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Gli artigiani genovesi nel Mediterraneo

Nel documento Artigiani a Genova nei secoli XII-XIII (pagine 120-144)

Se il lavoro è l’attività caratterizzante degli artigiani, esso non costitui- sce la loro occupazione esclusiva: nel capitolo precedente abbiamo visto come la presenza di uno strumento così duttile come la commenda rende possibi- le per gli artigiani potenziare i propri guadagni attraverso investimenti nel commercio a lungo raggio. In realtà, la commenda costituisce solo una delle possibilità di scelta entro un ampio spettro di strumenti a disposizione degli appartenenti alle diverse categorie di mestiere.

Le imprese commerciali che saranno descritte in questo capitolo hanno origine non solo dalla possibilità di servirsi del contratto di commenda ma anche dalla creazione di una rete appunto commerciale attraverso la presen- za genovese nel Mediterraneo. Il secoli qui in oggetto si collocano cronolo- gicamente entro quella che è stata definita la “rivoluzione commerciale”: un periodo caratterizzato dall’intensificarsi degli scambi e dei traffici su lunga di- stanza di cui si fa motore propulsore anche la presenza territoriale delle prin- cipali città a vocazione marinara1. Al pari di altre città Genova attua, a partire

dal secolo X, una spinta espansionistica nel Mediterraneo che ne definisce un’assidua presenza nelle maggiori piazze commerciali: l’importanza econo- mica e commerciale di questa espansione è stata ripetutamente sottolineata2.

Tuttavia, se la politica coloniale della città ligure è un terreno che è stato già sufficientemente battuto dalla storiografia, il tema è stato sempre trattato dal 1 Il tema è stato ripetutamente oggetto di studi. Come sintesi si rimanda al fondamentale lavoro di Lopez, The commercial revolution of the middle ages; si vedano inoltre Petralia, Moneta,

commercio e credito, pp. 450-457, e Reyerson, Commerce and communications.

2 Per un primo approccio al tema rimane essenziale lo studio di Lopez, Storia delle colonie

genovesi. Per un sunto sulle imprese genovesi nel Mediterraneo occidentale si veda Petti Balbi, Genova e il Mediterraneo occidentale. Per un più dettagliato esame delle linee principali dell’e-

spansionismo nell’Occidente mediterraneo, Jehel, Les Génois en Méditerranée occidentale; Ba- lard, La Romanie génoise, si è invece interessato della presenza dei genovesi in Oriente.

punto di vista del grande commercio con l’intento di mettere a fuoco le azioni dei maggiori operatori, anche perché le iniziative degli appartenenti ai ceti più elevati sono più facilmente leggibili nella documentazione.

Le colonie non sono terreno di azione esclusivo dei mercanti, ma vi si in- seriscono anche gli appartenenti alle categorie di lavoro. Scopo di questo capi- tolo è dunque trattare il tema del commercio mediterraneo dal punto di vista degli strati medio-bassi della popolazione al fine di delinearne la caratteristi- che e la presenza nei territori e nelle piazzeforti economiche genovesi disperse sulle rive del grande mare3. Prima di discutere della partecipazione degli ar-

tigiani nel commercio a lungo raggio e delle attività lavorative nelle enclaves mediterranee interessate dalla politica genovese, occorre tuttavia delineare lo sfondo nel quale si muovono gli artigiani impegnati nel commercio fuori dalla città di origine.

