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Assetti istituzionali, organizzativi e territoriali dei Servizi Socio Sanitari della Regione Liguria.

FATTORI DI RISCHIO E PROTETT

3.1 Assetti istituzionali, organizzativi e territoriali dei Servizi Socio Sanitari della Regione Liguria.

Le problematiche della gestione associata dei servizi sociali ed alla

persona da parte degli enti locali, unitamente alla dimensione dell’integrazione

socio-sanitaria, per ciò che concerne la regione Liguria, sono affrontate e definite,

a livello normativo da una legge quadro, la L.R. 12/06 e dal vigente Piano sociale

integrato regionale Liguria 2013-2015.

In riferimento alla L.R. 12/06 vediamo recepite e ribadite le funzioni

amministrative istituzionali delineate dalla della L.328/00, tra regione e comuni,

oltre che le definizioni degli interventi e delle prestazioni socio-sanitarie, secondo

le disposizioni del DPCM 14/02/01 esposte nel paragrafo precedente.64

Nell’ambito della norma i nodi dell’integrazione socio-sanitaria, dal punto

di vista dell’organizzazione dei servizi locali a rete, trova una sintesi

nell’istituzione del Distretto socio-sanitario, soluzione gestione trasversale rispetto

ai modelli integrato e coordinato previsti dalle precedenti disposizioni in materia

tra Asl65 ed enti locali.

Da un punto di vista di gestionale il DSS, con territorio e bacino d’utenza

analogo a quello del Distretto sanitario, è una sotto unità territoriale, organizzativa

64 Cfr. Art. 2, L.R. 12/06.

65 Le Asl istituite nella regione Liguria sono cinque, corrispondenti, in maggioranza, ai territori amministrativi

111 e di programmazione socio-sanitaria, per le aree e prestazioni previste dalla

normativa sopra menzionata.

La governance delle aree d’integrazione sugli interventi e le prestazioni è garantita da un’Unità distrettuale formata dal Direttore del Distretto sanitario e da

un Direttore sociale, un Comitato distrettuale tecnico, avendo come referenti

politici le Conferenze di Distretto dei sindaci degli enti locali ricompresi nel

territorio del DSS.

Su indicazione del Piano regionale citato le suddivisioni territoriali dei DSS sono state effettuate a base demografica per bacini d’utenza ricompresi tra

40.000 e 160.000 abitanti, per cui la regione Liguria ha istituito 19 Distretti.

La legge 12/06 affronta la questione della gestione associata dei servizi

sociali definendo Distretto sociale, la dimensione territoriale e demografica delle associazioni di comuni, corrispondente come detto all’area del Distretto sanitario.

Denomina Ambito territoriale sociale l’unità operativa, comunale, infra od

inter-comunale,66 avente di sportello di cittadinanza e funzioni d’erogazione di

interventi e prestazioni sociali di base.

I criteri delle suddivisioni territoriali, dettati dalla regione, sentiti gli enti

locali interessati, sono sempre a base demografica, per cui la linea d’indirizzo stabilisce che i bacini d’utenza in base ai quali istituire gli ATS sono ricompresi

tra 10.000 e 100.000 abitanti: attualmente la regione Liguria vede istituiti 69 ATS.

La questione della gestione associata,67 prospettiva d’analisi seguita in via

principale dal nostro lavoro, è chiaramente solo una delle logiche organizzative

66 L’organo politico di riferimento per la programmazione, organizzazione e gestione degli ATS inter-comunali è

la Conferenza di Ambito dei sindaci; è prevista l’individuazione di un comune capofila, eventualmente con sede d’accesso operativa. A livello di organico l’attuale normativa regionale prevede per l’ATS un èquipe multi- professionale, laddove venga scelta, oltra agli assistenti sociali (uno ogni 5.000 abitanti, prevede il Piano – p.33) la presenza di uno psicologo, quando non ci avvalga di professionalità analoga distrettuale sanitaria. Cfr. L.R. 12/06, artt. 6-7.

