• Non ci sono risultati.

L’assetto normativo e istituzionale

Nel documento Alternanza Scuola-Lavoro (pagine 23-26)

3. L’ASL come innovazione curriculare e didattica

3.1. L’assetto normativo e istituzionale

Nelle Raccomandazioni del Consiglio Europeo sul programma nazionale italiano di riforma del giugno 2014 [COM (2014) 413] erano fissati gli obiettivi di migliorare la qualità dell'insegnamento e di assicurare una più agevole transizione dalla scuola al lavoro, attraverso il rafforzamento e l'ampliamento della formazione pratica e la diffusione dell’apprendimento basato sul lavoro, in particolare nel ciclo di istruzione secondaria superiore e terziaria. Tali obiettivi sono stati richiamati nell’Accordo di Partenariato 2014-2020 che si è focalizzato principalmente sulle azioni tese a «investire nelle competenze, nell’istruzione e nell’apprendimento permanente» (Obiettivo Tematico 10) per favorire la qualità, l'efficacia e l’efficienza del sistema scolastico italiano.

In seguito nel nostro Paese la collaborazione tra scuola e mondo del lavoro è stata normata in due direzioni: da un lato il potenziamento dell’offerta formativa in Alternanza Scuola-Lavoro, previsto dalla Legge 107 del 13 luglio 2015, dall’altro la valorizzazione dell’apprendistato finalizzato all’acquisizione di un diploma di istruzione secondaria superiore, in base a quanto predisposto dal decreto legislativo 81 del 15 giugno 2015, attuativo della Legge 183 del 10 dicembre 2014, cosiddetta JOBS ACT.

Tuttavia, l’Alternanza Scuola-Lavoro ha alcuni chiari precedenti nell’ordinamento italiano. L’istituto fu infatti introdotto nel sistema educativo con la Legge 53 del 28 marzo 2003. In particolare l’articolo 4 di tale legge prevede la possibilità di realizzare i corsi del secondo ciclo, consentendo ai quindicenni di svolgere l’intera formazione entro i 18 anni «attraverso l’Alternanza di periodi di studio e di lavoro, sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica, sulla base di convenzioni con imprese o con le rispettive associazioni di rappresentanza o con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o con enti, pubblici e privati, inclusi quelli del terzo settore, disponibili ad accogliere gli studenti per

periodi di tirocinio che non costituiscono rapporto individuale di lavoro». Si trattava di un’opportunità pensata soprattutto per coloro che avessero intenzioni di lasciare l’istruzione dopo la scuola dell’obbligo.

Due anni dopo, nel 2005 con il decreto legislativo 77 del 15 aprile, l’ASL veniva sistematizzata come insieme di corsi del secondo ciclo superiore che avessero lo scopo di formare le conoscenze di base e le competenze spendibili nel mercato del lavoro. Tuttavia, si trattava ancora di una modalità facoltativa, basata sulle scelte degli studenti: questi potevano chiedere di svolgere, sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica o formativa, il percorso formativo alternando periodi in aula a periodi in organizzazioni lavorative, nel rispetto del profilo educativo del corso di studi ordinario. Dunque, anche quando inseriti in contesti lavorativi di apprendimento, i giovani che ne avevano fatto richiesta, conservavano lo status di studenti, poiché la responsabilità delle attività era in capo alla scuola in cui gli studenti risultavano iscritti.

Sin dagli esordi, dunque, l’Alternanza Scuola-Lavoro è stata normata e organizzata come una pratica di apprendimento in un contesto diverso da quello scolastico e non ha mai costituito un rapporto di lavoro. In particolare, dal 2010, con il d.P.R. 87 del 15 marzo erano state specificate le metodologie didattiche che accompagnano l’ASL per gli istituti professionali: «la didattica di laboratorio, anche per valorizzare stili di apprendimento induttivi; l’orientamento progressivo, l’analisi e la soluzione dei problemi relativi al settore produttivo di riferimento; il lavoro cooperativo per progetti; la personalizzazione dei prodotti e dei servizi attraverso l’uso delle tecnologie e del pensiero creativo; la gestione di processi in contesti organizzati». Mentre per gli istituti tecnici, il d.P.R. gemello, (88 del 15 marzo disponeva che «stage, tirocini e Alternanza Scuola-Lavoro sono strumenti didattici per la realizzazione dei percorsi di studio». Per i licei, il d.P.R. 89, sempre del 15 marzo, indicava l’opportunità di Alternanza Scuola-Lavoro per i licei a partire dal secondo biennio, ma soltanto laddove fosse possibile organizzare, da parte delle istituzioni scolastiche, «specifiche modalità per l’approfondimento delle conoscenze, delle abilità e delle competenze richieste per l’accesso ai relativi corsi di studio e per l’inserimento nel mondo del lavoro». In casi come questi si indicava che l’approfondimento potesse essere realizzato «anche nell’ambito dei percorsi di Alternanza Scuola-Lavoro (…) nonché attraverso l’attivazione di moduli e di iniziative di studio-lavoro per progetti, di esperienze pratiche e di tirocinio».

Sul piano operativo, il consolidamento normativo è avvenuto con l’emanazione delle Linee Guida per il passaggio al nuovo ordinamento, secondo biennio e quinto anno degli istituti tecnici e istituti professionali e con le Indicazioni nazionali dei percorsi liceali. In esse era presente un vero e proprio sprone alle istituzioni scolastiche affinché cominciassero ad arricchire le esperienze di Alternanza Scuola-Lavoro «in base alla propria storia, al collegamento col territorio, alle proprie eccellenze e alle professionalità presenti nel corpo docente», coinvolgendo le università, le istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica.

