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IV. QUANDO LA DIASPORA SI ORGANIZZA

3. Holy Rosary Church Scouts Group

Un‟associazione sui generis che non ho volutamente nominato nei precedenti paragrafi, è quella dell‟Holy Rosary Church Scouts Group, che presenta delle caratteristiche interessanti circa le modalità di educazione che molti genitori adottano per socializzare i figli all‟interno della comunità vietnamita. La mia esperienza presso il gruppo scout della Chiesa del Santo Rosario mi ha visto impegnato settimanalmente come co-responsabile di una delle unità in cui ragazzi e ragazze sono suddivisi progressivamente, al crescere dell‟età17

. Gli incontri si svolgevano ogni sabato e duravano circa due ore. Essi erano preceduti e si concludevano con una breve cerimonia, il saluto a due bandiere (quella americana e quella rappresentativa del

16 Sono stato introdotto a questo gruppo da Christine Nguyen, figlia di Anh, (il segretario del Saint Joseph Condominium), la quale a sua volta era stata invitata a servire come volontaria dalla sua ex- insegnante di psicologia all‟università, Ly (moglie del capo gruppo).

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gruppo stesso), che venivano portate simbolicamente in parata da due scout agli ordini di uno dei responsabili. Il capo gruppo, Khoi Nguyen, è un vietnamita-americano, nato e cresciuto in Vietnam, come del resto tutti i capi-unità, uomini e donne di età compresa tra i 30 e i 60 anni circa.

Gli elementi che desidero analizzare in questa sede, prescindendo dalle finalità del gruppo scout in quanto tale, dato che non differiscono da quelle dei gruppi scout in generale, riguardano: 1) le modalità di interazione all‟interno del gruppo, 2) le ragioni addotte dai genitori per aver iscritto i figli a questo gruppo. Innanzitutto, trovo assai interessante l‟esistenza di un gruppo scout esclusivamente vietnamita18. Chú Khoi (chú, diminutivo di “zio”), come viene chiamato durante e fuori dagli incontri, e la moglie Ly mi hanno detto che ciò risponde a due finalità molto legate fra loro: da un lato educare i giovani vietnamiti nati negli Stati Uniti ai valori che si ritengono importanti, socializzandoli all‟interno di un ambiente in cui essi possano imparare a stare con altri

vietnamiti e imparare tradizionali norme di comportamento (come la gerontocrazia),

ribadite e rinforzate attraverso la naturale struttura del gruppo scout; dall‟altro lato porre quest‟esperienza nel framework della comunità e dell‟educazione religiose.

Per comprendere a pieno il primo elemento, è necessario fare riferimento, come accennavo pocanzi, alle modalità di interazione all‟interno del gruppo e all‟interno delle singole unità. L‟interazione avviene su due assi, quello della lingua e quello del registro, che vanno calibrati in relazione al contesto e in relazione alla persona con cui si sta parlando. L‟esercizio di quest‟appropriatezza di linguaggio dovrebbe naturalizzare il valore tradizionale confuciano della pietà filiale, che ha un‟applicabilità non solo familiare, ma anche sociale:

18 D‟altronde l‟Holy Rosary Church è una delle chiese di Houston che celebra messe anche in lingua vietnamita.

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Filial piety consists of several factors. Basically it is to respect and to obey one‟s parents unconditionally while they are living and to provide a proper funeral and remembrance/veneration of them when they die. This cultural tradition preceded but was formalized in the Confucian ideal of maintaining an orderly society through the five right relationships. These are the subject/ruler, father/son, older brother/younger brother, husband/wife and friend/friend. Thus, respect is shown not only toward immediate family members but also to everyone in society. What these relationships accentuate is the Confucian ideal of deference to the elder or hierarchy in society. This ideal may not have been formally learned in school, but for the Asian family it is handed down informally within the familial relationships. For many Asian American parents, the continual practice of this filial ideal becomes part of what they must instill in the second and subsequent generations. It is a duty of passing on this tradition that Asian parents feel highly responsible in order to maintain their respect and place within their community (Hoang 2010: 55).