112 con cui le disposizioni normative affrontano il tema, in quanto ovviamente gli enti

locali di grandi o medie dimensioni, ora definiti a livello nazionale città

metropolitane, ad esempio in Liguria Genova, hanno il problema opposto. Per

esse la questione è pertanto individuare modelli organizzativi di gestione

operativa decentrata, pur entro indirizzi comunali direzionali unitari.

67 Ai sensi del D.L. 138/11 i comuni sotto i 5.000 abitanti devono gestire il complesso delle loro le loro funzioni

amministrative in maniera associata. Ricordiamo che la regione Liguria conta 235 comuni, di cui 84 sotto i 5.000 abitanti ed addirittura 98 sotto i 1.000. Solo 53 comuni sopra i 5.000 abitanti avrebbero titolo a gestire in via esclusiva le loro titolarità amministrative.

113 3.1.2 Le dimensioni organizzative ed operative distrettuali della Regione Liguria.

In questo paragrafo procediamo a circoscrivere ulteriormente i contesti

operativi socio-sanitari inerenti al tema della tutela minorile, delineando i contesti

organizzativi locali, così come programmati dal Piano Sociale Integrato Regionale

(P.S.I.R.).

A livello distrettuale il documento programmatorio individua due unità tecniche di con finalità differenziate sull’area minori.

Con finalità di pianificazione sugli assetti di programmazione per obiettivi

di Piano e ordinari di gestione ed organizzazione dei servizi sulle aree socio-

sanitarie68 sono previste l’Unità distrettuale dirigenziale e un Comitato distrettuale

socio-sanitario, formato da responsabili di ATS e i referenti per area del Distretto

sanitario.

A livello tecnico operativo ordinario, per le aree previste, sono istituite le

Equipes integrate socio-sanitarie multi-professionali,69 mentre per le situazioni di

presa in carico di carattere straordinario sono attivabili le cosiddette Unità di

Valutazione Multi-professionale, condotte e coordinate dall’Unità distrettuale. In riferimento a quelle che erano previste come Azioni di Piano, per l’area

di pertinenza del nostro lavoro, le logiche programmatorie erano quelle

68 Le ricordiamo tutte ai sensi del DPCM 02/01: Materno infantile, anziani, disabilità, salute mentale e

dipendenze.

69 Il Piano sociale integrato definisce quale azione programmatica: “ Organizzare èquipe integrate

multiprofessionali, composte da personale dei Comuni e da personale delle ASL; l’integrazione sarà quando possibile di tipo residenziale (condivisione della stessa sede), in caso contrario almeno regolata da specifico protocollo operativo, tra ASL-Distretto Sanitario e Comuni-Conferenza di Distretto, dove vengono identificate funzioni, professionalità, strumenti e modalità di presa in carico congiunta. Cfr. Piano, pp.28-29. Il Piano indica peraltro linee guida per le stesse modalità operative della PIC integrata: “Realizzare un sistema di presa in carico integrata, secondo i principi della continuità e corresponsabilità lungo tutto il percorso, dalla valutazione, alla realizzazione del Piano Individualizzato di Assistenza (PIA), al monitoraggio degli esiti, attraverso le èquipes socio-sanitarie integrate distrettuali. Valorizzare il PIA come mezzo per una progettualità condivisa tra servizi ed utente e come strumento per monitorare gli esiti dell’intervento (livello essenziale). Migliorare ruolo e funzioni del case manager” Cit. p.34.

114 tradizionali: una linea di prevenzione e promozione e una linea tutelare di

protezione.

Per ciò che concerne la dimensione della “Prevenzione e sviluppo di

comunità” si possono citare linee d’indirizzo per un sistema educativo integrato,

azioni di sostegno alla maternità ed empowerment familiare, quindi prevenzione dell’allontanamento del minore, sul modello del Programma d’ Intervento per la

Prevenzione dell’Istituzionalizzazione (P.I.P.P.I).70

115 3.1.3. Le linee d’indirizzo regionali relative alla tutela minorile.

