III) C ATALOGO RAGIONATO 1) C ATALOGO DELLE OPERE AUTOGRAFE
3) C ATALOGO DELLE OPERE DISPERSE
Berlino
Collezione Johannes Matthias von der Schulemburg Prudenza, Fortezza, Vertumno
Marmo
Le ricerche di Alice Binion (1990) permisero di rintracciare vari pagamenti versati ad Antonio Gai per tre sculture in marmo; nel 1731 lo scultore veneziano ricevette 42 zecchini per una non meglio identificata opera in marmo di Carrara e quattro anni dopo altri 120 zecchini per altre due opere scolpite nella stessa pietra «fatte sul stil antico» (cfr. anche regesto). L’identificazione dei soggetti venne poi specificata dagli inventari della collezione del militare tedesco, dai quale si apprende che la coppia di sculture pagate nel 1733 e nel 1735 raffigura una Prudenza e una Fortezza, mentre citato sempre separatamente è invece un Vertumno. Le opere vennero spedite a Berlino nel 1739 e da quel momento se ne persero poi le tracce non apparendo nel catalogo della vendita della collezione, passata all’asta presso la sede londinese di Christie’s il 12 e 13 aprile 1775 (Binion 1990, p. 68).
Bibliografia
BINION 1990, pp. 127, 138, 140, 146, 190, 221, 268, 274; BACCHI 2000, p. 737; KLEMENČIČ 2005, p. 261; ROSSI 2009, p. 57
Busco, Spresiano Abbazia
Ritratto del Cardinale Querini
L’esistenza di un busto del Gai raffigurante il Cardinale Angelo Maria Querini nell’abbazia trevigiana di Busco, un tempo ricca di opere d’arte (Federici 1803, II, p. 225), fu riferita per la prima volta da Tommaso Temanza ([1738-1778] 1963). Al giorno d’oggi l’edificio sacro è sede di una cantina vinicola e tutte le sue collezioni sono state disperse; la non rintracciabilità dell’opera ci priva purtroppo di un importante tassello per ricostruire l’attività del Gai come ritrattista, annoverante solo pochi pezzi. Anche in assenza della scultura, è tuttavia possibile proporre una datazione successiva al 1727, anno in cui il Querini ricevette la porpora cardinalizia.
Bibliografia
TEMANZA [1738-1778] 1963, p. 32; SEMENZATO 1966, p. 131; MASSIMI 1998, p. 297; BACCHI 2000 p. 738; KLEMENČIČ 2005, p. 261
Carpenedo, Venezia Villa Dolfin
Sculture e vasi
Pietra tenera, Marmo
Spetta ancora una volta a Tomaso Temanza (1738-1778) la menzione di questo perduto ciclo decorante un tempo i palazzi della villa della famiglia Dolfin sul Terraglio; il biografo parlò di sei sculture di Custoza destinati alla decorazione del muro di cinta, a cui seguirono in un secondo tempo altre statue per decorare il giardino, assieme a vasi. I primi manufatti si possono fare risalire al 1720, quando il Gai avrebbe iniziato a scolpire la pietra, mentre i lavori non appaiono essere finiti nel 1725, anno della vertenza tra il Gai e il Collegio degli Scultori; durante il processo l’artista affermò di avere già preso accordi con Vettor e Marcantonio Dolfin per diverse sculture, più precisamente otto vasi e dieci statue in pietra tenera di Vicenza per il primo e una statua in marmo fino per il secondo (Vio 1984). Il Gai eseguì la prova d’arte nel 1727, si può quindi presumere avesse assolto le commissioni Dolfin entro tale anno.
Bibliografia
TEMANZA [1738-1778] 1963, p. 30; CASANOVA 1958, p. 18; SEMENZATO 1966, p. 131; VIO 1984, p. 205; MASSIMI 1998, p. 295; BACCHI 2000, pp. 737-738; DE VINCENTI 2002, p. 246; KLEMENČIČ 2005, p. 260
Este
Palazzo Pisani Sculture Pietra tenera
Ricordate genericamente da Tomaso Temanza (1738-1778), le sculture realizzate dal Gai per il palazzo della famiglia Pisani ad Este (oggigiorno scuola media inferiore)
vennero in seguito disperse. A tale commissione è stata recentemente riferita una Atalanta, attualmente in collezione privata veneziana (cat. 44). Ricerche d’archivio condotte sui libri contabili di Chiara Pisani “Moretta” hanno permesso di rintracciare diversi pagamenti versati al Gai tra il 1744 e 1745, relativi a statue realizzate per il giardino della residenza ad Este (cfr. regesto).
