II) A NTONIO G AI : VITA E OPERE 1) L A FORTUNA CRITICA
2) C ENNI BIOGRAFIC
Antonio Sebastiano Gai, figlio dello “sgarbellador” Francesco quondam Giacomo e di Fiorina nasce a Venezia, nella parrocchia di Sant’Angelo il 3 maggio 1686, ultimogenito di tredici fratelli e riceve il battesimo dieci giorni dopo150; la famiglia probabilmente era originaria di un’altra contrada dal momento che non sono stati reperiti negli stessi registri né l’atto di nascita del padre né quello della madre. Allo stesso modo non è nota la data di matrimonio dei due che dimorano tuttavia a Sant’Angelo già nel 1663, quando viene menzionata nei registri canonici la nascita nella parrocchia della primogenita Barbara Francesca; da tale documento si apprende inoltre che Giacomo era già deceduto151. Gli anni successivi videro l’arrivo, a cadenza più o meno regolare, di altri figli: Giacomo Santo (1665), Santo Pasqualino (1666), Caterina Francesca (1667), Natalino Stefano (1669), Giacoma Ludovica (1671), Pasqua Rossana (1673), Maddalena Barbara (1674), Maria Angela (1676), Angela Virginia (1678), Domenico Giuseppe (1680), Giovanni Battista Pietro (1683) e infine il già ricordato Antonio152. Poco tempo dopo la nascita di quest’ultimo, dovette probabilmente ammalarsi il padre Francesco in quanto nell’atto di decesso, datato 1693, viene definito «infermo da anni 6»153.
150 Regesto, 3 maggio 1686; 13 maggio 1686. Appendice documentaria 1.
151 A differenza di Francesco e poi di Antonio, quest’ultimo non sembra avere svolto mestieri artistici o artigianali; nelle citazioni contenute negli atti di battesimo dei nipoti è solitamente definito «barcarol», ma altre volte è detto «dal pan», forse un soprannome di famiglia.
152 Gli atti di battesimo dei figli di Francesco e Fiorina sono tutti contenuti nello stesso registro; ASPV, Parrocchia di Sant’Angelo, Battesimi, 8, cc. 5v, 10v, 16r, 22r, 30r, 36v, 46r, 59r, 69v, 78r, 88v, 104r, 123r. Tra i padrini si registrano solamente due artigiani: Zaccaria quondam Bernardo Gavazzi
sgarbellador di San Giovanni di Rialto per Giacoma Ludovica, mentre a tenere alla fonte Domenico
Giuseppe fu il pittore Francesco Scaramella quondam Giacomo di San Paterniano. Apparentemente nessuno dei fratelli di Antonio intraprese una carriera artistica, sappiamo tuttavia che Domenico Giuseppe lavorava nel campo delle passamanerie, come testimonia innanzitutto l’atto di matrimonio datato 1705 (CASANOVA, Antonio Gai, 1958, p. 16) e le sue attestazioni in documenti della corporazione dei passamaneri (ASVe, Milizia da Mar, b. 626, fasc. “Notta di tutte le spese dell’Arte de Passamaneri”, 16 aprile 1711; ASVe, Milizia da Mar, b. 678, foglio sciolto, datato 3 dicembre 1730). Muore prima del 1752, anno in cui la sorella Giacoma lascia nel testamento 50 ducati per le sue figlie (cfr. regesto, 16 ottobre 1752).
153 ASPV, Parrocchia di Sant’Angelo, Morti, 7, c. 81v. Dall’atto si apprende che venne sepolto a San Giacomo di Rialto.
Nel 1710 Antonio contrae matrimonio con Lucia figlia di quondam Giovanni Fabri, trasferendosi poco dopo in un'altra parrocchia154; non è assolutamente agevole seguire gli spostamenti dell’artista in seguito alle nozze dal momento che appare cambiare frequentemente quartiere di residenza. Alla fine del 1713 risulta essere domiciliato a Santa Maria del Giglio, dove viene al mondo il figlio Giovanni155 mentre almeno dal 1715 abita a Santa Marina; il 14 novembre di quell’anno nasce Domenico Zuanne Maria156 mentre la moglie Lucia vi muore prematuramente all’età di 32 anni nel 1717157. Nei registri canonici di queste parrocchie non è stato rintracciato l’atto di battesimo dell’altro figlio Francesco che dovette nascere altrove. Dal momento che quest’ultimo porta il nome del nonno, si può ipotizzare fosse il primogenito e la sua data di nascita appare quindi collocabile tra il 1710 e il 1712.
