• Non ci sono risultati.

La pubblicazione dei volumi sulla “Climatologia della Sicilia” [18] ha fornito un primo quadro di riferimento per la caratterizzazione climatica della Sicilia.

Considerando le condizioni medie dell’intero territorio, la Sicilia, secondo la classifica- zione macro-climatica di Köppen, può essere definita una regione a clima temperato-umido (di tipo C) (media del mese più freddo inferiore a 18 °C ma superiore a -3 °C), o meglio mesotermico-umido sub-tropicale, con estate asciutta (tipo Csa), cioè il tipico clima medi- terraneo, caratterizzato da una temperatura media del mese più caldo superiore ai 22 °C e da un regime delle precipitazioni contraddistinto da una concentrazione delle precipitazioni nel periodo freddo (autunno-inverno). Tuttavia, questa definizione ha appunto un valore so- lamente macro-climatico, cioè serve a distinguere, ad esempio, il clima siciliano da quello del Medio Oriente o dell’Europa centrale.

Nella realtà la posizione geografica dell’isola, che per la sua collocazione baricentri- ca nell’area mediterranea è esposta alle influenze sia delle masse d’aria continentali sia di quelle temperate marittime, e il suo articolato assetto orografico, danno luogo, nei diversi settori, a marcate differenze climatiche. Il fattore orografico inoltre, controllando la distri- buzione delle piogge, riduce l’effetto mitigatore del mare nelle aree più interne, rendendo le condizioni climatiche fortemente contrastate.

Dal punto di vista pluviometrico il clima può essere considerato bi-stagionale, con l’80% delle piogge concentrate nel semestre autunno-inverno; ne consegue un’aridità ele- vata, che vede diverse aree, soprattutto del settore meridionale, con ben sette mesi asciutti.

Le informazioni per ciò che riguarda il regime pluviometrico sono disponibili presso il Servizio Idrografico della Regione, dal quale sono stati estratti i dati di pioggia di 78 stazioni pluviometriche sparse su tutto il territorio siciliano. La media delle precipitazioni annue osservate su queste stazioni è di circa 694 mm per un periodo di osservazione di 50 anni compreso tra il 1945 e il 1995 (fig. 2.12).

Dall’analisi dei dati si osserva che le precipitazioni registrate, sono tipiche di un clima temperato-mediterraneo, caratterizzato da un periodo piovoso da ottobre ad aprile e mini- mi stagionali da giugno ad agosto. Dal momento che le piogge sono concentrate in pochi mesi, i fenomeni di ruscellamento superficiale, di infiltrazione e di evaporazione assumono particolare importanza. Le aree più piovose sono localizzate in corrispondenza dei versanti settentrionali dell’Appennino Siculo (precipitazioni medie annue intorno ai 1.000 mm che

CAPITOLO 2. Area di studio

Figura 2.12: Precipitazione Media Annua per il periodo 1945-1995

raggiungono i 1.300 mm sui Nebrodi e sui Peloritani), che costituisce una barriera nei con- fronti dei venti dominanti provenienti dai quadranti settentrionali. Ovviamente il picco di piovosità si localizza sull’Etna (fino a 2.000 mm annui) per la concomitante influenza della posizione geografica e del fattore orografico. Importanti sono anche i movimenti delle mas- se d’aria provenienti dai quadranti meridionali particolarmente intensi lungo le coste del Canale di Sicilia; essi sovente portano condizioni di caldo torrido mitigando il clima delle stagioni invernali.

Di contro le condizioni termiche risultano più uniformi (fig. 2.13), con la generale diminuzione dei valori medi delle temperature con l’altitudine e verso le zone più interne, caratterizzate da inverni più freddi ed escursioni termiche più accentuate. I massimi estivi si riscontrano soprattutto nel settore centro-meridionale, ove, in qualche località interna, le temperature possono superare i 42° C.

Da quanto detto, pertanto, si evince che lo studio climatico del territorio siciliano non risulta affatto semplice; e il grado di complessità va aumentando, se dai valori medi annui si passa a quelli mensili, oppure se si analizzano gli eventi estremi delle temperature massime e minime, o gli eventi piovosi eccezionali. In quest’ultimo caso, infatti, la variabilità spazia- le e temporale diventa molto elevata, principalmente a causa della complessità morfologica del territorio regionale, cui prima si è fatto cenno.

Capitolo 3

Analisi statistiche e relazioni tra i fattori

predisponenti

L’analisi statistica descrittiva permette di analizzare le relazioni d’interazione tra fattori am- bientali e successivamente, incrociando i singoli fattori con i dissesti della carta inventario, di individuare le caratteristiche salienti dei fattori di franosità [50]. Tale analisi statistica deve essere sempre preliminare alla fase di valutazione della pericolosità ed inoltre deve dare la possibilità di individuare gli intervalli di valori significativi per la classificazione dei fattori.

