• Non ci sono risultati.

Il lavoro multidisciplinare con le famiglie dei minori affidati all'Ente Locale. L'esperienza dei Servizi Socio Sanitari in Val di Magra (SP)

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Il lavoro multidisciplinare con le famiglie dei minori affidati all'Ente Locale. L'esperienza dei Servizi Socio Sanitari in Val di Magra (SP)"

Copied!
145
0
0

Testo completo

(1)

1

INDICE

Introduzione ……… pag 4 - 10

Cap. 1: “ L'affido del minore all'Ente Locale” pag…

Pag 11 - 51

1.1. Evoluzione normativa: dai poteri doveri della potestà genitoriale ai diritti dell'infanzia e dell'adolescenza………. Pag 11 - 21

1.1.1. Il concetto del superiore interesse del minore: la tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi

1.1.2. Tutela giurisdizionale di diritti soggettivi e Servizi Sociali 1.1.3. Il diritto all’audizione del minore

1.2 Ricostruzione storica dei fondamenti normativi dell’istituto dell’affidamento all’Ente Locale………Pag 22 - 31

1.2.1 Gli articoli 330 e 333 del Codice Civile quale presupposto

dell’affidamento all’Ente Locale: la competenza civile del Tribunale per i minorenni

1.2.2. La ridefinizione della competenza civilistica del Tribunale per i

Minorenni e le nuove competenze in materia di tutela minorile attribuite al Tribunale Ordinario

1.3. L’affidamento del minore ai Servizi Sociali dell’Ente Locale: responsabilità formale del programma assistenziale………Pag 32 - 42

1.3.1. L’affidamento del minore all’Ente Locale e l’affido etero familiare nel contesto della normativa sul diritto del minore ad una famiglia

1.3.2. La competenza amministrativa e civile degli Enti Locali relativa agli interventi a favore di minorenni soggetti a provvedimenti delle Autorità

Giudiziarie

1.4. Dal D.P.R. 616/77 alla L. 328/00: funzioni in materia di Servizi ed interventi sociali e titolarità a favore di minori su mandato giudiziario……….Pag 43 - 47 1.4.1 La sintesi della L.328/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e Servizi Sociali”

(2)

2 1.5. Le linee guida dell’integrazione sociosanitaria: D.P.C.M. 14/02/2001 “Atto di

indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio sanitarie” ……Pag 48 – 51

Capitolo 2:“Metodologia del C.B.M. di Milano”….

Pag 52 - 109

2.1. Orientamenti metodologici nell’ambito minorile………..Pag 52 - 55 2.2. Breve ricostruzione dello sviluppo del modello di presa in carico C.B.M ..Pag 56 -94

2.2.1. La relazione d’aiuto tutelare non spontanea secondo il modello di presa in carico C.B.M.

2.2.2. La Funzione dei Provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria nel contesto della relazione non spontanea

2.2.3. Dimensioni operative della presa in carico tutelare non spontanea 2.2.4 Focus sugli aspetti relazionali relativi alla protezione del minore

2.3.Elementi metodologici per la costruzione di modelli di valutazione multi- dimensionale………Pag 95 -109

2.3.1. La valutazione dei fattori di rischio e dei fattori protettivi delle competenze parentali

2.3.2. Mappa sistemico – relazionale del protocollo valutativo 2.3.3. Classificazione dei fattori di richio

2.3.4. Modalità applicativa process – oriented e check lists 2.3.5. Esiti delle valutazioni: percorsi di intervento

Cap 3: “ Il Lavoro con le famiglie di minorenni affidati

all’Ente Locale in Val di Magra (SP)

……….Pag 110 - 133

3.1. Assetti istituzionali, organizzativi e territoriali dei Servizi Socio Sanitari della Regione Liguria……….Pag 110 - 117

3.1.2. Le dimensioni organizzative ed operative distrettuali della Regione Liguria

(3)

3 3.2. Le Equipes Integrate e le Unità di Valutazione Multidisciplinare nel Distretto Socio Sanitario 19 della Val di Magra………..Pag 118 - 119

3.3. La sperimentazione del Programma di Intervento Per la Prevenzione dell’Istituzionalizzaizone (P.I.P.P.I. 5)……….Pag 120 - 127

3.4. Equipe Multidisciplinare e sovra distrettuale “Indifferenti Mai”..Pag 128 - 133

Conclusioni………. Pag 134 - 138 Bibliografia……….Pag 139 - 145

(4)

4 Introduzione

L’interesse ad approfondire il tema della tutela del minore e, in particolare,

dell’affido di quest’ultimo al Comune è sorto in me a seguito del mio lavoro presso un Ente

Locale che si occupa di tutela minorile.

I minori in carico al Servizio Sociale del Comune di S. Stefano di Magra (SP)

possiedono le più variegate storie personali, familiari e sono tutti al centro di una fitta rete di

Servizi Pubblici che erogano prestazioni socio assistenziali e socio sanitarie integrate,

attivando diversi progetti personalizzati, pur con tutti i limiti dei Servizi facenti parte del

Sistema Pubblico (risorse economiche e umane sempre più ridotte, tempistiche lunghe, difficoltà nell’integrazione tra i Servizi).

All’interno del nostro contesto sociale, i minori sono tra le categorie più a rischio;

chi è primariamente deputato a crescerli, amarli ed educarli talvolta non è in grado, o non

vuole occuparsene e, a causa di turbolenze interne (stati biologici, emozioni, credenze,

condizionamenti, aspettative), o esterne (esposizione a traumi, processi intergenerazionali,

classe sociale, culturali, situazioni ambientali, stili educativi) li pone a rischio di

pregiudizio.

Quando un minore all’interno della propria famiglia non è riconosciuto come un

soggetto che ha diritto a crescere bene, interviene un’istanza più alta, la comunità sociale,

attraverso i suoi Organi e i suoi Servizi. La complessità della gestione delle funzioni di tutela minorile prevede un’organizzazione articolata su diversi piani ed il coinvolgimento di

(5)

5 Per quanto riguarda l’Ordinamento Giuridico, i Tribunali per i Minorenni hanno

compiti di tutela verso questi ultimi, con la conseguente facoltà di oltrepassare le volontà e

le scelte della coppia genitoriale. In aggiunta all’istituzione dei sopraccitati Tribunali, il

Legislatore italiano fornisce ulteriori strumenti di tutela minorile, grazie al Codice Civile:

gli articoli 330 – 333 – 403 ,difatti, assegnano al Magistrato o alla Pubblica Autorità poteri

di protezione del minore e di limitazione, o decadenza della potestà genitoriale.

Tale tutela da parte delle Istituzioni non si esaurisce con la parte di immediata

protezione del minorenne, ma contestualmente anche con una valutazione e progettualità sul

minore e sulla sua famiglia, partendo dal presupposto che per il minore non esista luogo

migliore per crescere che la sua famiglia.

Partendo dall’assunto che il maltrattamento di un minore è espressione di un gioco

patogeno attivo nella sua famiglia, tale visione complessa viene applicata anche ai percorsi

di valutazione e di cura del nucleo familiare, utilizzando un approccio multidisciplinare e

multidimensionale relativamente all’analisi della genesi bio psico-sociale della sofferenza

della famiglia e relativamente al conseguente intervento.

Il primo capitolo del mio lavoro è dedicato, quindi, all’evoluzione normativa che porta l’Ordinamento Giuridico nazionale e internazionale a riconoscere la persona

minorenne da persona fisica soggetto passivo di potestà a soggetto portatore di diritti e, conseguentemente, a riconoscere i suoi genitori come i primi responsabili per l’esercizio di

tali diritti. Si pone evidenza al diritto del bambino di crescere all’interno della propria

famiglia e, laddove lo stesso diventi oggetto di procedimenti giurisdizionali in cui si decide

del suo benessere e del suo futuro, il diritto alla sua audizione.

