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La nuova prospettiva epistemologica che a partire dalla seconda metà del XVIII secolo cominciò a mettere in discussione l’uniformità del processo storico, determinando le prime lesioni al suo interno, erompe in tutta la sua forza alla soglia del terzo millennio.

Ciò che nell’Illuminismo si presentò con i caratteri di una incrinatura sotto traccia e poi assunse, nel novecento, la portata di una frattura evidente e ineludibile, oggi ha dato luogo a interruzioni e discontinuità che di fatto hanno frammentato la realtà sin quasi alla dissoluzione. In questo quadro, la ricerca tipologica di CMA ci appare come una sorta di risposta epistemologica alla perdita di coesione dell’architettura. Una fitta trama di “ponti della conoscenza” volti ad annullare, nell’accidentato territorio dell’architettura, l’effetto negativo di ostacoli sempre più alti e baratri sempre più profondi; nel tentativo di ripristinare la logica tra alterità e identità.

Se nell’ottocento Quatremère de Quincy esprimeva l’esigenza della sua epoca di distinguere in architettura tra “modello” e “tipo”, definendo il primo termine come una sorta di figura prefissata da ripetere tale e quale, e il secondo come una costante ravvisabile in opere diverse;88 se i maestri

dell’architettura moderna più che subordinare il tipo alla tecnica, lo filtrarono in essa; CMA, alle porte del terzo millennio, tenta di spingere un po’ più in là il ragionamento tipologico avviato dalla scuola italiana della “tendenza”. E lo fa proponendo il passaggio dal “tipo” in quanto aspirazione all’elementare (all’archetipo, si potrebbe quasi dire) al “procedimento tipologico” in quanto aspirazione al complesso. Un tentativo, insomma, di tornare a dominare l’universo dell’architettura da una prospettiva più ampia e articolata, senza cioè eludere -né peraltro subire passivamente- la dimensione eterogenea e

88 A. C. Quatremère de Quincy, Dictionnaire historique d’architetecture comprenant dans son plan

les notions historiques, descriptives, archéologiques, biographiques, théoriques, didactiques et pratiques de cert at, 2 voll., Librairie d’Arien le Clère, Paris 1832; trad. it., in edizione ridotta, Dizionario storico di architettura, Marsilio, Padova 1985.

controversa della contemporaneità, ma assumendola in modo critico. O meglio, in modo astratto.

Così concepito, il procedimento tipologico è del tutto incentrato sul concetto di trasformazione. Una concezione “dinamica” di tipo, che non solo si pone agli antipodi dell’arcaica idea di modello, ma anche spezza l’idea “statica” e accademica di tipo. Laddove quest’ultima limiterebbe il raggio d’azione del progetto alla composizione meccanica di tipi o archetipi diversi, il procedimento tipologico propenderebbe per la loro articolata mescolanza. Laddove la precedente si limita alla “relazione”, la seconda tende alla “confluenza”.

Questa precisa prospettiva suggerita da CMA, trova il suo fondamento nella lettura in chiave tipologica dell’architettura moderna, e costituisce il fine ultimo della speculazione messa in atto ne Le variazioni.

Il libro, infatti, dopo aver trattato in ordine: il tipo come fondamento epistemologico dell’architettura, il tipo come permanenza delle variazioni, il tipo come processo di trasformazioni, si chiude con l’astrazione del tipo.

Detto in altri termini, l’autore, dopo averci condotto passo dopo passo lungo la rassicurante edificazione della “cattedrale” (blindando in tal modo il nostro senso storico) decide di condurci allo scoperto, nel mondo impervio del progetto contemporaneo. E lo fa mostrandoci la de-costruzione della “cattedrale” così come l’ha messa in atto la cultura moderna, fin sino la sua rarefazione, comprensiva delle relative trasgressioni. Giacché, ci ricorda

CMA, «progettare è trasgredire un determinato tipo con decisioni logiche».89

Trasgressioni logiche dunque, ben calcolate precisa CMA, dato che «ogni trasgressione ha come referente qualcosa di già prefissato, e suppone una struttura formale la cui trasformazione non metta in discussione l’identità e la riconoscibilità. Altrimenti non si potrebbe parlare di trasgressione ma, se m a i , d i s c o m p a r s a e d i s o s t i t u z i o n e . N o t i a m o a l l o r a c o m e ,

89 Ivi, p. 166, Tony Diaz in una citazione di CMA. T. Diaz, El proyecto de arquitectura: transgresión

paradossalmente, il tipo si conservi proprio grazie alla sua stessa trasgressione».90