In merito alle linee d’indirizzo di Piano decisamente pertinenti al tema

oggetto del presente lavoro è un intero capitolo dedicato agli indirizzi regionali

relativi alla tutela dei minori,71 a cui dedicheremo una breve esposizione.

Il modello sintetizzato individua un mandato istituzionale ed operativo

congiunto servizi ASL-ATS, prevedendo che le diverse fasi degli interventi di tutela facciano capo all’ equipe socio-sanitaria integrata distrettuale, con

formalizzazione mediante protocolli metodologici territoriali.

Le linee definiscono reti d’intervento trasversali di protezione servizi quali

l’affido familiare, l’adozione e le collocazioni residenziali e semi-residenziali; la

prevenzione e cura di maltrattamento e abuso a danno di minori; i protocolli d’intesa ed intervento con le forze di PS per interventi di allontanamento coatto

del minore dalla residenza familiare ex art.403 C.C.

Un paragrafo è dedicato agli indirizzi operativi e in termini di ricerche

intervento in tema di “Accoglienza di minori allontanati dalla famiglia d’origine”, nel cui contesto è chiaro che il fenomeno dell’allontanamento, a livello regionale,

deve ancora essere indagato da un punto di vista sociologico ed assistenziale.72

L’ulteriore dimensione di criticità in tema di tutela minorile che sarebbe

dovuta essere affrontata a livello territoriale è indicata dal Piano “Tutela giuridica

e sociale nel rapporto con l’Autorità Giudiziaria”.

Il paragrafo delinea in estrema sintesi indirizzi per un modello

procedurale, organizzativo ed operativo sul tema, evidentemente sulla scorta di

71 Cfr. Piano cit., il capitolo “Tutela dei minori, delle vittime, delle persone con fragilità sociale”, pp.76-81. 72 In tal senso il Piano disponeva: “Avviare, in collaborazione con il territorio e con il supporto dell’ufficio

regionale competente per il sistema informativo, una rilevazione delle situazione di allontanamento, sia quantitativa (quanti minori allontanati in un anno) che qualitativa (quali caratteristiche)”. La stessa prospettiva metodologica di ricerca doveva vertere sugli esiti degli inserimenti in comunità. Cit. p.78.

116 sistemi analoghi realizzati in altre regioni o città, analizzeremo alcuni di questi

modelli sperimentati nel capitolo dedicato alla metodologia di servizio sociale.

Possiamo ad ogni modo elencare schematicamente le dimensioni oggetto

del modello indicato, così come enunciate dal Piano:

• ricerca quantitativa e apertura gruppo di riflessione, composto da referenti regionali, territoriali e della magistratura, sul Provvedimento dell’Affidamento dei minori ai Servizi Sociali,

anche finalizzato alla definizione di procedure regionali, d’intesa

con l’Autorità giudiziaria

• definizione di schemi tipo di Convenzioni e Protocolli operativi che regolino il rapporto tra Distretti socio-sanitari e Autorità

giudiziaria

• linee guida sulle procedure di tutela, valutazione e segnalazione all’Autorità giudiziaria con estremi ex art.333, da parte dei servizi.

Inoltre, Regione Liguria nel 2015 detta “Linee di indirizzo in materia di maltrattamento, abuso e sfruttamento sessuale a danno dei minori”.

Sul piano organizzativo ed operativo ritiene necessario prevedere a livello di

Conferenza dei Sindaci e di Asl un gruppo tecnico formato dai referenti della rete locale, con compiti di promozione, monitoraggio dell’attuazione delle linee di indirizzo

regionali, predisposizione dei protocolli operativi tra tutti gli attori istituzionali della

rete e programmazione di attività di prevenzione.