Successivamente, si passa a descrivere una delle forme di tutela nei confronti del minore i cui genitori lo pongono in situazioni pregiudizievoli: l’affido del minore all’Ente

(6)

6 dell’istituto sopraccitato e raccontata la sua nascita quale intervento, da parte del Tribunale

per i Minorenni, di controllo sociale e di rieducazione nei confronti di minorenni con

comportamenti considerati inaccettabili dal punto di vista sociale e da correggere.

Nel corso del tempo, a seguito di trasformazioni economiche, sociali e culturali del nostro Paese, l’affidamento del minore all’Ente Locale evolve, passando da una misura

rieducativa e sanzionatoria nei confronti dei minorenni, a strumento di tutela per i minori

rivolto ai genitori considerati non competenti nello svolgimento delle funzioni genitoriali; a

partire dal 2006, a seguito di riforme del Sistema Giudiziario, tale strumento viene utilizzato

anche dal Tribunale Ordinario.

Si specificano, quindi, le funzioni dell’Ente Locale e dei Servizi Sanitari nella presa

in carico di un minore affidato e della sua famiglia. Viene descritto lo sviluppo normativo

che sancisce le tappe amministrative e socio assistenziali in materia di tutela minorile e di

integrazione socio sanitaria, dal DPR 616/70 relativo al decentramento amministrativo degli anni ’70 alle Riforme del Servizio Sanitario degli anni ’90 alle Riforme costituzionali fino

alla L.3/ 2001.

Nel secondo capitolo, ho descritto un modello di presa in carico della famiglia con

minori a rischio di pregiudizio che possa fungere da orientamento professionale nelle casistiche di minori affidati all’Ente Locale. Ho approfondito il modello di presa in carico

derivante dall’esperienza scientifica del Centro per il Bambino Maltrattato e la cura della

crisi familiare (CBM) milanese.

In questo capitolo viene evidenziata l’importanza del contesto di lavoro non

spontaneo, bensì coatto, conseguente all’emissione di un Provvedimento da parte

dell’Autorità Giudiziaria che renda chiaro alle famiglie qual è il mandato dei Servizi e il

ruolo degli operatori che vi lavorano e che non permetta di creare un contesto “finto

(7)

7 Provvedimento da parte dell’Autorità Giudiziaria, gli interventi di valutazione e sostegno

vengono vissuti dalla coppia genitoriale come una vera possibilità di miglioramento.

Il CBM di Milano sviluppa un modello sistemico – relazionale delle dinamiche

familiari applicabile in funzione tutelare di protezione ed intervento minorile, ma anche a

fini diagnostici e prognostici di capacità e funzioni genitoriali. Il Centro lavora con

metodologia multidisciplinare, con due équipe psicosociali formate da Neuropsichiatri,

psicologi terapisti familiari ed Assistenti Sociali: una microéquipe con funzioni operative sul nucleo familiare ed un’altra con funzioni valutative e di supervisione.

Per quel che concerne, invece, la valutazione socio ambientale Bertotti, operatore del

CBM, tenta una sintesi tra il modello clinico CBM ed un’apertura a metodologie di

valutazione multi-dimensionale di derivazione sociologica: come traccia orientativa per l’indagine psicosociale, propone la codificazione multi-dimensionale delle aree d’indagine e

degli indicatori rilevanti, ai fini della valutazione dei fattori di rischio/protezione e delle

funzioni genitoriali.

Anche Di Blasio, figura storica del CBM, sviluppa l’approccio metodologico sistemico

milanese attraverso la dimensione della valutazione in base ad un modello non strettamente

clinico, ma multi-professionale.

Tale approccio ha pertanto condotto ad un concreto protocollo o check-list di

valutazione multi-fattoriale delle competenze genitoriali.

Il modello valorizza innanzitutto i fattori individuali (biologici, genetici,

psicologici), i fattori familiari e sociali (coppia, bambino, fratria, amici, lavoro, famiglia estesa), i fattori della società e dell’ambiente (ambiente fisico e salute, servizi e risorse della

comunità, condizioni economiche e familiari, supporti del governo) e le reciproche

(8)

8 Il terzo ed ultimo capitolo tratta del lavoro effettuato nei Servizi Socio Sanitari della

Val di Magra (SP) con i minori a rischio o in stato di pregiudizio, tra cui i minori affidati all’Ente Locale.

Come indicato dal Piano Sociale Integrato regionale della Liguria, i Servizi Socio

Sanitari collaborano attraverso Equipes Integrate, nelle quali si costruisce un progetto di

intervento personalizzato ed unitario sulla base di una valutazione multidimensionale del

nucleo familiare.

In Val di Magra, tra il 2016 ed il 2017, è stato sperimentato il Programma di Intervento Per la Prevenzione all’Istituzionalizzazione; tale Programma propone linee

d’azione innovative nel campo dell’accompagnamento della genitorialità vulnerabile e

persegue la finalità di innovare la metodologia e gli strumenti utilizzati nel lavoro con le famiglie “negligenti”, al fine di ridurre il rischio di allontanamento del minore dal nucleo

familiare, tenendo in ampia considerazione la prospettiva dei genitori e dei bambini stessi nel costruire l’analisi e la risposta a questi bisogni, garantendo così ad ogni bambino una

valutazione appropriata e di qualità della sua situazione familiare, con la parallela

progettazione.

Nel testo viene spiegato come il lavoro con le famiglie abbia la finalità di svolgere

una valutazione trasformativa e partecipata del nucleo: ad ogni fase del Programma, dall’Assessement alle Microprogettazioni, dai momenti di verifica del progetto alla chiusura

dello stesso, l’intero nucleo familiare, compreso il minore, viene coinvolto e reso

protagonista dei vari steps, attraverso strumenti specifici come l’uso del “Mondo del

Bambino” ispirato alla valutazione multifattoriale della Di Blasio, o l’uso di questionari;

tutto ciò permette al nucleo di diventare maggiormente consapevole delle proprio

caratteristiche, delle conseguenze delle stesse e, quindi, maggiormente motivato al

(9)

9 Tale programma rimanda al personaggio di Pippi Calzelunghe, una bambina che

vive senza genitori, ma che trova nelle persone ed animali attorno a sé il giusto supporto per

la sua crescita.

Un altro degli scopi del Programma è proprio questo: creare a favore del nucleo

familiare reti di supporto, attraverso Famiglie d’appoggio, Educativa domiciliare, Gruppo

Genitori, che possano sostenere il nucleo familiare nella gestione pratica ed emotiva del

minore, in modo da poter fornire maggiori fattori protettivi attorno a quel nucleo.

Il capitolo si conclude con la descrizione di un altro Servizio della Val di Magra: l’équipe specialistica sovradistettuale “Indifferenti Mai”, dedicata al contrasto ed al

recupero delle situazioni di maltrattamento e abuso dell’infanzia. Tale équipe

multidisciplinare assicura un’adeguata specializzazione nella cura dei minori relativamente alle dinamiche post traumatiche, grazie all’esperienza acquisita ed ai continui aggiornamenti

teorici.

La metodologia utilizzata è suddivisa su tre livelli: costituzione di Microéquipe,

formata da un Assistente Sociale e due Psicologi che si occupa della presa in carico, Equipe

allargata per attivare e monitorare i progetti terapeutici e per la supervisione, Gruppi di

Lavoro per definire percorsi su tematiche specifiche.

Purtroppo, a causa di turn over degli operatori e dei Responsabili e, a seguito di

riorganizzazione del Servizio, attualmente il lavoro di tale équipe ha subito un rallentamento

ma, fino ad oggi, ha rappresentato per la Val di Magra e per tutto il territorio spezzino un

utile strumento di lavoro a favore di minorenni gravemente compromessi e a favore delle

loro famiglie.