1. Genovesi nel Mediterraneo: lineamenti di un’espansione

Nonostante il lungo attacco saraceno alla città nel 934-935 sia ritenuto dalla storiografia più tradizionalista come l’evento che innesca la spinta verso il mare da parte dei genovesi4, le notizie riguardo le loro imprese marittime

cominciano a essere più certe in concomitanza con gli inizi della prima cro- naca cittadina, ovvero dagli ultimi decenni del secolo XI. È a questa altezza cronologica, infatti, che si possono leggere le prime attestazioni della parteci- pazione genovese alle offensive cristiane nel Nord Africa e più precisamente alla guerra per la presa di Mahdia (nell’attuale Tunisia) nel 1087-1088, mentre per quanto riguarda il Mediterraneo orientale è lo stesso Caffaro che informa delle prime spedizioni genovesi in Terrasanta a partire dal 1093. Se il trampo- lino di lancio di quella che sarà una vera e propria spinta espansionistica che

3 Il capitolo è basato in parte sulla documentazione raccolta dai cartolari notarili redatti a Ge- nova e in parte sui documenti dai cartolari di notai che risiedono nelle colonie. Come si è detto in introduzione, questi ultimi sono disponibili in forma edita: Atti rogati a Cipro da Lamberto

di Sambuceto (11 ottobre 1296 - 23 giugno 1299); Atti rogati a Cipro da Lamberto di Sambu- ceto (3 luglio 1300 - 3 agosto 1301); Atti rogati a Laiazzo da Federico di Piazzalunga (1274) e Pietro di Bargone (1277, 1279); Atti rogati a Tunisi da Pietro Battifoglio. I documenti relativi

alla fortificazione di Bonifacio in Corsica sono invece disponibili in Documenti sul castello di

Bonifacio. Occorre anche dire che non tutti i rogiti presentano una clientela artigiana: le carte

di Pietro Battifoglio, per esempio, contengono molti riferimenti alle famiglie del ceto dirigente che praticano il grande commercio: Embriaco, Vento, Usodimare e in modo particolare i Cibo. Gli atti rogati a Cipro da Lamberto di Sambuceto, invece, accanto ai genovesi – che comunque non sempre risultano ben identificabili socialmente, non trattandosi di personaggi provenienti dal ceto elevato – mostrano anche una spiccata presenza veneziana, mentre i riferimenti ad artigiani genovesi si limitano ai testimoni. Altri rogiti che riguardano le attività degli artigiani fuori dal porto di Genova sono stati reperiti nei cartolari scritti in città.

4 Lopez, Storia delle colonie genovesi, pp. 11-15, l’episodio è raccontato con toni leggendari da Iacopo da Varagine. Per una discussione sulle leggende che ruotano attorno a questo evento: Jehel, Les Génois en Méditerranée occidentale, pp. 12-16. Si veda anche Kedar, Una nuova fonte

abbraccia i maggiori centri mediterranei è rappresentato dalla partecipazione alla difesa delle città del Mediterraneo settentrionale dalle forze musulma- ne, queste motivazioni sono intrecciate a un interesse di stampo prettamente commerciale volto ad acquisire maggiore influenza sulle reti di scambio.

Nel contempo, Genova attua nel quadrante nordoccidentale del Mediter- raneo una politica decisamente meno aggressiva rispetto ai grandi protago- nisti attivando canali diplomatici. Già dagli inizi del secolo XII5, ma più assi-

duamente dagli anni Cinquanta, il comune cerca di coltivare i propri interessi in Provenza, cercando di consolidare la propria posizione a Marsiglia6, spin-

gendosi poi fino in Linguadoca7 e successivamente anche lungo la costa della

Catalogna8. Le iniziative diplomatiche e militari genovesi mirano ad arginare

l’influenza pisana lungo l’asse commerciale della valle del Rodano9, ma anche

a impedire che la presenza dei pisani limiti lo spazio di azione dei genovesi nel tratto di mare fra Liguria, Corsica e Provenza. Va letta sempre quale risposta anti-pisana la penetrazione genovese in Sicilia, dove la città toscana fa sentire la sua presenza già dalla metà del secolo XI. La ricerca di un’alleanza con le forze normanne dà i suoi frutti già nel 1157 attraverso una convenzione che favorisce i genovesi nel commercio del grano, del cotone e del pellame10.