Nel nostro caso l’analisi statistica è stata condotta incrociando i parametri di franosità prima fra loro e in seguito con le frane censite nell’inventario, partendo dal presupposto che nell’analisi multivariata bisogna prima di tutto valutare la statistica monovariata e bivariata così da poter tenere in considerazione la rilevanza statistica delle singole classi.

3.1

Correlazioni tra fattori predisponenti

Per prima cosa sono stati incrociati i fattori relativi alla litologia, all’uso del suolo e ai valori di CN con la pendenza al fine di analizzare le reciproche relazioni e influenze.

L’analisi della distribuzione di frequenza della litologia all’interno di ogni classe di pen- denza (fig. 3.1) evidenzia che il complesso litologico delle argille risulta distribuito in pre- valenza nelle classi con pendenza dai 5-12° e 12-18° (ciò favorisce pendenze basse e pendii dolci e arrotondati). Di contro le argille costituisco il litotipo più frequente e che proprio la

classe in cui sono maggiormente presenti è quella che ha una maggiore abbondanza relativa in confronto alle altre classi di pendenza.

L’altro dato che emerge e che all’aumentare della pendenza (pendenze >32°), i li- totipi argillosi diminuiscono e vengono sostituiti gradualmente da litotipi carbonatici e filladico-matamorfici, anche se proprio quest’ultimo, essendo la sua estensione all’interno dell’area estremamente limitata (solo il 3.5%), statisticamente risulta essere un dato poco significativo.

Dalle osservazioni suddette si può trarre una conclusione fondamentale, e cioè che la pendenza del versante è fortemente determinata dalla litologia affiorante e quindi co- me litologie più consistenti (terreni carbonatici) siano associate a pendii acclivi, mentre rocce deboli (terreni argillosi o arenaceo-argillosi) favoriscano maggiormente morfologie caratterizzate da minor pendenza.

Per quanto riguarda la distribuzione di frequenza dell’uso del suolo per ogni classe di pendenza (fig. 3.2) si nota che nelle classi di pendenza molto basse, al di sotto di 18° prevalgono i seminativi e le colture permanenti, mentre per pendenze più alte, superiori ai 18°, prevalgono le zone boscate e le zone caratterizzate da vegetazione arbustiva e/o erbacea, arrivando a superare il 70% della copertura del territorio per pendenze maggiori di 32°. In questo caso è ragionevole supporre che la pendenza influenzi l’evoluzione e lo spessore dei suoli e, di conseguenza, la vegetazione dominante.

Il grafico di figura 3.3 mostra la distribuzione di frequenza dei valori di CN per classi di pendenza, evidenziando una prevalenza di valori di CN medio-alti (da 76 a 88) equamente distribuiti nelle cinque classi di pendenza.

In secondo luogo è stato incrociato il dato relativo all’uso del suolo con le classi li- tologiche, evidenziando un’alta percentuale di materiali argillosi per la classi relative ai seminativi, alle colture permanenti e alle zone agricole eterogenee mentre, come era preve- dibile, nelle zone estrattive, nelle zone industriali e nelle zone urbanizzate predominano i materiali clastici di deposizione continentale e i materiali carbonatici (istogramma di figura 3.4).

L’istogramma di figura 3.5 mostra la distribuzione dei valori di CN per classi litologiche, evidenziando valori di CN medio-alti (da 76 a 88) principalmente nei terreni argillosi e arenaceo-argillosi, alti (da 81 a 88) nel complesso clastico di deposizione continentale e molto-alti (da 88 a 98) nel complesso vulcanico.

CAPITOLO 3. Analisi statistiche e relazioni tra i fattori predisponenti

seminativi, le colture permanenti, le zone agricole eterogenee e le zone caratterizzate da vegetazione arbustiva e/o erbacea; mentre valori alti (da 88 a 98) sono presenti nelle zone aperte con vegetazione rada o assente, nelle zone estrattive, nelle zone industriali e nelle zone urbanizzate (istogramma di figura 3.6) [51].

(a) Area espressa in percentuale (%)

(b) Area espressa in km2

CAPITOLO 3. Analisi statistiche e relazioni tra i fattori predisponenti

(a) Area espressa in percentuale (%)

(b) Area espressa in km2

(a) Area espressa in percentuale (%)

(b) Area espressa in km2

CAPITOLO 3. Analisi statistiche e relazioni tra i fattori predisponenti

(a) Area espressa in percentuale (%)

(b) Area espressa in km2

(a) Area espressa in percentuale (%)

CAPITOLO 3. Analisi statistiche e relazioni tra i fattori predisponenti

(a) Area espressa in percentuale (%)

(b) Area espressa in km2