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fondi prodotti da Uffici periferici dello Stato italiano in Provincia di Torino o da altri soggetti di natura giuridica differente.
Tra i fondi novecenteschi conservati, non mancano alcuni archivi, al momento poco meno di una quindicina, prodotti da ditte torinesi e piemontesi nel corso della loro storia e della loro attività produttiva e acquisiti dall’Archivio di Stato per preservarne la documentazione dalla dispersione e dalla distruzione e salvaguardarne così la memoria storica.
Il numero relativamente esiguo di fondi industriali conservati dall’Istituto torinese non sminuisce la rilevanza e l’importanza che essi rivestono per la storia del Piemonte del ‘900. Sarebbe infatti limitante vedere in questi fondi, caratteristici esclusivamente del secolo che ci sia-mo appena lasciati alle spalle e dei decenni immediatamente precedenti, soltanto una testimonianza privilegiata su temi come quello dello svi-luppo e della crescita economica, o del lavoro, con la sua organizzazio-ne e la progressiva conquista e tutela dei suoi diritti: argomenti, questi, fondamentali, ma che si possono indagare con una ricerca trasversale attraverso molti fondi archivistici, addirittura a partire da quelli più an-tichi. Gli archivi industriali rappresentano al contrario qualcosa di più:
un interessante spaccato globale sull’economia, la società e la cultura torinese, piemontese e italiana degli ultimi centocinquant’anni. È difat-ti innegabile che la storia italiana del Novecento, specie in determinate aree come Torino e il Piemonte nel suo insieme, sia stata profonda-mente condizionata dalla crescente influenza esercitata dal radicato e forte tessuto industriale presente sul territorio.
Da un punto di vista documentario, le vicende legate alla nascita, allo sviluppo, all’estinzione, in una parola alla storia di un’impresa, non sono sempre facili da ricostruire. Fin dagli anni Settanta le rifles-sioni di molti rappresentanti del mondo archivistico1 hanno messo in
1 Per una sintesi di tali riflessioni, cfr. tra gli altri giorgetta bonFiglio-Dosio
(a cura di), L’archivio nell’organizzazione d’impresa, Atti del convegno, Venezia-Mestre 29-30 ottobre 1992, Venezia, 1993; giorgetta bonFiglio-Dosio, Archivi d’impresa, un bilancio e una riflessione, in «Studi trentini di scienze storiche», LXXXVI (1997), pp. 423-434;
luce le problematiche peculiari collegate alla corretta gestione, con-servazione, salvaguardia e valorizzazione in chiave storico-culturale, degli archivi industriali. Queste tipologie di fondo archivistico sono a costante rischio di dispersione per la natura stessa dei soggetti pro-duttori: l’attività di questi ultimi è rivolta essenzialmente al profitto e tende pertanto a limitare costi ritenuti superflui; inoltre, essi sono di solito proiettati esclusivamente sul tempo presente e sul futuro pros-simo, con scarso interesse verso una dimensione più ampia, di tipo strettamente conservativo e storico. Ancora nel non lontano 2003 Antonella Bilotto metteva in evidenza come
Affermare oggi che tra gli interessi principali delle imprese in Ita-lia ve ne sia uno direzionato alla corretta produzione e conservazione del proprio archivio e della memoria del proprio agire, non è un’affer-mazione del tutto corretta, anche se rispetto a qualche anno fa qual-cosa sta cambiando (…). Certo la conservazione della memoria non è percepita e intesa dalle imprese, oserei dire, in “senso archivistico”.
Non si produce – e quindi non si conserva – un «sapere colto», bensì si forma e si tratta un «sapere organizzativo». Tale tipo di sapere poggia su basi «pratiche e intenti di documentazione» e non su un impegno di trasmissione alle future generazioni2.
