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La termination nel contratto di affiliazione commerciale

Le considerazioni svolte in ordine all’incidenza del backgroud industriale della subfornitura sulla disciplina del recesso devono ritenersi integralmente richiamate nell’ambito dei rapporti di franchising. Anche nel settore della distribuzione – di cui il contratto di affiliazione commerciale costituisce uno dei canali essenziali163 – l’interruzione della collaborazione commerciale determina

159

Cfr. NAVARRETTA, op. cit., 517, la quale osserva che l’oggetto dell’abuso dell’imprenditore forte non è costituito dalla dipendenza economica della controparte contrattuale, quanto piuttosto dalla propria dominanza economica.

160

Parte della dottrina ha suggerito inoltre di estendere l’operatività del divieto di abuso di dipendenza economica anche agli accordi “orizzontali” tra imprese; TOFFOLETTO, Il contratto di

subfornitura e il divieto di abuso di dipendenza economica, in I contratti di subfornitura alla luce della legge n. 192/98, (Atti del convegno), Milano, 10-11 novembre 1998, 15.

161

Per una recente critica alla stretta correlazione tra abuso di dipendenza economica e principio di buona fede, cfr., invece, SCARSO, Abuso di dipendenza economica, autonomia

contrattuale e diritto antitrust – II parte, in Resp. civ. prev., 2008, III, 512 ss.

162

Si tratta – è stato osservato – di un giudizio che esige una «grande tutela, onde evitare che il richiamo alla interruzione di relazioni commerciali possa tradursi in uno strumento idoneo a ingessare la dinamica dei rapporti di mercato, contribuendo a creare, in capo ad alcune imprese, diritti soggettivi alla stabilità dei rapporti»; cfr. R. NATOLI, voce “Abuso di dipendenza economica,

cit., 22. 163

Sin dagli anni ’80 la dottrina ha qualificato il franchising come un mezzo di pianificazione strategica attraverso cui coordinare «i due criteri economico-finanziari utilizzati dalle aziende e cioè il “margine del profitto netto” che misura l’efficienza della gestione nel breve periodo e il “ritorno sul capitale investito” che riguarda la strategia a medio e lungo termine». Nel contesto di una politica aziendale di espansione e penetrazione nel mercato, la predisposizione di una rete di affiliati

infatti un notevole impatto nella sfera giuridica delle parti e, segnatamente, in quella del franchisee.

È la stessa qualificazione del contratto in termini di enduring relationship164 che denota la centralità del profilo della durata in tale paradigma negoziale. L’analisi economica del diritto rivela, peraltro, come la scelta imprenditoriale di intraprendere un rapporto di distribuzione implichi per l’affiliato ingenti investimenti, «sia di capitale fisso» – il cui ammortamento può essere pregiudicato da un recesso prematuro – «sia di scorte», rispetto alle quali i rischi sorgono nell’ipotesi in cui non venga pattuito alcun obbligo di riacquisto dei prodotti invenduti da parte del franchisor165.

Per tali ragioni, fatta salva l’ipotesi del franchising a tempo indeterminato, si è sviluppata la prassi di assegnare al contratto una durata che oscilla fra i tre e i nove anni, ossia un «arco di tempo […] necessario per ammortare e rendere profittevoli gli investimenti effettuati dal franchisee»166. Il consolidamento di una

recovery period rule fondata sulla connessione tra durata (minima) del contratto e

ammortamento degli investimenti dell’affiliato offre al giudice un «parametro relativamente sicuro»167 per contemperare gli interessi facenti capo alle parti contrattuali; tale metro di giudizio esige, tuttavia, un previo accertamento circa la finalità vessatoria della termination168, in assenza della quale la libertà di recedere del franchisor sarà destinata a prevalere sull’aspirazione alla stabilità della controparte.

Queste riflessioni di ordine generale sulla “traumaticità” del recesso nella sfera dell’affiliato devono essere di volta in volta calate nel contesto economico in cui si sviluppa il ricorso a questo strumento negoziale. La nota distinzione tra diviene un «sistema autoacceleratore della crescita: i ricavi ottenuti dai franchisees già operanti finanziano l’innovazione, condizione sine qua non per mantenere l’attrattività del franchising»; cfr. AMOROSO-BONANI-COLOMBI-FRIGNANI, Il franchising: manuale sugli aspetti di marketing,

finanziari e giuridici, Roma, 1987, 42-50.

164

FRIGNANI, Franchising. La nuova legge, Torino, 2004, 85. 165

PARDOLESI, I contratti di distribuzione, cit., 305. 166

BUSSANI-CENDON, I contratti nuovi. Casi e materiali di dottrina e giurisprudenza.

Leasing, factoring, franchising, Milano, 1989, 425.

167

R.NATOLI, voce “Abuso di dipendenza economica”, cit., 23.

168

Per una rassegna delle ipotesi di recesso abusivo del franchisor si rinvia a R.NATOLI,

franchising industriale e franchising di produzione, in tale prospettiva, non

esaurisce tutte le forme di collaborazione commerciale riconducibili allo schema contrattuale in esame, la cui unica cifra aggregante è data dal «trasferimento di alcune facoltà imprenditoriali specificamente determinate e non del complesso unitario dei beni mobili ed immobili»169 dell’affiliante.

