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La “Casa Triangolare”: l’astrazione della figura

Questa casa -progettata nel 1991 e realizzata tra il 1993 e il 1995- si trova a Esplugues de Llobregat, un Comune sorto al margine ovest di Barcellona. In particolare, è situata all’estremo della Ciutad Diagonal, un settore organizzato a città giardino, così denominato perché risulta incardinato al prolungamento suburbano dell’avenida Diagonal di Barcellona.

I due progettisti, Carlos Martí Arís e Antonio Armesto, precisano che la pianta triangolare di questa casa non è una scelta aprioristica di progetto, ma scaturisce dalla superficie cuspidiforme del lotto.1 Un lotto di risulta,

determinato da imposizioni urbanistiche: sì ortogonale alla strada di accesso (calle Manuel Florentín Peréz) ma tranciato in tutta la sua ampiezza dalla scarpata dell’autostrada, che corre affianco a una quota inferiore. Un lotto, dunque, originato dalla convergenza tra una strada e un’autostrada. O meglio, dalla convergenza conflittuale di due scale: quella minuta e discreta dell’abitare e quella vasta e prepotente dell’infrastruttura.

Al riguardo, però, potremmo quasi immaginare che il carattere contingente di questo lotto derivi in realtà da una sorta di somatizzazione della morfologia del Plan Cerdá. Infatti, se osserviamo una planimetria dell’area metropolitana di Barcellona, ci accorgiamo che il Comune di

Esplugues è situato esattamente alla convergenza dei prolungamenti di due

tra i più importanti assi viari che strutturano la città: la Diagonal e il Paralel. E ci accorgiamo, inoltre, che questi assi formano un angolo al vertice tendenzialmente identico a quello del lotto in questione, per ampiezza e orientamento. Ne consegue, che il lato nord-ovest (su strada) e il lato sud

1 Casa a Esplugues de Lobregat, in “AB – Arquitectes de Barcelona”, 1997, n° 60, pp. 26-27.

Inoltre, sempre in riferimento a questa opera, si segnala il bell’articolo di Giuseppe Barbieri, Due

progetti di Antonio Armesto e Carlos Martí Arís, in “Edilizia Polare, 1996, n° 248, pp. 22-31. Articolo

(definito dalla scarpata autostradale) risultano rispettivamente paralleli alla

Diagonal e al Paralel. Proprio come se il prolungamento suburbano della Diagonal avesse condizionato l’orientamento dei successivi tracciati

periferici e, nello specifico, l’angolazione rispetto alla direttrice del Paralel. In ragione di questa quantomeno curiosa coincidenza, pare che la forma del lotto in questione esprima tutto il peso della problematica posizione geografica rispetto alla struttura del Plan Cerdá. O detto in altro modo, pare che il lotto assuma i connotati di una sineddoche che cela, nella sua minutissima dimensione, un aspetto ineludibile dell’intera città di Barcellona: la coniugazione di due diverse scale, quella residenziale e uniforme del reticolo delle manzanas, e quella infrastrutturale e difforme degli assi di attraversamento (quali la Diagonal, il Paralel e la Meridiana), i quali, nel sovrapporsi al reticolo residenziale, lo incidono in modo accidentale.

Tornando alla Casa Triangolare, la geometria cuspidiforme del lotto -si diceva- obbliga CMA e Antonio Armesto ad assumere, come punto di partenza del progetto, un prisma a base triangolare. Tuttavia, piuttosto che assecondare l’andamento accidentale dei confini di proprietà, i progettisti annullano ogni contingenza volumetrica “astraendo” dall’irregolarità del perimetro un sedime che ricalca la regola esatta del triangolo rettangolo. Non un triangolo rettangolo qualsiasi, ma il triangolo rettangolo per eccellenza: con angoli rigorosamente di 30, 60 e 90 gradi.

