3. IL RAPPORTO TRA PUBBLICO MINISTERO E POLIZIA GIUDIZIARIA
3.8 L’ ATTIVITÀ DI POLIZIA GIUDIZIARIA
3.8.3 Atti tipici ed atti atipici a disposizione della p.g
Nell’ambito dell’attività investigativa della polizia giudiziaria possono essere distinte attività tipiche ed attività atipiche di indagine322. Le prime consistono nel compimento di atti di indagini esplicitamente descritti, ovverosia espressamente richiamati e disciplinati nelle loro forme e modalità di attuazione dal codice di procedura penale vigente. Le seconde, accomunate da identica ratio, tuttavia, afferiscono a quelle attività non suscettibili di una puntuale definizione legislativa, in quanto non sono formalmente qualificate, né singolarmente regolate dalla fonte codicistica di riferimento. Talune non sono riconducibili a moduli comportamentali predefinibili in astratto e consistono in attività di investigazione che possono assumere le forme più varie.
Il discrimine, in particolare tra atti tipici ed atipici, emerge “in controluce” da un’accurata lettura dei primi due commi dell’art. 348 c.p.p323. Questi atti - appartenenti all’una o all’altra categoria - vengono posti in essere dalla p.g. nello svolgimento delle diverse tipologie di attività: e quindi, completano quelle stesse
322 Si osserva che, la classificazione tra atti tipici ed atipici suggerita dalla relazione al progetto
preliminare del codice di procedura penale, richiama la distinzione tra l’attività «innominata» e quella «generica» che la polizia giudiziaria compie, quando esegue i compiti espressamente disciplinati dal legislatore. Cit. NAPPI, Guida al codice di procedura penale, Milano, 2007, 259.
323 In particolare il secondo comma, descrive sia la direzione della ricerca, che alcuni specifici
atti; tuttavia lascia chiaramente intendere come il suo contenuto sia meramente esemplificativo rispetto a quanto la p.g. può compiere. Quanto detto, viene confermato anche, dal tenore letterale nell’inciso «tra l’altro» contenuto nella frase d’esordio della disposizione.
funzioni tipiche indicate dall’art. 55 c.p.p. Diversi atti di indagine sono, come detto, espressamente disciplinati - e quindi fanno parte delle c.d. attività tipiche -
agli artt. 349-357 c.p.p. (titolo IV del libro V): così, l’art. 349 c.p.p. relativo all’identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e di altre persone; gli artt. 350 e 351c.p.p. per le sommarie informazioni da tali persone ovvero da imputati in procedimento connesso (art.351 comma 1 bis c.p.p.); l’art. 352 c.p.p. sulle perquisizioni; l’art.353 c.p.p. per l’acquisizione di plichi o di corrispondenza; l’art. 354 c.p.p. per gli accertamenti urgenti su luoghi, sulle cose e sulle persone; l’art. 355 c.p.p. per il sequestro del corpo reato e delle cose a questo pertinenti nel caso di pericolo di dispersione della prova e nel caso in cui il p.m. non possa intervenire tempestivamente.
Quindi, con il codice di rito penale alla mano, possiamo fare una breve rassegna della disciplina che riguarda le principali attività tipiche svolte dalla polizia giudiziaria. Secondo l’art. 349 c.p.p., «la p.g. procede all’identificazione della persona - anche eseguendo, ove occorra «rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici nonché altri accertamenti» - nei cui confronti vengono svolte le indagini e delle persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti». La p.g. procede «al prelievo coattivo»324 di materiale
biologico (capelli o saliva) - nel rispetto della dignità personale del soggetto -
324 Comma inserito, ex l. 31 luglio 2005, n. 155, in tema di misure urgenti per il contrasto al
terrorismo internazionale. L’identificazione delle persone coinvolte nel procedimento penale ha assunto una maggiore rilevanza in seguito al verificarsi degli episodi di violenza legati al terrorismo internazionale. Perciò l’elevato grado di pericolo, giustifica tale previsione normativa.
