da scrittori toscani del Cinquecento (P. Aretino […]) e del Seicento (L. Lippi […]), completa nella frase ‘essercene anche per I beati Paoli’, cioè ‘per tutti’ (in Lombardo e ticinese è omesso l’ultimo nome), è diffusa soprattutto nel Veneto, arrivando fino a Pordenone. Per il passato si spiegava il modo, riscostruendo l’aneddoto del ciarlatano che distribuiva un suo medicamento gratuitamente per devozione al santo a quanti si chiamavano Paolo; i quali accorsero in numero così alto da fargli esclamare: “Oh, quanti Beati Paoli!”. Messo da parte, per la sua inconsistenza, il racconto esplicativo della locuzione, essa trova una sua più soddisfacente spiegazione nella ripetitiva lettura delle lettere di S. Paolo, Lectio epistulae Beati Paoli, dove il genitivo Beati Paoli, interpretato come un plurale, portò con sé il senso di pluralità e, quindi, di abbondanza. La stessa dispersione territoriale del sintagma, propria dei residui della terminologia liturgica dei dialetti, avvalora l’ipotesi […]», Dizionario etimologico dei dialetti.

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In altri quattro casi, il composto è costituito dal verbo e dal nome (cfr. Dardano 1978, 148-54):

m’avventai con la zapponella / per farti glinglòn / ma eri della cosca / e io finii coglibosca (p. 26)

manco un mazzacani / spezza la mia verga / lanciaspruzzo / lanciafiamma di vita (p. 30)

ti ridurremo a spogliaserpe / culostracciato / e senza scarpe (p. 34).

Due epiteti sono costruiti con la stessa forma verbale: lanciaspruzzo e lanciafiamma. Negli altri due casi, invece, si tratta di locuzioni di significato proverbiale: ridurre a spogliaserpe, ovvero ‘privare qualcuno di ciò che ha o possiede con la violenza, l’inganno o il sotterfugio’ e finire coglibosca. In tutti questi casi il determinato precede il determinante ed inoltre il nome è complemento oggetto del verbo (cfr. D’Achille 2003, 136).

Vi sono inoltre composti costituti da due aggettivi, come si riscontra in questi versi:

meglio un pezzo di cipolla / e pane neroduro / che pappa-e-ciccia con te / nostra piaga verminosa (p. 29)

la vita e la morte allato vanno / transeunti per lo stesso porticato / comincia dolcechiaro finisce amaroscuro (p. 37) .

Due di questi composti si riscontrano nello stesso verso e costituiscono una costruzione in antitesi: dolcechiaro e amaroscuro. Nel primo verso, invece, due caratteristiche relative allo stesso sostantivo, pane, sono agglomerate in un unico composto, neroduro. In tutti e tre i casi si tratta di forme composte da aggettivi coordinati, anche nel significato69. Anche l’epiteto imbriacapisciata può essere considerato parte di questa categoria, assumendo quindi le caratteristiche dei composti precedenti:

guarda che se tu mi tingi / io t’annérico / imbriacapisciata (p. 33).

Il secondo aggettivo, infatti, è espresso dal participio passato pisciata.

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Il raddoppiamento della stessa categoria grammaticale caratterizza i composti presenti nei seguenti versi:

rèstati qua / attaccata sulla pelle / più forte di vogliadesìo / galante vita / con la tua voglia ricca / a ogni santo arriva / la sua festa (p. 21)

manco per tutto l’oro del mondo / compro carezze / tu sei ciurma / io capoparanza (p. 32).

I composti vogliadesìo e capoparanza sono costituiti da due sostantivi: il secondo ha maggiore concretezza del primo e lo determina (fanno parte della categoria determinato+determinanante). Inoltre nel caso di capoparanza, «il secondo elemento determina il significato del primo, svolgendo una funzione quasi aggettivale»70, mentre è probabile che vogliadesìo abbia un’altra sfumatura di significato, ovvero stia per qualsivògliadesio.