Le problematiche legate agli archivi industriali in generale trova-no nello specifico una conferma nei fondi oggi conservati dall’Ar-chivio di Stato di Torino. Per fortuna, tra di essi non mancano lodevoli eccezioni: una di queste è rappresentata dall’archivio del
giorgetta bonFiglio-Dosio, Archivistica d’Impresa: un mondo multiforme, in «Archivi in valle umbra», II/1 (giugno 2000), pp. 5-31; Paola carucci, Gli archivi d’impresa: alcu-ne considerazioni introduttive, in «Rassegna degli Archivi di Stato», XLIV/2-3, (maggio-dicembre 1984), pp. 13-32; Paola carucci – Marina Messina, Manuale di archivistica per l’impresa, Roma, 1998.
2 Cfr. antonella bilotto, Records Management e Archivi d’Impresa, in «Archivi e com-puter», Anno XIII (2003), Fascicolo 3/03, pp. 76-84, in particolare p. 84; le citazioni sono tratte da guiDo Martinotti, Informazione e sapere, in Pietro rossi (a cura di), La memoria del sapere, Roma-Bari, 1988, pp. 362-389, in particolare p. 375.
Lanificio Bona di Carignano. Fin dagli anni Trenta la direzione del lanificio, in particolare Lorenzo Valerio Bona, ebbe sempre un occhio di riguardo per l’archivio, al punto da destinare ad esso un apposito spazio. Alcuni documenti del fondo riportano le dispo-sizioni diramate dagli amministratori i quali, lamentando il disor-dine che impediva la ricerca di carte e minacciava di non rendere più disponibili i locali per la conservazione, invitava gli uffici a segnalare i documenti da eliminare e quelli da custodire in quanto
«utili fonti di informazione per l’avvenire»3.
È stato spesso proprio il rischio dell’irrimediabile perdita di preziose fonti documentarie a spingere l’Archivio di Stato, di solito a seguito di una segnalazione della Soprintendenza Archivistica per il Piemonte e la Valle d’Aosta, a prendersi carico di molti dei fondi industriali che oggi conserva. L’acquisizione è avvenuta a titolo de-finitivo per i casi di aziende che hanno modificato la loro ragione sociale o hanno ormai cessato definitivamente la loro attività, op-pure in deposito per gli archivi di ditte esistenti ma desiderose di conservare in maniera ottimale la propria documentazione storica.
Le carte degli archivi industriali oggi conservati presso l’Istituto torinese sono giunte in condizioni spesso difficili, sia dal punto di vista della conservazione materiale della documentazione, sia da quello più propriamente gestionale e di consultazione. A seri pro-blemi di natura conservativa, infatti – polvere, sporcizia, umidità, muffe, che avevano contribuito a deteriorare parte del materiale – si assommavano problematiche legate alla carente o approssimativa gestione degli archivi correnti e di deposito: carte ammucchiate in maniera disordinata, serie archivistiche disomogenee o, nei casi più gravi, integralmente perdute. Quasi tutti i fondi in questione,
3 A tal proposito, si veda l’introduzione di Maria gattullo all’inventario del 1999 del Lanificio Bona, a cura di anDrea Mosconi con la collaborazione di anna
Maria alicanDri e il coordinamento di Maria gattullo, consultabile presso la sala di studio della Sezione Corte dell’Archivio di Stato.
pertanto, hanno avuto la necessità di essere sottoposti, al momento del loro ingresso in Archivio di Stato, ad operazioni di ripulitura, riordino, inventariazione e condizionamento fisico; tali interventi, che in certi casi sono ancora oggi in corso di svolgimento, sono finalizzati a preservare il materiale pervenuto e non sottoporlo al rischio di ulteriori danneggiamenti o dispersioni.
L’Archivio di Stato di Torino conserva nelle sue due sedi4 quat-tordici fondi archivistici d’impresa: Lanificio Bona, Società Borini e costruzioni, Amiantifera di Balangero, Gruppo finanziario tessile (GFT), Manifattura Mazzonis, Società per azioni lavorazione pelli (SALP), Società nazionale delle Officine di Savigliano, Società For-nara, Manifattura Tabacchi, Rumianca, Tipografia Marchisio, Unio-ne tipografico editrice toriUnio-nese (UTET), Einaudi, Lanterna magica.
