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DALLA SUPERFICIE ALLA PROFONDITÀ: IL FLUSSO DELL’ARTE NELL’OPERA DI MAURO COVACICH

III. 2 5 L’eteronimo Angela del Fabbro

III. 4. Arte e scrittura in La sposa

La sposa è una raccolta di racconti concepita come: «un flusso di pensieri che si

concatenano tra di loro»50 (i vari testi sono legati tra loro da elementi intratestuali, come ad esempio personaggi oppure temi), il cui titolo rimanda alla performance itinerante Brides on tour, realizzata nel 2008 dalle due artiste milanesi Pippa Bacca, pseudonimo di Giuseppina Pasqualina di Marineo, e Silvia Moro. Quest’opera prevedeva che le due artiste, vestite esclusivamente con abiti da sposa, effettuasseroun percorso da Milano a Gerusalemme, viaggiando in autostop, al fine di:

[…] mettere a confronto diretto e reale un simbolo positivo come quello della sposa con i paesi recentemente o attualmente colpiti da conflitti; per portare questa letizia, incontrando le donne e le artiste che vivono là, per superare le diversità, attraverso piccole azioni quotidiane e molto femminili e per condividere un poco della loro fatica.51

L’autostop è un’esperienza di viaggio che Pippa Bacca conosceva molto bene dato che, fin da quando era piccola, si era sempre spostata da un luogo all’altro in questo modo, insieme alla

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SALLY O’REILLY,Il corpo nell’arte contemporanea, Torino, Einaudi, 2011 (prima edizione Londra, Thames &

Hudson, 2010), p. 123.

49M.C

OVACICH, L’arte contemporanea spiegata a tuo marito, cit., p. VI.

50

FRANCESCA SCHILLACI,La sposa: intervista a Mauro Covacich, http://blogger.centoparole.it/2014/12/la-sposa-

intervista-mauro-covacich/

66 madre Elena Manzoni, sorella del celebre artista Piero. Viaggiare in autostop presuppone una grande fiducia, in particolare, nell’altro e, in generale, nell’essere umano; farne il fulcro di una

performance artistica aveva, per Bacca, il significato di mostrare come, anche in luoghi dove la

ferocia dell’uomo aveva colpito più duramente, era possibile continuare a confidare nel prossimo e affidarsi ad esso senza alcun timore.

L’utilizzo dell’abito da sposa aveva un forte valore simbolico: esso rappresentava il matrimonio, l’illibatezza, ma soprattutto, in questo contesto, l’inizio di un nuovo periodo della vita. Il candore di tale vestito sarebbe stato sporcato dalle esperienze che Bacca avrebbe compiuto durante il suo viaggio, e sarebbe stato lavato solamente con della liscivia, ottenuta dalle ceneri di oggetti cari ai suoi amici:

«In questo modo il vestito non veniva lavato da un sapone qualsiasi, ma da un “pezzo” delle persone rimaste a casa; così che da una parte gli amici lontani alleggerissero il peso della fatica del viaggio e la aiutassero quindi ad andare avanti; dall’altra partecipassero anch’essi alla grande rete di uomini e donne che Pippa andava intessendo di luogo in luogo, di incontro in incontro».52

Il viaggio delle due spose, cominciato a Milano, si protrasse fino a Istanbul, passando attraverso Slovenia, Croazia, Bosnia, Serbia, Bulgaria, dopodiché decisero di separarsi e proseguire per un pezzo di strada da sole, con la promessa di ritrovarsi a Beirut, in Libano. L’incontro, però, non ebbe mai luogo dato che, il 31 marzo 2008, Pippa Bacca venne caricata in macchina dal trentottenne turco Murat Karatash, il quale, dopo averla portata in una zona del Ballikayalar, vicino la città di Gezbe, prima la stuprò e poi la uccise, strangolandola.53

Terminato il percorso della «pentalogia»,54

52 Ivi.

Mauro Covacich apre la raccolta di inediti La sposa con un racconto omonimo in cui, servendosi della finzione letteraria, ricostruisce l’ultimo

autostop di Pippa Bacca, narrandolo dal punto di vista dell’artista milanese. Egli descrive verosimilmente il silenzio che potrebbe essersi venuto a creare tra lei e il suo assassino; il suo timore verso quell’uomo e, contemporaneamente, la volontà di scacciare tale sentimento in contraddizione con il messaggio stesso del viaggio che stava compiendo. Covacich immagina gli

