• Non ci sono risultati.

Art 33, II comma lett g) cod cons

3. Le previsioni della lista grigia inerenti al diritto di recesso

3.2. Art 33, II comma lett g) cod cons

Nel sancire l’abusività della clausola che attribuisca al solo professionista il diritto di recesso, la norma in esame traduce la lettera f) dell’allegato della direttiva 93/13, la quale, sul piano lessicale, operava riferimento alla «rescindibilità» del contratto. Dovendo trasporre il precetto di matrice comunitaria nel nostro ordinamento, il legislatore nazionale ha opportunamente individuato nel recesso, nella sua accezione tecnica, il rimedio a cui la direttiva intendeva riferirsi102.

La ragion d’essere della vessatorietà è ascrivibile alla volontà legislativa di sottrarre alla parte “forte” la scelta tra prosecuzione e dissoluzione del vincolo negoziale. Sotto tale aspetto, la norma si pone in chiave derogatoria rispetto all’art. 1373 c.c.103, il quale, come noto, consente alle parti a modulare l’attribuzione del potere di recesso in senso unilaterale ovvero bilaterale. La pattuizione relativa al diritto di recesso, peraltro, deve essere scrutinata anche ai sensi dell’art. 1341 c.c., ponendosi il problema di coordinare la norma di diritto comune con la disposizione in esame. Sul punto, è stato osservato che nell’art. 1469 bis, III comma, n. 7 c.c. – corrispondente all’odierno art. 33, II comma lett. g) cod. cons. – il «sospetto di vessatorietà» non si impernia sulla facoltà di recesso in sé considerata, bensì sull’unilateralità della facoltà concessa al professionista104

.

Quanto alla prova della non vessatorietà della clausola, si contendono il campo due orientamenti interpretativi.

Ad avviso di una parte della dottrina, il legislatore non avrebbe codificato una consequenzialità logica ineludibile tra il carattere unilaterale del recesso del professionista e la natura abusiva della relativa pattuizione, dovendo quest’ultima comunque dar luogo ad un concreto e significativo squilibrio normativo del

102

Cfr. SCALFI, La direttiva del Consiglio Cee del 5 aprile 1993 sulle clausole abusive nei

contratti stipulati con i consumatori, in Resp. civ. prev., 1993, 447; BUONOCORE, La direttiva

comunitaria del 5 aprile 1993 sulle “clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori” e la disciplina della trasparenza nelle operazioni di intermediazione finanziaria (leasing, factoring e credito al consumo), in Banca, borsa, titoli di credito, 1994, 460; CUBEDDU, op. cit., 380.

103

CUBEDDU, op. cit., 385. 104

CUBEDDU, op. cit., 387-388; CECERE, Commento sub art. 1469 bis, in AA.VV., La nuova

contratto105. A sostegno di tale conclusione si ipotizza la stipulazione di un contratto avente ad oggetto la vendita di beni di importazione nel quale, a fronte della fissazione di un prezzo definitivo, venga accordata al venditore la facoltà di recedere qualora le fluttuazioni monetarie determinino un eccessivo innalzamento del costo da sopportare per procurarsi il bene106. L’inserimento della clausola di recesso unilaterale dovrebbe ritenersi non vessatoria nella ulteriore ipotesi in cui l’esperimento del rimedio si riveli connesso alla sopravvenuta inefficienza del prodotto ovvero alla sua dannosità107, atteso che in siffatte circostanze la permanenza del vincolo costituirebbe per il professionista una fonte di responsabilità nei confronti del cliente.

Sull’opposto versante interpretativo viene osservato che il difetto di reciprocità della clausola di recesso convenzionale è ammissibile soltanto nell’ipotesi in cui essa preveda condizioni e modalità di esercizio del diritto più vantaggiose per il consumatore108.

Quest’ultima impostazione sembra preferibile. La genetica asimmetria di potere tra consumatore e professionista, invero, non può certo essere equilibrata dall’inserimento, nell’assetto negoziale, di una pattuizione che faccia pendere sul contraente (già) debole la (ulteriore) spada di Damocle della caducazione del contratto ad opera della controparte.

Le argomentazioni addotte a favore della tesi che ritiene superabile la presunzione di abusività non sembrano peraltro decisive. Con riferimento alla clausola che consenta alla parte forte di svincolarsi dal contratto in presenza di circostanze sopravvenute, in realtà essa non ricade nello spettro applicativo della disposizione in esame, rappresentando, piuttosto, una clausola riproduttiva di una disposizione di legge, efficace ai sensi dell’art. 34 cod. cons. Ed infatti, il legislatore del 1942 ha già accordato (ad entrambe le parti) la facoltà di determinare l’estinzione del contratto a fronte di sopravvenienze imprevedibili e straordinarie,

105

DI SABATO, sub art. 1469 bis, comma III, nn. 7, 8 , in AA.VV., Clausole vessatorie e

contratto del consumatore, a cura di CESARO, Padova, 2003, 250-252. 106

DI SABATO, op. ult. cit., 252. 107

DI SABATO, op. ult. cit., 253. 108

attraverso l’azione giudiziale di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta. Quanto all’asserita configurabilità di un recesso convenzionale finalizzato a garantire l’irresponsabilità del venditore in ipotesi di sopravvenuta dannosità o pericolosità del bene, si deve rilevare come una tale pattuzione integri la fattispecie di nullità di protezione riconducibile alla black list di cui all’art. 36, II comma, cod. cons., ove si prevede l’invalidità delle clausole di esonero della responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore derivante da un fatto o da un’omissione del professionista109

(lett. a) ovvero tese a escludere o limitare le azioni del consumatore in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista (lett. b).

