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IV. QUANDO LA DIASPORA SI ORGANIZZA

2. Le associazioni vietnamite di Bellaire

Abbiamo concluso il precedente paragrafo con un riferimento alla tendenza, da parte delle associazioni etniche, da un lato a favorire l‟integrazione della comunità cui prestano servizio, dall‟altro a costituirne il polo centripeto per la reiterazione, la promozione e la narrazione di una specifica identità. È il caso, ad esempio, della VCSA, che pur non essendo nata come associazione di natura politica4, utilizza pur sempre la bandiera sudvietnamita nel suo logo, legandosi su un piano storico alla memoria della Guerra del Vietnam, e su un piano identitario al Vietnam del Sud, scelta motivata, a detta dei volontari, da ragioni di ordine socioculturale, come forma di rispetto nei confronti della memoria di quanti sono arrivati negli Stati Uniti come rifugiati politici per fuggire alle vessazioni del regime comunista.

La comunità vietnamita di Houston può dunque contare su numerose associazioni che hanno ognuna la propria finalità (assistenziale, informativa, culturale, di intrattenimento o civica), pur nell‟interesse comune di offrire alla comunità vietnamita di Houston dei servizi in vietnamita, che favoriscano il mantenimento di una certa identità. Le quattro principali associazioni sono: la Vietnamese Culture and Science Association, il Vietnamese Civic Center, il Vietnamese Community Center e il Vietnamese American Community Center. Di queste, solo le prime tre sono ubicate a Bellaire, mentre l‟ultima, come specificato nel precedente paragrafo, ha sede nella zona

4 La natura dichiaratamente (anche se a mio avviso non effettivamente) a-politica della VCSA, dipende in grande misura dalla giovane età di molti dei suoi membri, che tendono a non mostrare particolare interesse per la politica del paese di origine.

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nord-occidentale di Houston. Nell‟affermare che le associazioni vietnamite con sede a Bellaire hanno una natura intrinsecamente politica, intendo fare riferimento a due componenti: una componente legata al luogo in cui esse hanno sede, vale a dire Bellaire, che come abbiamo già visto reitera una specifica identità socio-politica; una seconda componente è generazionale, in quanto, essendo quelle associazioni dirette da persone per lo più della prima generazione, inevitabilmente queste tendono a un più rigido conservatorismo, sia dal punto di vista culturale che dal punto di vista strettamente politico.

Sotto il profilo dei destinatari dei servizi, le associazioni vietnamite di Houston possono essere distinte in due categorie: quelle che hanno come destinatari la comunità locale e quelle che invece tentano di intervenire direttamente in Vietnam. Fra le prime si annoverano tutte le associazioni già citate, tra le seconde si contano invece due organizzazioni che hanno numerose peculiarità: la Sunflower Mission e l‟Institute for Civic Education in Viet Nam (ICEVN).

Il Vietnamese Civic Center (VNCC; in vietnamita Nhà Việt ) è un‟organizzazione no-profit la cui architettura si fonda su un consiglio di amministrazione e su volontari, il cui fine è migliorare le condizioni sanitarie della comunità vietnamita di Houston e ridurre il numero di persone prive di assicurazione. Fra i servizi offerti dal VNCC, a parte una piccola biblioteca con qualche centinaia di libri in vietnamita di diversi generi letterari, vi sono servizi di informazione relativi al sistema sanitario americano e servizi di consulenza per scegliere l‟assicurazione sanitaria migliore. Destinatari privilegiati sono le famiglie a basso reddito, che in questo modo vengono aiutate a usufruire di programmi di assistenza sanitaria sovvenzionati dal governo e per lo più gratuiti o a bassissimo costo. D‟altro canto, il VNCC è anche la sede civica in cui vengono discusse alcune importanti questioni relative alla comunità vietnamita di Houston. Ad esempio, è stata la sede di presentazione e inaugurazione della nuova toponomastica legata alla

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viabilità di Bellaire, riguardante l‟assegnazione di nomi alternativi vietnamiti alle strade principali del quartiere.