Bibliografia
TEMANZA 1738-1778 [1963], p. 31; SEMENZATO 1966, p. 131; BACCHI 2000, p. 738; KLEMENČIČ 2005, p. 261
Inghilterra
Atalanta, Senatori antichi Marmo, Pietra di Custoza
Esemplare testimonianza del successo riscontrato dal Gai presso la clientela estera, la commissione di Joseph Smith venne ricordata da Tomaso Temanza (1738- 1778) che precisò all’occasione alcuni dei soggetti delle statue; un Meleagro, un’Atalanta e un numero non meglio specificato di Senatori antichi. Non furono tuttavia specificati i nomi dei clienti per cui lo Smith funse da mediatore, così che non si conosce la precisa destinazione oltremanica delle varie sculture. Datate in via dubitativa prima del 1736 sulla base di una lettera dell’ambasciatore Tessin (Vivian 1971), tale collocazione cronologica sembrerebbe essere confermata dall’unica scultura riferibile con una certa sicurezza alla commissione Smith, ossia il Meleagro del Metropolitan Museum di New York, datato 1735 (cat. 26).
Bibliografia
TEMANZA [1738-1778] 1963, p. 31; SEMENZATO 1966, p. 131; VIVIAN 1971, pp. 40-41; PAVANELLO 1995, p. 466; MASSIMI 1998, p. 295; BACCHI 2000, p. 737; KLEMENČIČ 2005, p. 261; ROSSI 2009, p. 60
Mira
Signori Voiuri Vasi e nani Pietra tenera
Praticamente nulle sono le informazioni che possediamo su questi vasi e nani, ricordati esclusivamente da Temanza (1738-1778) presso dei non meglio specificati «Signori Voiuri alla Mira Vecchia» e segnalati come irrintracciabili dall’Ivanoff nel commento allo Zibaldon. Merita di essere rimarcato che questo è l’unico caso in cui l’artista venne documentato come autore di nani, genere che riscosse un discreto successo nella statuaria veneta tra Sei e Settecento (sulla questione si veda Tomezzoli 2004); questo versante dell’attività del Gai rimane purtroppo tuttora ignoto.
Bibliografia
TEMANZA [1738-1778] 1963, p. 31; SEMENZATO 1966, p. 131; MASSIMI 1998, p. 296; BACCHI 2000, p. 738
Mira
Palazzo Venier Vasi e sculture Pietra tenera
Nel suo elenco Tomaso Temanza ricordò «due vasi grandi a grupi di statue di pietra costosa» in un Palazzo Venier senza specificare la città; la citazione, immediatamente successiva al San Carlo Borromeo per la chiesa di Mira, permette nondimeno di identificarlo con l’attuale Villa Venier Contarini anch’essa situata all’interno del territorio del paese in riva al Brenta (si veda l’incisione di Costa 1750- 1762, I 1750, tav. 57 e Bassi 1987, pp. 158-171). Queste opere vennero segnalate disperse dall’Ivanoff nel commento al Temanza.
Bibliografia
TEMANZA [1738-1778] 1963, p. 31; SEMENZATO 1966, p. 131; BACCHI 2000, p. 738; KLEMENČIČ 2005, p. 26
Nervesa della Battaglia Villa Soderini-Berti Vasi e Sculture Pietra tenera
Queste sculture, citate dal Temanza, vennero quasi interamente distrutte nel corso della prima guerra mondiale quando la villa venne seriamente danneggiata e in seguito saccheggiata. Alcune opere, come ci informa Moschetti (1932), vennero trasferite nelle adiacenze di Villa Sicher ad Arcade, anch’essa pressoché distrutta.
Bibliografia
TEMANZA [1738-1778] 1963, p. 32; MOSCHETTI 1932, pp. 249, 254; SEMENZATO 1966, p. 131; MASSIMI 1998, p. 296
Stra
Villa Zanetti Statue Pietra tenera
Anche in questo caso è Temanza ([1738-1778] 1963) a riferire l’esistenza di diverse sculture in pietra tenera realizzate dal Gai per la villa di campagna di Anton Maria Zanetti nella località di Fossolovara a Stra (sull’edificio si veda Brotto, Paccagnella pp. 442-443). Disperse in epoca imprecisata furono in seguito citate come ulteriore testimonianza degli stretti legami professionali e d’amicizia esistenti tra il Gai e l’erudito veneziano (sulla questione si veda per esempio De Vincenti 2002, pp. 243-244).