Il presente lavoro non ha l’ambizione di essere un’analisi esaustiva del tema, ma

(10)

10 territoriali nella presa in carico di genitori disfunzionali, limitati nella loro potestà genitoriale da un Provvedimento d’affido del minore all’Ente Locale, e nella presa in carico

dei minori posti in pregiudizio, al fine di ampliare maggiormente la conoscenza delle

(11)

11 CAPITOLO 1:

“L’ affido del minore all’Ente Locale”

1.1 Evoluzione normativa dai poteri-doveri della potestà genitoriale ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

Coerentemente con l’impostazione complessiva del capitolo, i seguenti

paragrafi cercheranno di fornire alcuni riferimenti normativi per una serie di

concetti che saranno utilizzati nel prosieguo del lavoro, ai fini dell’esposizione dei presupposti giuridici dell’istituto dell’affidamento del minore al Servizio Sociale

dell’Ente Locale.

Procederemo quindi a fornire nozioni su concetti in linea di principio

giuridici, di diritto minorile e di famiglia, per ciò che attiene l’operare istituzionale

della Assistente Sociale in ambito di tutela minorile civile. Tali concetti saranno il cosiddetto preminente ed esclusivo “interesse del minore”, la “potestà genitoriale”

ed infine forniremo alcune considerazioni sulla definizione di veri e propri diritti

soggettivi esigibili del minore stesso.

A tale scopo non ci limiteremo alla normativa nazionale, citeremo una serie

di riferimenti sovranazionali che determinano una svolta culturale rispetto all’approccio pubblico e politico sul tema dei diritti dell’infanzia e

dell’adolescenza.

Come noto, tali disposizioni internazionali sono la Convenzioni ONU sui

diritti del fanciullo di New York del 1989 – ratificata nel nostro paese con L.176/91

– e una nutrita serie di documenti dell’Unione europea, tra i quali sarà da citare la

Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli del 1996, ratificata in

(12)

12 Come per i paragrafi che seguiranno, procediamo con una ricognizione della normativa d’interesse in senso storico, a partire dalla nozione giuridica di

potestà.

Tale nozione, il cui etimo latino è potestas dunque “potere”, definiva, fino

alla riforma del diritto di famiglia civilistico italiano del 1975, la forma

tradizionale e legislativa dei rapporti intra-familiari attraverso la cosiddetta patria

potestà.

Ciò equivaleva a dare titolo legale di soggetto attivo solo ad uno dei

componenti della famiglia, il padre-marito, mentre gli altri componenti il nucleo

familiare, la madre-moglie e la prole erano parti passive, prive di diritti soggettivi esigibili riconosciuti dall’Ordinamento Giuridico in termini di diritto di famiglia.

Le prime riforme in tema, che avrebbero condotto alla laboriosa revisione

del Codice Civile in Italia, hanno luogo già a livello costituzionale. Si veda in tal

senso il dispositivo dettato dagli artt. 29-30-31 e 35 Cost., i cui contenuti qui rilevanti sono il principio dell’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi e il

superamento della discriminazione tra figli cosiddetti legittimi e naturali.

Sono questi i fondamenti democratici dei principi riformatori del 1975, che

agiranno sugli assetti e contenuti del Codice Civile, primariamente attraverso la

nuova nozione giuridica di “potestà genitoriale”, vale a dire insieme di “doveri e diritti” dei genitori a mantenere, istruire ed educare i figli, il cui esercizio viene

riconosciuto legalmente in termini paritari come responsabilità di entrambi i

genitori.

Per cui all’art. 144 C.C. si sancisce che “I coniugi concordano tra loro

l’indirizzo della vita familiare (…). A ciascuno dei coniugi spetta il potere di

(13)

13 Un primo concreto esempio di emergenza del minore in quanto soggetto

individuale e persona, primariamente sotto il profilo psicologico, è introdotto dall’art. 147 C.C., il quale prescrive che: “Il matrimonio impone ad ambedue i

coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle

capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”.1

Ulteriori riferimenti, che condurranno alla progressiva tutela e definizione normativa dell’ interesse del minore, si rinvengono nei complessivi dispositivi

giuridici che regolano la separazione e il divorzio.

Tratteremo in un apposito paragrafo il tema complessivo, poiché attinente

alle competenze del Tribunale Ordinario, aventi connessioni con l’istituto

dell’affidamento del minore all’Ente Locale tuttavia, in riferimento al concetto dell’interesse del minore possiamo anticipare che già nella L. 898/70 “Disciplina

dei casi di scioglimento del matrimonio” e nel correlato art.155 C.C., alla base delle decisioni del giudice ordinario della separazione, ai fini dell’ affidamento dei

figli,2 era sancito il principio dell’ “esclusivo riferimento all’interesse morale e

materiale” della prole.

1 Cfr. l’art.18 della Convenzione di New York: “Gli Stati parti faranno del loro meglio per garantire il

riconoscimento del principio secondo il quale entrambi i genitori hanno una responsabilità comune per quanto riguarda l’educazione del fanciullo e il provvedere al suo sviluppo. La responsabilità di allevare il fanciullo e di provvedere al suo sviluppo incombe innanzitutto ai genitori oppure, se del caso, ai suoi tutori legali i quali devono essere guidati principalmente dall’interesse preminente del fanciullo”.

2 Tra i commentatori così si esprime Nadia Di Lorenzo: “La giurisprudenza e la dottrina si riferiscono al

principio del superiore interesse del minore valorizzandone la portata esplicativa nel contesto dei singoli diritti riconosciuti al minore. Nelle decisioni che riguardano la prole, quindi, le singole disposizioni normative vengono interpretate alla luce del superiore interesse. In via esemplificativa il diritto alla bi-genitorialità implica che appare, nel superiore interesse del minore, intrattenere relazioni stabili e significative con entrambi i genitori, sia nella fase fisiologica della vita famigliare che nel caso di crisi delle relazioni tra coniugi o conviventi. Tuttavia, in materia di responsabilità” genitoriale, in caso di separazione e divorzio, si assiste a decisioni giurisdizionali che possono limitare la relazione del minore con uno genitori, in virtù” di una considerazione differente dell’interesse del bambino nel caso concreto”. “Il principio del

superiore interesse del minore nel sistema di protezione del fanciullo all’interno delle relazioni familiari” In Rivista di diritto di famiglia e delle persone, Milano, Giuffrè, fasc.3, pp. 24 ss.

(14)

14 1.1.1 Il concetto del superiore interesse del minore: la tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi.

Nel presente paragrafo procediamo a fornire alcune delucidazioni relative

al concetto del superiore interesse del minore, richiamato nella nostra legislazione

quale principio giuridico e di valutazione in senso lato, dirimente in situazioni di

contenzioso in sede di separazione, così come nei procedimenti civili di tutela o de

potestate nella giurisdizione minorile.

Citiamo per esteso un riferimento esplicativo tratto dall' art.3 della

Convenzione di New York: “In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza

delle Istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei Tribunali, delle

Autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente”.

Ugualmente significativo è l’art.24 della Carta dei diritti fondamentali

dell’Unione Europea: “I bambini hanno diritto alla protezione e alle cure

necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria

opinione; questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in

funzione della loro età e della loro maturità. 2. In tutti gli atti relativi ai bambini,

siano essi compiuti da Autorità pubbliche o da Istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente”.

Essendo incentrata la nostra ricerca sull’istituto dell’affidamento del

minore al Servizio Sociale dell’Ente Locale, dietro mandato giudiziario, dovremo

inquadrare nel presente capitolo la dimensione normativa di tale tutela giuridica e

giudiziaria.

Come vedremo meglio nei successivi paragrafi l’avvio del procedimento

(15)

15 di “pregiudizio” ex artt.330-333 C.C. degli interessi morali e materiali del soggetto

minore.

Il nostro sistema giuridico attuale riconosce un insieme composito ed

articolato di diritti soggettivi assoluti – “interessi” - alla persona minore. In base

ad essi, il minore stesso avrebbe titolo ad essere “parte” civile al fine di agire per

far valere - esigere - detti diritti, ma la sua incapacità giuridica fino a maggiore età

non lo consente.