Tra le loro carte non si trovano solo documenti in senso stretto, ma anche mappe, disegni, progetti, campionari, fotografie. La docu-mentazione archiviata rappresenta un ricco campionario di alcune delle categorie merceologiche più caratteristiche dell’industria pie-montese del XIX-XX secolo: manifattura tessile, lavorazione delle pelli, attività estrattive, industria metalmeccanica, edilizia, produzio-ne di tabacchi, chimica, editoria, tipografia e ciproduzio-nema di animazioproduzio-ne.
Le carte, si diceva all’inizio, possono costituire un terreno di ricerca privilegiato non solo per specialisti in storia dell’industria o dell’economia, ma per studiosi di molti ambiti collegati al passato più recente. Così per esempio all’Archivio Borini5, che fornisce in
4 Due sono infatti le sedi che costituiscono l’Archivio di Stato di Torino: la «Sezione Corte» progettata da Filippo Juvarra nel XVIII secolo si trova in Piazza Castello 209, mentre le «Sezioni Riunite», ospitate nell’edificio costruito dall’architetto Bernardino Talucchi a inizio Ottocento come sede dell’Ospedale San Luigi Gonzaga, sono situate in Via Piave 21.
5 La Società Borini e Costruzioni spa venne creata intorno agli anni Sessanta del XIX secolo da Carlo Borini (1833-1913), un muratore di famiglia poverissima nato ad Agrano, sul Lago d’Orta e per lunghi anni emigrante stagionale in Svizzera e Savoia,
primo luogo informazioni di carattere tecnico su un’importante ditta del settore delle costruzioni, è legata, purtroppo limitatamen-te al periodo 1953-2005, la vicenda di una vera e propria dinastia di impresari edili il cui capostipite, Carlo Borini, era un “self made man”, muratore di famiglia poverissima originario della zona del Lago d’Orta, per anni emigrante stagionale in Francia e Svizzera6. Ancora, i circa 260 metri lineari occupati dalle carte del fondo dell’Amiantifera di Balangero7, oltre a fornire preziosi dati
sull’at-dove divenne col tempo uno stimato imprenditore. Sotto la guida del figlio Domenico e dei discendenti Franco e Marco, la Borini si trasformò in un’importante Ditta di costruzioni, specializzata nelle opere di edilizia e ingegneria civile, oltre che nel settore del restauro dei beni culturali, operante in Italia e nel resto d’Europa. La Società venne messa in liquidazione nel 2005. L’Archivio della Ditta Borini Costruzioni venne preso in carico a titolo di deposito dall’Archivio di Stato di Torino nel 2006. La documenta-zione depositata si riferisce al periodo 1953-2005 e riflette l’attività edilizia della So-cietà di costruzioni. La documentazione riguarda infatti documenti tecnici, progettuali e amministrativi originariamente conservati nell’archivio della Società.
6 Cfr. vittorio Marchis, Carlo Borini. 1833-1913. Una storia di frontiera, Torino, 2009; Marco borini (a cura di), Memorie autobiografiche di Carlo Borini. 1833-1913, To-rino, 2009.
7 La Società nacque nel 1907 per iniziativa del commendatore Callisto Cornut, che ebbe l’intuizione di cercare l’amianto presso le pendici del monte San Vittore, nei ter-ritori dei comuni di Balangero e Corio. Nel 1918 l’impresa divenne «Società Cave San Vittore», con sede amministrativa a Milano. Dopo alterne fortune, nel 1950 la Società, dal 1933 controllata dall’IRI, passò al gruppo «Manifatture Colombo» ed «Eternit», e divenne «Amiantifera di Balangero spa». Il presidente Rinaldo Colombo, industriale di Bergamo rimasto a capo della Società per oltre trent’anni, portò l’Amiantifera ad un livello produttivo mai conosciuto in passato, grazie anche all’introduzione, a partire dal 1958, di nuovi e più produttivi metodi di estrazione. Dal 1962 la direzione tecnica fu assunta dall’ing. Emidio Angellotti, il quale fece toccare all’Amiantifera i suoi vertici di produzione e fatturato, grazie anche alla progressiva automatizzazione degli impianti.