È interessante notare come nella mission statement del centro, riportato sul sito del medesimo5, si faccia riferimento a taluni bisogni relativi all‟arricchimento culturale, sociale ed educazionale, nonché all‟avanzamento dei vietnamiti-americani di Houston e delle aree adiacenti. Il fatto che si utilizzi la parola avanzamento è l‟ulteriore prova che il fine ultimo delle associazioni sia far emergere i membri della comunità vietnamita come attivi soggetti sociali. Proseguendo si afferma che l‟obiettivo del VNCC è quello di incoraggiare e rafforzare la famiglia e il patrimonio vietnamita-americano, promuovere e sviluppare i legami intracomunitari, e colmare il gap tra i diversi valori dell‟Oriente e dell‟Occidente. Non credo ci sia bisogno di menzionare Edward Said e la sua pioneristica opera Orientalism (20126) per dirimere la questione riguardante i concetti (abusati) di Oriente e Occidente, ma quello che ci interessa notare in questa sede è la consapevolezza a) che esista un gap tra valori che vengono concepiti come etnici e altri che appartengono alla parte di mondo in cui la comunità vietnamita di Houston risiede, e b) che questo divario non sia incolmabile, ma che anzi si abbiano la volontà e gli strumenti per avvicinare i due mondi. Ciononostante si auspica al mantenimento della famiglia tradizionale, quasi a suggerire a livello subliminale un‟endogamia che permetta di conservare inalterata l‟eredità culturale d‟origine.

L‟unica realtà collaborativa che ha un‟architettura che potremmo definire “a matrioska”, essendo composta da un ente principale e da diverse associazioni satellite è la Sunflower Mission, che utilizza la VCSA e la sussidiaria LDBP come bacino di risorse umane ed economiche. L‟obiettivo della Sunflower Mission, il cui motto è

Education hope for the future, è riassunto nel seguente statement: «Sunflower Mission

5 Dal sito del centro. Vietnamese Civic Center, sezione Index. Link: <http://vietciviccenter.org/index.html>. Ultima consultazione 3 giugno 2016.

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is a 501(c)37 organization committed to improving the lives of the people in Vietnam, mainly through educational assistance programs. We bring school facilities, teaching and learning materials, and scholarships to teachers and students in Vietnam»8. Ciò sembra rispondere perfettamente alle previsioni di Gabriel Sheffer, secondo cui:

[…] diaspora organizations, their modes of operation, the trans-state networks they establish and operate, and the roles they play in domestic, regional, and international affairs should be viewed as precursors to future developments that will significantly change international and domestic politics (Sheffer 2003: 27).

La percepita necessità di intervenire in Vietnam è il frutto di due sentimenti, uno esplicito, uno implicito: il primo è il desiderio filantropico di fare qualcosa per migliorare le condizioni di coloro che, per volontà propria o perché non possono permettersi di trasferirsi all‟estero, vivono in Vietnam; il secondo, invece, è un desiderio più propriamente psicologico, che risponde alla consapevolezza di avercela fatta e di essere riusciti a costruirsi una nuova vita con le opportunità offerte loro negli Stati Uniti, diversamente o a scapito di chi è rimasto indietro, in Vietnam, ancora vittima di un sistema politico, economico ed educazionale ingiusto. Questa sorta di senso di colpa si nutre di due ulteriori sentimenti, uno di compassione nei confronti dei vietnamiti in Vietnam, l‟altro di rabbia e di odio contro il governo comunista, colpevole, in questi decenni successivi alla guerra, di aver promesso tanto ma non aver fatto nulla per migliorare le condizioni del popolo vietnamita. Il concetto di “senso di colpa” deriva dalla psicanalisi e non è certamente mia intenzione dare alle mie considerazioni il taglio di una disciplina che non mi compete. A un‟analisi superficiale, può sembrare addirittura paradossale parlare di senso di colpa, perché sarebbe legittimo chiedersi

7 Negli Stati Uniti è la categoria in cui rientrano le organizzazioni no-profit esentate dal pagamento delle tasse.

8 Dal sito dell‟organizzazione. Sunflower Mission, sezione Our mission. Link: <http://www.sunflowermission.org/our-mission/>, ultima consultazione 5 giugno 2016.