Regione Liguria individua due livelli di intervento, entrambi gestiti in modo coordinato

ed integrato dai Servizi Sociali e Sanitari:

1) il primo livello della rilevazione è gestito dall’ équipe integrata sociosanitaria “Minori e Famiglia” che, effettuata la rilevazione, provvede alla segnalazione

117 all’ équipe specialistica. Qualora la situazione non sia ancora stata segnalata

all’Autorità Giudiziaria, provvede alla segnalazione. Attua inoltre tutti gli

interventi di tutela e protezione necessari secondo quanto stabilito attraverso il

progetto per il minore e la sua famiglia;

2) il secondo livello di intervento è gestito da un’ équipe specialistica sovra

distrettuale a forte integrazione sociosanitaria, incaricata della valutazione, dell’elaborazione del porgetto terapeutico, del trattamento, della raccolta dati e

del monitoraggio del fenomeno. L’équipe specialistica è composta da operatori

Sociali e Sanitari (almeno un Assistente Sociale e uno Psicologo), coinvolti nelle attività concernenti l’abuso ed il maltrattamento attraverso un monte ore

dedicato.

3) Assicurare all’interno delle Strutture Ospedaliere la presa in carico di minori

vittime di abuso e maltrattamento, individuando un referente medico, uno Psicologo, un’Assistente Sociale specificatamente formati che, anche attraverso

un sistema di reperibilità, garantiscano un approccio multidisciplinare e il

raccordo con la rete territoriale.

A livello regionale, è costituito un gruppo di studio sul tema maltrattamento e

abuso di minori, composto da referenti degli Uffici regionali, dei Servizi territoriali

Sociali e Sanitari, delle Strutture Ospedaliere, delle Associazioni dei Medici di

Medicina Generale e dei Pediatri extraospedalieri, delle Autorità Giudiziaria, con

finalità di promozione di azioni di prevenzione e di formazione, di sviluppo di un

sistema regionale di raccolta dati, di monitoraggio e coordinamento delle attività

territoriali, promozioni di found raising, di raccordo con i gruppi tecnici istituiti a livello

della Conferenza dei Sindaci di Asl, raccordo con il livello nazionale.73

118 3.2. Le Equipes Integrate e le Unità di Valutazione Multidisciplinare nel Distretto Socio Sanitario 19 - Val di Magra.

Il DSS Val di Magra e l’Asl 5 hanno redatto un protocollo operativo relativo alle

sopraccitate Equipe Integrate Sociosanitarie e alle Unità di Valutazione

Multidisciplinare.

Le prime sono convocate laddove si rilevino bisogni sanitari o sociali

rispettivamente ad alta rilevanza sociale o sanitaria, che necessitino di percorso

sociosanitari già codificati .

Tali Equipes Integrate sono definite come ”un gruppo di operatori appartenenti

alla Asl 5 e ai Comuni del DSS di riferimento, con differenti professionalità ed uno

scopo comune: costruire un progetto di intervento personalizzato ed unitario sulla base di una valutazione multidimensionale. L’èquipe è specifica per ogni area d’intervento –

minori, anziani, disabili, Salute Mentale, Dipendenze – ed è coordinata da un

responsabile sanitario ed un responsabile sociale, o da loro delegati”.

Tale équipe , sulla base degli elementi informativi raccolti, effettua una

valutazione multidimensionale, elabora il Piano di Assistenza Individualizzato ed individua poi l’Equipe di Progetto, ossia il gruppo di lavoro che ha la responsabilità del

caso e che si occupa della gestione del progetto individualizzato, ed il case manager, ossia colui che coordina i processi di presa in carico e segue l’attuazione del progetto

d’intervento in ogni sua fase.

L’èquipe di progetto ha, poi, il compito di condividere il contenuto del PAI con

la famiglia.

L’ èquipe integrata è anche luogo di confronto tra operatori su temi di interesse

119 Compito dell’èquipe è quello di facilitare momenti di riflessione collettiva, di

individuare punti di debolezza del sistema socio sanitario e proporre ipotesi

migliorative.