Nel 1983, deceduto l’anno precedente Rinaldo Colombo, la Società venne venduta ai fratelli Puccini di Roma e da allora conobbe un declino irreversibile culminato nel 1990 con la dichiarazione di fallimento. L’Archivio dell’Amiantifera di Balangero S.p.A si trova attualmente depositato presso la Sezione Corte in seguito al versamento ope-rato nei primi anni Novanta dalla Soprintendenza Archivistica per il Piemonte e la Valle d’Aosta. Precedentemente, il materiale documentario era dislocato in luoghi di conservazione diversi. A un primo intervento di censimento e di condizionamento del materiale ricuperato ha fatto seguito la redazione, tra 1999 e 2001, di un inventario
tività di una ditta specializzata nell’estrazione dell’amianto, celano al loro interno informazioni dirette o indirette utili a ricostruire le vicende, tristemente note all’opinione pubblica, collegate alle tra-giche conseguenze che le attività di estrazione e lavorazione del minerale ebbero sulla salute dei lavoratori8.
Nella considerazione che in questa sede non è possibile riferire in modo approfondito delle vicende delle aziende il cui archivio è conservato presso l’Istituto torinese, vale però la pena di tratteg-giarne almeno le caratteristiche principali, così come di presentare i rispettivi fondi documentari.
Sicuramente molto interessante, per la storia della moda e, di conseguenza, del costume italiano, è il fondo del Gruppo Finan-ziario Tessile, o GFT, uno dei quattro archivi, gli altri sono quelli del Lanificio Bona di Carignano9, della Manifattura Mazzonis10 e
analitico prodotto secondo il metodo storico-sistematico. Le 10.259 unità archivistiche del fondo sono state sistemate seguendo un criterio che riflette le diverse aree funzionali dell’Azienda: Libri Sociali; Partecipazioni; Presidenza-Direzione Generale; Attività Pro-duttiva; Approvvigionamenti; Contabilità; Statistiche; Personale; Corrispondenza con le Associazioni di Impresa; Progettazione di edifici e impianti; Pubblicazioni specialisti-che; Materiale fotografico. Nel corso dell’intervento di schedatura è stata riscontrata la presenza di materiale documentario prodotto da soggetti diversi dall’Amiantifera, che è andato a formare tre archivi aggregati: Mineraria Valle Varaita S.p.A; Centro Nazionale Amianto; Asilo Infantile «Maria Palberti». (dall’Introduzione all’Inventario di Ilaria Bibollet, Andrea Calzolari, Claudio Caschino, Nicoletta Florio Plà).
8 Sull’Amiantifera di Balangero e il suo archivio cfr. Daniela caFFaratto, L’Amian-tifera di Balangero, in «Miscellanea di studi storici sulle Valli di Lanzo», Società Storica delle Valli di Lanzo, Lanzo Torinese, 1996.
9 La Società venne fondata nel 1889 dai fratelli Valerio Massimo ed Eugenio Bona a Carignano, nell’antico Convento di Santa Chiara, con il nome di «Lanificio V.E. Fratelli Bona». Azienda per la fabbricazione ed il commercio dei tessuti e filati di lana e affini, si caratterizzò per la lavorazione a ciclo completo, dalla lana grezza ai tessuti fini, dei prodotti.
La Società, che arrivò ad impiegare oltre 2500 operai, distribuiti in diversi stabilimenti a Carignano, Torino, Carmagnola e Voltri, fu messa in liquidazione nel 1947 per sopravve-nuti dissapori tra i soci, appartenenti alle famiglie Bona, Delleani e Maggia. Dalle ceneri nacque la Società «Lanifici Riuniti Bona e Delleani», divisa in tre Società per Azioni: due immobiliari, la «Società Esercizi Riuniti Tessile» e «Società Industriale Carignano» e una
Manifesto pubblicitario Facis, 1960-1980 (Archivio di Stato di Torino)
Il capitano Mezzabarba: disegno su lucido per il cartone animato La freccia azzurra, 1990-1996 (Archivio di Stato di Torino)
della Società per Azioni Lavorazione Pelli (SALP)11 prodotti da industrie dei settori manifatturiero e di lavorazione delle pelli.