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quale danno i vietnamiti rifugiati/immigrati a Houston abbiano arrecato ai propri connazionali decidendo di trasferirsi negli Stati Uniti. È più corretto quindi ampliare la nozione del concetto in esame e parlare di senso di colpa del sopravvissuto (o sindrome

del sopravvissuto), un concetto ampiamente dibattuto dalla letteratura psichiatrica9 ed etnopsichiatrica10. Se lo stereotipo del senso di colpa è caratterizzato dal fatto che un “colpevole” (C) riconosca di aver causato un danno ingiusto a una “vittima” (V), lo psichiatra Francesco Mancini afferma che per provare il senso di colpa del sopravvissuto «non serve che C assuma l‟esistenza di un nesso di causa fra il proprio comportamento e il danno della vittima; non è neanche necessario che C assuma che avrebbe potuto fare diversamente e nemmeno di aver infranto una delle norme da lui stesso condivise. Per giunta C può essere onestamente consapevole di non aver desiderato il danno di V, addirittura può essergli chiarissimo l‟avere una disposizione fortemente positiva verso V» (Mancini 1997: 3).

In questa prospettiva, la Sunflower Mission e lo ICEVN, in quanto organizzazioni no-profit che si occupano di raccogliere fondi da inviare in Vietnam per la costruzione di scuole e come finanziamento all‟istruzione di giovani altrimenti impossibilitati a studiare negli Stati Uniti, reiterano una narrativa che vuole assecondare quel senso d‟obbligazione nei confronti dei propri connazionali, derivante da questa percezione, ponendo tuttavia un dilemma etico di notevole importanza: sebbene le condizioni economiche degli Stati Uniti siano oggettivamente migliori rispetto a quelle in cui versa il Vietnam, che cosa giustifica la considerazione secondo cui i vietnamiti sarebbero tutti poveri e propensi ad abbandonare il proprio paese? Questo ragionamento, che appare tanto interessante quanto discutibile, mi è stato proposto da una giovane vietnamita- americana, Catherine, la quale mi ha detto:

9 Si veda Kubany e Manke 1995; Mancini 1997; Gilbert e Procter 2006; Bellelli e Gasparre 2009; Bottelli 2012.

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L‟anno scorso, al Len Duong Camp, hanno fatto fare ai partecipanti un minuto di silenzio dedicato ai vietnamiti. Che presunzione! Cosa fa loro pensare che i vietnamiti-americani siano in condizioni migliori dei vietnamiti in Vietnam? Io stessa ho amici in Vietnam che stanno come me, se non addirittura meglio!11

La strategia dell‟aiutare i vietnamiti in Vietnam risponde di fatto a un‟esigenza politica: seminare il germe del cambiamento fra i più giovani, in modo che la futura generazione cresca con un senso critico della (propria) storia, della politica del proprio paese e delle condizioni sociali in cui versa il Vietnam. Si ribadisce quindi la possibilità di definire i vietnamiti di Houston attivi in associazioni di questo tipo (e non solo) come

transmigranti, in quanto vivono simultaneamente in due paesi: «They participate in

personal and political events in both their homeland and their new land. They live their lives across borders in a social world that includes the often harsh realities of their homeland» (Fouron, Glick-Schiller 2002: 169). Si noti, ad ogni modo, che le modalità di partecipazione alla vita di quanti vivono in Vietnam (connazionali, amici, familiari) non si traducono sono nell‟attivismo associazionistico, ma anche in strategie personali, intime, familiari che si attuano principalmente attraverso due azioni: l‟invio di denaro e l‟invio di materiale di natura eterogenea, tangibile (vestiario, elettronica) e intangibile (soprattutto media, come musica, film, informazioni).

Actions taken by long-distance nationalists on behalf of this reputed ancestral home may include voting, demonstrating, lobbying, contributing with money, creating works of art, fighting, killing, and dying. Long-distance nationalism is closely connected to the classic notion of nationalism and the nation- state. As in other form of nationalism, long-distant nationalists believe there is a nation that consist of a people who share a common history, identity, and territory. Long-distance nationalism differs from other

11 Conversazione con Catherine Nguyen (23 anni, volontaria della VCSA), annotata nel diario di campo il 7 ottobre 2015.

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forms of nationalism in terms of the nature of the relationship between the members of the nation and the national territory. National borders are not thought to delimit membership in the nation. The members of the nation may live anywhere around the globe and even hold citizenship in other states. This does not in the view of long-distant nationalists, abrogate the relationship between members of the nation and their national homeland. Long-distance nationalists are expected to maintain some kind of loyalty to the homeland and on the basis of this attachment take whatever actions the homeland requires. The nature of these actions varies, depending on the political and economic situation of the homeland (Glick-Schiller 2005: 570-571).