La presenza genovese nella parte orientale del Mediterraneo invece, è attestata già negli anni Sessanta del secolo XI nei documenti della Genizah del Cairo11, significando che la presenza dei genovesi nel Levante precede di

almeno qualche decennio la prima crociata. La partecipazione dei genovesi alla prima crociata è sicuramente soprattutto un affare privato: poiché sono in effetti privati gli armatori che organizzano la prima spedizione verso la Siria12. Per il primo vero coinvolgimento ufficiale del comune occorre aspetta-

re la terza crociata e in seguito le spedizioni verso la Terrasanta da parte dei genovesi sono ininterrotte. Si tratta di spedizioni che permettono a Genova di ottenere da re Baldovino un quartiere ad Acri (1104), la prima grande colonia in Terrasanta13. Da quel momento i genovesi riescono a installarsi a Tiro e Bei-

rut nel regno di Gerusalemme e a Tripoli, dove nel 1109 ricevono il possesso di Gibelletto e la terza parte della stessa Tripoli, successivamente persa14.

5 Si ricorda per esempio una concessione fatta da Berengario di Saint Gilles datata 1108 che sta- bilisce l’esenzione dai dazi per i genovesi e la cessione di un territorio sufficiente per edificarvi trenta case al momento della riconquista della città, su cui Petti Balbi, Genova e il Mediterraneo

occidentale, pp. 509-510.

6 Il trattato di alleanza fra le due città è in vigore a partire dal 1138, mentre nel 1154 un nuovo trattato prevede che, stante la debolezza del potere comitale, Genova possa intervenire nella lotta per il potere fra i due partiti opposti che cercano di dominare la città: Jehel, Les Génois en

Méditerranée occidentale, pp. 40-42.

7 Jehel, Les Génois en Méditerranée occidentale, p. 45. 8 Petti Balbi, Genova e il Mediterraneo occidentale, p. 511. 9 Jehel, Les Génois en Méditerranée occidentale, p. 44. 10 Ibidem, pp. 61 sgg.

11 Si veda Kedar, Mercanti genovesi in Alessandria d’Egitto, e Balard, Genova e il Levante, p. 528. 12 Ibidem, pp. 529-530.

13 Ibidem, p. 532. 14 Ibidem, p. 536.

Diverso è il legame instaurato con Bisanzio, con cui Genova comincia ad avere contatti già all’inizio del secolo XII nel contesto della rivalità con le al- tre città marinare. Quando Genova comincia a inserirsi anche nel quadrante nord-orientale del Mediterraneo, Amalfi, Pisa e soprattutto Venezia hanno già consolidato la propria presenza da almeno qualche decennio. In questo clima, i primi tentativi genovesi sfociano in insuccessi. Genova comincia a ottenere vantaggi commerciali solo a metà secolo XII con Manuele I, con cui il comune stringe un’alleanza mirata a indebolire gli avversari tedeschi dell’imperatore. Ma solo nel 1169 i genovesi ottengono un quartiere che sarà perso due anni dopo in seguito a un assalto veneziano all’insediamento ligure15. Parallela-

mente, i genovesi ottengono anche libero accesso alla navigazione nel Mar Nero, ma i decenni successivi sono caratterizzati da rapporti altalenanti con l’impero determinandosi una situazione che in parte è dovuta alla complessità del contesto politico. In questo periodo l’interesse genovese si volge più verso il commercio nei territori dell’impero che a creare veri e propri insediamenti in territorio bizantino: nonostante i genovesi non riescano a ottenere agevo- lazioni, rimangono attivi dal punto di vista mercantile in varie regioni bizan- tine. Occorre attendere la particolare congiuntura politica del 1261, quando Michele VIII Paleologo ha bisogno dell’aiuto concreto di Genova per porre fine all’impero latino d’Oriente e riconquistare Costantinopoli, perché i genovesi riescano a ottenere importanti concessioni commerciali grazie al trattato del Ninfeo, stipulato lo stesso anno.