A fronte di ciò, il sistema normativo riconosce un soggetto sui generis, la

famiglia, attribuendo in via paritaria ad entrambi i genitori la potestà o

responsabilità genitoriale, quale “mezzo” per promuovere diritti soggettivi

fondamentali per conto della prole.

La finalità normativa preminente della potestà è, pertanto, quella di ovviare

allo status di persona giuridica diminuito dei figli minorenni, oltre che

naturalmente di provvedere a quanto sancito rispetto alla filiazione nei termini di

mantenimento, cura, educazione, tutela patrimoniale: in sintesi realizzarne l’interesse.

Quando vi è un vizio o “pregiudizio” nell’esercizio della potestà, allora,

come ben esemplifica l’art.3 della Convenzione di New York, l’interesse

complessivo del minore, l’insieme dei diritti che lo compongono, sono

pubblicamente tutelati dallo Stato e dalle sue Istituzioni.

Vedremo nei paragrafi successivi gli Organi giudiziari a tale tutela preposti,

al fine di seguire la logica dell’incontro tra Sistema Giudiziario e Servizi Sociali, attraverso l’ affidamento del minore.

Ciò che qui possiamo anticipare è il fondamento della tutela pubblica nei

(16)

16 volontaria giurisdizione, in funzione del preminente interesse di un soggetto

naturalmente e giuridicamente debole.

La tutela pubblica assumerà le forme di azioni ad iniziativa pubblica della

Procura o del Giudice presso il Tribunale per i Minorenni: sarà la facoltà del

Giudice del Tribunale Ordinario di adottare provvedimenti ad esclusiva tutela

contro istanze ed interessi delle altre parti civili, quindi i genitori, saranno le

connesse iniziative di tutti quei Servizi Sociali il cui mandato istituzionale

impegna ai fini della promozione e protezione dei diritti dei bambini e degli

adolescenti.

La preminenza delle finalità di protezione3 sarà data anche attraverso le

modalità dei provvedimenti giudiziari in materia, la loro forma urgente con

efficacia immediata, in quanto tutela può essere intesa come protezione e

incolumità fisica del soggetto debole.

Si vedano le previsioni dell”art.403 C.C., il quale dispone relativamente

all’ intervento della Pubblica Autorità a favore dei minori: “ Quando il minore è

moralmente o materialmente abbandonato o è allevato in locali insalubri o

pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri

motivi incapaci di provvedere all’educazione di lui, la Pubblica Autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando

si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione”.

3 Si vedano per altro gli artt. 7-8 della Convenzione europea sull’esercizio dei diritti del minore: “Articolo 7 _

Obbligo di agire prontamente. Nei procedimenti che interessano un minore, l'autorità giudiziaria deve agire prontamente per evitare ogni inutile ritardo. Devono concorrervi delle procedure che assicurino una esecuzione rapida delle decisioni dell'autorità giudiziaria. In caso di urgenza, l'autorità giudiziaria ha, se necessario, il potere di prendere decisioni immediatamente esecutive. Articolo 8 _ Possibilità di procedere d'ufficio Nei procedimenti che riguardano un minore, l'autorità giudiziaria ha il potere, nei casi in cui il diritto interno ritenga che il benessere del minore sia seriamente minacciato, di procedere d'ufficio”.

(17)

17 Con tale disposizione ci troviamo in una situazione coercitiva limite, la quale dà adito ad un’azione di forza da parte della Pubblica Sicurezza e dei Servizi

Sociali.

Tale azione a norma di legge dovrebbe trovare applicazione residuale, essendo previsto l’allontanamento coatto senza mandato giudiziario solo quando, a

fronte di pericolo imminente per l'incolumità fisica del minore, non sia già

intervenuta in sede giurisdizionale un Giudice o quando, per le contingenze, non

sia possibile richiedere un provvedimento urgente alla Procura.

L’intervento coatto dovrebbe essere di fatto cautelare e provvisorio ed

assumere validità giuridica effettiva solo quando il Giudice minorile effettua

ratifica, o meno, mediante Decreto.

La Pubblica Autorità, a cui fa riferimento il testo dell’articolo, saranno le

forze di Pubblica Sicurezza e, di fatto, i Servizi Sociali locali i quali,

inevitabilmente in caso di allontanamento dalla residenza familiare, opereranno

congiuntamente.

Infine, dal punto di vista delle responsabilità dei Pubblici Ufficiali od

incaricati di Pubblico Servizio, l’intervento a tutela e protezione è obbligatorio pena sanzione penale, così come sancito dall’art. 70 della L.183/184-149/01: “ I

Pubblici Ufficiali o gli incaricati di un Pubblico Servizio, che omettono di riferire

alla procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni sulle condizioni

di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio, sono puniti ai sensi dell’art.328 – Rifiuto atti d’Ufficio.

(18)

18 1.1.2 Tutela giurisdizionale di diritti soggettivi e servizi sociali.

Concludendo il precedente paragrafo con una delle misure più drastiche e

drammatiche che si possano dare tra i casi di tutela minorile, per non far menzione

dei vissuti di tutti coloro che vi possono essere coinvolti, primariamente il minore,

ci troviamo al limite di un divario tra tutela giurisdizionale ed assistenza sociale

pubblica.

Se, come abbiamo evidenziato, l’interesse del minore è composto in

sostanza da diritti soggettivi esigibili, allo stesso modo si sancisce, artt. 29-30

Cost. , parimenti suo diritto il naturale sviluppo in seno alla propria famiglia.

Anche tale naturale condizione è ovviamente riconosciuta dalle

Convenzioni internazionali, da cui abbiamo tratto esemplificazioni sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

Si veda l’art.27 della Convenzione Onu di New York: “Gli Stati parti

adottano adeguati provvedimenti, in considerazione delle condizioni nazionali e

compatibilmente con i loro mezzi, per aiutare i genitori e altre persone aventi la custodia del fanciullo ad attuare questo diritto e offrono, se del caso, un’assistenza

materiale e programmi di sostegno, in particolare per quanto riguarda l’alimentazione, il vestiario e l’alloggio. Gli Stati parti adottano ogni adeguato

provvedimento al fine di garantire il mantenimento del fanciullo da parte dei suoi

genitori, o altre persone aventi una responsabilità finanziaria nei suoi confronti (...)”.

Infine, si vedano le enunciazioni iniziali di una delle poche misure cardine nazionali dell’assistenza sociale ai minori, vale a dire la L.184/83-149/01, per

(19)

19 Riportiamo i primi 3 commi dell’art.1 della legge: “Il minore ha diritto di

crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia. 2. Le condizioni di

indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal

fine, a favore della famiglia, sono disposti interventi di sostegno e di aiuto. 3. Lo

Stato, le Regioni e gli Enti Locali, nell’ambito delle proprie competenze,

sostengono, con idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti

delle risorse finanziarie disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l’abbandono e di consentire al minore di essere educato nell’ambito della propria

famiglia”.

Senza travalicare i fini circoscritti dei presenti paragrafi introduttivi, si può

commentare, almeno succintamente, come in queste poche righe della norma si rinvengano alcune delle criticità fondamentali del sistema d’assistenza sociale.

Se consolidate possono dirsi le tutele formali giurisdizionali, il programma d’assistenza socio-sanitario corrispondente, per le quote a parte delle rispettive

competenze Asl e comunali rispetto alla presa in carico della famiglia, si

svilupperà per l’appunto entro i limiti delle “risorse finanziarie disponibili”.4 A

fronte di una presa in carico di tutela e non solo del minore dietro mandato dell’Autorità Giudiziaria, null’altro a favore della famiglia fragile potrà essere

considerato assistenzialmente esigibile o analogo ad un livello essenziale di

assistenza sanitaria.