Nel periodo di transizione tra il vecchio e il nuovo ordinamento degli istituti professionali, si è poi ricorso al metodo dell’Alternanza per sostituire integralmente l’area di professionalizzazione (cosiddetta “terza area”) prevista

nei vari indirizzi professionali, con 132 ore organizzate nelle classi quarte e quinte nell’anno scolastico 2010-2011 e sino alla messa a regime del successivo ordinamento dell’istruzione professionale, poi completato nell’anno scolastico 2014-2015. Si è trattato del primo momento e del primo caso di esperienze obbligatorie di Alternanza, rispetto a quanto indicava l’articolo 4 della Legge 53 del 2003, che poneva a base dell’Alternanza la richiesta specifica da parte degli studenti.

Nel 2013 si è assistito al consolidamento della metodologia dell’Alternanza:

il Decreto legislativo 104, poi convertito dalla Legge 128 del 8 novembre 2013, indica di rafforzare lo sviluppo dell’orientamento, rivolto a studenti iscritti all’ultimo anno per facilitare le scelte del percorso di studio, la conoscenza delle opportunità e degli sbocchi occupazionali (i percorsi di orientamento includono anche giornate di formazione in azienda per far conoscere il valore educativo e formativo del lavoro); la definizione dei diritti e dei doveri degli studenti della scuola secondaria di secondo grado impegnati in percorsi di ASL (in attività di stage, di tirocinio e di didattica in laboratorio, «senza pregiudizi per la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro»1); l’adozione di misure per la formazione dei docenti, finalizzate all’aumento delle competenze per favorire i percorsi di ASL anche attraverso periodi di formazione presso enti pubblici o imprese.

Ma è appunto con Legge 107 del 2015 (commi dal 33 al 43 dell’articolo 1) che l’istituto dell’Alternanza viene definitivamente riorganizzato e sistematizzato.

A partire dall’anno scolastico 2015-2016 e per gli studenti del secondo ciclo di istruzione, vengono resi obbligatori i periodi di Alternanza nel secondo biennio e nell’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado, con una differente durata complessiva a seconda degli ordinamenti: almeno 400 ore negli istituti tecnici e professionali e almeno 200 ore nei licei, da inserire nel Piano triennale dell’offerta formativa. Con questa novità, quella metodologia didattica che le istituzioni scolastiche avevano il compito di attivare in risposta ad una domanda individuale di formazione da parte dell’allievo, si ora è innestata all’interno del curricolo scolastico ed è diventata una componente strutturale della formazione

«al fine di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti» così come recita appunto la Legge 107 del 13 luglio 2015. Tale legge

1 È bene sottolineare che non essendo ancora stata definita una disciplina del tirocinio curriculare, gli istituti scolastici, nello stipulare le convenzioni con le strutture ospitanti, devono ancora fare riferimento all’art. 18 della legge 196 del 1997 (“Tirocini formativi e di orientamento”) e al relativo decreto attuativo 142 del 1998). Il Decreto legislativo 81 del 9 aprile 2008 definisce all’art. 2 come «lavoratore», ai fini della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dalla normativa vigente, «ogni persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione…», equiparando così al lavoratore, almeno per gli aspetti relativi alla sicurezza «il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento di cui all’art. 18 della Legge 196 del 24 giugno 1997 e di cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti di Alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro…».

indica poi la possibilità di stipulare convenzioni per lo svolgimento di percorsi in Alternanza anche con «gli ordini professionali e con enti che svolgono attività afferenti al patrimonio artistico, culturale e ambientale o con enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI; la possibilità di realizzare le attività di Alternanza durante la sospensione delle attività didattiche e all’estero, nonché con la modalità dell’impresa formativa simulata».

La stessa legge rimanda all’emanazione di un regolamento con verrà poi definita la Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in Alternanza Scuola-Lavoro e istituisce la possibilità per gli studenti di esprimere una valutazione sull’efficacia e sulla coerenza dei percorsi con il proprio indirizzo di studio. Gli istituti scolastici sono poi chiamati ad organizzare corsi di formazione in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro rivolti agli studenti inseriti nei percorsi di Alternanza.

Con la Legge 107, dal 2016 ha anche avuto inizio lo stanziamento di 100 milioni di euro annui destinati specificatamente all’organizzazione dei percorsi di Alternanza. In particolare, i fondi hanno sostenuto l’organizzazione delle attività, l’assistenza tecnica e il monitoraggio dei percorsi. Al contempo, presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura è stato attivato il Registro nazionale per l’Alternanza Scuola-Lavoro2, in cui sono visibili le imprese e gli enti pubblici e privati disponibili ad accogliere studenti per percorsi di Alternanza. Si tratta di una sorta di banca datti delle offerte di disponibilità da parte delle imprese ad accogliere studenti. A questa vi si aggiunge la piattaforma on line3 del MIUR, operativa dal maggio 2018, in cui le scuole, le imprese, gli studenti le studentesse inseriscono dati e informazioni obbligatorie relative ai percorsi di ASL.

3.2. Obiettivi dell’Alternanza e approcci educativi di riferimento

Nel documento Alternanza Scuola-Lavoro (pagine 23-26)