Va da sé che i contatti appena descritti alimentano le possibilità di cir- colazione in città sparse in tutto il Mediterraneo e oltre, sia per gli uomini impiegati nel commercio a lungo raggio sia per gli altri individui in cerca di opportunità. Palermo, Messina, Napoli, Tunisi, Bugia, Ceuta, Bonifacio, Mon- tpellier, Saint Gilles, Nizza, Arles, Narbona, Aigues-Mortes, Maiorca, Siviglia, Bisanzio, Chio, Pera, Caffa, Laiazzo: da Oriente a Occidente e con diversi mo- menti di intensità che dipendono dal clima politico, si stabilisce un network di centri urbani in cui Genova non attua solo una politica commerciale, ma anche una spinta espansionistica attraverso l’insediamento di comunità di operatori genovesi, ricorrendo sia alla forza sia a canali diplomatici.

Oltre ai luoghi, interessano tuttavia le modalità con cui il comune riesce a installare questi operatori al fine di capire come si intrecciano i rapporti politici con le possibilità commerciali e lavorative che vengono aperte, come si vedrà, anche agli strati più bassi della società. Questa spinta espansionistica è infatti perpetrata soprattutto attraverso le convenzioni che sono strette con le autorità locali e che regolano l’insediamento dei genovesi grazie a concessioni patrimoniali: generalmente un quartiere comprensivo oltre che di edifici adi- biti a uso abitativo, anche di una chiesa, di una piazza, un forno, un mulino, un macello, depositi e spazi adibiti all’attività commerciale. L’installazione dei genovesi in quartieri delle città con cui Genova ha rapporti diplomatici è 15 Origone, Realtà e celebrazione, p. 553 e Origone, Il Mar Nero, pp. 17-45.

accompagnata da un regolamentazione istituzionale diretta dal comune at- traverso l’insediamento di un console: il rappresentante del comune presso le forze locali al contempo preposto all’esercizio della giustizia16. Al console si

aggiunge l’istituto della scribania, l’organo amministrativo preposto sia alla gestione dei servizi dei quartieri genovesi sia alla raccolta di tasse e derrate, un’istituzione probabilmente modellata sulla cancelleria genovese17. Non di-

sponiamo delle normative che regolano le colonie genovesi ma, se prendiamo i cosiddetti statuti di Pera18 come esempio, si nota come almeno da metà secolo

XIII, ma presumibilmente anche prima, le norme vigenti nella città ligure sono applicate nei possedimenti genovesi in Oltremare.

Si tratta di quelle che possiamo definire – nonostante il termine sia stato contestato19 e nonostante gli alti e bassi diplomatici e la difficoltà di gestione

di luoghi così lontani dal comune di Genova – vere e proprie colonie nelle quali il comune impianta un’amministrazione autonoma al fine di agevolare gli interessi commerciali. Nonostante la storiografia tradizionale abbia defi- nito queste enclaves di presenza genovese come degli spazi di interesse quasi esclusivo dei partecipanti al grande commercio, possiamo affermare che al loro interno interagiscono personaggi di diversa provenienza e appartenenti a tutti i settori della società. La partecipazione degli artigiani al commercio a lungo raggio si inquadra dunque in un contesto di espansione sia militare sia commerciale: un’espansione che ingloba l’intera società genovese che trova nelle colonie nuove possibilità tanto commerciali quanto lavorative.

2. Gli artigiani e il commercio a lungo raggio

Abbiamo già visto nel capitolo precedente come nei documenti di commen- da gli artigiani figurano anche come socii tractantes, ovvero come soci attivi. Risulta dunque evidente che la partecipazione degli artigiani nel commercio a lungo raggio va al di là della mera immissione di merce e capitali sulle piazze commerciali europee. D’altro canto la presenza di artigiani che agiscono quali soci attivi sottolinea come vi sia, in un periodo di grande espansione, anche un alto tasso di mobilità territoriale legata al mondo dei mestieri.