Quello che Nina Glick-Schiller definisce long-distance nationalism è un insieme di rivendicazioni e pratiche identitarie che connettono persone residenti in diverse aree geografiche a uno specifico territorio che essi considerano ancora come la loro «casa ancestrale» (Glick-Schiller 2005: 570). È importante sottolineare nuovamente che i legami con quest‟ultima sono mantenuti sia a un livello pubblico (attraverso le associazioni), sia a un livello privato, in una modalità che conferisce alla diaspora una dimensione sia immateriale, relativa alla condivisione da parte dei migranti dell‟appartenenza a una patria comune e ai valori che essa rappresenta, sia materiale, fatta di connessioni transnazionali economiche, politiche e sociali attuate dai migranti stessi che permettono loro di essere presenti “là” vivendo “qui” (Marini 2015: 48). La natura transnazionale delle attività dei migranti permette dunque loro di contribuire allo sviluppo del proprio Paese di origine, rafforzando al contempo i legami e le strutture interne alla comunità migratoria e contribuendo alla costruzione di un‟identità propriamente diasporica.

A livello statistico, l‟invio di denaro è la forma privilegiata attraverso cui si mantiene il legame tra la diaspora vietnamita e la madrepatria. Se in passato, infatti, il governo vietnamita si è dimostrato piuttosto duro nei confronti della diaspora e degli emigrati vietnamiti, caricando l‟espressione apparentemente neutra Viet Kieu (Viê ̣t kiều:

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lett. “vietnamiti che vivono all‟estero”) di un significato negativo, nel corso degli anni si è assistito a un progressivo spostamento dallo stigma a un atteggiamento più accomodante, derivato dalla realizzazione che i Viet Kieu stessi possano essere delle risorse per il paese12. Nel corso dei decenni successivi alla formazione della diaspora vietnamita, il governo vietnamita ha gradualmente modificato la sua percezione nei confronti della propria popolazione fuggita o emigrata all‟estero. Se i primi ad abbandonare il Vietnam nella seconda metà degli anni Settanta furono bollati come Mỹ

ngụy (lett. “burattini americani”), ora ci si riferisce loro come Kiều Bào (lett. “persone

che vengono dallo stesso ventre”). Questo scarto semantico, frutto di una rinnovata percezione non meno che di una sottile strategia politica, testimonia chiaramente una più aperta attitudine del governo vietnamita nei confronti della sua diaspora, il che coincide con un interesse sempre maggiore del Vietnam nel mercato globale e nella necessità di investimenti finalizzati al proprio sviluppo economico. Il governo vietnamita sembra considerare la diaspora in maniera strumentale per il raggiungimento di questo scopo e si è dimostrato più che disposto ad accogliere, negli ultimi anni, un crescente numero di lavoratori, studenti, turisti vietnamiti, dapprima stigmatizzati dall‟etica di regime. Al contempo, la prima generazione di vietnamiti-americani, ancora fortemente animati da istanze anti-comuniste, temono si stiano sviluppando relazioni sempre più strette col Vietnam e ribadiscono la loro posizione secondo cui i Viet Kieu dovrebbero tagliare ogni rapporto col Vietnam (Valverde 2012: 56).

12 Nella prospettiva diacronica delle riforme economiche avvenute in Vietnam negli anni Ottanta, Chan Yuk Wah (2005: 217-218) propone questa spiegazione: «the term Viet-kieu carries different connotations at different times and in different places. Since Vietnam implemented a series of economic reform in the late 1980s, many Vietnamese who had migrated to the Western countries after the Vietnamese communists took over the country in 1975 and during the period of repression against the ethnic Chinese in the late 1970s, have returned to Vietnam and brought with them millions of dollars of investment to set up enterprises and businesses. A large number of them are professionals and work in Vietnam‟s newly budding transnational businesses in the areas of management, banking, and information technology. All these Vietnamese migrant returnees are grouped into a category named Viet- kieu, which literally means Vietnamese living abroad, but has come to mean Vietnamese who once lived abroad. Owing to the economic contributions they have brought to the growing economy in Vietnam, this group of Viet-kieu has captured much attention of the press, in which they often appear as the newly-rich in post-reform Vietnam».