Ma la decifrazione di queste trasgressioni, o meglio la decifrazione della supposta logica che si cela in esse, pone il problema della forma a un livello di generalità massima. Ossia, comporta l’assunzione di un alto grado di astrazione che permetta appunto di “astrarre” ed “estrarre” dal monolite oramai frantumato solo gli aspetti essenziali e necessari, tralasciando accidentalità e contingenze. 91

L’astrazione, dunque, come “procedimento conoscitivo” intellettuale e materiale insieme, volto a scovare la nascosta matrice tipologica dell’architettura moderna, per meglio decifrare la complessa correlazione che -nel progetto- intercorre tra l’idea monolitica dell’architettura e la sua realtà scomponibile. Tra tipo e opera.

La parte conclusiva del libro -dedicata per l'appunto a La nozione di tipo

nell’architettura moderna- si apre infatti con il capitolo intitolato Monolitico versus scomponibile. In esso l’autore mette in atto, sotto le apparenze di

una inflessibile dicotomia, ciò che in realtà si rivela come una feconda “contrapposizione complementare” che dà luogo alla reciproca legittimazione tra idea di “tipo” e idea di “astrazione”.

Nello specifico, CMA identifica nel tipo della masía (la casa rurale catalana) “un tutto monolitico” nel quale i sottosistemi che concorrono alla definizione dell’edificio coincidono pienamente. Infatti, la struttura tipologica che caratterizza la masía -tre campate formate da quattro muri paralleli posti tendenzialmente alla stessa distanza- assimila al contempo: la struttura portante, l’organizzazione spaziale, lo schema distributivo e il linguaggio architettonico.

90 Ibid.

91 Cfr. Astrazione in architettura: una definizione, in C. Martí Arís, Silenzi eloquenti, Marinotti,

A questa idea monolitica di architettura, in cui i sottosistemi costruttivi risultano fusi insieme, CMA contrappone l’opera scomponibile di Le Corbusier e i cinque punti dell’architettura moderna che egli destinò alla critica del “Plan Paralysé”.

«È innegabile [scrive CMA] che il carattere scomponibile dell’architettura moderna deriva dall’applicazione di alcune innovazioni tecniche, come per esempio il principio della struttura a scheletro, che tra l’altro comporta la possibilità di distinguere tra nozione di struttura e nozione di chiusura. Ma i motivi tecnici non esauriscono la spiegazione di questo fenomeno. […] I cinque punti non sono tanto i principi di una nuova tecnica costruttiva, quanto l’espressione di un modo nuovo di pensare l’architettura». Presuppongono, cioè, una precisa vocazione all’astrazione che, nel concepire isolatamente i sottosistemi costruttivi, è volta a scomporre ciò che Le variazioni dell’identità, pp. 135 e 137

la Masía catalana contrapposta ai cinque punti della nuova architettura di Le Corbusier villa Malcontenta (Palladio) contrapposta a villa Stein (Le Corbusier)

era composto per ricomporlo nuovamente in modo tanto logico quanto plurimo e inaspettato.

L’astrazione secondo Le Corbusier, pertanto, più che subordinare il tipo alla pura forma tecnica così come tendono a fare i razionalisti radicali,92 più

che produrre la trasfigurazione del tipo, approda paradossalmente alla sua identificazione polisemica. Insomma, un procedimento complesso che sottopone ad astrazione tutti i problemi, tutti gli sviluppi tipo-logici, contemporaneamente.

Questo modus operandi sovverte l’ordine statico del tipo e «opera come un dispositivo che libera strategie diverse, persino conflittuali, attraverso le quali l’edificio raggiunge un equilibrio dinamico».93

Se Le Corbusier “astrae” dal tipo la sua identità polisemica; Mies van der Rohe (l’altra faccia del Movimento Moderno) rende rarefatta quella stessa identità, poiché nelle sue opere, ci ricorda CMA, «il tipo si ritrae sempre a un livello più astratto: si rende cioè inafferrabile attraverso le immagini per impedire la propria disattivazione».94

92 Si pensi a riguardo la nota polemica tra Karel Teige e Le Corbusier, ripresa nel numero

conclusivo della rivista 2C. La polemica Teige-Le Corbusier, in C. Martí e X. Monteys, La línea

dura, in “2C-Construccion de la ciudad”, 1985, n. 22, pp. 6-11.

93 C. Martí Arís, Le variazioni…, op. cit., p. 139. 94 Ivi, p. 168.

“Silenzi eloquenti” e “Cabos sueltos”,

un progetto eteronimo