Un indizio sul possibile domicilio del Gai negli anni successivi si ricava da un documento del 1719 relativo al progetto del nuovo Bucintoro, per il quale «s’offerisce per tutti disdotto mille e quattrocento Antonio Gai all’Ospedaletto»158 mentre, dopo diversi anni di silenzio documentario, lo scultore risulta almeno a partire dal 1735 residente nella parrocchia di San Bartolomeo, che non abbandonerà più sino alla morte159. Dagli estimi e dalle dichiarazioni dello stesso Gai sembra emergere che fosse in discrete condizioni economiche dal momento che possedeva una casa di proprietà, il cui piano superiore veniva dato in affitto160. I documenti successivi non aiutano a capire con sicurezza l’esatto luogo di residenza in quanto gli elenchi dei Provveditori alle Pompe del 1745 specificano che il Gai abita a Corte Nova161, mentre documenti successivi riportano invece Corte o Calle dell’Orso162, quest’ultima ancora con questo nome (fig. 39). Nel suo contributo riguardante il Cancello della Loggetta, Victor Ceresole
154 Regesto, 30 gennaio 1710; appendice documentaria 2. Anche i suoi fratelli dovettero trasferirsi visto che l’ultimo documento relativo ad un membro della famiglia Gai reperito nei registri di Sant’Angelo è l’atto di decesso della madre che muore nel 1719 all’età di 80 anni e viene sepolta nella chiesa di Santo Stefano (ASPV, Parrocchia di Sant’Angelo, Morti, 8, c. 121v).
155 Regesto, 4 dicembre 1713; appendice documentaria 3. 156 Regesto, alla data; appendice documentaria 4.
157 Regesto, 11 giugno 1717. Il necrologio la dice deceduta dopo 8 giorni di febbre in seguito ad un parto. Manca però qualsiasi traccia del bambino, sia nel registro dei battesimi che dei decessi. Appendice documentaria 5.
158 Regesto, 6 dicembre 1719. Dimorava quindi probabilmente nella parrocchia di Santa Giustina, sul territorio della quale si trovava l’Ospedaletto.
159 In tale anno gli viene stimata la casa, cfr. Regesto, 1735 (senza data)
160 Nel 1739 la signora Chiara Lavezzani paga 64 ducati annui (cfr. Regesto, 1739, senza data) mentre nel 1767 l’affittuario Antonio Pagnello, ne versa 60 (Appendice documentaria 13).
161 Regesto, 13 luglio 1745; 23 settembre 1745. 162 Appendice documentaria 13-.
riporta una comunicazione fattagli dall’allora direttore dell’archivio dei Frari Bartolomeo Cecchetti, secondo il quale lo scultore avrebbe dichiarato nell’estimo del 1740 di possedere una casa di villeggiatura a Sambruson di Dolo163; nel corso di tale ricerca non è purtroppo stato possibile rinvenire tale documento.
Dalle carte d’archivio è possibile ricostruire parzialmente i legami intessuti dal Gai con familiari, colleghi, nobili o intellettuali del tempo; se una frequentazione professionale con altri artisti è attestata dalla sua continua e attiva partecipazione alle riunioni delle corporazioni di intagliatori e scultori prima e dell’Accademia poi, rapporti di carattere più personale emergono da altri documenti, come i registri canonici. Nell’atto di battesimo di Giovanni, compare come padrino lo scultore Giuseppe Groppelli, in quello di Domenico il pittore Nicola Grassi, mentre nel 1743 Antonio tiene a battesimo Chiara Maria, seconda figlia di Francesco Zuccarelli164. Importante e significativa dovette essere parimenti l’amicizia con Anton Maria Zanetti, con ripercussioni anche sulle opere, come si è già avuto modo di vedere nel capitolo introduttivo. L’artista passò quasi tutta la sua vita a Venezia con tuttavia una non trascurabile eccezione; vi è infatti un vuoto documentario tra il 13 maggio 1759 e il 19 gennaio 1763, data in cui afferma di essere stato lontano diversi anni dalla capitale per non meglio precisati «premurosi affari». Nella stessa dichiarazione, richiedendo il saldo del lavello per la sacrestia della basilica di San Marco, lamenta il mancato rispetto dell’accordo da parte di una persona incaricata di curare i suoi interessi durante il suo periodo di assenza e supplica i Procuratori di San Marco di essere pagato, alludendo a «lagrimevoli circostanze» in cui verserebbe la sua famiglia165.
Probabilmente quest’ultima dichiarazione serviva soprattutto per sollecitare la sua richiesta di pagamento, dal momento che un episodio avvenuto pochi anni dopo lascia supporre che le sue condizioni economiche fossero comunque più che dignitose. Il 14 maggio 1767 si risposa sorprendentemente all’età di 81 anni con una certa Antonia Petruzzi, vedova di Zuanne Guarnieri; il contratto di nozze appare molto vantaggioso per la donna in quanto il Gai si impegna a concederle, in cambio della dote, il libero uso della casa in San Bartolomeo della quale potrà «disponere come di cosa sua propria, libera et
163 CERESOLE, La grille de la “Loggetta”, 1877, p. 107.
164 Regesto, 11 giugno 1743. Anche il figlio Giovanni era in contatto col pittore d’origine toscana, che fu a sua volta padrino della sua figlia Maddalena Maria (Regesto, Giovanni Gai, 30 giugno 1748).
