3.2 Correlazione fra parametri predisponenti e franosità
3.2.5 Indice di anomalia Pluviometrica
Tra le cause determinanti di innesco franoso le precipitazioni rivestono un ruolo fondamen- tale.
Parametrizzare il fattore legato alle precipitazioni, che rappresenta una variabile di tipo temporale all’interno di modelli che lavorano solo su dati spaziali, non è sempre fattibile.
L’indice di Anomalia Pluviometrica pensato in questo lavoro può essere considerato, tra i possibili indici presenti in letteratura, come un buon compromesso.
A tal fine sono state elaborate le distribuzioni di frequenza del valore medio dell’indice di Anomalia Pluviometrica all’interno delle scarpate di frana di fenomeni a cinematica lenta e all’interno delle aree considerate (nella banca dati IFFI) come non franose.
Come si nota nel grafico di figura 3.14 le distribuzioni di frequenza presentano un picco principale a 0.47 e un picco secondario a 0.51: questo mostra una dipendenza, anche se non netta, con precipitazioni brevi e intense, in cui nell’arco delle prime tre ore di pioggia piova più del 50% della pioggia dell’intera giornata. Analizzando i grafici della figura 3.16 divisi per singola tipologia di frana si constata come le curve delle distribuzioni di frequenza per fenomeni di colamento lento (fig. 3.16a), frane complesse (fig. 3.16b) e scivolamenti rotazionali/traslativi (fig. 3.16c) confermino la presenza di un picco massimo compreso tra 0.46 e 0.47.
Di contro il grafico di figura 3.15, rappresentante la distribuzione di frequenza delle aree ad oggi considerate non in frana, presenta cinque picchi a 0.39, 0.44, 0.46, 0.48 e 0.52 tutti compresi nello stesso intervallo percentuale; ciò fa presumere che non vi è una prevalenza delle precipitazioni intense, ma che le piogge si distribuiscano uniformemente nelle ventiquattro ore.
CAPITOLO 3. Analisi statistiche e relazioni tra i fattori predisponenti
Figura 3.14: Distribuzione di frequenza del valore medio di Iaall’interno delle scarpate di frana a cinematica
lenta
Figura 3.15: Distribuzione di frequenza del valore medio di Iaall’interno delle aree considerate nella banca
(a) Colamento lento
(b) Frane di tipo complesso
(c) Scivolamento rotazionale/traslativo
Figura 3.16: Distribuzione di frequenza del valore medio di Iaall’interno delle scarpate di frana distinte per
Capitolo 4
Metodologie per la definizione della
suscettibilità da frana
La suscettibilità da frana, o propensione al dissesto del versante, può essere definita come la componente spaziale della pericolosità [62] (cioè la probabilità di occorrenza di un evento potenzialmente dannoso in una data area e in un dato periodo di tempo) e fornisce la misura relativa della propensione all’innesco di un fenomeno gravitativo in una data area. Questa dipende dal grado di stabilità intrinseco del versante, espresso in funzione dei fattori pre- disponenti responsabili dell’intensità con la quale agiscono gli sforzi di deformazione. La previsione della suscettibilità consiste quindi nella stima del grado di instabilità di un ver- sante rispetto ad un altro, senza esprimere la probabilità di occorrenza dei fenomeni franosi in termini assoluti o in senso temporale.
All’interno di una determinata area si possono distinguere aree già mappate come frane e aree libere da frane, queste ultime chiaramente rappresentano la maggior parte del territorio. La previsione di suscettibilità in aree libere da frane porta a due casi specifici:
1. propensione al dissesto in aree libere da frana a seguito di rotture di neo-formazione; 2. Individuazione di aree in dissesto non mappate nella carta inventario per mancanza dell’operatore o per cancellazione delle tracce a causa di processi naturali o antropici. I classici fenomeni a cinematica rapida, come i crolli e le colate rapide, tipici di rotture di neo-formazione, ricadono nel primo caso; mentre fenomeni a cinematica lenta come scivolamenti e colate lente, rientrano nel secondo caso.
In Sicilia i crolli e i colamenti rapidi rappresentano solo il 9% dei dissesti, mentre i co- lamenti lenti, le frane complesse e gli scivolamenti rotazionali/traslativi rappresentano circa il 90% dei fenomeni franosi. Queste percentuali hanno indirizzato la realizzazione del mo- dello di suscettibilità solo per i fenomeni a cinematica lenta, escludendo quindi i fenomeni rapidi non solo perché scarsamente rappresentativi ma anche per la carenza di dati riguar- danti i fattori d’innesco. Di contro la realizzazione di un modello unico che comprendesse tutte le tipologie era impensabile per il diverso ruolo che i parametri ambientali giocano nei meccanismi di innesco.
4.1
Metodi di analisi della suscettibilità
I metodi per analizzare la suscettibilità da frana si possono suddividere in tre categorie:
1. Metodi Empirici: una mappa di suscettibilità empirica si basa su rilievi di campagna e/o fotointerpretazione i cui risultati sono poi interpretati da un esperto che indica le zone maggiormente suscettibili secondo i criteri dettati dall’esperienza, elaboran- do i dati (variabili indipendenti) in modi non formalizzabili. Questo metodo ha il difetto di essere soggettivo e fortemente legato alla presenza e alla qualità (non scon- tate) di dati di campagna; d’altra parte può prendere in considerazione particolarità e disomogeneità difficilmente modellabili.
2. Metodi Fisicamente Basati: i modelli fisicamente basati per l’analisi di suscettibilità da frana sono solitamente composti da un modulo geo-meccanico e uno idrologico accoppiati.
3. Metodi Statistici: fanno parte di questa categoria le regressioni mono o multivariate, le reti neurali e l’indicizzazione delle cause. Tutti questi metodi si basano su una banca dati di calibrazione dove si conoscono i valori delle variabili indipendenti (input e parametri) e la corrispondente variabile dipendente (output). Gli algoritmi contenuti in questi metodi ricercano le relazioni e i coefficienti ottimali che legano le variabili indipendenti a quella dipendente. Sono questi i metodi più adatti all’analisi in aree molto vaste.
CAPITOLO 4. Metodologie per la definizione della suscettibilità da frana