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La funzione endoteliale nel paziente obeso

3. La disfunzione endoteliale: un’analisi, a partire dal microcircolo, degli effett

3.2 La funzione endoteliale nel paziente obeso

Le varie problematiche cardiovascolari, che ritroviamo in questi pazienti obesi pediatrici, contribuiscono tutte al danneggiamento dell’endotelio, che riflette il rischio cumulativo e fa da marker surrogato per la malattia cardiovascolare precoce. Rappresenta, infatti, il primum movens del processo aterosclerotico80.

Questo perché i diversi fattori cardiovascolari enunciati81(fig. 8) concorrono al fenotipo infiammatorio del sistema vascolare, che rende i tessuti più vulnerabili non solo alla sepsi, ma anche alla ischemia-riperfusione (è proprio questo ultimo trigger che viene esaminato nella valutazione della funzione endoteliale)49.

Figura 8 Determinanti della disfunzione endoteliale nel paziente pediatrico obeso (81)

Ad esempio nel paziente, anche pediatrico68 (fig. 9): - l’insulino-resistenza va interferire con la PI3K (in quanto l’insulina ne è un potente attivatore);

- le LDL ossidate e anche le ADMA (Asymmetric DiMethyl Arginine), entrambe aumentate nel paziente obeso, interferiscono con la eNOS;

- la diminuzione della tetraidrobiopterina rende l’enzima eNOS maggiormente incline alla produzione di ROS, che a loro volta riducono la biodisponibilità di ossido nitrico.

Altro meccanismo che concorre alla disfunzione endoteliale, riguarda il fatto che negli adolescenti obesi (soprattutto in caso di comorbidità obesità-correlate) c’è un numero minore di EPC (Endothelial Progenitor Cells), analizzate con citometria a flusso80. Sono cellule rilasciate dal midollo osseo nella circolazione periferica e vengono incorporate a livello dell’endotelio danneggiato, contribuendo così alla angiogenesi ed ai processi di riparazione. Il meccanismo di rilascio dal midollo osseo non è totalmente chiaro, comunque sembrerebbe il risultato dell’attivazione della MMP-9 (Metallo Peptidasi 9 della Matrice) in un meccanismo NO-dipendente. Di conseguenza, una diminuzione dell’ossido nitrico nella disfunzione endoteliale va a ledere anche il recruitment delle EPC.68,81

Invece in tale popolazione è evidenziato, sempre tramite la citometria a flusso, un numero maggiore di EMP (Endothelial MicroParticles), ossia piccole particelle (100 nm-1 micrometro) derivanti dalla membrana plasmatica delle cellule endoteliali dopo il loro danneggiamento, attivazione o apoptosi. Anche esse hanno ruoli regolatori nei confronti dell’endotelio ed i loro livelli sono inversamente correlati con la funzione endoteliale, soprattutto sul versante macrovascolare. Il meccanismo specifico deve essere ancora meglio esplicitato.68,81

Altre cellule importanti nella funzione endoteliale sono le CAC (Circulating

Angiogenic Cells), che contribuiscono alla riparazione dell’endotelio favorendo il

recruitment delle EPC e la proliferazione delle cellule endoteliali. I livelli delle CAC correlano con la funzione endoteliale e si ritrovano ridotti generalmente negli obesi. Inoltre, in questi soggetti, tali cellule mostrano un deficit di funzione, con resistenza all’azione della leptina, che normalmente ne favorisce l’attività migratoria. Questa resistenza non è stata però dimostrata negli adolescenti obesi. L’ossido nitrico è importante per la funzione delle CAC, di conseguenza anche la sua riduzione potrebbe spiegare la scarsa capacità migratoria delle CAC.68,81

Ulteriori elementi che concorrono alla disfunzione endoteliale sono i processi infiammatori, che risultano attivati nel soggetto obeso e rientrano nel già citato concetto della “adiposopathy”: soprattutto il tessuto adiposo viscerale produce una serie di molecole pro-infiammatorie e di proteine di fase acuta82. Infatti, il tessuto adiposo è invaso dai macrofagi per l’aumentata espressione delle molecole di adesione

sugli adipociti. Questo processo aumenta la diapedesi dei monociti e innesca un circolo vizioso81.

Collegamenti importanti in tale meccanismo sono in particolare:

- una adipochina, ovvero la chemerina: sono stati evidenziati livelli più elevati nei pazienti pediatrici obesi, livelli correlati con la funzione endoteliale. Tra l’altro, in vitro, aggiungendo la chemerina a cellule endoteliali, si assiste ad una up-regolazione dell’espressione delle molecole di adesione81.

- Pentrassina-3: correla positivamente con il BMI e con i livelli di EMP81. - Leptina: risultata aumentata nei pazienti obesi. Quando si lega al suo recettore

sulle cellule endoteliali favorisce lo stress ossidativo, con produzione di radicali liberi, e la produzione dell’endotelina 1. Entrambi concorrono all’induzione del fenotipo infiammatorio a livello endoteliale. Inoltre, le cellule circolanti del sistema immunitario, compresi monociti e linfociti T, presentano il recettore per la leptina, che, una volta legata ad esso, promuove l’attività immunitaria e la risposta infiammatoria49.

