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“Puossi colle ricchezze conseguire fama e autorità adoperandole in cose amplissime e nobilissime con molta larghezza e magnificenzia”.185

Sono questi, infatti, gli attori e il teatro in cui ebbe la sua genesi il Liber Fortunae centum emblemata et symbola, al duca d’Alençon dedicato. Questo manoscritto fu intrapreso con un fine ben preciso di cui non potremmo valutare appieno la grandezza, se ignorassimo i retroscena della vita di corte francese di quegli anni, anni in cui cominciarono a dipanarsi i fili delle commedie e delle tragedie della storia in cui stavano per trovarsi coinvolti il giovane Ercole Francesco, “l’italiana” Caterina de’ Medici e il fortunae miles et autor Imbert d’ Anlézy.

La Renaissance française fu un periodo, non privo, certo, di disordini e ostilità ma, altrettanto certamente, ricco di sviluppi positivi e ragguardevoli della vita sociale e culturale del paese. L’incremento del suolo francese ebbe luogo solo tra la fine del Quattrocento e la metà del Settecento grazie all’unione delle piccole province indipendenti in un unico blocco amministrativo

185 Leon Battista Alberti, I primi tre libri della famiglia, a cura di Francesco Carlo Pellegrini, Firenze:

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Alla metà del Cinquecento la Francia visse una fase assai turbolenta della sua storia, che ebbe il suo culmine la notte di san Bartolomeo, tra il 23 e il 24 agosto del 1572. Alla morte di Enrico II la riforma protestante, che riversava in tutta Europa, cercò di insidiarsi nella cattolica Francia. La monarchia francese era indiscutibilmente legata alla Chiesa cattolica con la formula ‘la France est la fille aînée de l’église’, ossia ‘la Francia è la figlia maggiore della Chiesa’; difatti già Enrico fu impegnato, negli ultimi anni del suo regno, nella persecuzione religiosa degli Ugonotti. Anche Francesco II (1544-1560), primogenito maschio ed erede al trono, perdurò nella politica di repressione del protestantesimo che culminò nella congiura di Amboise e nella strage di San Bartolomeo. I motivi di repressione però non erano solo di matrice religiosa: gli Ugonotti contrari alla monarchia assoluta, teorizzavano il diritto di ribellione e la legittimità del tirannicidio. Fanatismo religioso, vendette private e ambizioni di potere avevano alimentato lungo l’odio di entrambe le parti del conflitto, sfociato nel massacro di migliaia di Ugonotti perpetrato dai cattolici: è l’intrico sanguinoso di cui lo storico inglese Herbert Fisher traccia un emblematico quadro nella sua Storia d’Europa: “questa carneficina [la strage di Amboise] le si impose come un dovere orribile e inevitabile, in nome della sua vera religione, del trono dei Valois”.186

La prematura morte di Francesco II senza eredi vide l’ascesa al trono del fratello Carlo IX (1550-1574). Carlo ereditò la corona di Francia a soli dieci anni, per cui essendo minorenne, la regina madre continuò ad esercitare la reggenza per ulteriori due anni. Sotto il regno di Carlo, la Francia fu lacerata dalle guerre di religione nonostante tutti gli sforzi di mediazione della madre Caterina - proprio in questi anni avvenne il matrimonio di Margherita di Valois (1553-1615), figlia di Enrico II e Caterina, con l’ugonotto Enrico III di Navarra (1553-1615).

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Anche Carlo IX morì senza eredi maschi legittimi, nel 1574, lasciando la corona al fratello Enrico III di Valois (1551-1589).

Protagonista indiscussa di questa sanguinaria stagione storica fu, senza dubbio, Caterina de’ de’ Medici. Ella fu la regina di tre re, i suoi tre figli, durante un periodo di trent’anni. Appartenente alla potente famiglia fiorentina de’ Medici, si formò tra Firenze e Roma prima di di diventare regina di Francia.187 La giovanissima Medici, fu fin da subito non particolarmente amata dal popolo francese. In seguito alla morte del marito, Caterina rifiutando di vestirsi di bianco, che era il colore tradizionale del lutto delle regine di Francia, si avviluppò nei lunghi veli neri che non avrebbe più abbandonato fino alla propria morte. Da quel momento, i francesi la appellarono la ‘Reine Noire’. Da Jules Michelet in poi, tutti gli storici del XIX secolo si sono scagliati, con immotivata misoginia, contro quella che ormai la maggior parte degli storici considera una tra i più grandi monarchi e statisti della storia francese.