Per quanto concerne, invece, le Unità di Valutazione Multidisciplinare sono

convocate quando si presentano bisogni sociosanitari ad alta integrazione.

Le UVM sono composte da un nucleo fisso ed uno mobile.

Dei componenti fissi fanno parte il Direttore Sociale e il Direttore Sanitario del

Dss ed un operatore di segreteria, mentre del nucleo mobile fanno parte i vari operatori

dei Servizi coinvolti nella gestione del caso compreso il Medico di Medicina Generale o

Pediatra di libera scelta nonché, se presenti, Amministratore di Sostegno, Curatore,

Tutore.

Possono essere convocati anche operatori del Privato Sociale che contribuiscono al PAI e possono partecipare, se convocati, gli interessati o i parenti dell’utente

In entrambi i gruppi di lavoro, l’approccio alla persona è unitario, in modo da consentire

agli operatori di avere la più completa visione dei bisogni sociali e sanitari del cittadino,

al fine di addivenire ad una valutazione multidimensionale e ad un progetto flessibile e

personalizzato, dove il cittadino possa passare da un intervento ad un altro o combinarli

120 3.3. La sperimentazione del Programma di Intervento Per la Prevenzione dell’Istituzionalizzazione.

Per quel che concerne la Val di Magra, un’ulteriore metodologia che è stata

sperimentata sul territorio dal 2016 al 2017 a favore di famiglie fragili con minori a rischio

pregiudizio o con effettivo pregiudizio, quindi anche per minori affidati all’Ente Locale, è

stata la metodologia e gli strumenti relativi al Programma sperimentale P.I.P.P.I. 5

P.I.P.P.I è un Programma di Intervento Per la Prevenzione all'Istituzionalizzazione

nato nel 2010 da una collaborazione tra il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il

Laboratorio di Ricerca e Intervento in Educazione Familiare dell'Università di Padova e le 10

città italiane che hanno aderito alla prima implementazione (e al loro interno i Servizi Sociali,

le Asl, le Scuole ed il Privato Sociale).

Esso rappresenta il tentativo di creare raccordo tra Istituzioni diverse che condividono

la stessa mission di promozione del bene comune e che, solo unitamente, possono

fronteggiare la sfida di ridurre il numero dei bambini allontanati dalle famiglie.

Il Programma propone linee d’azione innovative nel campo dell’accompagnamento

della genitorialità vulnerabile. In questo senso si inscrive all’interno delle linee sviluppate dalla Strategia 2020 per quanto riguarda l’innovazione e la sperimentazione sociale come

mezzo per rispondere ai bisogni della cittadinanza sperimentando azioni in grado di sviluppare una genitorialità positiva, diffusa nell’ambiente di vita dei bambini che vivono in

condizioni di vulnerabilità, così da rompere il ciclo dello svantaggio sociale.

Il programma, arrivato nel 2017 alla sua 6° sperimentazione in Italia, persegue la finalità di innovare le pratiche di intervento nei confronti delle famiglie “negligenti”, al fine di

ridurre il rischio di allontanamento del minore dal nucleo familiare, tenendo in ampia

121 risposta a questi bisogni, garantendo così ad ogni bambino una valutazione appropriata e di

qualità della sua situazione familiare, con la parallela progettazione. L’obiettivo primario è

quello di aumentare la sicurezza dei bambini e migliorare la qualità del loro sviluppo.

Tale programma rimanda al personaggio di Pippi Calzelunghe, una bambina che vive

senza genitori, ma che trova nelle persone ed animali attorno a sé il giusto supporto per la sua

crescita.

Pippi è, quindi, una figura metaforica delle potenzialità dei bambini e della loro

capacità di resilienza, ossia la capacità di attivare processi di riorganizzazione positiva della

propria vita e di comportarsi in modo socialmente accettabile, a dispetto delle esperienze

critiche che, al contrario, avrebbero potuto sfociare in esiti negativi.

