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Caratterizzazione dei COV nell’aria ambiente

1.3 Aspetti normativi

Il controllo dell’inquinamento atmosferico in Italia è regolato dal D. Lgs. n. 155/2010 (attuazione della direttiva 2008/50/CE) che individua l’elenco degli inquinanti per i quali è

24 obbligatorio il monitoraggio (NO2, NOx, SO2, CO, O3, PM10, PM2.5, benzene, benzo(a)pirene, Pb, As, Cd, Ni, Hg e precursori dell’ozono). Il provvedimento individua nelle Regioni le autorità competenti per effettuare la valutazione della qualità dell’aria e per redigere eventuali piani di risanamento nelle aree dove sono stati registrati superamenti dei valori limite. L’allegato VI del decreto riporta i metodi di riferimento per la determinazione degli inquinanti, mentre gli allegati VII, XI, XII, XIII e XIV riportano i valori limite, i livelli critici, gli obiettivi a lungo termine e i valori obiettivo rispetto ai quali effettuare la valutazione dello stato della qualità dell’aria. La caratterizzazione dei livelli di concentrazione in aria di benzene, ad esempio, si basa sul numero di superamenti registrati rispetto al valore limite annuale per la protezione della salute umana, pari a 5µg/m3. Recentemente è stato emanato il D. Lgs. n. 250/2012 che modifica e integra il D. Lgs. n. 155/2010 definendo anche il metodo di riferimento per la misurazione dei COV.

Per quanto riguarda la qualità dell’aria indoor, i Rapporti ISTISAN 13/39 riportano che l’Italia non ha ancora predisposto valori guida o riferimenti in accordo con le Linee guida dell’OMS ed in recepimento alla Decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 luglio 2002, che ha istituito il Sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente, ribadendo l’attenzione alle misure e alla valutazione della qualità dell’aria in ambienti chiusi e del relativo impatto sulla salute. In alcuni Paesi comunitari (es. Francia, Finlandia, ecc.), invece, sono già stati elaborati valori guida specifici per la qualità dell’aria negli ambienti indoor, che sono divenuti dei punti di riferimento; oltre al valore guida sono stati forniti i metodi di campionamento e di analisi da utilizzare nei controlli e nelle valutazioni. Ad esempio la Francia ha posto un valore guida di 2 µg/m3 settimanali per la concentrazione di benzene indoor (French Décree 2011).

Riguardo alle emissioni di odori, invece, in Europa non è stata ancora adottata una normativa specifica ma è possibile individuare delle norme che contengono dei riferimenti a riguardo (Manuali e Linee Guida APAT 19/2003). Tra queste si evidenzia la norma tecnica predisposta dal Comitato Europeo di Normazione (CEN) al fine di standardizzare la misura della concentrazione degli odori mediante olfattometria dinamica: il pr (proposed) EN 13725 approvato nell’ottobre 2002, in pubblicazione CEN, elaborato dal Comitato Tecnico Cen/TC 264.

Alcuni Paesi comunitari, come Germania e Olanda, risultano invece all’avanguardia rispetto al tema della gestione delle molestie olfattive. In particolare, la Germania è il Paese europeo che più di ogni altro si è dotato di una normativa organica sugli odori, costituita da una legge quadro sulle emissioni (BundesImmissionschutzgesetz – binsche) a cui si affiancano le TA

25 Luft (linee tecniche per la prevenzione dell’inquinamento dell’aria) e la Direttiva sugli odori GOAA (Guideline on Odor in Ambient Air), approvata dal Comitato dei Lander il 13 maggio 1998.

La normativa italiana non prevede norme specifiche e valori limite sugli odori, tuttavia, nella disciplina relativa alla qualità dell’aria, all’inquinamento atmosferico, ai rifiuti e nelle leggi sanitarie si possono individuare alcuni criteri atti a disciplinare le attività produttive e di smaltimento dei reflui e dei rifiuti in modo da limitarne le molestie olfattive.

Il quadro normativo in materia di odori sul territorio nazionale risulta delineato dalle Regioni, che, essendo le autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni integrate ambientali (AIA) si occupano di fissare limiti alle emissioni di sostanze odorigene, prevedendo controlli e sistemi di mitigazione (es. Lombardia, Puglia e Veneto). Un esempio, in tal senso, è costituito dai limiti fissati in uscita dai biofiltri e, comunque, dai sistemi di trattamento dell’aria di impianti di compostaggio, con valori compresi tra 200 e 300 UO/m3 per le sorgenti diffuse e di 2000 UO/m3 per le sorgenti convogliate (Regione Puglia, 2015). L’ARPA Puglia ha emesso delle linee guida specifiche che prevedono la possibilità di utilizzare sia modelli a recettore in grado di predire l’impatto odorigeno sulla popolazione tramite appositi modelli di dispersione (ARPA Puglia, 2015), sia metodi analitici per la determinazione delle emissioni odorigene in tempo reale, che prevedono l’utilizzo di rilevatori convenzionali (ad es. di H2S) o nasi elettronici, eventualmente correlati a misure di olfattometria dinamica.