Bibliografia
TEMANZA [1738-1778] 1963, p. 31; SEMENZATO 1966, p. 131; BETTAGNO 1969, p. 100; BACCHI 2000, p. 738; DE VINCENTI 2002, pp. 243-244; KLEMENČIČ 2005, p. 261; ROSSI 2009, p. 61
Venezia Busto
Si tratta del busto, di soggetto non specificato, che il Gai dovette scolpire durante la prova d’arte necessaria per l’ammissione al Collegio degli scultori, valutato da Antonio Corradini e Giuseppe Torretti. Assieme ad altre opere simili, dovette probabilmente essere venduto nel 1754 dallo stesso sodalizio per far fronte a debiti contratti (cfr. Del Negro 2005, p. 13).
Bibliografia
VIO1984, p. 208, nota 21; GUERRIERO 1995, p. 52; DE VINCENTI 2002, p. 249
Venezia
Accademia di Belle Arti Diana
Marmo
L’esistenza di una Diana appartenente alle collezioni dell’Accademia di Belle Arti fu già riferita dal Temanza ([1738-1778] 1963) e in seguito confermata da un inventario del 1807 ricordato da Gino Fogolari (1914) dal quale si apprende che era collocata su una “gocciola” scolpita da Giovanni Maria Morlaiter. Dispersa in epoca imprecisata, venne ricordata successivamente da studiosi occupatisi del Gai, tra i quali Camillo Semenzato che ne propose una datazione al 1756, concomitante all’ingresso dell’artista nell’Accademia (1966).
Bibliografia
TEMANZA [1738-1778] 1963, p. 31; FOGOLARI 1913, p. 54; MASSIMI 1998, p. 296; BACCHI 2000, P. 737; KLEMENČIČ 2005, p. 261
Venezia
Palazzo Grimani di Santa Maria Formosa Allegoria della Pittura
Ricordata nell’elenco del Temanza che scrisse «Nella casa eccl.mo Grimani una statuina colicata sul antico di marmo di Carrara». Non viene tuttavia specificato l’esatto proprietario della scultura che dovrebbe tuttavia essere Pietro Grimani; l’opera è infatti da identificarsi con ogni probabilità con l’Allegoria della Pittura che il Tessin vide durante il suo soggiorno veneziano del 1736 presso il Procuratore Grimani, sul modello della quale il Gai scolpì successivamente la scultura destinata alla sua collezione (cat. 30). A tale data, Pietro ricopriva ancora la carica di Procuratore, prima di essere stato eletto al dogato nel 1741.
TEMANZA [1738-1778] 1963, p. 31; SEMENZATO 1966, p. 13; BACCHI 2000, p. 737; KLEMENČIČ 2005, p. 261 Venezia Casa Zanetti Statuine all’antica Marmo di Carrara
Gli stretti rapporti di amicizia esistenti tra Antonio Gai e Anton Maria Zanetti ricevono un’ulteriore conferma dall’esistenza di «statuine di marmo di Carara su l’antico» di numero non meglio precisato, un tempo presenti nel palazzo di Santa Maria Materdomini (Temanza 1738-1778). Segnalate disperse nel commento dell’Ivanoff.