Per quanto concerne la lingua, si consideri prima di tutto che la lingua ufficiale del gruppo è, o meglio sarebbe l‟inglese. Questa, tuttavia, non è una regola imperativa, venendo il vietnamita non solo utilizzato spesso, ma talvolta anche incoraggiato dalla presenza dei genitori (che aiutano i responsabili a gestire l‟alto numero di scout) e dai responsabili stessi che fra di loro tendono a parlare in vietnamita. In generale, ho notato la tendenza di tutti gli scout a parlare in inglese fra di loro e in vietnamita con i propri genitori, mentre per quanto riguarda l‟interazione scout/capo-unità avveniva talvolta in inglese, talvolta in vietnamita con frequenti language shifts anche all‟interno della stessa frase. Il risultato linguistico è dunque estremamente ibrido e dà una misura delle complessità interazionali che si sviluppano tra diverse generazioni. Talvolta, infatti, la competenza linguistica dei figli nel parlare inglese è di molto superiore a quella dei genitori, che dunque tendono, non appena si trovino di fronte a difficoltà di espressione o di comprensione, ad utilizzare il vietnamita. Talvolta, tuttavia, l‟uso linguistico non dipende solo ed esclusivamente dalla possibilità o meno di potersi esprimere, ma, piuttosto, dal desiderio di veicolare un certo significato meta-comunicativo. Così

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l‟inglese era preferito (anche dai genitori) come lingua attraverso cui spiegare il procedimento di realizzazione di un certo oggetto, le istruzioni di un gioco, le indicazioni operative durante le cerimonie di apertura e di chiusura degli incontri e così via. Il vietnamita, invece, era preferito qualora un genitore dovesse rimproverare il figlio per essersi comportato male, e risultava anche la lingua cui i genitori ricorrevano

istintivamente quando si presentava, ad esempio, una situazione pericolosa (ad esempio

un bambino piccolo con le forbici in mano). In questo contesto di interazione, definirei quindi l‟inglese come la lingua della manualità e dell‟operatività, una lingua cui si fa ufficialmente ricorso nella sua veste funzionale; il vietnamita invece sarebbe la lingua dell‟emotività e per così dire dell‟istinto, riservata a momenti ludici (ad esempio anche quando fra genitori e responsabili si scherzava, facendo qualche battuta), a momenti di rimprovero e a momenti che andavano al di là della competenza linguistica nell‟inglese del parlante.

Per quanto riguarda l‟aspetto religioso, esso è un elemento imprescindibile nel considerare sia l‟identità del gruppo scout, indissolubilmente legato alla parrocchia del Santo Rosario, sia l‟identità di una parte consistente della comunità vietnamita di Houston. La profonda e importante componente religiosa che caratterizza la diaspora vietnamita può essere spiegata con un riferimento a due contesti storici: il primo riguarda i vietnamiti cattolici che in gran numero dovettero abbandonare il Vietnam per paura di persecuzioni da parte dei comunisti, dopo la presa del potere da parte di questi ultimi19; il secondo riguarda le parrocchie che favorirono, sponsorizzandoli, l‟immigrazione e il reinsediamento di decine di migliaia di famiglie vietnamite all‟estero. Per questi due motivi, l‟aspetto religioso, in particolar modo quello cattolico, è diventato un forte elemento identitario nella dimensione diasporica della comunità

19 Si consideri che, anche prima di abbandonare il Vietnam, circa un milione di cattolici fu costretto, quando il Paese era ancora diviso, a trasferirsi più o meno forzatamente dal Nord al Sud.

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vietnamita, e certamente uno degli aspetti critici del rapporto di quest‟ultima con la madrepatria.

L‟importanza quindi del gruppo scout del Santo Rosario, agli occhi dei genitori, dei leader e della comunità, risiede nel soddisfacimento di un‟esigenza che è al contempo culturale (educare i giovani ai valori tradizionali vietnamiti che si ritengono importanti, senza tralasciare quelli ritenuti altrettanto importanti per la società americana), sociale (socializzare i figli in un ambiente etnico familiare) ed etnico-religiosa (educare i giovani alla morale cattolica, perché crescano consapevoli della propria identità in relazione complementare, e non accessoria, al proprio credo).

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