Nato nel 1930 dalla progressiva fusione di due ditte ottocente-sche, la torinese Donato Levi (attiva dal 1865) e quella biellese dei
Società di gestione, la «Lanifici Riuniti Bona e Delleani». L’attività proseguì fino al 1973.
L’archivio si compone complessivamente di 289 buste con numerazione continua: di esse, le prime 93 contengono i documenti prodotti dalla V.E. F.lli Bona. Le carte stesse hanno im-posto di privilegiare, fra i vari mutamenti di denominazione dopo lo scioglimento della V.E.
F.lli Bona, la ragione sociale adottata il 1 aprile 1954, «Lanifici Riuniti Bona e Delleani», sotto cui sono stati compresi i documenti che costituiscono la seconda parte dell’inventario.
Grazie al reperimento degli antichi inventari e alle indicazioni desumibili direttamente dai documenti, si sono potuti inventariare gli atti secondo le competenze di ciascun ufficio, la cui denominazione risulta dagli organigrammi dell’azienda. (Dall’introduzione all’Inventa-rio di Andrea Mosconi, Anna Maria Alicandri, Maria Gattullo).
10 Nel 1845 Paolo Mazzonis costituì una società per il commercio di lini, cotoni e lane in Torino, sotto la ragione sociale «Gio. Frisetti e Comp.ia», insieme a Pietro Rosso e Gio-vanni Frisetti. Nel 1858 Paolo costituì, insieme al fratello Federico, la società «F.lli Mazzonis e Comp.ia», sorta sul tronco della Ditta Frisetti, con partecipazioni dei vecchi soci Frisetti e Rosso. La Ditta si sciolse dopo pochi anni, in conseguenza della morte di Federico, della liquidazione di Rosso e degli eredi di Federico Mazzonis e della spartizione dei beni societari tra Giovanni Frisetti e Paolo Mazzonis. Paolo ottenne, all’atto della spartizione del capitale sociale, l’opificio che era stato costruito dalla Fratelli Mazzonis nei pressi di San Germano Chisone e che aveva costituito una prima chiave di passaggio nella trasformazione di un nego-zio di filati e tessuti in un’impresa industriale. Nel 1864, al momento della fondanego-zione della ditta «Paolo Mazzonis fu Giovanni Battista» (1864) la filanda cominciò a funzionare. Nel 1892, in seguito all’incendio dell’opificio di San Germano, gli interessi di Mazzonis si spo-starono verso la Valle Pellice, con l’acquisto di due stabilimenti a Torre Pellice e a Luserna San Giovanni, regione Pralafera; nel 1896, infine, alla periferia di Torino venne edificato il cotoni-ficio Bianchina. Nel 1905 venne fondata la «Società Anonima Manifattura Mazzonis», che si affiancò alla precedente «Paolo Mazzonis». Nel 1923 la «Manifattura Mazzonis» ereditò completamente le competenze produttive della «Paolo Mazzonis», la quale si trasformò in una sorta di riserva patrimoniale della famiglia. L’assetto così definito, alla pari della ragione sociale e dell’organizzazione interna dell’azienda, rimasero invariate fino al 1964, anno in cui Ernesto Mazzonis pose istanza di procedura di amministrazione controllata della «Manifat-tura Mazzonis di Ernesto e C.»; dopo l’accoglimento dell’istanza da parte del Tribunale di Torino il 6 agosto 1965, si diede il via all’apertura dell’iter giudiziario culminato con la messa in liquidazione della Società e dalla cessazione delle attività produttive. Cfr. Felicita De
negri, Il fondo Mazzonis dell’Archivio di Stato di Torino: l’archivio di una manifattura tessile, in «Rassegna degli Archivi di Stato», anno XLIV, n. 2-3, Roma, 1984, pp. 677-690. L’archivio aziendale venne donato all’Archivio di Stato di Torino dalla famiglia Mazzonis dopo l’ammissione alla procedura di amministrazione controllata e successiva messa in liquidazione della Ditta