Dalla tradizione orale alla libellistica, la vox populi ha accusato Caterina delle peggiori nefandezze contribuendo a costruire un immaginario in cui la ‘Regina nera’ era esperta di pratiche occulte, magia nera, veleni e sortilegi nonché peccatrice lussuriosa e assassina senza scrupoli. Nell’Ottocento fa eccezione solo Gustave Balzac, che non era uno storico ma un narratore, il quale nel suo saggio Sur Catherine de Médicis mostra una formidabile intuizione dipingendo Caterina come ‘un grande uomo politico’. Difatti, Caterina è da annoverare come una delle personalità politiche più carismatiche ed influenti del Rinascimento. Secondo lo storico

187 Per una biografia completa si rimanda in particolare: Jean-Hippolyte Mariéjol, Catherine de Médicis,

coll. «Biographie», Parigi: Tallandier, 2005; Jean Orieux, Caterina de’ Medici. Un’italiana sul trono di Francia, Milano: Mondadori, 1988; Thierry Wanegffelen, Catherine de Médicis: le pouvoir au féminin, coll. «Biographie Payot», Paris: Payot, 2005.

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Jean Orieux, i francesi non volevano obbedire a una donna e per giunta ad una donna straniera.188

“Per comprendere il personaggio di Caterina de’ Medici […] occorre tenerla sempre e immersa nel suo tempo, evitando di confondere le idee tipiche della nostra epoca con quelle che dominavano nel XVI secolo”.189

Figlia unica di Lorenzo II de’ Medici duca di Urbino e di Madeleine de La Tour nipote di Lorenzo il Magnifico, nipote del Papa Leone X e parente del Papa Clemente VII, moglie di un re (Enrico II di Valois) e madre di altri tre (Francesco II, Carlo IX ed Enrico Caterina de’ Medici è stata un personaggio di una levatura memorabile che lo stesso Alexandre Dumas, affascinato dal potenziale drammatico del personaggio contribuì ad alimentare istoriando la ‘Reine Noire’ con tratti grotteschi nel romanzo, peraltro assai seducente ed intrigante, La Regina Margot. Una donna, Caterina, educata agli scritti di Machiavelli e a cui, secondo Orieux, Machiavelli non aveva nulla da insegnare. In Catherine de Médicis ou la reine noire, Orieux asserisce che la “figlia del banchiere ricoprì il ruolo di regina di Francia con una autorevolezza che, prima di lei, mai nessuno ha avuto”,190 e riconobbe la “grandezza e la forza d’animo di questa vedova straniera, piccola, grassoccia, nella quale si incarnava il destino della monarchia capetingia, sul punto di capitolare, che lei salvò”.191

Ciò che tradì Caterina, secondo lo storico francese, fu l’intenso amore che nutri per la sua prole: “[Ella] riversò sui figli […] affetti appassionati […] ai figli riconosceva una dignità superiore alla propria, e si sentiva investita del compito di difendere ed esaltare questo sacro

188 Cfr. Jean Orieux, Caterina de’ Medici. Un’italiana sul trono di Francia, Milano: Mondadori, 1988,

pp. 11 e sgg.

189 Ivi, p. 10.

190 Jean Orieux, Caterina de’ Medici. Un’italiana sul trono di Francia, Milano: Mondadori, 1988, p. 29. 191 Ivi, 199.

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principio del sangue dei Valois. Impegno che assolse con una passione sorda, devastante, impietosa e talvolta, come tutte le passioni, cieca”.192

Fu proprio questo affetto sfrenato nei confronti della sua prole che la portò alla rovina. “Caterina era una regina nera, e una madre nera perché tutta la sua progenie brilla solo per le tare e le disgrazie”.193 La Reine restò “superiore sino al penultimo giorno. L’ultimo giorno le sfuggì”.194 Il suo figliolo idolatrato (il duca d’Alençon) l’aveva privata della propria fiducia. Ne Ne morì nella più assoluta disperazione. La sua morte fu nera come i suoi eterni veli di crespo, ma fu la morte di un gran re: il Regno dei Gigli era intatto. La sua opera compiuta.195