Pertanto, purificata la volumetria del prisma, i due architetti decidono di non negarne l’immagine ma, al contrario, di enfatizzarla. Di assumere cioè il volume prismatico in tutta la sua immanenza. Non tanto come un’imposizione del sito fine a se stessa, quanto piuttosto come un’occasione o meglio una sfida difficile. Come una pietra granitica, ad elevato grado di durezza, che permetterebbe sì di ricavare tagli e spigoli impeccabili, ma comporta tanta fatica inciderla. Come un problema ad elevato grado di difficoltà, con cui si desidera misurare e legittimare la propria sapienza, pur nella consapevolezza che una soluzione nitida, piena, potrebbe anche non conseguirsi.

planimetria generale 0 5 mt 2

copertura

primo piano

0 5

mt piano terra

"Casa Triangolare" a Esplugues (Barcellona)

2

La sfida difficile che i due architetti lanciano sia al sito, sia alla figura seducente del prisma -sebbene loro stessi ne siano vittime consapevoli- è tutta tipologica. In altre parole, se da un lato perseguono un linguaggio architettonico volto ad esaltare le imposizioni del lotto e la forza espressiva del volume; dall’altro, si guardano bene dal sottomettere il procedimento compositivo a quella stessa forza espressiva. CMA e Armesto, infatti, tentano di inscrivere nel perimetro dato, una pianta i cui ambienti non derivano dalla forma triangolare; una pianta che, al contrario, ne disinneschi il carattere figurativo e accidentale. Tentano, cioè, di incorporare nel prisma una precisa forma dell’abitare che, sottraendosi alla stravaganza e al gratuito, si organizzi (secondo le indicazioni degli stessi autori) intorno a una rigorosa struttura tipologica: lo schema a T. In ragione di questo principio, l’asse di penetrazione che va dall’ingresso al giardino, si dispone simmetricamente e ortogonalmente alla campata addossata sull’ipotenusa, la quale sfrutta il buon orientamento e il lungo campo visivo. Nell’intersezione si colloca la scala, che ascendendo sino alla terrazza, introduce una componente verticale.

Insomma, la pretesa dei progettisti è chiara: impedire che «il triangolo si faccia troppo presente nell’esperienza quotidiana della casa».2 Pertanto, «il

volume viene sottomesso a diverse operazioni di erosione e svuotamento, soprattutto intorno al vertice più acuto [pur non distruggendo] la virtualità della figura triangolare, riaffermata dalla presenza nel vertice di un elemento massiccio, a mo’ di chiglia, che contiene i condotti di ventilazione per gli impianti situati nell’interrato».3 Questa descrizione sembra chiarire il vero

intento dei progettisti. Attraverso un complesso procedimento compositivo, i due, anziché produrre una dicotomia tra la dimensione sintattica del tipo e quella semantica del volume, innescano fra queste una forte dialettica.

2 Casa a Esplugues de Lobregat,... op.cit., p. 26.

Casa Triangolare - prospetto sud 0 2 5 mt

J. M. Sotres, Casa Moratiel (1955 - 57) TAVOLA 4

La quale, sfocia in una reciproca compromissione che, come fosse un “ossimoro”, pone in risonanza gli opposti.

In questa piccola opera, dunque, tipo e immagine danno origine a un equilibrio dinamico che oscilla tra l’astratto e il figurativo: gli estremi dell’eterno intervallo entro cui si articola l’intero mondo dell’architettura. Delle menzionate coppie di vocaboli, i primi tendono a ricondurre in una prospettiva più generale gli aspetti particolari e contingenti insiti nei secondi; viceversa, i secondi tendono ad aprire alla promiscuità della realtà i principi generali che legittimano i primi.4

In tal senso, CMA e Armesto tentano di spingere un po’ più in là il ragionamento tipologico. E lo fanno proponendo il passaggio dal “tipo” in quanto aspirazione all’elementare al “procedimento tipologico” in quanto aspirazione al complesso. Un tentativo, insomma, di tornare a dominare l’universo dell’architettura da una prospettiva più ampia e articolata, capace di includere nel processo tipologico aspetti anche figurativi. Senza cioè eludere -né peraltro subire passivamente- la dimensione eterogenea e controversa della contemporaneità, ma assumendola in modo critico e astratto.

Nel parlare di una «pianta che si organizza secondo uno schema a forma di T»5, i due architetti non si spingono oltre, non indicano alcun

preciso riferimento tipologico che vada oltre lo schema. Non un’opera, cioè, che a riguardo possa assumere l’autorevolezza dell’esempio.

