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1. L’obesità in età evolutiva

2.8 Aterosclerosi

La malattia cardiovascolare è tipica dell’adulto, ma il processo aterosclerotico alla base inizia durante l’età pediatrica. In alcuni ragazzi il processo è inoltre accelerato dalla presenza di fattori di rischio, in primis il BMI aumentato e dunque l’obesità, ma hanno comunque un ruolo importante la pressione arteriosa elevata (il cut-off, da studi epidemiologici, è 110/75 mmHg60), la sindrome metabolica, la presenza di dislipidemia e di una storia familiare cardiovascolare, il fumo di sigaretta ed alcune condizioni particolari quali diabete mellito, malattia renale cronica, trapianto cardiaco, sindrome di Kawasaki, malattia infiammatoria cronica, HIV, sindrome nefrosica75. Si parla infatti di specifiche condizioni di rischio:

- Rischio elevato: diabete mellito, malattia renale cronica, trapianto cardiaco, malattia di Kawasaki con aneurisma delle coronarie75;

- Rischio moderato: malattie infiammatorie croniche come il LES, infezione HIV, sindrome nefrosica, malattia di Kawasaki con pregresso aneurisma delle coronarie, disturbo depressivo e bipolare75.

Questi dati pongono nuovamente le basi per l’importanza della prevenzione e di un primo approccio terapeutico mirato alle modifiche dello stile di vita, fino a terapie farmacologiche vere e proprie75.

Il “Bogalusa Heart Study” (che ha raccolto i dati derivanti dall’autopsia di 204 soggetti giovani non deceduti per causa cardiovascolare) ha evidenziato la presenza di aterosclerosi nel 50% dei casi dei soggetti tra 2 e 15 anni, nell’85% dei soggetti tra 21 e 39 anni. Inoltre, in età evolutiva, l’aumento del BMI e dello spessore del pannicolo adiposo (oltre che della pressione arteriosa e dei livelli colesterolo totale e LDL) sono associati ad un’accelerata aterosclerosi, indipendentemente da altri fattori di rischio. Anche il PDAY (Pathobiological Determinants of Atherosclerosis in Youth) ha esaminato 2876 autopsie di soggetti tra 15 e 34 anni, evidenziando, nei soggetti tra 15- 19 anni, un aumento dei depositi di lipidi e macrofagi nell’intima delle arterie coronarie, nel 10% dei casi, e dell’aorta, nel 30%.

Per quanto riguarda i dati indiretti, ci sono evidenze che cambiamenti nell’anatomia vascolare (spessore dell’intima carotidea aumentato, calcificazioni delle coronarie), cambiamenti meccanici (diminuita distensibilità e aumento della rigidità arteriolare) e cambiamenti fisiologici (diminuzione della dilatazione flusso-mediata, studiata nello studio in oggetto di questa trattazione) inizino precocemente e siano associati al rischio cardiovascolare in età adulta.

Il collegamento tra aterosclerosi in età evolutiva ed in età adulta è stato evidenziato anche da studi prospettici longitudinali, che hanno confermato l’effetto della persistenza dell’obesità nel passaggio all’età adulta58,60:

- Bogalusa study: coorte di 486 adulti, i cui livelli di colesterolo LDL e BMI correlano positivamente con lo spessore dell’intima carotidea (dati mostrano che il BMI correla con lo spessore dell’intima carotidea a 36 anni)62.

- Muscatine study: coorte di 725 adulti i cui livelli di colesterolo totale e il BMI in età pediatrica sono predittivi per lo spessore dell’intima carotidea da adulti. - Young Finns study: i pazienti sono stati seguiti per 27 anni e tale studio ha evidenziato un collegamento tra spessore dell’intima in età adulta e la presenza dell’obesità, i livelli di LDL-colesterolo e di insulina, in età pediatrica. In questa coorte di soggetti, l’esposizione a fattori di rischio cardiovascolari nel tempo è associata alla presenza di calcificazioni nelle coronarie alla TC (un fattore predittivo di eventi cardiovascolari). Altra associazione mostrata è quella tra pressione elevata in età adolescenziale e disfunzione endoteliale 21 anni dopo76.