(20)

20 1.1.3. Il diritto all’audizione del minore

Il cosiddetto diritto all’audizione del minore nei procedimenti

giurisdizionali che lo riguardano, compatibilmente all’età anagrafica ed alla

capacità di discernimento del minore, è considerato dalla normativa nazionale e

sovra-nazionale in materia un diritto fondamentale. L'audizione od ascolto,

chiaramente, non va intesa come testimonianza, ma in senso ampio, come diritto e facoltà d’ espressione, informazione, e connessa tutela legale.

Riportiamo uno stralcio significativo della Convenzione europea

sull’esercizio dei diritti dei minori: Articolo 3 _ Diritto di essere informato e di

esprimere la propria opinione nei procedimenti che lo riguardano dinanzi a un'

Autorità Giudiziaria, al minore che è considerato, dal diritto interno, come avente

una capacità di discernimento vengono riconosciuti i seguenti diritti, di cui egli

stesso può chiedere di beneficiare: a) ricevere ogni informazione pertinente; b)

essere consultato ed esprimere la propria opinione; c) essere informato delle

eventuali conseguenze che tale opinione comporterebbe nella pratica e delle

eventuali conseguenze di qualunque decisione. Articolo 4 _ Diritto di richiedere la

designazione di un rappresentante speciale 1. Salvo quanto previsto dall'articolo 9,

quando il diritto interno priva i detentori delle responsabilità genitoriali della

facoltà di rappresentare il minore a causa di un conflitto di interesse, il minore ha

il diritto di richiedere, personalmente o tramite altre persone od organi, la

designazione di un rappresentante speciale nei procedimenti che lo riguardano

dinanzi ad un'autorità giudiziaria. 2. Gli Stati sono liberi di prevedere che il diritto

di cui al paragrafo 1. venga applicato solo ai minori che il diritto interno ritiene abbiano una capacità di discernimento sufficiente”.

(21)

21 Rispetto al diritto nazionale, anche in seguito alla garanzie giurisdizionali del giusto processo sancito dall’art. 111 Cost., le modalità di audizione del minore

hanno trovato disposizioni primarie nella L.149/01, in merito all’ ascolto dei

fanciulli di anni dodici o anche di età inferiore nei procedimenti in materia d’

adozione e rispetto all’assistenza e tutela legale individuale.

Precedentemente la facoltà d’audizione era stata parzialmente anticipata

nel contesto dei contenziosi tra genitori in materia d’affido della prole dall’art.6

della L.898/70 in sede di separazione.

Evidentemente audizione ed ascolto del minore, in corrispondenza della

sua età e capacità, cosi come in correlazione agli eventi alla base del procedimento giurisdizionale, del vissuto a cui s’accompagna, costituiscono un effettivo diritto

nella misura in cui la modalità del suo esercizio è sostenuta da figure tutelari e

professionali adeguate. Tuttavia, da un punto di vista di procedimento

giurisdizionale, nel nostro ordinamento è facoltà ultima del Giudice decidere l’opportunità e le modalità dell’audizione, al di là di quanto stabilito dalla

normativa.

(22)

22 1.2. Ricostruzione storica dei fondamenti normativi dell’istituto dell’affidamento all’Ente Locale

L’ esplicitazione delle fonti normative su cui si basa l’istituto e le prassi di

affidamento del minore al Servizio Sociale dell’Ente Locale, in quanto misura

amministrativa e civile, non consente una ricostruzione lineare; vale a dire non vi

è un riferimento normativo che corrisponda ad una cosiddetta legge di sintesi o

testo unico, il quale organicamente tratti la fattispecie di diritto: destinatari,

soggetti istituzionali, organi giudiziari ed amministrativi competenti, presupposti di fatto che definiscano ambiti d’applicazione, oltre ad analitici rimandi a principi

costituzionali e norme connesse e complementari.

La maggior parte dei commentatori5 ricostruisce la natura dell’istituto sulla

base di riferimenti normativi storici, integrando quindi la definizione con

disposizioni più attuali correlate, quando non derivate dalla dottrina

giurisprudenziale delle sentenze emanate dalle diverse Autorità Giudiziarie

competenti.

La misura dell’affidamento è un provvedimento a carattere amministrativo

e civile, per cui è risultato storicamente competente in via principale il Tribunale

per i Minorenni.

Storicamente tale competenza venne sancita dall’art.256 del Regio Decreto

legislativo n.1404 del 1934, norma istitutiva dello stesso Tribunale per i

Minorenni.

5 Si veda la ricerca A.A.V.V., L’affidamento al servizio sociale, Bologna, Centro Stampa della Regione Emilia

Romagna, 2014. Disponibile in www.minori.it/sites/default/files/ricerca_affidamento_al_servizio_sociale.pdf.

6 Riportiamo il testo dell’art.25 “ Quando un minore di anni 18 dà manifeste prove di irregolarità della condotta o

del carattere, il Procuratore della Repubblica, l’ ufficio del servizio sociale minorile, i genitori, il tutore, gli organismi di educazione, di protezione, di assistenza dell’infanzia e dell’adolescenza, possono riferire i fatti al Tribunale per i Minorenni, il quale, a mezzo di uno dei suoi componenti all’uopo designato dal presidente, esplica approfondite indagini sulla personalità del minore e dispone con decreto motivato una delle seguenti

(23)

23 Tale riferimento per esteso dell’articolo, mai abrogato, rende obbligatoria

una serie di commenti.

Prima di tutto il carattere amministrativo della norma su cui si fonda l’iniziativa del Tribunale per i Minorenni va inteso come misura limite tra il

rieducativo e il penale, non individuabile come avente la finalità di tutelare un

soggetto fragile, non ancora giuridicamente capace, ma tuttavia pienamente

titolare di diritti fondamentali.

Per converso, l’interesse pubblico verte chiaramente sulla tutela della

sicurezza e l’ordine sociale; sono previste misure coattive, in riferimento alle quali

il destinatario previsto non è facilmente individuabile quale infante o pubescente, fatta salva l’ipotesi di collocazione in “istituti medico-psichico-pedagogici”,

ovvero anche orfanotrofi, nella migliore delle ipotesi e tenendo conto dell’età del

minore irregolare per condotta o per carattere.

L’unico riferimento che possa rimandare ad una logica effettivamente

alternativa ad una sanzione di fatto penale, per un soggetto eventualmente

adolescente o comunque non maggiorenne, è la misura discrezionale dell’ “affidamento del minore al Servizio Sociale minorile”.

L’ulteriore specificazione storica da porre qui verte sul riferimento al

“Servizio Sociale minorile”, la quale rimanda all’organo strumentale del

Ministero della Giustizia,7 cosi come il rimando ad “organismi di educazione, di

protezione, di assistenza dell’infanzia e dell’adolescenza” si riferisce a quella

costellazione di Enti ed istituti venuti meno con il DPR 616/77, non esistendo

misure: 1) affidamento al servizio sociale minorile; 2) collocamento del minore in una casa di rieducazione o in un istituto medico-psichico-pedagogico”.

7 Tuttavia sarà solo con la legge 1085/62 che verrà istituito un’unità operativa di servizio sociale professionale

per i minorenni nei comparti territoriali - Distretti di Corte d’Appello - di giustizia minorile ministeriali, con specifici mandati e mansioni. Tale mandato sarebbe poi stato ulteriormente formalizzato nel contesto del DPR 448/88, ad esempio con l’istituto della messa alla prova.

(24)

24 ovviamente all’epoca funzioni amministrative e alla persona ascritte agli Enti

Locali nelle materie sociali di riferimento in quel periodo.

Bisogna attendere il 1956 per la comparsa nella normativa dell’affidamento di un accenno ad una qualche forma di tutela del minore in

quanto tale. Ciò avviene in forma indiretta e quale necessità conseguente a misure

opportune rispetto a condotte lesive da parte di terzi, vale a dire i genitori stessi.

Siamo pur sempre in ambito penale minorile, poiché il riferimento

normativo è la legge 888/56, nel contesto della quale la possibile tutela del minore in quanto tale, è introdotta da una semplice postilla nell’art.26 “Misure applicabili

ai minori sottoposti a procedimento penale e ai minori il cui genitore serba una

condotta pregiudizievole” il quale prevedeva per questi casi l’applicazione

dell’art.25 del 1934: l’affidamento al Servizio Sociale.