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La strategia del governo vietnamita intende dunque far mantenere ai vietnamiti d‟oltremare un attaccamento al proprio paese d‟origine e un‟identità ancora fortemente legata ad esso. Di contro, la comunità vietnamita diasporica ha sviluppato legami transnazionali ben al di là del semplice desiderio di rimettersi in contatto con le persone della madrepatria. Le comunità d‟oltremare stimolano l‟immaginazione delle persone in Vietnam e di conseguenza trasformano le modalità attraverso cui le persone guardano al proprio paese e al mondo. Le dinamiche della globalizzazione hanno permesso a quelli che una volta erano nemici di creare legami reciproci, sia economici che culturali. Queste connessioni sottolineano il ruolo della globalizzazione nel creare una nuova esperienza diasporica, nonostante la globalizzazione da sola non definisca le pratiche transnazionali tra gli attori che operano in Vietnam e all‟interno della sua diaspora. Piuttosto, le pratiche delle popolazioni diasporiche sono rese più interessanti – nonché più complesse – dalla globalizzazione, a dar vita a un paradigma che nel suo insieme abbiamo definito transnazionalismo diasporico.

Abbiamo dunque visto che uno dei principali motivi del rinnovato atteggiamento del governo vietnamita nei confronti dei cosiddetti Viet Kieu è stata l‟attrattiva di ricevere risorse umane ed economiche dall‟estero. Per quanto riguarda le risorse umane, il Vietnam desidera beneficiare delle conoscenze di esperti formatisi in Occidente, specialmente negli Stati Uniti. Per quanto riguarda le risorse propriamente economiche, dalle statistiche redatte dalla World Bank in un documento intitolato Migration and

Remittances Factbook 2016 (Third Edition)13, l‟ammontare complessivo delle rimesse

inviate in Vietnam dalle comunità diasporiche nel 2015 è stato di 12,3 miliardi di dollari14, (circa il 57% dei quali provenienti dagli Stati Uniti), una componente ormai

13 World Bank Group. 2016. Migration and Remittances Factbook 2016, Third Edition, Washington, DC, World Bank.

14 Secondo i dati della stessa World Bank, il Vietnam è risultato l‟undicesimo paese al mondo per quantità di rimesse ricevute nel 2015 e il nono fra i paesi destinatari di rimesse provenienti dal Nord America.

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essenziale e irrinunciabile per l‟economia del paese. I Viet Kieu sarebbero dunque fonte di ricchezza, ma cionondimeno il governo vietnamita non avrebbe cessato di ritenere la popolazione vietnamita d‟oltremare, con le sue istanze politiche anticomuniste, una diretta minaccia alla stabilità del paese. In quest‟ottica, i rapporti tra Vietnam e Stati Uniti, e tra Vietnam e diaspora vietnamita, sono soggetti a continui aggiustamenti, frutto di strategie talvolta contraddittorie. Fin dall‟inizio delle relazioni diplomatiche tra Vietnam e Stati Uniti (11 luglio 1995), le due nazioni si sono sforzate di portare a termine negoziazioni per stipulare relazioni bilaterali riguardanti il commercio. Gli Stati Uniti hanno cercato di spingere il Vietnam a liberalizzare il suo mercato, nella speranza di beneficiare del suo sviluppo economico. Nonostante il Vietnam volesse unirsi al mercato internazionale, tuttavia, la sua partecipazione all‟interno della World Trade Organization (WTO) fu inizialmente impedita da numerosi fattori, non ultimo l‟astio storico tra ex nemici di guerra. Inoltre, come altri paesi in via di sviluppo, desiderosi di aumentare i propri commerci senza porsi tuttavia in una posizione di svantaggio, il Vietnam temeva le conseguenze negative della regolamentazione delle tariffe e delle aliquote, e dei sussidi controllati. Solo undici anni dopo la stipulazione dell‟accordo diplomatico con gli Stati Uniti, il 7 novembre 2006, il Vietnam acquisì finalmente lo status di membro della WTO. Nel 2009, gli Stati Uniti divennero il più grande investitore straniero in Vietnam. In questo senso, la globalizzazione, favorendo il liberalismo, ha contribuito a creare un‟atmosfera di relativa distensione tra nemici storici, anche se la memoria della guerra è ancora fresca sia in Vietnam, che negli Stati Uniti, soprattutto all‟interno della diaspora.

Il Vietnam ha dunque affrontato la contraddizione di non voler avere nulla a che fare con il nemico americano, ma di non poter fare a meno del suo appoggio per avanzare in termini economici. La contraddizione è valida anche per i vietnamiti-americani, i quali,

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pur sostenendo una ferrea politica anticomunista, hanno visto notevoli possibilità di

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