Come l’ASEAN abbia contribuito a migliorare e pregiudicare il precario equilibrio regionale.
3.2 Il ruolo dell’ASEAN nella competizione per il potere regionale
3.2.2 L’ASEAN e il dilemma del potere
L’approccio al potere della dottrina neo-realista è forse uno dei più conosciuti e studiati. Come accennato anche nella prima parte del lavoro, il fulcro analitico dei moderni studi realisti riguarda le implicazioni della distribuzione globale del potere, in modo da garantire ordine e stabilità alle relazioni internazionali. Di conseguenza si è spesso optato per una quantificazione del potere nazionale in termini di risorse di potere, delle quali la più importante è la forza militare256. Sebbene i neo-realisti riconoscano che gli aspetti concettuali, come norme, ideologia e fede, possano essere importanti nell’esercizio del potere nazionale, questi vengono comunque messi in secondo piano rispetto a un sistema di potere basato sui principi materiali. I cambiamenti nella struttura normativa, quindi, sono fortemente legati al potere e alla sua distribuzione. Riguardo il caso specifico dell’ASEAN i pensatori neo-realisti giustificano questo approccio al potere, ritenendo che anche i leader regionali dovrebbero abbracciare questo impianto teorico e plasmare la propria agenda politica di conseguenza. Ralf Emmers, uno dei principali studiosi della politica regionale, ha scritto che gli analisti non dovrebbero sottovalutare la persistenza del pensiero realista tra i leader politici della regione257. I neo-realisti vedono quindi il loro approccio come predominante e ritengono che la loro analisi si rifletta nella mentalità e nelle politiche dei leader del gruppo ASEAN. Come detto in apertura, esistono chiaramente delle alternative alla definizione realista di potere e i costruttivisti hanno cercato di creare un’alternativa all’equazione potere = forza. I costruttivisti sfidano apertamente l’assunto realista che vede le espressioni, le capacità materiali di esercitare il potere come predominanti rispetto ai fattori concettuali e ideativi. In questo senso, l’acquisto di armamenti e la modernizzazione delle forze armate acquisterebbero significato solamente se incanalati all’interno di un sistema basato su forti valori sociali. L’imposizione di un significato sociale al mondo materiale è potenzialmente la forma di potere definitiva, oltre ad essere un aspetto molto importante in questo tipo di analisi. Le regole, e non solamente la forza, possono curare lo stato d’anarchia iniziale. Il ruolo delle norme nell’evoluzione delle relazioni
256 Waltz Kenneth, Theory of International Politics (pp. 93)
170 internazionali è molto importante e garantisce un valore empirico alla dottrina
costruttivista che pone i prodotti sociali come base fondante dell’identità e degli interessi dello stato. Due importanti pensatori come Finnemore e Sikkink cercarono di supportare questa teoria attraverso la presentazione di un modello in grado di descrivere l’evoluzione e la progressiva influenza delle norme nella politica internazionale. Tale modello suggerisce, in contrapposizione all’idea neo-realista che vede le norme come un epifenomeno della forza, che le grandi potenze abbiano dovuto adattare le proprie istituzioni interne in funzione di norme internazionali che si erano venute a generare in altre parti del mondo. Essi sottolineano come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna garantirono il diritto di voto alle donne solamente dopo che il suffragio venne esteso in paesi non particolarmente influenti, come Nuova Zelanda, Australia e Finlandia258. Le norme, in sostanza, contengono il potere al proprio interno. Provando ad applicare questi assunti all’ASEAN e ad alcuni suoi principi chiave, è necessario tenere presente che le sfumature del potere non sono quindi risultati dallo stato di anarchia ma vengono bensì formate endogenamente attraverso i processi di socializzazione. Tale ragionamento solleva la possibilità che il potere, nel contesto ASEAN, sia una distinta costruzione sociale che prende le distanze dall’equazione egemonica di stampo realista. L’associazione potrebbe rappresentare proprio una rottura del binomio forza- potere, poiché composta prevalentemente da piccole potenze in grado di creare delle norme indipendenti all’interno della propria piattaforma. Seguendo la logica costruttivista, la concezione del potere venutasi a sviluppare all’interno delle maglie dell’associazione sarebbe incorporata nelle proprie norme costitutive e fondamentali, le quali servirebbero proprio a regolare determinati comportamenti dei membri e assegnare loro delle responsabilità riguardo specifiche questioni. Un particolare comune a diverse istituzioni e pratiche dell’associazione è il principio di
regional resilence. Questo concetto riprende quello di national resilence postulato
dal leader indonesiano Suharto ed è riassumibile nell’idea che sia possibile, e preferibile, cercare di costituire uno stato forte attraverso la mobilitazione degli attori interni, come le forze politiche, economiche, sociali, culturali e psicologiche. Il concetto di national resilence ricopre tutti gli aspetti del processo di nation
building, dall’ideologia alla politica, dall’economia alla cultura, e la sicurezza di
258 Finnemore Martha e Sikkink Kathryn, International norm dynamics and political change, in International