- Adiponectina: risulta diminuita nei soggetti obesi. Essa attenua l’espressione delle molecole endoteliali di adesione (come ICAM-1 e VCAM-1), riduce la produzione e l’attività delle citochine pro-infiammatorie (TNF-alfa, IL-6), mentre aumenta quelle anti-infiammatorie (IL-10, IL-1R-antagonista)49. - IL6 (Interleuchina 6): è prodotta da varie cellule, come quelle endoteliali,

immunitarie, oltre che da quelle del tessuto adiposo (che contribuisce al 30% del pool di IL6 circolante). I livelli correlano con il tessuto adiposo ed una diminuzione del peso porta ad una riduzione di essi. Questa interleuchina aumenta l’espressione delle molecole di adesione e del recettore dell’angiotensina I, che contribuiscono al fenotipo infiammatorio a livello vascolare. In particolare, la disfunzione si manifesta come aumentata permeabilità dell’endotelio. Inoltre, l’IL6 aumenta la produzione epatica di proteina C reattiva, una proteina di fase acuta.

- Proteina C Reattiva: ci sono evidenze che causa direttamente infiammazione e disfunzione endoteliale. I suoi livelli sono elevati nei soggetti obesi49.

- TNF-alfa (Tumor Necrosis Factor): è un’altra citochina pro-infiammatoria che può portare a disfunzione delle cellule endoteliali e alterazioni a livello

microvascolare. Tra i suoi effetti troviamo l’up-regolazione delle molecole di adesione, l’aumento dello stress ossidativo, la stimolazione della produzione di chemochine/citochine e la riduzione della funzione barriera. I livelli di TNF- alfa correlano con BMI, percentuale di grasso corporeo e iperinsulinemia49.

Altro elemento importante è il CNP (C-type natriuretic peptide): induce a livello endoteliale la vasodilatazione e risulta diminuito nei soggetti sovrappeso e in quelli obesi (è inversamente correlato con il BMI). Dunque, una diminuzione del CNP è associata ad un’alterata funzione endoteliale, suggerendo un suo ruolo a livello fisiopatologico83.

Il ruolo della funzione endoteliale nell’obesità è anche confermato dal fatto che

interventi quali l’esercizio fisico, la riduzione del peso, una dieta con cibi ricchi di

polifenoli (frutta, te, cacao), hanno un dimostrato beneficio sulla funzione endoteliale,

aumentando il rilascio di NO64:

- ad esempio, dopo un programma di 6 mesi di esercizi aerobici la FMD (flow- mediated dilatation) migliora dell’80% e l’IMT diminuisce dell’8%, oltre che esserci un miglioramento del profilo lipidico e del BMI58;

- anche un training di 10 mesi con dieta idonea e esercizio fisico migliora la funzione microvascolare e macrovascolare, oltre che migliorare l’equilibrio tra EPC e EMP80;

- il supplemento di vitamina C, E, acido folico ha evidenziato un miglioramento nella funzione endoteliale: nell’EARLY study (Endothelial Assessment of Risk from Lipids in Youth) sono stati somministrati 250 mg di vitamina C e 200 UI di vitamina E due volte al giorno per 6 settimane, in uno studio a doppio cieco, e c’è stato un miglioramento della FMD, non però accompagnato ad altri miglioramenti nel campo pressorio, lipidico, infiammatorio58.

Comunque, la disfunzione endoteliale è osservabile in vari studi associata, non solo all’obesità, ma anche all’ipertensione arteriosa, alla storia familiare di ipertensione, al fumo di sigaretta, alla dislipidemia, all’iperomocisteinemia, al diabete mellito, alle malattie infettive e infiammatorie64.

Un elemento importante nella valutazione del microcircolo è la rigidità arteriolare60. Rappresenta, infatti, un ulteriore fattore importante da considerare, in quanto l’elasticità vascolare porta ad una diminuita domanda a livello cardiaco e ad un miglioramento nella perfusione coronarica. La rigidità arteriolare viene misurata come la velocità con cui un impulso viaggia tra due arterie maggiori, di cui una è localizzata nella parte superiore del corpo e l’altra nella parte inferiore. Ci sono metodi indiretti per valutare tale compliance arteriolare: PCA (Pulse Contour Analysis), PWV (Pulse Wave Velocity) e ultrasuoni.

Normalmente la rigidità varia in base al genere, all’età e all’etnia. Dopo aggiustamento per età e genere, la rigidità negli adolescenti e nei giovani adulti è associata alla malattia cardiovascolare. Inoltre, c’è un progressivo aumento di rigidità nei pazienti pediatrici obesi58. Ad esempio, uno studio84 su 500 ragazzi in età scolare ha evidenziato che la PWW femorale è positivamente associata al BMI ed alla percentuale di grasso corporeo. Dopo aggiustamento con altri fattori di rischio cardiovascolari, l’obesità centrale rimane un indice predittivo indipendentemente di tale rigidità, che rappresenta indirettamente un marker aterosclerotico.

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