Grazie al clima virtuoso promosso da Francesco I, che si guadagnò l’appellativo di ‘père et rénovateur des arts et des lettres ’, e alle numerose commissioni del sovrano francese, si assistette ad un rilevante mutamento del clima culture ed artistico di corte. Vi fu l’ingresso diretto di opere e maestranze fiorentine che comportarono una più omogenea adozione dello stile rinascimentale. Invero la corte di Francia, in quest’epoca, fu una delle più raffinate e ricettive rispetto alle novità culturali del Rinascimento europeo. Il nuovo sapere restò, però, essenzialmente confinato alla corte che ospitò numerosi intellettuali e uomini di lettere.196

Il fervore della prima metà del secolo per la riscoperta dell’antico promosse un fine lavoro filologico con conseguenti manifestazioni di sincretismo culturale che unì la lezione dei Padri

192 Ivi, p. 229. 193 Ivi, p. 379

194 Ibidem.

195 Cfr. Ivi, pp. 9-11.

196 Cfr. C.H. Clough, “Francis I and the Courtiers of Castiglione’s Courtier” in European Studies Review. vol 8, 1978; Denieul-Cormier, Anne. The Renaissance in France. trans. Anne and Christopher Fremantle. London: George Allen and Unwin Ltd., 1969; Desmond Seward, François I: Prince of the Renaissance, New York: MacMillan Publishing Co., 1973, R.J. Knecht, Francis I, Cambridge: University Press, 1984.

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della Chiesa a quella dei filosofi antichi come Ermete Trismegisto, Zoroastro, Orfeo e moderni come Cusano, Ficino, Pico. Furono tradotti e dati alle stampe testi classici (in questo campo si distinsero la famiglia di umanisti e tipografi Amyot, la famiglia Estienne e i Kerveer). La corte francese, anche grazie del Umanesimo italiano, si schiuse all’erudizione e al classicismo: nel 1537 fu tradotto il Cortigiano di Baldesar Castiglione; nel 1545 Francesco I ordinava importanti lavoro agli artisti italiani e francesi allora in auge; Caterina imponeva a corte le maniere e la cultura italiana. Dopo la morte di Leonardo da Vinci, spentosi tra le braccia di Francesco I ad Amboise nel 1519, il re si servì ininterrottamente di artisti del calibro di Andrea del Sarto, il Primaticcio, Rosso Fiorentino, Benvenuto Cellini. Questi artisti costituirono il nucleo della cosiddetta ‘Scuola di Fontainebleau’, sorta dal 1531, che divulgò in Francia lo stile manierista. A Fontainebleau, Francesco I fece portare un incredibile numero di opere antiche acquistate in Italia. La splendida innovazione introdotta da re fu il suo desiderio di far ammirare questi capolavori da tutti i suoi sudditi. A questo scopo, creò a Fontainebleau un’autentica officina di stampaggio e di fusione destinata alla riproduzione degli originali. Il re di Francia, alla sua corte, fungeva da ministro della Cultura e delle Belle arti.197 Egli fu un grande mecenate. Durante tutto il suo regno, Francesco I non rinunciò alla passione per le arti e gli artisti, rendendo la sua corte una tra le più splendide d’Europa.

Sul finire del XVI secolo, la vicinanza con la vibrante corte borgognona (radicata nelle Fiandre) portarono la Francia in contatto con gli artisti e le materie prime del Nord Europa, oltre che con il Rinascimento italiano. La presenza di maestranze italiane e olandesi contribuì ad un significativo e graduale cambiamento di stile nella storia dell’arte del Regno dei Gigli. In seguito alla morte di Francesco I, avvenuta nel 1547, le amministrazioni delle arti passano

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alle cure di Caterina I e dei suoi figli.198 Il periodo compreso tra i regni di Enrico II ed Enrico IV venne fortemente influenzato dal gusto italiano. “Se ella [Caterina] dovette francesizzarsi, la la moda a corte imponeva che ci si italianizzasse”.199

Caterina, in primis, rivoluzionò la cucina francese e il modo di vivere a corte: fu lei che favorì favorì l’introduzione di un galateo, dell’uso della forchetta e del consumo di dolciumi. Impose una nuova moda a corte su come abbigliarsi: adoperò tessuti, sfotte, ornamenti e pietre preziose importate dall’Italia. Introdusse lo stile all’amazzone favorendo una partecipazione più attiva delle belles femmes di corte nel campo dell’equitazione.200 Il fascino della corte francese, è ovvio, non poteva farle dimenticare le sue origini. Perciò ella tentò di creare intorno a sé la propria patria, circondandosi di fiorentini. La sua cerchia più fidata era composta dai suoi cugini Strozzi, dal banchiere Gondi, dal giovane fratello del duca di Mantova Birago e, infine, da Ludovico Gonzaga per cui nutrì un tenero affetto. Tutti, in cambio della loro fiducia, ottennero cariche importanti alla corte francese.