Sempre ai sensi dell’art.26 citiamo per esteso: “La misura di cui all’art.25

può altresì essere disposta quando il minore si trovi nella condizione prevista dall’art.333 del Codice Civile”.

(25)

25 1.2.1. Gli artt. 330 e 333 del codice civile quale presupposto dell’affidamento all’Ente Locale: la competenza civile del Tribunale per i minorenni.

Nel paragrafo precedente abbiamo seguito l’evoluzione normativa

dell’istituto dell’affidamento, sia rispetto alla sua natura di misura amministrativa

ascritta al Tribunale per i Minorenni, sia rispetto al lento, progressivo passaggio

da provvedimento rieducativo, alternativo alla sanzione penale, ma

sostanzialmente a carico del minore, a forma di tutela.

Ciò avviene nel 1956, laddove il riferimento dell’art. 26 della legge 888/56

all’art. 333 del Codice Civile ascrive una precisa competenza civilistica al

Tribunale minorile.

Un ulteriore riferimento normativo storico della competenze civilistica, nel

quadro del riformato Codice civile del 1975, è l’art.388 delle Disposizioni

Attuative C.C., il quale delinea al contempo alcuni riferimenti procedurali del

carattere camerale del dibattimento, per il quale forniremo in seguito alcuni

ragguagli tratti dal Codice di Procedura Civile.

In base a tali dispositivi, è sancito un pubblico interesse la tutela civile del

soggetto minore in caso di pregiudizio. Ciò è rappresentato fondamentalmente

dall’art.336,9 il quale prevede l’avvio dell’azione di tutela ad iniziativa non solo di

parte, ma anche a cura del Pubblico ministero.

8 “ Sono di competenza del Tribunale per i Minorenni i provvedimenti contemplati dagli art 84, 90, 330,

332,333,334,335 e 371, ultimo comma del codice civile. Per i procedimenti di cui all’articolo 333 resta esclusa la competenza del Tribunale per i Minorenni nell’ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell’art.316 del codice civile; in tale ipotesi per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al Giudice Ordinario. Sono altresì di competenza del Tribunale per i Minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 251 e 317bis del Codice Civile (…).”

9 L’art. 336 C.C a tal fine dispone: “I provvedimenti (…) sono adottati su ricorso dell’altro genitore, dei parenti o

(26)

26 Citiamo l’art. 333 del codice civile per esteso: “Quando la condotta di uno

o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza

prevista dall’art. 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il Giudice,

secondo le circostanze, può adottare provvedimenti convenienti e può anche disporre l’allontanamento di lui dalla residenza familiare, ovvero l’allontanamento

del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore”.

I contenuti rilevanti ai fini della nostra disamina possono essere

succintamente indicati in via preliminare: la necessità della tutela del minore in

quanto tale, in seguito a condotta pregiudizievole; la differenza sostanziale del

concetto normativamente vago, bensì potenzialmente grave in seguito all’intervento giurisdizionale, di “condotta pregiudizievole” da casi e fattispecie

che possono dar luogo alla decadenza dalla potestà genitoriale; il riferimento a “provvedimenti convenienti” adottabili dal Giudice minorile e il caso di

allontanamento del minore dalla residenza familiare.

Risulta a questo punto dalla ricostruzione della normativa effettuata, che un possibile “provvedimento conveniente” è l’affidamento del minore al Servizio

Sociale dell’Ente Locale. A fronte di pericoli evidenti immediati all’incolumità

del minore, o di pregiudizio, anche non accertato in sede di notizia di reato, ai sensi dell’art.333 C.C.

Il provvedimento è adottabile dal Giudice in seguito di istanza di parte

civile alla Procura dietro segnalazione di terzi, pubblici ufficiali od incaricati di

pubblico servizio.

analogia le titolarità istituzionali e non alle segnalazioni di pregiudizio ed abbandono sono richiamate anche dall’art.9 della L.184/83, modificata dalla L.149/01 ed ultimamente dalla L.173/15.

(27)

27 Le differenze tra le condizioni che consentono l’azione giudiziaria ex

art.333 e la decadenza o sospensione della potestà genitoriale sono radicali dal

punto di vista degli effetti giuridici e di fatto.

Citiamo per esteso l’art.330: “Il Giudice può pronunziare la decadenza

dalla potestà quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa

dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio. In tale caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l’allontanamento del figlio dalla residenza familiare”.

Le fattispecie richiamate dal Codice Civile, quale traccia ai fini del

giudizio, sono gli artt.320 e 324 c.c. e gli artt.571 e 572 c.p., così come più in

generale, qualunque azione omissiva e commissiva grave, eventualmente anche

condotte di rilievo sostanzialmente penale, dell’insieme dei poteri-doveri alla base

della responsabilità genitoriale ex art. 30 cost. e 147 e 316 c.c. Un campo d’indagine analogo peraltro alle dimensioni per il giudizio di merito sullo stato

d’abbandono, così come definito dalla L.184/83, con modifiche ex L. 149/01.10

A prescindere dalla possibile concomitanza penale, piuttosto che

eminentemente civile ed amministrativa, non vi è soluzione di continuità circa le

dimensioni, diritti ed interessi del minore oggetto di merito, saranno piuttosto le

evidenze, testimonianze perizie ed accertamenti giudiziali a definire i limiti delle

conseguenze delle condotte genitoriali.

Ciò ha indubbia rilevanza sul pronunciamento dell’affidamento del minore al Servizio Sociale dell’Ente territoriale, ma il provvedimento in quanto tale potrà

essere antecedente a qualunque giudizio di merito e decreto da parte del tribunale. Vale a dire il giudice minorile potrà emanare un provvedimento d’affidamento

con efficacia immediata d’urgenza, seppur transitoria.

10 All’art. 8: “Sono dichiarati in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni del distretto nel quale si

trovano, i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purchè la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio”.

(28)

28 Tale facoltà da parte del giudice in sede civile trova il suo fondamento nell’ art.700 del Codice di procedura civile ed è definito un provvedimento

cautelare atipico.11 Per quanto concerne l’ambito specifico dei provvedimenti

camerali civili, compresi quindi quelli del Tribunale per i minorenni, i riferimenti

sono gli artt. 336 C.C. 737 C.P.C. 12

I presupposti dell’urgenza sono giustificati dall’insieme degli elementi valutati di per sé gravi al momento della segnalazione rispetto all’interesse

complessivo del minore e da un pregiudizio imminente, non tutelabile nella forma

del processo ordinario.

11 In riferimento alla norma citata, l’art.700 del C.P.C. dispone che laddove: “(…) Si ha fondato motivo di

temere che durante il tempo occorrente per far valere un diritto in via ordinaria questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti d’urgenza che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione di merito” Cfr. La voce Provvedimento d’urgenza, in Enciclopedia Garzanti del Diritto, Milano, Garzanti, 2016.

12 Nel contesto del Codice di Procedura Civile, Libro Quarto – Dei procedimenti speciali (camerali) il Titolo II –

Dei procedimenti in materia di famiglia, sono delineati gli aspetti procedurali dei procedimenti civili presso il Tribunale per i minorenni. Al Capo VI, artt. 737-742bis è definita la disciplina completa del provvedimento.

(29)

29 1.2.2. La ridefinizione della competenza civilistica del Tribunale per i Minorenni e le nuove competenze in materia di tutela minorile attribuite al Tribunale Ordinario.

Come abbiamo descritto nei paragrafi precedenti, la ricostruzione dei

fondamenti normativi e della competenza civile del Tribunale per i Minorenni in

materia di affido del minore al Servizio Sociale segue un decorso nell’evoluzione

degli ordinamenti consolidato negli iter giudiziari e operativi con le

amministrazioni locali di riferimento.