165 Regesto, 19 gennaio 1763. Non è purtroppo noto dove fosse il Gai in quegli anni, visto che nessuna fonte antica fa cenno alla sua partenza; appare tuttavia difficile che si sia recato in un’altra città o paese per ragioni lavorative, avendo oltrepassato la soglia dei 70 anni. Appendice documentaria 11.
expedita senza ostacolo o contradizione di qualunque persona», oltre a nominarla erede universale166. Dalla lettura dell’accordo sembra emergere che lo scultore non navigasse in cattive acque, visti i numerosi beni promessi alla futura moglie. Questa notevole generosità appare tuttavia molto sospetta e i dubbi su quello che appare a prima vista un matrimonio d’interesse appaiono confermati da altri documenti redatti nello stesso anno. Solo un mese dopo il contratto di nozze, egli compare assieme ai figli Francesco e Giovanni davanti ad un altro notaio per affidare loro la procura dei suoi interessi, «attesa l’età sua avanzata nella quale s’attrova, non potendo accudire all’occorrenze de suoi affari»167. In tale documento non viene fatto alcun riferimento ad Antonia, così come in un nuovo atto del 7 luglio ove vengono apportate ulteriori modifiche alla procura, consistenti essenzialmente nell’invito ai figli di agire sempre insieme nella tutela degli interessi del padre e a comunicare qualsiasi loro azione anche allo scultore Giovanni Maria Morlaiter168. Nel mese di agosto detta il testamento; al suo interno, prima di elencare i beni destinati agli eredi, afferma di avere contratto matrimonio solo dopo che la sua «volontà fù circuita, costretta et obligata dalle continue lusinghe, insinuazioni et premure» del figliastro della signora Antonia, don Domenico Guarnieri. Asserisce inoltre di non avere tratto beneficio dalla dote, dal momento che era composta da gioielli e altri beni di sua proprietà, prestati ma non donati alla donna. Autorizza infine i figli ad adire le vie legali per annullare la dichiarazione di contradote, affinché «resti la mia eredità libera da qualsiasi obbligazione, né in alcun tempo pregiudicata». Lascia poi la cospicua somma 500 ducati al figlio Giovanni, alle prese con debiti da saldare, e 400 ducati complessivi per le future nozze delle sue due figlie. Minore (solo 50 ducati) è la somma destinata a Francesco, non essendo quest’ultimo in situazione di bisogno come il fratello. I due sono infine nominati eredi universali e in egual misura di tutti i beni appartenenti ad Antonio169. Nella procura e nel testamento non viene mai citato il figlio Domenico e sembra possibile che fosse già morto a questa data; di quest’ultimo sono state reperite solamente due ulteriori attestazioni, contenute in altrettanti testamenti redatti da Giacoma Gai, sorella di Antonio, il 16 ottobre 1752 e il 9 febbraio 1759. Nel secondo di essi egli è definito tenente, ciò lascia supporre che, a differenza dei fratelli, egli non intraprese la carriera artistica bensì militare170.
166 Regesto, 14 maggio 1767. Cfr. anche Appendice documentaria 13. 167 Regesto, 20 giugno 1767.
168 Regesto, 7 luglio 1767. Appendice documentaria 14 169 Regesto, 24 agosto 1767. Appendice documentaria 15. 170 Regesto, alla data.
Il tentativo di circonvenzione di cui è vittima lo scultore getta un’ombra sugli ultimissimi anni della sua vita, probabilmente contrassegnati anche da problemi di salute. Sino ad allora, nonostante l’età, era rimasto sempre al centro della vita artistica veneziana, occupando a 75 anni anche la prestigiosa carica di presidente dell’Accademia e impegnandosi anche ad eseguire due statue per l’erigenda facciata della chiesa di San Rocco. La procura per i figli, seguita poi dal testamento lasciano però intendere che le sue condizioni fisiche iniziavano a deteriorarsi e gli ultimi pagamenti per le sculture di San Rocco vengono consegnati direttamente da Francesco e Giovanni. Antonio appare non essere nemmeno in grado di sovrintendere alla realizzazione delle opere, che appaiono molto scadenti se confrontate con la sua produzione precedente. Nei seguenti mesi si dirada sensibilmente anche la sua partecipazione alle sedute dell’Accademia dove è documentato per l’ultima volta il 23 marzo 1768171. Il 4 giugno 1769 l’artista muore all’età di 83 anni, in seguito ad un colpo apoplettico che lo aveva colpito 40 giorni prima172.
171 Regesto, alla data.