Tuttavia, non si possono non citare gli artisti francesi che contribuirono alla grandezza della corte rinascimentale francese. Un gran numero di artisti francesi di incredibile talento sono ascrivibili a questo periodo tra i quali ricordiamo il pittore Jean Fouquet di Tours e gli scultori Jean Goujon e Germain Pilon. È, inoltre, necessario ricordare che in questi anni fu avviata la ricostruzione del vecchio castello del Louvre a Parigi sotto la direzione dell’architetto Pierre Lescot, divenendo fonte d’ispirazione per tutti i nuovi castelli francesi di stile rinascimentale. Ad ovest del Louvre, Caterina de Medici fece costruire la residenza delle Tuileries, dotata di un grande giardino e di una grotta, dove trascorse la maggior parte della sua vita.

198 Cfr. (a cura di) S. Frommel e G. Wolf, Il mecenatismo di Caterina De' Medici. Poesie, feste, musica, pittura, scultura, architettura, collana Kunsthistorisches Inst. Max-Planck-Inst., Venezia: Marsilio, 2008.

199 Jean Orieux, Caterina de’ Medici. Un’italiana sul trono di Francia, Milano: Mondadori, 1988, p. 185. 200 Cfr. Ivi, pp. 112-138.

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“Mentre il Rinascimento tocca l’apice della sua potenza creatrice, il suo genito si applica con pari raffinatezza a generare l’odio, la crudeltà, la follia dell’omicidio e delle sacrileghe distruzioni. Per effetto quasi di un destino tragico e assurdo, questa società si accanì contro sé stessa, si votò al proprio sterminio, nel momento che legittimava la libertà dell’uomo, che sanciva il rispetto della sua dignità: l’umanesimo. È il mistero della natura umana: in essa, la pratica del male convive con l’inesausta aspirazione a un ideale di purezza”.201 Insieme alla corona del marito, Caterina ereditò la più diffusa, la più appassionata, la più sanguinosa contestazione che la nostra storia abbia conosciuto: le guerre di religione. Le guerre di religione ebbero inizio durante il regno di Carlo IX e culminarono nella guerra dei tre Enrichi. Fin a quel momento Enrico III non aveva eredi indi per cui secondo la legge salica la corona sarebbe Enrico III, re di Navarra, esponente del ramo cadetto dei Borbone che discendeva direttamente e per linea maschile da Luigi IX di Francia, detto San Luigi; Enrico era, tra l’altro, marito di Margherita di Valois, sorella di Enrico III di Francia. Ma, era assolutamente impossibile che un protestante, quale Enrico di Navarra, potesse salire sul trono di Francia. Scoppiò un conflitto nel quale Enrico III assassinò Enrico di Guisa, capo della Lega cattolica, appoggiata dagli spagnoli, e a sua volta il re venne ucciso. Dopo gli assassini di Enrico di Guisa ed Enrico di Valois, il conflitto terminò con l’ascesa al trono del protestante Enrico di Navarra e il suo susseguente abbandono del protestantesimo. La dinastia dei Valois si estinse, il Regno dei Gigli tuttavia era salvo e riunito sotto un unico credo: la France continuò ad essere la fille aînée de l’église.

Fu in questo clima culturale e politico che nacque e si formò François de France duc d’Alençon, il destinatario del nostro manoscritto.