Tuttavia, una serie di riforme a partire dal 2006 fino al 2012 hanno

determinato un nuovo assetto di equilibri giurisdizionali tra il Tribunale Ordinario

e il Tribunale per i Minorenni in materia di tutela del preminente interesse del

minore.

I fondamenti in tema di responsabilità genitoriali in caso di separazione o divorzio sono articolati, sulla base del principio dell’esclusivo riferimento

all’interesse morale e materiale dei figli, nel contesto del Codice Civile

all’art.155, riformulato ed integrato dalla legge 54/06 “Disposizioni in materia di

separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli” e dalla disciplina

complessiva dei casi di scioglimento di matrimonio dettata dalle leggi 898/70 e

74/87.

La normativa recente riferita alla legge 54/06, la quale sancisce il

cosiddetto diritto alla bi-genitorialità, ridefinisce l’art.155 c.c. disponendo in via principale ed ordinaria l’affido condiviso, in funzione dell’esercizio congiunto

delle responsabilità genitoriali, unitamente al fondamento del mantenimento della

potestà genitoriale. In ciò si è rinvenuta la forma più propria degli interessi morali

(30)

30 precedente normativa incentrata sull’esclusività attribuita ad uno solo dei genitori

in sede giudiziale relativa ad affido e potestà.

Tuttavia, sempre ai sensi del nuovo art.155 c.c., in analogia con quanto attribuito alle facoltà dell’organo giudicante dall’art.333, è previsto al secondo

comma che “il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i

provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e

materiale di essa “, sia in ordine ai contenuti effettivi dei mancati accordi tra le

parti in tema di affido, mantenimento e decisioni relative ad istruzione,

educazione, salute e patrimoniali, sia rispetto ad una valutazione sulle capacità

genitoriali stesse e al grado di conflittualità che può costituire pregiudizio grave

dei minori. In tali condizioni, il Giudice Ordinario potrà adottare “ogni altro

provvedimento relativo alla prole”.13

Tuttavia, il reale mutamento sull’assetto delle competenze giurisdizionali

tra il Tribunale ordinario e il Tribunale per i Minorenni risiede in una radicale

riformulazione di principio, dettata dalla L. 219/12 “Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali”, e completata dal d.lgs. 154/13 “Revisione delle

disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’art.2 della L.219/12”

L’insieme di tali dispositivi operano nella sostanza una riforma radicale

civilistisca eliminando qualsiasi residuo di differenziazione in merito alle

disposizioni sulla filiazione tra figli c.d legittimi e figli c.d. naturali.

13 In tali circostanze, il riferimento andava al sesto comma del sostituito vecchio art.155, il quale prevedeva che

“In ogni caso il giudice può, per gravi motivi, ordinare che la prole sia collocata presso una terza persona o, nell’impossibilità, in un istituto di rieducazione”. Ciò presupponeva che il provvedimento di allontanamento disponesse contestualmente limitazioni dell’esercizio della responsabilità genitoriale, oltre a restrizioni di fatto ascritte ai genitori, e quindi la necessità di attribuire funzioni di tutele e sostegno mediante affidamento ai Servizi Sociali. Su questo punto i commentatori dell’art.155 si esprimono: “Certamente il collocamento del minore presso un terzo non familiare o, a maggior ragione, in un istituto di educazione costituisce un tipico intervento assistenziale. (…) Di qui l’opportunità di un’azione coordinata del Giudice e del Comune per il tramite dei Servizi Sociali”. In A.A.V.V. Codice dei Minori, Torino, Utet, 2009.

(31)

31 A seguito di questo, la divisione di competenze tra T.O e T.M. in materia

di giurisdizione basata tra controversie o pregiudizi intercorrenti in contenziosi tra

coppie coniugate in sede di separazione o c.d. coppie di fatto viene a cadere,

ascrivendo al Tribunale Ordinario competenza diretta in materia di merito, relativa

ai regimi di affido ed applicazione della L.54/06.

Cosa ciò comporti in riferimento al possibile coinvolgimento dei Servizi

Sociali locali diviene a questo punto evidente, nel momento che nell’ambito del

procedimento davanti al Giudice Ordinario potranno realizzarsi tutte le previsioni

cautelari, di tutela od istruttorie tradizionale previste nella giurisdizione minorile,

ivi compresi i provvedimenti ex art.333.

Parimenti evidente è una ricaduta in termini di complessità metodologica

di Servizio Sociale per quello che comporta tale ulteriore differenziazione delle

giurisdizioni della tutela minorile.

(32)

32 1.3. L’affidamento del minore ai servizi sociali dell’Ente Locale: responsabilità formale del programma assistenziale

Al fine di definire il presupposto del coinvolgimento dell’Ente Locale,

attraverso le sue unità organizzative di Servizio Sociale, il punto di partenza, seppur semplificativo, è stato l’esplicitazione del fondamento normativo dettato

dall’art. 333 del Codice Civile.

Al contempo si è proceduto a giustapporre all’articolo in questione altri possibili riferimenti normativi, sia in quanto citati dall’art.333 stesso, sia per porre

la questione delle responsabilità genitoriali poiché, pur sottolineando la diversità

della natura giuridica delle fattispecie di diritto, tutti i commentatori concordano sul fatto che il provvedimento di affidamento del minore incide sull’esercizio

delle potestà genitoriali.14

L’ulteriore dimensione di complessità è stata rinvenuta nelle riforme del

sistema giudiziario che hanno condotto a nuovi assetti di tutela minorile, esercitati

dalle Autorità giudiziarie minorile e civile ordinaria del 2012.

I termini che più spesso sono ricorsi nei paragrafi precedenti hanno

riguardato, necessariamente, i presupposti giuridici alla base dell’affidamento all’ente locale. Presupposti formalmente gravi, ablativi o comprimenti le

responsabilità genitoriali, che conducono a provvedimenti giudiziari anche

urgenti, cautelari, dagli effetti immediati, nel caso drastici, provvisori, in ipotesi di accertamenti istruttorii con mandati d’indagine psico-sociale.

Nei paragrafi precedenti, si sono fornite sommarie nozioni per definire un

quadro di concetti che concorrano ad articolare al meglio la comprensione

14 Cfr. A.A.V.V. Il diritto dei minori, Napoli, Simone, 2015, pp.109 ss.; A.C. Moro, Manuale di diritto minorile,

(33)

33 dell’istituto giuridico oggetto della nostra ricerca. Ripercorriamoli in breve, quindi

introduciamo un ulteriore paradigma inevitabilmente giuridico che risulterà

esplicativo: la tutela giudiziaria.

La prima parte della nostra analisi ha riguardato il soggetto della tutela, il

minore, che nella cultura così come nell’evoluzione del diritto italiano ed

internazionale, è progressivamente passato da persona fisica soggetto passivo di

potestà, insieme di poteri-doveri, da parte dei genitori o figure od enti sostitutivi, a

soggetto i cui molteplici bisogni umani e psico-evolutivi sono riconosciuti in

quanto diritti soggettivi e sociali.

Un esempio concreto di tale passaggio di rilievo primario, nei limiti dell’età evolutiva previsti dalla legge, è il diritto dei bambini ed adolescenti di

potersi esprimere nei contesti e nelle sedi in cui fondamentalmente si decide del

loro benessere e del loro futuro.

Successivamente, è stato sommariamente riferito circa i presupposti normativi dell’affido ai Servizi, la loro forma e gli organi giudiziari. Si è

ugualmente evidenziato, in riferimento alla trattazione civilistica della potestà

genitoriale inclusa la sospensione e decadenza, come l’ambito legale della

protezione del minore da parte dell’ Autorità Giudiziaria, che conduce al decreto d’affidamento, si collochi in una dimensione di tutela da pregiudizio o sospetto

pregiudizio, la quale determina una limitazione di esercizio di potestà genitoriale

di uno od entrambi i genitori.