A questo “vuoto analogico”, si tenterà di rimediare fornendo noi un riferimento. Un riferimento, peraltro, del tutto interno al pensiero dei progettisti. Da entrambi ben conosciuto e studiato. Ci riferiamo al tipo della

masía, la casa rurale catalana alla quale la loro rivista 2C aveva dedicato un

4 Cfr C.Martí Arís, Astrazione in architettura: una definizione, in Silenzi eloquenti. Borges, Mies van

de Rohe, Ozu, Rothko, Oteiza, Marinotti, Milano 2002. In questo saggio, in verità CMA distingue

nettamente tra “astratto” e “figurativo”. Nella Casa Triangolare, invece, queste opposte dimensioni dell’architettura pare coesistano indissolubilmente.

numero monografico;6 e con la quale CMA aveva introdotto la parte

conclusiva de Le variazioni dell’identità, dedicata alla nozione di tipo nell’architettura moderna. In quella circostanza CMA, evidenziando la reciproca legittimazione tra idea di “tipo” e idea di “astrazione”, metteva in risonanza il tipo della masía, in quanto paradigma dell’integrità tipologica dell’architettura tradizionale, con il carattere scomponibile dell’architettura

moderna.7

Ma, bisogna precisare, qui non ci riferiamo al tipo della masía nella sua forma primordiale, quella cioè composta da tre campate parallele aventi tendenzialmente la stessa luce. Ci riferiamo, precisamente, al tipo avanzato della masía: quello che vede tre campate parallele attestarsi a una quarta campata trasversale; in una sintassi analoga a quella che regola la Casa

Triangolare. Con una sola differenza: a Esplugues la limitazione del lotto

impedisce alle tre campate parallele di svilupparsi nella loro interezza. Le quali, pertanto, potranno manifestarsi soltanto in quanto frammenti.

Negli esempi più evoluti di masía, inoltre, questa quarta campata cerca l’esposizione migliore, e nel farlo si apre a mo’ di loggia sul paesaggio. Esattamente ciò che nella Casa Triangolare alla campata trasversale, la quale infatti si apre sul giardino attraverso grandi aperture.

Infine, anche la posizione della scala crediamo avvalori questa analogia tra masía e Casa Triangolare. Collocata all’intersezione delle due campate (la mediana e la trasversale), la scala sembra generare in entrambi i casi un centro, un perno da cui erompe una componente ascensionale. Un cardine che allaccia terra e cielo, e si manifesta nitidamente all’esterno: attraverso un gazebo appoggiato sul tetto a terrazza, nella Casa Triangolare; attraverso un’altana innalzata sul tetto a falde, nella masía.

6 “2C-Construccion de la ciudad”, 1981, n. 17-18 - La masia. Historia y tipologia de la casa rural

catalana.

7 Monolitico versus scomponibile, in C. Martí Arís, Le variazioni dell’identità. Il tipo in architettura,

Sovrapposizione tipologica: lo schema T e la Masía 0 5 mt 2 TAVOLA 5

Ma, in realtà, questa aspirazione tipologica ad “astrarre” (o “estrarre”) il tipo della masía dal volume prismatico attraverso un processo di “disoccupazione spaziale”, non può essere privo di conseguenze, non può darsi pacificamente. Al contrario, inevitabilmente, al concettuale “processo di astrazione” qui corrisponde un concreto “processo di scavo”, che produce lesioni, scarti, slittamenti nella materia originaria. Produce conflitti sintattico- semantici, anche gravi, che i prospetti non possono e non vogliono occultare, giacché qui il “pieno tipologico” è funzione del “vuoto materico”. Un vuoto attivo -direbbe Carlos Martí Arís- come quello che caratterizza l’opera del suo maestro Oteiza.

«La massa scultorea si corrode e si assottiglia. Il vuoto va impadronendosi dell’opera. Lo spazio esterno penetra nei limiti della scultura e vi si confonde. L’obiettivo ultimo è la conquista di uno spazio evacuato, disponibile, in cui restano impresse le tracce del laborioso processo di sottrazione».8 O, cambia poco, di astrazione.