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Ercole Francesco di Valois, duca d’Alençon e d’Angiò, fu l’ottavo figlio di Enrico II di Francia e di Caterina de’ Medici e fratello dei re di Francia Francesco II, Carlo IX e Enrico III. III. Nacque nel 1555 nel castello di Fontainebleau. Nel 1556 il fratello Carlo IX gli assegnò il il titolo di Duca d’Alençon. Fu battezzato con il nome di Ercole ed ebbe come padrini Luigi cardinale di Lorena e Anne de Montmorency, e come madrina la duchessa di Ferrara Anna d’Este. Fin dopo il parto gli fu diagnosticato un cagionevole stato di salute. Alla nascita si scoprì essere affetto da nanismo - Francesco in età adulta era alto meno di 1.50 m.202- giovanissimo contrasse il vaiolo che lo lasciò sfigurato in viso e fu tubercolotico fino alla morte che lo colse a solo ventinove anni. Nonostante la sua breve esistenza, è un personaggio insigne della storia di Francia: la sua vita segna un momento cruciale della moderna civiltà europea. Assunse il nome del nonno, Francesco, all’età di undici anni, decisamente più opportuno, se un giorno fosse diventato re di Francia. Egli prese parte a molte battaglie: guidò la guerra di indipendenza delle Fiandre contro la Spagna. Era destinato a diventare il nuovo sovrano dei Paesi Bassi, proposito che fu infranto in seguito alle perdite subite.

Nel 1570, con l’aiuto della regina madre, Francesco avviò le trattative per convolare a nozze con Elisabetta I d’Inghilterra. Seppure questo matrimonio poteva apparire sconveniente, a causa delle discrepanze religiose e della notevole differenza di età dei due, un tenere affetto sembrò legare entrambi. La corrispondenza tra Francesco e Elisabetta perdurò negli anni così come i negoziati per il matrimonio. Elisabetta nelle sue lettere era solita appellare Francesco la mon renouille.

Seppure non abbiamo documenti ufficiali del loro primo incontro, l’ambasciatore spagnolo Mendoza, durante un incontro tra i due, riporta: “the Queen is delighted with Alençon, and he with her, as she has let out to some of her courtiers, saying that she was pleased to have known

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him, was much taken with his good parts, and she admired him more than any man”.203 Conserviamo un carteggio fra i due amanti, nella collezione Hatfield, in cui le lettere del Ercole Francesco sono definite “ardent enough to set fire to water”.204 La corrispondenza Regina non lascia dubbi sulla tenerezza che lega i due: “You realise, my dearest, that the difficulties lie in making our people rejoice and approve. The public practice of the Roman religion so sticks in their hearts. I beg you to consider this deeply, as a matter which is so hard for Englishmen to bear that it passes all imagination. For my part, I confess there is no prince in the world to whom I think myself more bound, nor with whom I would rather pass the years of my life, both for your rare virtues and sweet nature. With my commendations to my dearest Frog”.205

Elisabeth, lo descrive come “the most faithful and affectionate slave in the world, declaring that he kissed her feet from the coast of that comfortless sea”206 aggiungendo un particolare interessante per gli scambi artistici di corte: “with his letters, he sent “a little flower of gold, with a frog thereon, and therein [a miniature of] Monsieur, and a little pearl pendant”.207

Tuttavia, il matrimonio non fu mai celebrato. Dopo una lunga trattativa, nel 1582 con la sua famosa poesia On Monsieur’s Departure,208 Elisabetta decreta l’addio definito a Francesco e le fine delle trattative per il matrimonio.

203 Martin A. S. Hume, The Courtships of Queen Elizabeth, London: T. Fisher Unwin, 1898, p. 212. 204 Ibidem, 219.

205 Alison Weir, Elizabeth, The Queen, London: Vintage books, 2009, p. 330. 206 Ivi, p. 326.

207 Ibidem.

208 On Monsieur’s Departure, 1582 : “I grieve and dare not show my discontent, /I love and yet am

forced to seem to hate, /I do, yet dare not say I ever meant, /I seem stark mute but inwardly do prate. /I am and not, I freeze and yet am burned, /Since from myself another self I turned.

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Le cronache del tempo dipingono Francesco come un uomo dalla scarsa intelligenza e dalla ancor più scarsa propensione per le attività sportive e le arti, sebbene la corte in cui fosse cresciuto fosse tutt’altro che artisticamente sterile. Suo nonno e suo padre erano ricordati per una grande prodezza fisica ed eccellenza nelle attività fisiche. Tuttavia le fonti testimoniano “his lack of interest and proficiency in the manly arts of sports further opened him to derision in an era where these qualities, for a great part, were the measure of a man”.209

Nonostante la sua, presunta, scarsa prodezza fisica e mentale, durante questi anni di conflitto il più giovane dei rampolli del casato dei Valois giocò un ruolo strategico. Egli, svolse un ruolo

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