Lanifici Rivetti, divenuta dopo la Prima guerra mondiale una delle principali produttrici laniere di Biella, il GFT si specializzò nella produzione di abiti confezionati, soprattutto, ma non solo, maschi-li. Marchi come Marus e Facis ebbero grandissima fortuna in tutta Italia. A partire dagli anni Ottanta, negli ultimi decenni cioè della sua esistenza12 GFT si specializzò anche nella produzione di un abbigliamento pret-à-porter griffato, che comportò la collaborazione
a partire dal 1965. Al suo arrivo in Archivio il fondo si presentava privo di inventario e altri strumenti di corredo, con le carte raccolte secondo criteri empirici che avevano lo scopo principale di garantire il facile ed immediato reperimento del materiale. L’Archivio, che non rispecchia l’intero insieme della carte prodotte dalla Ditta, dal momento che la documen-tazione degli opifici periferici, dotati di una certa autonomia gestionale, non sempre veniva riversata a Torino, è stato suddiviso in grossi blocchi, ognuno dei quali corrispondente ad una delle società che nel corso del tempo si sono succedute: Giovanni Frisetti e Compagnia, Fratelli Mazzonis, Paolo Mazzonis fu Giovanni Battista e Manifattura Mazzonis (cfr. Feli
-citaDe negri, Il fondo Mazzonis dell’Archivio di Stato di Torino: l’archivio di una manifattura tessile , in
«Rassegna degli Archivi di Stato», Anno XLIV, n. 2-3, Roma 1984, pp. 677-690).
11 La Società anonima lavorazione pelli (SALP) si costituì in Torino il 6 gennaio 1919. La SALP ebbe per oggetto sociale la produzione e il commercio delle pelli «ed in specie quelle ovine e caprine», oltre alle attività complementari e accessorie connesse a tale esercizio. La sede sociale della Società venne fissata in Rivarolo Canavese, mentre per sede amministrativa si elesse Torino. Superati i difficili esordi, la storia della SALP fu segnata da un progressivo sviluppo in termini di fatturato e di innovazione di prodotto. Estrema-mente radicata nel tessuto cittadino che la vide sorgere (volontà, questa, perseguita anche attraverso una attenta politica di investimento in opere sociali, ricreative e assistenziali), la SALP decentrò fin dalle origini il proprio settore commerciale in una capillare rete di ven-dita strutturata per agenzie stabili, costituite in Italia e all’estero, avocando agli stabilimenti sociali di Rivarolo tutte le mansioni e le funzioni relative alla produzione e alla ricerca. Nel 1995, dopo circa tre quarti di secolo di attività, la SALP segnò, con la dichiarazione di stato fallimentare, il suo definitivo declino. L’archivio della SALP è organizzato in 48 serie d’ordinamento. I gruppi sono stati formati dopo la completa schedatura delle carte e dei registri e sono risultati a seguito dell’avvicinamento di documentazione identica o simile.
In altri casi si è deciso di raccogliere i fascicoli sulla base dell’appartenenza all’ufficio che ne trattava lo sviluppo. In taluni casi si è ritenuto opportuno raccogliere materiale vario, ma relativo al medesimo oggetto. Infine si è deciso di accodare all’archivio alcune serie dedicate ai cataloghi della produzione, alle manifestazioni promozionali, al materiale (dall’introdu-zione all’Inventario di Dimitri Brunetti e Gino Bogliolo).
12 Risalgono infatti al 2003 la chiusura dell’Azienda e la cessione di alcuni dei suoi marchi più prestigiosi.