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Decidere Alla ricerca dell’unanimità

Semplicità al potere Reclutare, decidere, dirigere nelle organizzazioni giovanil

2. Decidere Alla ricerca dell’unanimità

I giovani intervistati non si soffermano molto sui processi decisionali interni. Nel caso delle associazioni di più recente costituzione il ca- rattere informale e orizzontale dei rapporti interni alimenta processi decisionali agili. Condividere una (giovane) età anagrafica, un’espe-

rienza associativa bottom-up nonché tempi e luoghi di aggregazione facilita sia il decision-making ordinario che la gestione di momenti di tensione. Anche il piccolo numero degli associati attivi contribuisce in tal senso.

Ciò pare coerente con una cultura dell’organizzare in cui la dimen- sione dello scambio reciproco continuo prevale decisamente sulla dimensione dell’attribuzione di responsabilità. Nel processo di strut- turazione di RiotVan, ad esempio, i ruoli corrispondenti alla divisione del lavoro restano provvisori, i processi di costruzione delle intese permangono informali, i processi di acquisizione delle basi informati- ve necessarie per le scelte continuano ad avere debole strutturazio- ne.

Piano piano abbiamo diviso il lavoro in determinati settori, ab- biamo creato dei piccoli ruoli. Ovviamente non sono fissi, siamo sempre a darci una mano, ognuno è sempre pronto a soppe- rire se qualcuno non ha tempo o ha delle difficoltà. Però si era capito che andava razionalizzato il lavoro. Abbiamo cercato di darci delle scadenze, delle tempistiche. Anche da quel punto di vista abbiamo imparato a strutturare il lavoro, da noi, senza che qualcuno ci dicesse “tu fai questo e basta”. (…) Io ad esempio adesso vorrei rifare le magliette che prima stavamo facendo e mi scontro con loro che dicono “ora non ci sono soldi per fare le magliette”. E io dico “eh ma se facciamo le magliette facciamo dei soldi”. È come se avessimo un Cda che decide come inve- stire i soldi negli anni. Qualche ragazzo di economia ci ha fatto un po’ il bilancio e ci ha detto “quando avete fatto queste ma- gliette ci avete fatto il 200%, rifate queste magliette”, oppure “le avete fatte in questo modo, non le avete vendute, non rifatele”. Cerchiamo anche di avere dei dati per poter dire “lo farei o no” (Attivista Rv_3, Attivista Rv_2)

La collaborazione reciproca non manca affatto nelle organizzazioni più tradizionali come le Società Giovanili di Casteldelpiano. In questo caso, tuttavia, la collaborazione si svolge nel quadro di gerarchie pre- stabilite che sono parte integrante dell’identità dell’orga nizzazione. Il rispetto per la gerarchia, che si impara in Contrada, costituisce uno dei requisiti per la militanza. Per quanto nelle Società Giovanili i com- piti siano distribuiti anche a seconda del bisogno e dell’occasione e per quanto in queste sedi le finalità espressive ed educative preval-

gano su quelle strumentali (la vittoria del Palio), la cultura dell’orga- nizzare che si osserva in questi contesti alimenta processi decisio- nali semplici, riconosciuti e costanti. Questi processi sono chiamati a progettare e realizzare attività che nel corso dell’anno seguono un andamento rituale (incardinato intorno all’evento del Palio, ogni Set- tembre) e che possono contare su formule consolidate nel tempo. Ogni iniziativa viene prima discussa nel Consiglio eppoi deliberata. La sua ‘implementazione’ avviene sulla base della suddivisione delle responsabilità tra i membri attivi della Società e prende le forme di un’intensa attività di riunioni finalizzate all’organizzazione nel detta- glio delle singole iniziative, oltre al lavoro materiale da fare. La cura per il dettaglio e la pianificazione puntuale -e la fatica che ne conse- gue- costituisce un modo di materializzare ed esprimere l’attacca- mento alla causa comune.

Se in questi contesti l’accordo sulla missione, sulle attività caratte- rizzanti e sul funzionamento dell’organizzazione è saldo e dato per scontato, nelle organizzazioni di più recente costituzione può al pro- posito non esservi unità. Il che può generare conflitti di non facile soluzione dentro il gruppo dei giovani attivisti. Nel caso di Ingegneria Senza Frontiere, l’evoluzione delle attività nel corso del tempo alimen- ta una dialettica interna a cui si cerca di fare fronte con gli strumenti della facilitazione e del consenso, evitando logiche maggioritarie. La scoperta dell’esistenza di diversità di vedute all’interno dell’associa- zione, il peso di dover affrontarle, la ricerca di un metodo di confronto sono elementi che entrano a far parte di una “presa di coscienza” da parte degli attivisti. Mettono in difficoltà, ma costituiscono quasi una lezione che altrove non si apprenderebbe.

Per fortuna non ci sono fazioncine. Ci sono ‘scazzi’ un po’ pe- santi durante le discussioni anche dovuti ad atteggiamenti per- sonali. Non sono cose irrecuperabili. (…) Comunque non ti dico “ben vengano”, però è bene che le cose vengano dette e che non vengano lasciate sotto il tappeto, anche se possono portare a contraddizioni, sempre nel rispetto dell’altro, ovviamente. (…) Si cerca sempre di arrivare ad unanimità nelle decisioni (…) I se- minari sulla comunicazione non-violenta ci aiutano… Abbiamo organizzato anche in settimana momenti di condivisione fra di noi in cui si cerca di trovare una tecnica di comunicazione fra di

noi per non arrivare a spaccature (…) Comunque non è che sia- mo arrivati alla spaccatura totale per poi ora ricucire. Abbiamo visto che stiamo andando in quella direzione e quindi ci siamo fermati e messi su un altro binario (…) Si tratta di una presa di coscienza. Iniziamo a capire come poter interagire in un gruppo di persone che hanno idee diverse, modi di esprimersi diversi, personalità diverse… Sono tutte cose che ce ne stiamo renden- do conto piano piano. Spesso e volentieri non abbiamo nemme- no gli strumenti tecnici. Abbiamo anche pensato di chiamare un facilitatore esterno in alcune discussioni, una persona preparata (Attivista Isf_3, Attivista Isf_2)

3. Dirigere. Chiarezza e facilità nell’accesso alle cariche