Si riscontra, inoltre, un caso particolare. La parola glinglòn è un’onomatopea costituita da due suoni uniti in una forma composta, che solitamente sono distinti:

m’avventai con la zapponella / per farti glinglòn / ma eri della cosca / e io finii coglibosca (p. 26)

Jolanda Insana, quindi, ama la lingua e la modifica a proprio piacimento, torcendola per essere maggiormente aggressiva, a favore della sciarra. All’interno della raccolta si riscontrano anche termini composti che sono già di uso comune, quali i sostantivi nottetempo, boccaporti, rompiculo e malanova, l’aggettivo sacrosanta:

strambatizza imbriaca e mortizza / ha nelle nostre case la trovatura / sacrosanta fottitura (p. 19)

nottetempo trafughiamo il carrozzone / delle illusioni / ma presto anche sotto il sole / tanto siamo sfacciati (p. 21)

abbiamo aperto / porte portelli e boccaporti (p. 24)

basta / piattara malanova / parente di pezzenti e di potenti / non ti pigliare tutta la mano / lasciami un’unghia (p. 23)

per non dare spazio a quella rompina / rompigliona rompiculo d’una morte / la vita se ne va / con gli occhi aperti (p. 27).

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I primi due composti sono costituiti da due sostantivi, il terzo da un verbo ed un sostantivo. Interessanti i primi due casi: nottetempo, il cui la base è costituita dal secondo elemento, che solitamente si verifica nel caso di calchi di lingue straniere (cfr. D’Achille 2003, 135); boccaporti, in cui la testa è a sinistra ma la flessione si verifica a destra71. Il termine malanova è di origine dialettale ed ha il significato di cattiva notizia, costituito dall’aggettivo mala e dal sostantivo nova. L’aggettivo sacrosanta, invece, è costituito da due termini della medesima categoria grammaticale.

Fenomeni interessanti, ma in numero minore, sono le univerbazioni. Nella raccolta Sciarra Amara, infatti, si riscontrano parole in cui vi è la «fusione – manifestata anche dalla grafia – di due parole originariamente autonome» (Serianni 1988, 8):

lei e lei / lei si chiama vita / e lei si chiama morte / la prima lei percosìdire ha i coglioni / la seconda è una fessicella / e quando avviene che compenetrazione succede / la vita muore addirittura di piacere (p. 17)

insieme a te morte che fai morire / tre cose non possiamo ammucciare / amore che fa cantare / denaro che è fammirìdere / femmina pregna che deve figliare (p .22)

mìscola quanto mózzica / la canazza che non dice / compermesso (p. 31)

botta di veleno / e sconcerto di stomaco / alla granfottente cumiota / che fa piazza pulita / e arraffa tutte le paste / della festa (p. 33)

potendo il poco basta / carne cotta o cruda / l’assai soverchia / e troppe grazie a santantònio (p. 37).

Nel caso di percosìdire, i tre elementi che lo costituiscono appartengono a tre categorie grammaticali differenti; contrariamente la parola santantònio presenta la fusione di due sostantivi mentre fammirìdere, invece, è costituito da due verbi e inserito in tre versi con costruzione parallelistica. Vi sono, inoltre, due casi di univerbazioni in cui si riscontra un processo fonosintattico: i termini compenetrazione e compermesso. In questi due casi, infatti, la nasale bilabiale si verifica al confine di parola per il processo

71 «Nel corso del tempo (e probabilmente in relazione a fatti extralinguistici come la frequenza d’uso) i composti tendono a perdere trasparenza, nel qual caso la testa diventa meno identificabile e il composto, percepito come privo di struttura interna, viene flesso secondo la regola generale di flessione dell’italiano, vale a dire «a destra» », Graffi-Scalise 2003,142.

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di assimilazione. In un ultimo caso, invece, si verifica l’univerbazione tra un aggettivo e il suo accrescitivo: granfottente.