53

Vd. l’articolo del Corriere della sera: «L’ho violentata e strangolata» L’assassino di Pippa Bacca reo confesso, 38

anni, era già noto alla polizia turca in: http://www.corriere.it/cronache/08_aprile_12/pippa_strangolata_8d6750a0-

0888-11dd-883b-00144f486ba6.shtml

54 Tra A nome tuo e La sposa, Covacich pubblica L’esperimento, romanzo costituito da due storie intrecciate tra loro: la

prima ha come protagonista Gioia, una scacchista in sedia a rotelle, oggetto dell’esperimento del padre defunto, psicologo e appassionato di scacchi, il quale, partendo dal presupposto che il talento non esiste, voleva dimostrare che, educando le proprie figlie a diventare delle campionesse del noto gioco di strategia, esse lo sarebbero diventate per davvero. Di fatto, Gioia è in corsa per diventare una grande scacchista ma, ad un certo punto, comincia ad avere delle visioni. Queste costituiscono la seconda storia che tratta delle vicende di un re depresso e della regina che cerca di aiutarlo. Anche in L’esperimento, Covacich continua ad approfondire il rapporto tra realtà e finzione cominciato con la «pentalogia».

67 sguardi, i sorrisi beffardi del conducente, i particolari come il telefonino stretto sempre nella mano, l’impersonalità della vettura, la tensione e l’inquietudine, la speranza dell’artista di scendere alla città più vicina. Attraverso la finzione, l’autore permette al lettore di percepire la realtà di quei momenti, ma anche di andare contro la tragicità di quest’ultima, riscrivendo un finale diverso:

[…] l’uomo ha smesso di sorriderle e ora c’è quel muscolo mandibolare che pulsa sulla guancia, una novità da prendere in considerazione, lo si voglia o no. Come il fatto che stanno accostando in uno slargo che non è un’area di servizio né l’uscita per alcuna città – Gezbe è ancora una minuscola luce gocciolante all’orizzonte – e lui sta scendendo a telefonare sotto il nubifragio. Ma perché non chiama dal furgone? Cosa deve dire di tanto segreto da non far sentire nemmeno una sillaba alla sua sposa? E qui, a questo punto, quando è costretta ad allarmarsi forse davvero per la prima volta, l’occhio di Dio si solleva seguendo il braccio della telecamera e l’inquadratura si allarga e si vedono i microfoni direzionali, i riflettori, gli irroratori della pioggia, il tecnico del suono, gli attrezzisti, i macchinisti, i tir dei camerini e i gruppi elettrogeni appena oltre le transenne, e non ci sarà nessuna trentatreenne sacrificata e nessuna nuova sindone e l’opera verrà interrotta prima di diventare una parabola e lei saluterà in fretta - Ciao ragazzi! Ciao Pippa! – e andrà dritta come ogni sera verso la limousine della produzione senza neanche togliersi gli abiti di scena.55

La performance viene trasformata così in una sorta di montaggio televisivo, o cinematografico, in cui ciò che viene presentato fin dall’inizio come reale, è solamente una costruzione, una montatura, attraverso la quale Pippa Bacca, invece di morire in maniera violenta e brutale, può tornarsene a casa sana e salva sulla limousine della produzione.

Oltre ad essere un racconto, come spesso ripetuto da Covacich in numerose interviste, sull’incompiutezza, esso si pone in continuità con quanto l’autore ha sviluppato nei romanzi della «pentalogia». Allo stesso modo delle performances di Marina Abramović e di Sophie Calle descritte in Prima di sparire, la vicenda di Brides on tour mostra, considerando il percorso compiuto da Covacich, ancora una volta il rapporto tra finzione e realtà: Pippa Bacca, nel suo progetto artistico, vestiva i panni di un personaggio, una sposa che intraprende un viaggio basato sulla fiducia nell’essere umano, ma la sua tragica morte provoca una violenta irruzione del reale. Tuttavia l’autore triestino, attraverso un finale che si discosta da quanto veramente accaduto, avanza l’ipotesi che la vita non sia altro che finzione, argomento già trattato, come visto sopra, in A nome

tuo.

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CAPITOLO QUARTO