Che oltre ai grandi mercanti la partecipazione alle attività commerciali di lungo raggio sia estesa agli artigiani è un fatto a cui in realtà è stato già accen- 16 Jehel, Les Génois en Méditerranée occidentale, pp. 373-378.

17 Ibidem, pp. 378-381.

18 Pera è la colonia fondata dai genovesi sul Bosforo. Gli “statuti di Pera” sono in realtà una compilazione di leggi che molto probabilmente deriva da statuti genovesi, frutto di una riorga- nizzazione dell’apparato giuridico nel secondo decennio del secolo XIII che si deve a un giurista bolognese. Gli statuti sono stati editi agli inizi del secolo scorso da Vincenzo Promis, Statuti

della colonia genovese di Pera, pp. 513-780. Per una discussione sulle origini degli statuti di

Pera, si rimanda a Savelli, Gli statuti della Liguria, pp. 3-33 e a Savelli, Scrivere lo statuto, pp. 3-201, passim.

nato in altre sedi20; tuttavia gli aspetti quantitativi e i modi d’uso delle tipolo-

gie documentarie legate al commercio a lungo raggio da parte delle categorie di mestiere non sono stati ancora approfonditi. In questo capitolo si metteran- no a fuoco le attività commerciali degli artigiani prendendo in considerazione non solo le commende, ma anche i documenti di cambio/prestito marittimo, di noleggio di imbarcazioni e di mutuum pro panatica21. Si cercherà dunque

di spostare l’attenzione dai grandi operatori del commercio a lungo raggio ai personaggi che appartengono alle categorie di mestiere per delineare un qua- dro delle attività commerciali dal punto di vista degli artigiani.

Gli individui appartenenti alle categorie lavorative figurano come soci attivi in oltre un quarto (37%) dei documenti di commenda che riguardano gli artigiani. La prevalenza di artigiani che compaiono quali soci investitori evidenzia come, nonostante la partecipazione al commercio a lungo raggio sia estesa a una larga parte della popolazione attiva nei mestieri, la commenda è usata principalmente come strumento di investimento da parte degli artigia- ni. Le tabelle in calce sintetizzano i risultati ottenuti dalle oltre cinquecento commende a disposizione:

Tabella 4.1. Artigiani dei diversi mestieri attivi quali socii tractantes

mestiere esercitato numero di riferimenti valore complessivo della commende ricevute

pelliparius 29 955 lire 1 soldo 9 denari*

ferrarius 27 359 lire 2 soldi 64 denari

barberius 16 264 lire 7 soldi*

speciarius 13 596 lire 1 soldi

magister axie 11 158 lire 4 soldi*

batifolium 9 414 lire 15 soldi

botarius 8 318 lire 2 soldi

calafatus 8 114 lire 15 soldi

corrigiarius 7 226 lire 2 soldi

calegarius 7 194 lire 2 soldi

taiator 7 129 lire 6 soldi

cultellerius 7 62 lire 7 soldi

tabernarius 6 112 lire 7 soldi

barillarius 6 69 lire 9 soldi*

20 Balard, La Romanie génoise, vol. 2, pp. 520-521, L’opera di Balard si limita a riconoscere la presenza in Oriente di artigiani impegnati nel commercio e a fornire una lista di artigiani attivi come socii tractantes; al contempo pone l’accento sul fatto che il contributo degli artigiani al capitale investito è di gran lunga inferiore all’ammontare degli investimenti fatti dai grandi operatori.