Laddove l’organo giudicante disponesse ai sensi dell’art.330, per

situazione di abbandono o morte dei genitori, si profilerebbe la necessità legale di

promuovere un procedimento di nomina di un Tutore.

A prescindere dai casi delle fattispecie ex art.330, l’affidamento ai sensi

(34)

34 potestà è ascritta al Giudice, mentre al Servizio Sociale, per usare i termini dell’art.4 della legge 184/83-149/01 è “attribuita la responsabilità del programma

di assistenza”.

Tale suddivisione si articola sulla base della forza giuridica15 che dà titolo

a decidere, in relazione a diritti soggettivi del minore, su ambiti di protezione,

benessere, cure mediche e istruzione. Circa tali ambiti di decisioni straordinarie,

alla cui titolarità sono limitati o privati uno od entrambi i genitori, il Giudice

minorile prescrive, mentre il Servizio locale affidatario per quanto di competenza,

in rete con i Servizi Sanitari preposti, esegue, vigila e monitora, ottemperando a quanto prescritto nel decreto d’affidamento.

Quest’articolazione di livelli di poteri e responsabilità straordinarie, di

competenza giurisdizionali e organizzativo-gestionali assistenziali, non viene meno anche nelle casistiche in cui l’iniziativa della segnalazione di pregiudizio

parte dal Servizio locale, il quale spesso ha già in carico minore e nucleo ed opta

strategicamente rispetto alla possibilità di affidamento in condizioni di familiari

non collaborativi.

Tutti i provvedimenti in decreto andranno relazionati al Giudice minorile,

nei termini prescritti, rispetto alle modalità di realizzazione, gli esiti o in merito a

qualsivoglia elemento pertinente e rilevante. Eventualmente, circa elementi che

non consentono il raggiungimento degli obiettivi decretati, ad esempio in

riferimento alle condotte genitoriali o del minore stesso.

Peraltro le limitazioni genitoriali possono essere differenziate, compresse,

ma non escluse, anche in merito agli ambiti decisionali straordinari, quindi la

condivisione del Servizio su molteplici aspetti, unitamente alla collaborazione

(35)

35 delle figure parentali, potranno a loro volta essere prescritte dal provvedimento

giudiziario.

Il margine legale d’intervento discrezionale da parte del Servizio Sociale

sarà dato in ambiti influenti, di progettazione del programma d’assistenza o

strumentali di gestione ordinaria, organizzativa e di controllo. Tali ambiti

decisionali pratici saranno da condividere insieme ai genitori, quando non esclusi anche rispetto a tali meriti, ai minori stessi, se l’età e le capacità lo consentono,

unitamente alle èquipes educative, sanitarie e delle eventuali comunità

residenziali.

Al di là di tali contenuti necessari del decreto d’affido circa la tutela,

ulteriori contenuti e prescrizioni ai Servizi Sociali e Sanitari potranno essere

indagini psico-sociali.

Ulteriori funzioni di controllo a carico dei Servizi potranno riguardare

prescrizioni giudiziarie ai genitori in ordine ad esiti di valutazioni sociali e

sanitarie, a cui sono stati o dovranno essere sottoposti

Tra le funzioni strumentali e di controllo connesse all’affidamento ai

Servizi, prescritte dal Tribunale Ordinario, potranno essere inerenti a regimi di affido ex L.54/06: incontri e contatti tra genitori e figli e quant’altro attinente i

meriti del procedimento di contenzioso sulla bi-genitorialità e l’esercizio

congiunto della responsabilità genitoriale.

Non è previsto dalla normativa un limite temporale o riferimenti specifici

alla misura dell’affidamento al Servizio Sociale, tranne ovviamente il

raggiungimento della maggiore età da parte del minore.

Neppure l’archiviazione del procedimento giudiziario con decretazioni

definitive comporta conseguenze giuridiche automatiche sulla misura dell’affidamento al Servizio, se non esplicitamente disposte in Decreto.

(36)

36 Indubbiamente, l’interazione tra i Servizi e l’Autorità Giudiziaria è

dirimente, ad esempio nella prospettiva del recupero e sostegno non solo di

capacità genitoriali ad opera dei Servizi stessi, ma della finalità del venir meno della ragion d’essere stessa dell’affidamento.

Ciò comporta la possibilità che sia il Servizio locale stesso a relazionare nel merito all’Autorità Giudiziaria circa un mutamento positivo della situazione

familiare del minore, tale per cui non è riscontrabile di fatto il pregiudizio. Da ciò,

conseguentemente, potrà essere il Servizio stesso ad informare in relazione all’opportunità di valutare la chiusura del procedimento, effettuando

contestualmente la richiesta di revoca dell’affidamento al Servizio.

Entro una prospettiva specificamente metodologica di Servizio Sociale tale

margine di autonoma azione professionale e deontologica coincide col recupero e

sostegno delle figure genitoriali, in quanto tale fondamentale obiettivo è nel

preminente interesse del minore, soprattutto nei casi di affido all’Ente senza

(37)

37 1.3.1. L’affidamento del minore all’Ente Locale e l’affido etero-familiare nel contesto della normativa sul diritto del minore ad una famiglia.

I fondamenti normativi al diritto del minore ad una famiglia sono definiti giuridicamente a partire dalla legge 184/83 “Disciplina dell’adozione e

dell’affidamento”, modificata dalla legge 149/01 ed infine ampliata dalla legge

173/15 “Modifiche alla legge 184/83 sul diritto alla continuità affettiva dei

bambini e delle bambine in affido familiare”.

In senso ampio, tale riferimento normativo costituisce, con le forme di sostegno all’infanzia ed alla famiglia previste, la dimensione di risorse

d’intervento forse più importante prevista dalla legislazione in tema di tutela

minorile. Da una prospettiva di metodologia di Servizio Sociale, il tema sarà

ripreso nei capitoli successivi del nostro lavoro.

Ai fini del presente paragrafo, espliciteremo le previsioni normative strumentali all’affidamento etero-familiare cosiddetto giudiziale le quali

prevedono, tra i loro presupposti, una segnalazione di parte od istanza di servizio pubblico, quindi un’apertura di procedimento ai sensi degli artt. 330-333 del

codice civile.

In prima battuta, le disposizioni al diritto del minore ad una famiglia, oltre

a determinare il superamento della collocazione residenziale in Istituti, hanno

normato circa la forma di accoglienza prevista e legale in tutti quei casi, la

maggior parte, in cui, non essendovi disponibilità di famiglia affidataria, l’Autorità Giudiziaria dispone comunque l’allontanamento del minore dalla

residenza familiare.

Le risorse residenziali previste dalla legge saranno pertanto le “comunità

Riferimenti

Documenti correlati

OGGETTO: Avvio di procedura comparativa per il conferimento di un incarico professionale di durata triennale per lo svolgimento di specifiche attività riferite

L’Impresa/Affidatario si impegna a contattare il Datore di Lavoro Committente /RUP/DEC dell’appalto dell’Azienda per qualsiasi incertezza o chiarimento relativo alla

L'interessato deve presentare istanza di ricorso su modello apposito, disponibile presso la segreteria territoriale dell'Unità Operativa di Igiene e Sanità Pubblica

Il Comune di Treviglio, insieme agli altri 18 Comuni dell’Ambito territoriale di Treviglio- Caravaggio, ha delegato all’Ufficio di Piano (UDP), gestito

L'Azienda, sulla base di criteri definiti dalla programmazione regionale, del fabbisogno della popolazione e delle liste d'attesa, ha stipulato dei contratti con

Accoglienza/ segretariato sociale, area Adulti, area Anziani, area Minori e area Disabilità. 3) Interventi a favore delle persone disabili: offre assistenza e

«welfare aziendale» e di nuove forme di organizzazione del lavoro family friendly” si intende supportare la diffusione di misure di sostegno alla genitorialità e alla

«welfare aziendale» e di nuove forme di organizzazione del lavoro family friendly” si intende supportare la diffusione di misure di sostegno alla genitorialità e alla