Non potendo, in questa sede, soffermarci sulle peculiarità che contraddistinguono le sottocategorie del franchising, nell’analisi che segue verranno per un verso scrutinate le norme della legge del 2004 che, seppur non esplicitamente riferibili all’istituto del recesso, sono poste a presidio della stabilità del rapporto collaborativo tra affiliante e affiliato. Per un altro verso, si farà cenno ad alcuni orientamenti dottrinali sviluppatisi al fine completare il mosaico rimediale codificato dal legislatore, attraverso il recepimento di coordinate normative esterne alla legge n. 129/2004 e, tuttavia, ritenute espressive di principi generali ed estensibili a tutti i contratti d’impresa.

Orbene, dalle epidermiche considerazioni svolte si evince come la durata del rapporto costituisca di per sé una garanzia per gli investimenti del franchisee. A fronte di tale constatazione, l’assenza di norme dedicate alla fase terminale del contratto ha suscitato numerose perplessità170, soprattutto ove si consideri che anche in un paese di common law come gli Stati Uniti la centenaria elaborazione giurisprudenziale sulla termination nei rapporti d’impresa171 è stata recepita e consacrata dal formante legislativo.

L’unica disposizione che rompe il silenzio del legislatore e codifica l’esigenza di stabilità dell’affiliato è l’art. 3, comma III l. 129/2004, ove viene sancito che nel franchising a tempo determinato «l’affiliante dovrà comunque garantire all’affiliato una durata minima sufficiente all’ammortamento dell’investimento comunque non inferiore a tre anni», fatta salva «l’ipotesi di risoluzione anticipata per inadempimento di una della parti».

169

Così Cass., 23 agosto 1990, n. 8618, in Arch. Loc., 1990, 684. 170

VACCÀ, Le regole del franchising, fra prassi contrattuale e disciplina legislativa, cit., 462.

171

Per i riferimenti alla casistica nordamericana sul recesso nel contratto di franchising, si rinvia a DE GENNARO, I profili concorrenziali del franchise tying: gli orientamenti emersi

nell’ordinamento statunitense e nell’ordinamento comunitario, in Giur. Comm., 2000, I, 235 ss.; R.

Sebbene la norma citata non sia immediatamente riferibile all’istituto del recesso, da essa possono essere ricavati due principi estremamente rilevanti nella disciplina della fase estintiva del rapporto.

In primo luogo, la dottrina ha unanimemente esteso la portata dell’art. 3, comma III ai rapporti a tempo indeterminato, in quanto permane la necessità di «impedire al franchisor di liberarsi dal vincolo contrattuale prima che il franchisee sia rientrato delle spese fate per avviare la propria attività»172. Sul piano ermeneutico, detto esito viene giustificato ora attraverso l’applicazione analogica ai contratti di durata dell’art. 3 – ritenuto espressivo di «un principio di tutela degli investimenti del franchisee di più ampia portata»173 – ora con il richiamo alla clausola generale dell’art. 1375 c.c., la cui violazione comporterebbe un obbligo risarcitorio a carico del franchisor che receda senza tener conto delle esigenze dell’affiliato174

.

Venendo alla seconda regola dettata dall’art. 3, comma III, essa è condensata nell’inciso finale della norma, ove si legittima l’interruzione anticipata del rapporto a fronte dell’inadempienza di una delle parti. La salvezza introdotta dal legislatore potrebbe, a ben vedere, essere ricavata dai principi generali in materia di recesso, in quanto, come avremo modo di osservare, il riscontro di un inadempimento delle obbligazioni ex contractu vale a distinguere, sin dalla elaborazione teorica di G.F. Mancini, il recesso ordinario e da quello straordinario.

Anche nel settore dei rapporti di affiliazione commerciale, pertanto, la ricorrenza di un’alterazione del regolamento contrattuale giustifica il sacrificio dell’interesse della parte inadempiente a fruire di un lasso temporale anteriore all’efficacia del recesso. Letto in questa prospettiva – ed esteso a tutte le tipologie di franchising – l’art. 3, comma III assurge al ruolo di norma sul preavviso di recesso, codificando un principio analogo a quello dettato dall’art. 6, comma II, l. 192/1998. Discostandosi dalla normativa in materia di subfornitura, peraltro, il

172

CAGNASSO-COTTINO, Contratti commerciali, II ed., in Trattato di diritto commerciale, diretto da COTTINO, Vol. IX, Milano, 2007, 242.

173

DE NOVA, La nuova legge sul franchising, in Contratti, 2004, 761. 174

legislatore del 2004 si è fatto carico di quantificare expressis verbis la congruità del termine di preavviso, fissato appunto in tre mesi.

Quanto al profilo dinamico dell’esercizio del recesso, il diritto vivente ha provveduto a colmare le lacunosità del formante legale, sia in favore della parte “forte” sia di quella “debole”.

Nella prima prospettiva la Suprema Corte ha statuito che il rapporto di fornitura della merce può essere interrotto dal fornitore in via unilaterale e senza preavviso qualora il dettagliante non sia titolare di un patto di esclusiva, giacché l’unico limite cui soggiace l’esperimento del recesso è il rispetto dei principi di correttezza e buona fede175.

Per converso – ed in una logica di protezione dell’affiliato – la giurisprudenza di merito ha da un lato precisato che la clausola convenzionale del recesso soggiace allo scrutinio di cui all’art. 1341, comma II, c.c. – operante anche nei rapporti tra imprenditori – nell’ipotesi in cui l’attribuzione del potere estintivo venga decisa unilateralmente dal franchisor176; da un altro lato ha sancito l’operatività, in via analogica, dell’art. 9 l. 192/1998, intesa quale norma espressiva «dei principi di buona fede, solidarietà contrattuale, correttezza nei rapporti tra imprenditori nonché di tutela del principio costituzionale della libera iniziativa economica»177.