171 uno stato dipende principalmente dalla fedeltà della popolazione nei confronti
dell’istituzione statale. Se tutti gli stati adottassero tale concezione, si arriverebbe in breve tempo alla stabilità regionale, di conseguenza si verrebbe a creare la
regional resilence, la quale supporterebbe la national resilence attraverso la
creazione di stabili relazioni esterne, che permetterebbero ai governi di concentrarsi sui problemi interni e sullo sviluppo nazionale. La logica di questo processo si basa sul fatto che, attraverso la creazione di forti accordi tra i membri, possano diminuire le possibili minacce per gli stessi, di conseguenza gli stati ASEAN potranno concentrarsi sullo sviluppo economico e sul controllo dell’arena interna. Affinché la regional resilence possa agire è necessario che gli stati aderiscano ad una serie di norme di comportamento reciproco, poiché la fiducia nel comportamento altrui crea sicurezza e tranquillità, e generare così dei benefici intrinseci in termini di stabilità politica e sviluppo nazionale. Un esempio particolarmente significativo per illustrare questo approccio e comprendere l’importanza che i membri dell’ASEAN ripongono nel principio della regional
resilence è la firma del Treaty of Amity and Cooperation (TAC) nel 1976. Il TAC
istituisce cinque principi guida per regolare i rapporti tra gli stati membri: mutuo rispetto per l’indipendenza, la sovranità, l’uguaglianza, l’integrità territoriale e l’identità di tutte le nazioni; ogni stato ha il diritto di condurre il proprio percorso nazionale in maniera indipendente e libera da qualsiasi tipo di ingerenza esterna; rispetto del principio di non-interferenza negli affari interni; risoluzione delle dispute attraverso mezzi pacifici; rinuncia all’utilizzo della forza259. Le norme contenute all’interno del TAC diventarono i principi associati all’ASEAN Way e regolarono le relazioni intra-regionali sin dalla loro promulgazione. In termini di mero esercizio del potere da parte dei membri fu un importante mezzo per promuovere l’autonomia regionale, sostenendo la tesi costruttivista. L’ASEAN è stato in grado di ridimensionare le tensioni nella regione e favorire la cooperazione economica, convincendo i membri a seguire le sue norme e pratiche. A questo punto, però, è opportuno ricordare che un importante collante del gruppo è stata la percezione di un destino comune, che è preferibile affrontare assieme alla luce della presenza di determinate minacce esterne. Il principale risultato di questa decisione è stata la sottoscrizione formale del TAC da parte di India e Cina, durante
259 ASEAN, Treaty of Amity and Cooperation in Southeast Asia, Bali, 24 febbraio 1976, consultabile presso
172 il summit del 2003, seguite poi da Australia, Corea del Sud, Giappone e Nuova
Zelanda. Considerata la moltitudine di attori regionali che hanno firmato e accettato i principi del TAC, si potrebbe pensare che l’ASEAN sia riuscito a porre le basi per un ambiente più sicuro e stabile, dimostrando così la propria inequivocabile propensione all’azione e di essere in grado di gestire il potere. Quali saranno le conseguenze di questa dicotomia del potere nell’evoluzione del ruolo dell’ASEAN nel sudest asiatico e nella più ampia regione dell’Asia Pacifico? La soluzione ideale, ma anche di più difficile realizzazione, sarebbe riuscire a far coesistere i due approcci. L’ASEAN è inequivocabilmente un’associazione in transizione, nonostante la monolitica aderenza a determinati capisaldi, e nell’atto di evolversi da una fase iniziale dove l’approccio realista era il più congeniale ad analizzare il suo sviluppo, verso una nuova fase dove la dottrina costruttivista appare come la più appropriata. Rimane comunque difficoltoso attribuire una precisa categorizzazione alla proiezione di potere dell’ASEAN. Se decidessimo di analizzare le azioni e le possibilità dell’associazione attraverso una lente analitica di stampo realista, basata quindi sulle capacità di coercizione e dominio, non esisterebbe nessuna proiezione di potenza. Se, invece, decidessimo di analizzare le azioni dell’ASEAN in termini costruttivisti, considerando l’abilità di azione che si concretizza nel generare norme che definiscono e regolano il comportamento degli stati membri, allora potremmo affermare che è relativamente potente. Questa visione conflittuale ha anche un impatto sulle prospettive future dell’associazione. I neo-realisti tenderanno a concentrarsi sugli attributi più critici dell’associazione, come l’incapacità di sviluppare una postura coercitiva nella regione. I costruttivisti, invece, tenderanno ad enfatizzare la prospettiva entro la quale l’ASEAN continuerà a socializzare gli stati membri attraverso la creazione di norme e di un sentimento d’identità che gli permetterà di agire in maniera coerente su determinate questioni politiche ed economiche. Il confronto dicotomico tra queste due prospettive potrebbe essere un prezioso alleato nel tentativo di mettere a fuoco le questioni veramente fondamentali all’interno del dibattito. Scegliere un approccio piuttosto che un altro non ci permetterebbe di avere una visione globale delle virtù e delle debolezze dell’associazione, quindi cercheremo di proseguire nella nostra analisi tenendo bene in considerazione entrambi.
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3.3 Is the ASEAN Way the Right Way? Genesi ed eredità di un vizio di