mestiere esercitato numero di riferimenti valore complessivo della commende ricevute

filator 5 90 lire 14 soldi

tornator 4 68 lire

macellarius 4 42 lire çocolarius 4 35 lire 6 soldi 12 denari

osbergarius 3 24 lire

spaterius 2 82 lire

calderarius 2 55 lire

balisterius 2 28 lire 10 soldi

remularius 1 44 lire

cristallerius 1 41 lire 10 soldi

formaiarius 1 34 lire 7 soldi 2 denari

fornarius 1 27 lire 10 soldi

purpurerius 1 18 lire

sartor 1 10 lire*

piscator 1 9 lire

archerius 1 6 lire

bombaxarius 1 6 lire

tinctor 1 5 lire 8 soldi

lanerius 1 3 lire 8 soldi

cordoanerius 1 42 soldi

Nota: l’asterisco indica che alle somme indicate non si è potuto aggiungere un quantitativo di de- naro che non è stato rilevato a causa di un danneggiamento della carta. Gli artigiani che appaiono ripetutamente come socii tractantes sono stati conteggiati solo una volta.

I dati presentati nella tabella 4.1 indicano la frequenza dei riferimenti ai singoli mestieri e l’ammontare complessivo di somme di denaro raccolte dagli artigiani in veste di socii tractantes. In realtà già la tabella 3.4 che segnala gli importi presi in accomendacio dagli artigiani presentati nel capitolo pre- cedente22 ha definito come gli artigiani riescono in genere ad attrarre investi-

menti minimi; tuttavia i dati qui presentati servono a mostrare la capacità di attrazione di investimenti rispetto a ogni mestiere. In questo senso, va anche detto che si riscontra una maggiore attrattiva di determinate categorie lavo- rative che hanno una naturale connotazione mercantile. Come ci si può aspet- tare, sono numerosi i riferimenti a quelle categorie lavorative che sono natu- ralmente legate al commercio, come gli speziali e i pellicciai, oppure a quei mestieri che hanno attinenza con la costruzione di imbarcazioni. Tuttavia, la 22 Si veda il capitolo 3, paragrafo 1.

presenza anche di artigiani che praticano mestieri che hanno poco a che fare con questi ambiti evidenzia come la possibilità di agire come operatore nel commercio a lungo raggio – in un sistema informale ed elastico, non rigida- mente controllato dall’apparato pubblico – sia una scelta del tutto personale dell’artigiano, non condizionata dal tipo di mestiere esercitato.

Espliciti riferimenti a quanto accade una volta che l’artigiano raggiunge la meta sono scarsi. Ho reperito un solo contratto in cui vengono date specifiche indicazioni su come l’artigiano contraente doveva operare una volta arrivato a destinazione: si tratta di un contratto, datato 1253, tramite cui un tale Fulco Rubeo cultellerius del fu Bellengono del Molo si obbliga verso Oberto di Le- vanto speciarius e Guglielmo cultellerius ad andare a Lipari e portare a Ge- nova per conto loro un quantitativo di allume, accordandosi che Oberto debba avere la metà dell’allume e Guglielmo un quarto del carico, mentre a titolo di pagamento Fulco avrà il rimanente quarto dell’allume23.

Va anche detto che la pratica della mercatura rappresenta uno degli sbocchi verso i quali i giovani figli di artigiani sono indirizzati dal padre: i cartolari notarili offrono un buon numero di casi in cui si dichiara appunto che l’atto viene stipulato auctoritate iussu et presentia del padre. In modo simile a quanto si riscontra per i grandi operatori commerciali, dunque, i figli non ancora emancipati degli artigiani sono affiancati dal genitore che agisce come garante nella stipulazione di contratti commerciali. Per esem- pio, Giovanni, che dichiara di essere filius Girardi barberii, fra novembre del 1213 e gennaio del 1214 contrae una serie di accordi commerciali con l’assenso del padre24. Nonostante non sia ancora emancipato, il giovane è

già proprietario di un’imbarcazione che molto probabilmente è egli stesso a governare e di cui dà a noleggio una quota25. I casi reperibili sono numerosi

Nel documento Artigiani a Genova nei secoli XII-XIII (pagine 120-144)