- ALSPAC study: più di 6500 bambini (80% normopeso, 16% sovrappeso, 4% obesi) in età prepuberale sono stati seguiti nel tempo e quelli obesi hanno mostrato livelli pressori maggiori, maggior frequenza cardiaca, maggior flusso sia a riposo che in iperemia68.

L’obesità concorre al rischio aterosclerotico anche grazie alla dislipidemia associata. Le particelle LDL penetrano nella barriera endoteliale e interagiscono con i proteoglicani dell’intima, portando anche a cambiamenti nei fosfolipidi e nel colesterolo non-esterificato, a causa delle specie reattive dell’ossigeno77. Le LDL circolanti, inoltre, si accumulano nella placca aterosclerotica a livello dei macrofagi schiumosi (tramite recettori scavenger, come CD36 o recettore scavenger B)77. L’uptake da parte di questi recettori richiede l’ossidazione delle LDL, che può avvenire in ogni cellula del sistema vascolare. L’ossidazione risulta nella formazione di isoprostani, che sono radicali liberi prodotti dall’acido arachidonico77.

Dunque le LDL ossidate promuovono l’aterosclerosi tramite77:

- il danno endoteliale: riducono sia direttamente che indirettamente, tramite la maggior produzione di radicali liberi, il rilascio dell’ossido nitrico, che è il maggior determinante della vasodilatazione endoteliale, oltre ad avere un ruolo nell’indurre l’apoptosi delle cellule endoteliali;

- l’alterazione del tono vascolare, con induzione dell’apoptosi delle cellule muscolari lisce ed aumento della responsività delle cellule all’angiotensina II, grazie all’aumentata espressione del suo recettore indotto dalle LDL stesse; - il recruitment dei monociti/macrofagi: sono chemioattrattivi nei loro confronti,

tramite molecole di adesione; - l’induzione dei fattori di crescita;

- l’aumento dell’aggregazione piastrinica e il rilascio dei tromboxani, che contribuiscono alla vasocostrizione e alla formazione di trombi.

Nel processo aterosclerotico hanno un ruolo anche le IDL (Intermediate Density Lipoprotein) e le VLDL. L’aumento dei trigliceridi nelle lipoproteine in questione aumenta l’attività sull’endotelio, facilità l’infiltrazione dei monociti e aumenta i fattori pro-infiammatori77.

Le HDL, invece, hanno una proprietà anti-aterogena, andando a rimuovere il colesterolo dai macrofagi, proteggendo dalla trombosi, contribuendo a mantenere la funzione endoteliale e la viscosità ematica tramite una azione sulla stessa deformabilità dei globuli rossi. Il colesterolo viene trasportato al fegato, dove viene usato per la formazione dei sali biliari. L’aumento dei trigliceridi all’interno delle HDL ne riduce la funzione di efflusso del colesterolo dai macrofagi77. Dati recenti hanno evidenziato il ruolo carrier nei confronti dei microRNA da parte delle HDL. I microRNA sono delle molecole non codificanti di RNA che regolano l’espressione dei geni codificanti le proteine ma sembra, anche se il meccanismo non è ancora chiaro, che abbiano un ruolo a livello vascolare. Ad esempio, l’alterata espressione di queste molecole è correlata alla disregolazione di processi biologici. Ci sono studi circa il loro ruolo nell’aterosclerosi e nella malattia coronarica78.

Da sottolineare è come l’aumento dei trigliceridi sia connesso all’aumento anche dell’apo C-III sulla superficie delle lipoproteine. Ciò porta alla inibizione della lipolisi, a processi infiammatori agendo su monociti e cellule endoteliali, all’interferenza con l’ossido nitrico endoteliale77.

3. La disfunzione endoteliale: un’analisi, a partire dal

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