Le Famiglie Target del Programma sono le cosidette famiglie “negligenti”, ossia

famiglie in cui la coppia genitoriale non riesce a soddisfare correttamente i bisogni dei propri

figli, bisogni riconosciuti fondamentali rispetto alle conoscenze scientifiche che si possiedono

e/o dei valori sociali adottati dalla collettività di cui il bambino è parte.

L'ipotesi di ricerca assunta è che, se la questione prevalente è che questi genitori

trascurano i loro figli, l'intervento di allontanamento, che potenzialmente espropria i genitori

della competenza genitoriale rimettendola al Servizio, non sembra essere l'intervento più

appropriato.

Le Famiglie che PIPPI assume come Target sono costituite da:

• bambini da 0 a 11 anni e le loro figure parentali di riferimento;

• bambini il cui sviluppo e la cui sicurezza sono considerati dagli operatori di riferimento come “preoccupanti”, perché le loro famiglie sperimentano difficoltà a

122 • genitori che risultano negligenti a partire dalla compilazione dello strumento del Pre- Assessement utilizzato nella fase di pre implementazione al fine di identificare le

Famiglie Target da includere nel programma;

• famiglie che ancora nutrono una positiva fiducia nell'intervento dei Servizi;

• famiglie già state separate, ma per le quali i Servizi intendono avviare un programma di riunificazione familiare stabile, al fine di ridurre i tempi di allontanamento esterno

alla famiglia dei bambini.

L'approccio teorico di riferimento attraverso cui realizzare la valutazione e la

progettazione dell'intervento con ogni Famiglia Target è il modello della bio ecologia dello

sviluppo umano di Bronfenbrenner che riconosce una relazione di complementarietà tra il

soggetto e gli ambienti vitali; ogni persona è tale grazie ad una moltitudine di relazioni che la

influenzano e che sono influenzate da lei. Quindi, agire sullo sviluppo del bambino richiede l’analisi di sistemi d’interazione composti da più persone, che non va limitata ad un unico

contesto e che deve tener conto di aspetti dell’ambiente che vanno al di là della situazione

immediata di cui il soggetto fa parte.

Tale approccio teorico porta alla formulazione del modello multidimensionale

triangolare definito “Il Mondo del Bambino”che costituisce il quadro di riferimento teorico

condiviso di Pippi. Tale strumento intende offrire ai diversi professionisti un modello per

giungere ad una comprensione olistica dei bisogni e delle potenzialità di ogni bambino e di

ogni famiglia.

Esso fa riferimento alle tre dimensioni fondamentali che compongono il benessere di

un bambino: i bisogni di sviluppo del bambino, le competenze delle figure parentali per

soddisfare tali bisogni e i fattori familiari e ambientali che possono influenzare la risposta a tali bisogni. Le tre dimensioni compongono quindi i tre lati del triangolo de “Il Mondo del

123 Bambino”: il mio crescere; di che cosa ho bisogno da chi si prende cura di me; il mio

ambiente di vita.

Ognuna di queste tre dimensioni è a sua volta composta da un certo numero di

sottodimensioni, con l'obiettivo di supportare l'operatore nell'individuazione delle tematiche

da tenere in considerazione.

Il Mondo del Bambino descrive accuratamente la situazione come si presenta qui e

ora; propone non solo una visione ecosistemica della vita dei bambini, ma anche un modello

operativo centrato non sui problemi, ma sui bisogni e quindi sui diritti dei bambini, mettendo

in stretto rapporto i bisogni e lo sviluppo, permettendo così di comprendere la vita dei

bambini non solo per quello che è nel qui e ora, ma per ciò che può diventare in prospettiva

futura.

Questo strumento garantisce l'unitarietà degli sguardi sul medesimo soggetto; è uno

strumento condiviso da tutte le persone e operatori che sono attivi su quella situazione e può

aiutare a costruire una visione più obiettiva delle situazioni familiari.

Per l'aggancio con le FT, il Gruppo Scientifico dell' Università di Padova ha ideato un

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