Bibliografia
TEMANZA [1738-1778] 1963, p. 30; SEMENZATO 1966, p. 131; BETTAGNO 1969, p. 100; BACCHI 2000, p. 737; DE VINCENTI 2002, p. 244; ROSSI 2009, pp. 60-61 Venezia Libreria Marciana Intagli di Armadi Legno fig. 42
La prima citazione di questi intagli spetta a Tomaso Temanza che riferì allo scultore tutti gli intagli della pubblica libreria [1738-1778] senza precisare la data di esecuzione. Un tentativo di approfondire le vicende che portarono alla commissione venne effettuato da Lucia Casanova (1958) che ricordò diversi documenti (BNMVe, Codd. IT, VII, 753-754) riguardanti intagli eseguiti all’interno della libreria, non riuscendo a reperirvi alcuna menzione del Gai. La studiosa trascrisse anche alcune carte relative ad una commissione del 1762 voluta dal Procuratore Bibliotecario Alvise Mocenigo per degli «armarii nobili e convenienti ad una Pubblica Biblioteca», dubitando tuttavia che il Gai avrebbe potuto a quell’età mettersi in competizione con altri intagliatori. Questi e altri documenti relativi a questi lavori (BNMVe Cod. Ris. 113) vennero in tempi più recenti esaminati da Marino Zorzi nel suo studio sulla libreria marciana (1987) dove ricostruì
dettagliatamente le vicende sottolineando il ruolo avuto dall’architetto Giorgio Massari nel fornire pareri riguardo l’esecuzione dei lavori e quello di Anton Maria Zanetti il Giovane e Battista Gafforello che avrebbero contribuito ad ideare il progetto. Dalle stesse carte d’archivio emerge in seguito che la costruzione degli armadi fu ultimata entro il 1767. Particolarmente preziosa è poi la segnalazione di un appunto dello Zanetti che attribuisce al pittore Giambattista Moretti l’esecuzione degli ornati e la loro esecuzione ad Antonio Gai; tale precisazione passò tuttavia inosservata dalla critica successiva fino a Monica De Vincenti e Simone Guerriero (2009), che sottolinearono come lo scultore non avesse mai abbandonato l’attività d’intaglio nemmeno in tarda età.
Nonostante non esistano più gli armadi è tuttavia possibile avere un’idea dell’aspetto della sala ove lavorò il Gai grazie ad un disegno conservato nel manoscritto numero 10056.2 (It.IV, 8) della stessa libreria marciana, già pubblicato in un saggio di Giulio Coggiola (1906) e nel volume di Marino Zorzi (1987) e raffigurante la parete nord, rivolta verso il campanile. Se ne ricava l’impressione di armadi non particolarmente elaborati con semplici decorazioni a rilievo sulle lesene con vari oggetti tra cui sembra possibile riconoscere un mappamondo. Al centro di una balaustra decorata a con motivi mistilinei intrecciati vi è un oculo sovrastato da un timpano curvilineo; su quest’ultimo siede un putto accompagnato da un leone.
Bibliografia
TEMANZA [1738-1778] 1963, p. 32; COGGIOLA 1906, p. 30; CASANOVA 1958, p. 16-18; SEMENZATO 1966, p. 132; ZORZI 1987, pp. 279, 281, 498 nota 238; PAVANELLO 1995, p. 461; MASSIMI 1998, p. 297; BACCHI 2000, p. 737; KLEMENČIČ 2005, p. 260; DE VINCENTI, GUERRIERO 2009, pp. 142-143
Venezia
Palazzo Cappello, scalone Due sculture
Marmo di Carrara
Menzionate dal Temanza ([1738-1778] 1963), queste due sculture in marmo di Carrara di soggetto imprecisato andarono molto probabilmente disperse in seguito alla distruzione del palazzo ove erano conservate, avvenuta prima del 1821 (sull’edificio si rimanda a Zorzi 1972, II, p. 447).
Bibliografia
TEMANZA 1738-1778 [1963], p. 30; SEMENZATO 1966, p. 132; BACCHI 2000, p. 738
Venezia
Palazzo Corner, San Polo Lavori di intaglio, due Busti Legno, Marmo
Spetta a Giandomenico Romanelli (1998) aver reperito diversi pagamenti versati dal 1740 al 1745 al Gai per numerosi lavori realizzati per il palazzo della famiglia Corner a San Polo (oggi sede della Guardia di Finanza, cfr. Bassi 1976, pp. 334-337); secondo i documenti, trascritti recentemente da Massimo Favilla e Ruggero Rugolo (2012) l’artista è impegnato in varie tipologie di lavori, dal restauro di sculture antiche, passando per la realizzazione di diversi mobili lignei e infine l’esecuzione nel 1745 di due busti in marmo di Carrara.
Bibliografia
ROMANELLI 1998, p. 219; DE VINCENTI, GUERRIERO 2009, p. 142; FAVILLA, RUGOLO 2012, pp. 258-262
Venezia
Chiesa di San Giovanni in Bragora, tabernacolo dell’altare maggiore. Fede
Tra le poche opere veneziane non citate nella lista del Temanza, questa Fede venne ricordata nella guida di Giulio Lorenzetti (1926) ancora all’interno della chiesa di San Giovanni in Bragora ove era posta sopra il tabernacolo. Nel 1958 Lucia Casanova segnalò tuttavia la rimozione dell’opera da parte della Soprintendenza, facendo risalire tale provvedimento agli anni ’40. Non rintracciata dalla studiosa né dal Semenzato (1966), è attualmente dispersa.
