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Il secondo elemento che può essere analizzato è l’evoluzione del motivo della loggia sostenuta da protomi animali. Queste ultime, in realtà, corredano già in un periodo precedente le absidi degli edifici religiosi, e si è fatto riferimento ai casi della stessa San Rufino (fig. 13) e di Santa Maria del Vescovado (fig. 16), oltre che del Duomo di Todi (fig. 17), dove le protomi dilagano anche sui fianchi19. Nel vicino Abruzzo, poi, questo motivo decorativo aveva assunto un ruolo di primaria importanza nella messa a punto di soluzioni di grande equilibrio compositivo, come la splendida abside della cattedrale valvense di San Pelino a Corfinio20 , datata entro il 1181. Tra i primi esempi a noi giunti di fronti corredati da mensole figurate si dovrà invece citare quella di Santa Maria Maggiore a Narni, volendo tener conto della recente proposta di datazione alla prima metà del XII secolo21.

Le protomi avevano una valenza apotropaica, essendo poste a presidio del monumento22, ma schierate sui prospetti, accanto a questa funzione difensiva si caricano anche di un preciso valore di organizzazione spaziale, contribuendo, spesso assieme alla galleria ad archetti ciechi, a rimarcare le partizioni orizzontali che qualificano le facciate di questo periodo23. Con questo intento esse si trovano applicate, oltre che a Narni, sulle facciate delle chiese mevanati di San Silvestro e San Michele. La prima (figg. 59-60), incompleta ma progettata a terminazione rettilinea, presenta una cornice marcapiano in travertino, a foglie nervate, con modiglioni a protomi umane e animali, a cui si alternano conci scolpiti a forma di bestie mostruose. Zoofori di questo tipo corredano molti edifici romanici della zona e sono stati considerati una reinterpretazione della cornice dorica con metope e triglifi, dalla quale ricavano anche buona parte del repertorio iconografico, che caratterizza i numerosi

19

Si veda paragrafo I.2, p. 37.

20

Italia Romanica. Abruzzo e Molise… cit., pp. 10-15; F.GANDOLFO, Scultura medievale in Abruzzo, Pescara, 2001, pp. 102-105; F.ACETO, La cattedrale di San Pelino…cit. p. 250.

21

F.GANGEMI, La facciata… cit.

22

E.CASTELNUOVO, Le protomi, in Lanfranco e Wiligelmo… cit., pp. 491-493; G.TROESCHER, Die Bildwerke am Ostchor des Wormser Doms, in “Zeitschrift für Kunstgeschichte”, 21, 1958, pp. 123-163.

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monumenti funebri di età romana presenti sul territorio24. La cornice del San Silvestro è interrotta dall’inserimento di tre frammenti di architrave marmoreo riutilizzati, in corrispondenza della trifora in asse con il portale. Quest’ultima, composta anch’essa di marmi di recupero, si apre in rottura della tessitura muraria25. Ai suoi lati, a diversa altezza, si notano due bifore con colonnine dal tronco ritorto.

Lungo il prospetto della seconda (figg. 61-62), una cornice marcapiano a dentelli, con archetti pensili impostati su peducci a forma di protomi antropomorfe e zoomorfe, frena lo slancio verticale delle lesene modanate e del campanile. In corrispondenza di queste lesene, alla stessa altezza del marcapiano, la sequenza delle protomi viene ripresa grazie all’inserimento di tre sculture: quelle laterali raffiguranti una coppia di belve feroci e quella a sinistra del rosone a forma di testa coronata (fig. 146), tradizionalmente interpretata come un ritratto di Enrico VI, a partire dal riferimento a quest’ultimo che compare nell’epigrafe incisa sul portale dell’antistante chiesa di San Silvestro26

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Al di sotto della partitura orizzontale sono posizionate due trifore. Sono appunto queste luci a rappresentare un precedente per le loggette che decorano le facciate di Santa Maria Maggiore e di San Pietro a Tuscania (figg. 63, 55) 27, anche se l’introduzione di questo motivo architettonico nella Tuscia, d’origine lombarda, non può prescindere neppure dalle influenze toscane e, in particolar modo, pisane28. Rispetto a quelle di Santa Maria, le colonnine di San Pietro hanno proporzioni più esili e conferiscono all’insieme una maggior leggerezza. In ambedue i casi, la loggetta, delimitata da una coppia di grifoni, è collocata al di sotto delle protomi.

Nell’esempio successivo, il San Feliciano di Foligno (fig. 64), essa risulta invece più coerentemente situata al di sopra della cornice con le mensole figurate, motivo che ci spinge ad appoggiare la ricostruzione della Raspi Serra che, come si è detto, si era espressa a favore di una precedenza cronologica della fabbrica di Santa Maria Maggiore rispetto a quella folignate. La loggia si compone di sei arcate, appena ribassate, poggianti su colonnine tortili coronate da capitelli corinzi di età tardo-imperiale.