La disposizione in esame solleva un’ulteriore problematica, concernente l’eventuale carattere abusivo di una clausola di recesso bilaterale. Sul punto, possono ritenersi integralmente richiamate le considerazioni svolte in ordine all’opportunità di non attribuire alla specularità del potere estintivo una valenza preclusiva rispetto allo scrutinio di giustizia sostanziale della pattuizione.

Alcune riflessioni – peraltro connesse, come si vedrà, con la questione sopra accennata – devono essere dedicate alla seconda parte della norma, ove viene sancita la natura abusiva del patto che riconosca al professionista recedente di «trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per le prestazioni non ancora adempiute».

Il legislatore si riferisce senza dubbio alla clausola di recesso bilaterale110. In caso contrario, infatti, la vessatorietà prescinderebbe dal versamento delle somme da parte del consumatore, risultando in re ipsa nel carattere unilaterale della facoltà

109

L’espresso riferimento al “fatto” del professionista induce a ritenere che la norma sia applicabile «a tutti i casi di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale dai quali derivi un danno per il consumatore»; cfr. GRAZIUSO, La tutela del consumatore contro le clausole abusive, II ed., Milano, 2010, 406.

Secondo una parte della dottrina, peraltro, la nullità di tale clausola sarebbe invocabile anche ai sensi dell’art. 1229 c.c., nella parte in cui sancisce l’invalidità di qualsiasi patto di esonero o di limitazione della responsabilità nei casi in cui «il fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico», tra le quali rientrano sicuramente quelle preposte alla tutela della salute del creditore. Sul punto v. GORGONI, Commento sub art. 33,

comma 2, lett. a-b-l-m cod cons, in AA.VV., Codice del Consumo. Commentario, a cura di VETTORI, cit., 393.

110

caducatoria in capo al professionista. Il nucleo dello scrutinio di abusività sarà dunque costituito dall’eventuale previsione di un diritto di ritenzione delle somme nell’ipotesi in cui il recesso venga esercitato, in deroga al primo comma dell’art. 1373 c.c., dopo che il contratto abbia avuto un principio di esecuzione111.

Diversamente dalla prima fattispecie contemplata dalla norma – concernente l’attribuzione del diritto di recedere «al solo professionista» – la nullità della clausola attributiva della facoltà di ritenzione resta circoscritta all'ipotesi in cui detta prerogativa venga concessa «al professionista». La divergenza lessicale – è stato osservato – induce a ritenere vessatoria (fino a prova contraria) anche la previsione di un diritto di ritenzione reciproco112.

Siffatta ricostruzione, tuttavia, muove dal presupposto per cui la prima tipologia di clausola prevista dall’art. 33, II comma lett. g) cod. cons. – ossia quella relativa alla facoltà di recesso sprovvista del diritto di ritenzione – risulti vessatoria solo in quanto non reciproca. In questa prospettiva, la discordanza linguistica tra i due frammenti della disposizione costituisce un argomento a favore della generale legittimità di una clausola di recesso bilaterale.

Aderendo ad un diverso inquadramento concettuale del controllo di vessatorietà – non limitato al riscontro della specularità dei poteri contrattuali ma esteso alla valutazione dell’equilibrio sinallagmatico nel suo complesso – è possibile rilevare che mentre il diritto di ritenzione (anche bilaterale) è vessatorio ex

se, la clausola che sancisca il potere di recesso in favore di entrambi i contraenti

deve essere interpretata sistematicamente con le altre pattuizioni che compongono il regolamento contrattuale.

In conclusione, il diritto di trattenere le somme anticipate in caso di scioglimento del contratto è abusivo anche se reciproco, in quanto da solo

111

In ordine all’ampia derogabilità dell’art. 1373, I comma c.c., vedi, ex plurimis, ROPPO, Il

contratto, Milano, 2001, 545.

112

DI SABATO, op. loc. cit. L’A. menziona l’ipotesi in cui «il professionista si riservi il diritto di recedere dal contratto trattenendo il corrispettivo ricevuto dal consumatore ed attribuisca generosamente eguale diritto al consumatore; dopo di che si affretti furbescamente a dare inizio all’esecuzione».

sufficiente a determinare un eccessivo squilibrio di diritti e obblighi113. La previsione contrattuale della facoltà di recesso – non corredata dal diritto di ritenzione – sarà invece vessatoria qualora sia posta a vantaggio del solo professionista ovvero nel caso in cui, seppur bilaterale, risulti in concreto idonea ad alterare l’equilibrio normativo del contratto a scapito della parte debole114.