Bibliografia
LORENZETTI 1926, p. 288; CASANOVA 1958, p. 42; SEMENZATO 1966, p. 132; MASSIMI 1998, p. 296; BACCHI 2000, p. 738
Venezia
chiesa di San Simeone Profeta, altare maggiore Due Angeli
1738 Marmo Firmati A.G.
Rispetto ad altre opere disperse del Gai, le testimonianze esistenti per questi due angeli sono numerose a partire dal Temanza ([1738-1778] 1963) che li ricordò posti sopra l’altare maggiore della chiesa di San Simeone Profeta. In seguito Moschini li citò in due riprese (1806; 1815) segnalando la firma dello scultore, siglatosi con le sue iniziali. Ulteriori informazioni vennero in seguito fornite da Giuseppe Cappelletti che, in una monografia sulla chiesa (1860), li ricondusse ad una donazione dell’ambasciatore imperiale Luigi Pio di Savoia avvenuta nell’aprile del 1738; il Cappelletti precisò anche la collocazione originaria delle opere, ovvero ai lati dell’altare da dove vennero trasferiti sopra la mensa soltanto nel 1765. Sulla scia di quanto affermato da Cappelletti si menzionano i contributi di Ceresole (1877) e Stefani (1885), mentre nel 1888 avvenne la dispersione delle sculture. Le ricerche archivistiche di Lucia Casanova (1958) permisero di rintracciare un documento redatto il 20 aprile di tale anno, dal sacerdote della chiesa, all’interno del quale venne chiesto alla curia patriarcale di alienare varie opere e oggetti ormai «inservibili al culto», tra cui anche «due figure d’angelo». La studiosa non riuscì a reperire alcun altro documento sulla vicenda, ma la sparizione delle opere induce a pensare che la richiesta fu accolta. La bibliografia successiva segnalò i due Angeli come irreperibili, ma va nondimeno ricordata l’interessante e suggestiva proposta di Monica De Vincenti (2002), che ha ipotizzato un possibile ruolo di Anton Maria Zanetti come mediatore nella commissione tra l’ambasciatore Luigi Pio di Savoia e il Gai. Ultimo intervento in ordine di tempo è quello di Simone Guerriero (2009) che, pubblicando due Angeli adoranti attualmente nella parrocchiale di Saguedo ma di ignota provenienza (cat. 57-58), ha ricordato quelli un tempo in San Simeone, pur riconoscendo la difficoltà di identificazione per via dell’assenza della sigla A.G.
Bibliografia
TEMANZA [1738-1778] 1963, p. 30; MOSCHINI 1806, III, p.101; MOSCHINI 1815, II, prima parte, p. 103; CAPPELLETTI 1860, p. 25; CERESOLE 1877, p. 106; LORENZETTI 1926, p. 450;
CASANOVA 1958, pp. 23-24, 69-70; SEMENZATO 1966, p. 132; MASSIMI 1998, p. 296; BACCHI 2000, p. 738; DE VINCENTI 2002, p. 246; KLEMENČIČ 2005, p. 261; GUERRIERO 2009, pp. 210
Venezia
Trionfi con Giuditta e Oloferne 1743
Questi perduti trionfi per i banchetti dogali vennero ricordati in un manoscritto marciano (Codici Italiani, 11, LVIII, 6925) dove è lodato l’operato dello scultore: «[…] oggi si fece il solito annual banchetto; i Trionfi furono molto belli lavorati dal solito Gai, e rappresentavano la sagra storia di Giuditta e Oloferne con molti padiglioni, torri ed altro, tutto assai ben fatto» (Zanetti 1885).
Bibliografia
[ZANETTI] 1885, p. 130; SEMENZATO 1966, p. 132; PAVANELLO 1995, p. 461; MASSIMI 1998, p. 296; KLEMENČIČ 2005, p. 261
Verona
Intagli della carrozza di Girolamo Pisani 1738-1739
Di quest’opera dispersa, eseguita assieme a Lorenzo Fanoli, esistono numerosi pagamenti conservati nell’archivio dei Pisani Moretta (cfr. regesto; Favilla, Rugolo 2012)
Bibliografia