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2. Tecniche di campionamento ed analisi dei COV

2.1 Campionamento

I sistemi di campionamento per i COV nell’aria sono i medesimi sia che si eseguano in ambienti outdoor che indoor. È da considerare però che le concentrazioni dei COV in ambienti chiusi sono generalmente superiori rispetto a quelle outdoor. In relazione agli obiettivi del monitoraggio si possono pianificare: a) campionamenti attivi a breve termine (tempo di campionamento compreso tra alcuni minuti e diverse ore), generalmente realizzati mediante l’utilizzo di cartucce adsorbenti (UNI EN ISO 16017-1, 2002) o canister (US Environmental Protection Agency, 1999); b) campionamenti passivi a lungo termine (tempo di campionamento da qualche ora a diversi giorni), generalmente condotti con campionatori diffusivi (UNI EN ISO 16017-1:2004, Brown et al. 2000, Brooks et al. 2011).

2.1.1 Campionamento attivo con cartucce adsorbenti

Il campionamento attivo con cartucce adsorbenti, viene effettuato con l’ausilio di sistemi di aspirazione (pompe di campionamento), a flusso regolabile, opportunamente calibrati alla portata richiesta (Martin et al. 2010). Le cartucce utilizzate sono costituite da tubi, per lo più in acciaio inox, conteneti solidi adsorbenti o miscele di questi. I materiali adsorbenti devono essere conformi a quanto specificato nelle norme UNI EN ISO 16017-1 e ISO 16000-6, e scelti in base ai COV che si intende campionare. Nel caso del successivo desorbimento con solvente, tale metodo prevede che un volume noto di aria campione venga flussato attraverso un tubo costituito da due settori denominati settore analitico e settore di controllo, il cui scopo è di evidenziare l’eventuale superamento della capacità adsorbente del settore analitico; mentre si utilizzano uno o più tubi in serie nel caso del successivo desorbimento termico. Terminata la fase di campionamento, i tubi devono essere richiusi con gli appositi tappi, conservati in contenitori di vetro o metallo in sistemi refrigerati e mantenuti a temperatura controllata fino al momento dell’analisi. La possibilità di utilizzare questa tipologia di campionamento dipende dalla concentrazione dei COV di interesse. Tale metodo risulta generalmente appropriato per concentrazioni minime di 0,5 μg/m3, per singolo composto (Fuselli et al. 2013).

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2.1.2 Campionamento mediante canister

I canister sono contenitori in acciaio inox con volume variabile da 400 ml a 15 l, sottoposti a processo di elettropassivazione, per ridurre la presenza di siti polari chimicamente attivi, e successivamente inertizzati mediante il rivestimento della superficie interna con uno strato sottile di silice chimicamente legata, per ridurre la probabilità di reazione dei COV tra loro e con la superficie stessa (Fuselli et al. 2013). Prima di ogni campionamento, i canister devono essere sottoposti a scrupolosa pulizia per evitare ogni contaminazione del campione prelevato. La procedura di pulizia consiste in diversi cicli di depressurizzazione/pressurizzazione con aria o azoto ultrapuri. Il canister posto sottovuoto spinto, mantenuto mediante una valvola, è pronto per il campionamento che può essere istantaneo o mediato nel tempo. Il campionamento istantaneo si esegue semplicemente mediante apertura della valvola posta a chiusura del canister, mentre quello “mediato” si realizza applicando un orifizio tarato in corrispondenza dell’apertura del canister ed impostando il tempo di raccolta desiderato. La differenza di pressione tra l’interno del contenitore e la pressione atmosferica permette ad un volume noto di aria di entrare nel contenitore. I campioni raccolti possono essere conservati fino a 30 giorni prima dell’analisi, senza che si veirfichino significative alterazioni dei COV contenuti (Lindstrom et al. 2002).

2.1.3 Campionamento diffusivo passivo

Il campionamento passivo di COV viene effettuato sfruttando il semplice processo fisico di diffusione, senza l’ausilio di aspirazione forzata. Il campionatore utilizzato è costituito da una cartuccia cilindrica in rete di acciaio inossidabile contenente un materiale solido adsorbente, con caratteristiche conformi a quanto specificato nelle norme UNI EN ISO 16017-2 e UNI EN 14662-5. All’atto del campionamento la cartuccia viene inserita all’interno di un corpo diffusivo cilindrico microporoso, successivamente montato su un apposito supporto, e viene esposto per un determinato periodo di tempo all’aria ambiente oggetto di indagine. I COV presenti nell’aria ambiente attreversano spontaneamente il diffusore e vengono intrappolati dal materiale adsorbente. L’opportunità di utilizzare tale metodo è da verificarsi in relazione ai livelli di concentrazione dei COV di interesse. Infatti, questo tipo di campionamento dipende dal materiale adsorbente, dalla durata e dalla portata di campionamento, ed è generalmente appropriato per concentrazioni minime di 0,3 μg/m3, per singolo composto. La portata di campionamento, preliminarmente determinata o indicata dal produttore, dipende dalla temperatura misurata durante il campionamento e dal tipo di