24

L.SENSI, Le testimonianze… cit., p. 84. Diversamente G.DE FRANCOVICH (La corrente comasca… cit., p. 80) considerava le mensole decorate da protomi e i fregi scolpiti con animali mostruosi un portato dell’influenza della scultura della Francia occidentale, citando l’esempio della facciata di Notre-Dame-la-Grande di Poitiers.

25

F.FINAURI –L.SENSI, Note sul consolidamento… cit., p. 403.

26

Si veda paragrafo I.1, p. 28 nota 74. Anche sul portale della chiesa di San Michele è riportata un’iscrizione che ci ha tramandato i nomi dei due artefici impegnati nella realizzazione dell’edificio: “RODOLFUS BINELLU(S) FECE(RUNT) H/EC OPERA CHR(istu)S BENEDICAT ILO/S SENPER ET MICHAEL CUSTODIAT”.

27

K.NOEHLES, Die Fassade… cit., p. 21.

28

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Questa serie di arcatelle è stata riferita a una maestranza romana, in base alle affinità che è possibile cogliere con i chiostri dell’abbazia di Sassovivo e del monastero dei SS. Quattro Coronati a Roma (dipendenza dell’abbazia folignate), entrambi opera del romano Petrus de

Maria29. Nel mettere a punto le arcate che si aprono sulla facciata minore del San Feliciano, la maestranza cosmatesca adoperò materiale di spoglio, soprattutto nella file interne delle colonnine. L’utilizzo di elementi reimpiegati è molto diffuso nelle architetture romaniche di questo periodo e permette di cogliere quanto profondamente sia stato avvertito, a cavallo tra XII e XIII secolo, il rapporto con l’antichità e le sue testimonianze, che vengono trasposte sui prospetti delle chiese, come nei casi di Bevagna e Foligno30, per ribadire il legame delle nuove istituzioni comunali con l’illustre memoria storica delle città.

Il passaggio seguente nell’evoluzione del sistema loggetta-protomi può, a mio avviso, riscontrarsi appunto in San Rufino (figg. 1, 65). Rispetto a tutti gli esempi fin qui descritti, ad Assisi la loggia attraversa l’intera superficie della facciata. Viene qui recuperata una serie di soluzioni già osservate nei casi precedenti, come la collocazione di sculture zoomorfe – la coppia di buoi e i due lupi - in corrispondenza delle partiture architettoniche che sottolineano lo slancio verticale. Ma, complessivamente, la disposizione dei vari elementi decorativi risponde a un criterio di maggior sistematicità: lo zooforo, ad esempio, non è più intervallato dalle mensole scolpite, come accade nel San Silvestro di Bevagna o nel fronte minore di San Feliciano a Foligno (fig. 66), ma è sganciato e sovrapposto a quelle. C’è da notare inoltre che nella cattedrale folignate le protomi sono separate da fiorellini e animali scolpiti a bassorilievo, secondo una scansione che si ripete identica ad Assisi, dove però si registra un’ulteriore semplificazione, e tra le varie mensole figurate si dispongono soltanto delle roselline. Sulla facciata assisiate, infine, la loggia non gioca soltanto un ruolo compositivo legato alla divisione degli spazi in cui si articola il prospetto ma, generando una continua vibrazione di luci e ombre, assume una vera e propria funzione cromatica, scongiurando l’effetto di rigido schematismo geometrico insito nella divisione in riquadri operata dalle

29

L.SENSI, Le testimonianze… cit., p. 84. Il collegamento tra il chiostro dell’abbazia di Sassovivo e quello dei SS. Quattro Coronati è stato analizzato da P. C. CLAUSSEN, Magistri doctissimi romani die römischen Marmorkünstler der Mittelalters, Stuttgart, 1987, pp. 161-162. Sul chiostro di Sassovivo, si veda oltre nel testo.

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A questo proposito, è d’obbligo almeno citare la particolare ricontestualizzazione che si registra nel portale di San Michele, dove due antichi cornicioni sono trasformati in stipiti e riscalpellati nella parte apicale, in modo da trasformare la decorazione a corallina in una croce e in un pastorale. Si veda E.NERI LUSANNA, Le officine della scultura: Binello, Rodolfo e gli altri, in Umbria e Marche… cit., pp. 83-112, in particolare p. 91.

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lesene31. Questa lettura, che pone in fondo alla serie il Duomo di Assisi, ci offre indirettamente un aggiuntivo post quem per la realizzazione della facciata, essendo le fronti delle due chiese tuscanesi ritenute compiute, come si è detto, soltanto dopo il 1206.

Quest’elaborazione plastico-architettonica conoscerà un ulteriore sviluppo nella stessa Assisi, nel cantiere della Basilica Superiore. Qui lo zooforo è già stato letto in base al precedente di San Rufino32, anche se le statue del bue e dell’aquila poste ai lati del prospetto del tempio francescano proseguono la decorazione scultorea lungo i fianchi, stimolando una percezione dell’edificio nella sua totalità33

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