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Attese paradossali? Partecipazione giovanile e rapporti tra generazion

Un’altra organizzazione è possibile Note per un’agenda di ricerca sulla partecipazione

3. Giovani e partecipazione nell’Italia della crisi e della gerontocrazia

3.2 Attese paradossali? Partecipazione giovanile e rapporti tra generazion

Differenti “generazioni politiche” esprimono verosimilmente differenti modalità di partecipazione e detengono quote di potere distribuite in modo asimmetrico a vantaggio dei segmenti non-giovanili della po- polazione (Bettin Lattes, 2001). Il rapporto tra giovani (che assumo- no tendenzialmente posizioni di outsider) e non-giovani (insider) è dunque un aspetto fondamentale da considerare quando si studia la partecipazione giovanile in un determinato contesto.

Nonostante il recentissimo protagonismo dei quarantenni in alcune sedi-chiave della politica italiana, in Italia i ruoli di responsabilità sono occupati da adulti e anziani in pressoché tutti i settori della vita pub- blica. Partecipare per i giovani significa anche - in modi e casi molto eterogenei - avere a che fare con loro: nel caso in cui i giovani abbia- no a che fare con la politica e le istituzioni, con imprese e sindacati, con le organizzazioni del terzo settore essi avranno a che fare con organizzazioni e istituzioni composte da adulti e anziani e modellate dalle ‘tradizioni’ di questi ultimi. In altre parole: studiare la parteci- pazione dei giovani implica, implicitamente o esplicitamente, trattare questioni di rapporti tra generazioni e tra le culture che le generazioni esprimono.

È utile, ai nostri fini, evidenziare questo aspetto perché i rapporti inter- generazioni possono non essere pacifici. Per quanto infatti, in termini generali, giovani e non-giovani abbiano oggi configurazioni valoriali più simili di un tempo (cfr. Capitolo 1), alcuni lavori più specificamente dedicati ai rapporti intergenerazionali nei contesti associativi segna- lano l’esistenza di fratture tali da rendere a volte paradossali i loro rapporti. Stando ai risultati di recenti ricerche, ciò che avviene nelle organizzazioni di volontariato toscane sembra un caso emblematico. La partecipazione dei giovani costituisce per i dirigenti del volontaria- to toscano un tema di interesse cruciale.

cipale bisogno avvertito dalle associazioni di volontariato. Il pro- blema è drammatico per quanto riguarda il ‘reclutamento’ dei giovani, con cui dare continuità alla struttura e rinnovare le me- todiche di intervento (Salvini, Corchia 2012a: 86).

L’espressione di un bisogno tanto netto da parte dei dirigenti delle organizzazioni toscane di volontariato confligge con i dati sulla con- sistenza della componente giovanile tra i volontari delle stesse orga- nizzazioni. I giovani in Toscana sembrano infatti attivi nelle organizza- zioni di volontariato più che in altre regioni italiane (Salvini 2012a: 42). Anche i risultati di una recente rilevazione condotta su un campione di studenti toscani, “non giustifica(no) affatto la percezione diffusa circa l’assenza dei giovani dal volontariato” (Corchia 2012b: 190): nel campione di studenti toscani tra i 17 e i 18 anni quasi il 18% degli intervistati svolge attività di volontariato all’interno di organizzazioni. Alcuni dati della stessa ricerca mostrano quanto il disallineamento tra percezioni dei dirigenti e dati sull’effettiva quantità di giovani nelle organizzazioni di volontariato abbia origine in differenti ‘tradizioni’ di partecipazione. I dati provenienti dal campione di studenti toscani in- dicano che, diversamente dal passato, la partecipazione dei giovani è più leggera, più libera e svincolata da appartenenze associative ‘pesanti’ e più negoziata con le organizzazioni in cui si è attivi. Quasi un giovane studente su cinque tra quelli intervistati dichiara di ave- re intrapreso l’attività volontaria per ragioni dipendenti da una scelta meramente autonoma (Corchia 2012b: 213). D’altra parte il motivo più scelto per giustificare l’astensione da attività di volontariato è il timore di fare qualcosa di troppo ‘grande’ per sé (ivi, 197). I giovani dai quali i dirigenti del volontariato toscano vorrebbero un maggiore impegno mostrano di sentirsi a proprio agio in una partecipazione associativa (effettiva o potenziale) ben più ‘rilassata’ di quella deside- rata dai dirigenti:

non sarebbero più i volontari a mettersi a disposizione dell’organiz za zio ne, secondo un principio generale di dedizio- ne, ma quest’ultime a doversi rendere flessibili assecondando le esigenze dei propri volontari (ivi, 198).

al volontariato giovanile toscano, era stato osservato che le modalità di fare volontariato dei giovani toscani sono sempre più caratteriz- zate dalla discontinuità, dalla negoziazione, dal bisogno di gratifica- zione personale (Salvini, 2010). Risultano comunque problematiche per quelle organizzazioni di volontariato che cercano di ‘reclutare’ giovani per lo svolgimento delle proprie attività. Le attese di autorea- lizzazione dei giovani che si attivano e le attese di reclutamento delle organizzazioni di volontariato possono infatti non essere coincidenti. La considerazione dei giovani come manodopera con poche prete- se, a servizio di un ‘progetto’ depositato nelle idee, nel sapere e nelle esperienze dei ‘grandi’, risulta contraddittoria con le tradizioni e le attese che i giovani esprimono quando partecipano.

Queste evidenze contribuiscono a chiarire come i rapporti inter-ge- nerazionali in tema di partecipazione possono non essere pacifici. Non solo per questioni (pur assai rilevanti) connesse al ricambio delle funzioni di comando e all’accesso al potere, ma anche - più general- mente - per le contrastanti ‘tradizioni’ di partecipazione che differenti generazioni possono esprimere. Il differente sistema di aspettative può alimentare equivoci e delusioni. La pluralità delle fonti di ricono- scimento personale dei giovani, il loro tendenziale disagio verso for- me di affiliazione incondizionata, la precarietà della partecipazione, della vita e del lavoro possono essere percepiti da adulti e anziani come ‘macchie’ e perturbazioni dell’impegno che si svolge in orga- nizzazioni con culture coese e routine consolidate come le organiz- zazioni di volontariato.

Seguendo una ‘tradizione’ di partecipazione, alcune organizzazioni di volontariato sembrano affrontare il problema del ‘reclutamento’ dei giovani con modalità decisamente top-down, sviluppando iniziative che si approssimano a una ‘dottrina’ del volontariato (Salvini, Cor- chia 2012a: 25). È probabile che questa modalità non si allinei con la ‘tradizione’ di partecipazione che i giovani esprimono. Altre orga- nizzazioni di volontariato, invece, mostrano maggiore apertura verso i caratteri della specifica domanda di partecipazione giovanile, iden- tificando il sostegno al loro ‘protagonismo’ come fattore-chiave della permanenza dei giovani nell’organizzazione (ivi, 26). Pare comunque

difficile uscire con successo e soddisfazione reciproca dai paradossi a cui il rapporto tra giovani e volontariato è esposto senza mettere in agenda la decostruzione delle ‘gelosie’ e delle consolidate preroga- tive esistenti nelle organizzazioni a guida adulta e anziana (Salvini, Corchia 2012a: 59-60).

Capitolo 3

Quanto partecipano i giovani in Italia?