quando manca il consenso dell’interessato, previa autorizzazione scritta, oppure resa oralmente e confermata per iscritto, del p.m. Nel caso di rifiuto o quando sussistono elementi tali da ritenere la falsità dei documenti forniti, la p.g. procede all’identificazione, accompagnando i soggetti nei propri uffici; trattenendoli non oltre le 12 ore, ovvero al massimo non oltre le 24, previo avviso, anche orale, al p.m. Comunque, in quest’ultimo caso specifico, la p.g. è tenuta ad informare immediatamente il p.m., che valutata la situazione può ordinarne anche il rilascio, nel caso in cui non sussistano i presupposti.
L’art. 350 c.p.p. prevede che gli ufficiali di p.g. quando assumono «sommarie informazioni utili per le investigazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini (che non si trovi in stato arresto o di fermo)» debbono procedere secondo le particolari cautele del caso: e quindi è prevista la necessaria assistenza del difensore (nominato di fiducia o di ufficio da parte del p.m.) e l’impossibilità di assunzione dall’imputato in vinculis. Tali cautele vengono meno per le sommarie
informazioni assunte sul luogo o nell’immediatezza del fatto-reato, in quanto inutilizzabili processualmente e serventi al solo fine di proseguire le indagini. Per quanto concerne invece le dichiarazioni spontanee rese dall’indagato di propria iniziativa alla p.g., queste sono utilizzabili nelle indagini, nell’udienza preliminare e nei riti premiali, mentre nel dibattimento esclusivamente per le contestazioni (art. 503 comma 3 c.p.p.). L’art. 351 c.p.p. disciplina «l’assunzione delle sommarie informazioni» (e quindi fonti di prova e non prove, perciò non testimonianza) della p.g. «dalle persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini». Una tutela specifica e particolare - l’ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria
infantile, nominato dal p.m. - è prevista quando si devono assumere sommarie informazioni da minori.
L’art. 352 c.p.p. disciplina l’iter specifico del procedimento di
«perquisizione» personale o locale, esercitato dagli ufficiali di p.g. nella flagranza di reato (art. 382 c.p.), nel caso di evasione (art. 385 c.p.), o nei casi previsti dal comma 2, «quando hanno fondato motivo di ritenere che sulla persona si trovino occultate cose o tracce pertinenti al reato che possono essere cancellate o disperse ovvero che tali cose o tracce si trovino in un determinato luogo o che ivi si trovi la persona sottoposta alle indagini o l’evaso». La p.g., conseguentemente, adotta anche «le misure necessarie ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirne l’alterazione», anche dei sistemi informatici o telematici325. Inoltre la
p.g. può eseguire anche al di fuori dei limiti temporali (art. 251 c.p.p.) la perquisizione, quando il ritardo potrebbe pregiudicarne l’esito. Tuttavia sulla stessa p.g., residua l’obbligo di informare prontamente - «senza ritardo» e comunque non oltre le «48 ore» - il p.m., il quale nelle 48 ore successive, se ne ricorrono i presupposti, convalida la perquisizione. L’art. 353 c.p.p. disciplina l’attività di p.g. «quando vi è necessità di acquisire plichi sigillati o altrimenti chiusi». Con tale disposizione si è cercato di bilanciare l’esigenza di assicurare le fonti di prova, con il diritto costituzionalmente garantito, di corrispondere e comunicare liberamente. La norma prevede che, l’ufficiale di p.g. li trasmetta intatti al p.m., per l’eventuale
sequestro; tuttavia quando sussiste fondato motivo che i plichi contengano notizie utili (e le stesse possano andare disperse, compromettendo così le indagini), l’ufficiale informa prontamente il p.m., il quale può autorizzarne l’apertura immediata e l’accertamento del contenuto. L’art. 354 c.p.p. prevede che gli ufficiali e gli agenti di p.g. conservino (e quindi assicurino contro mutamenti) le tracce dei luoghi o delle cose, prima dell’intervento del p.m. «Nei casi di urgenza o di mancata assunzione della direzione delle indagini», da parte del p.m., la p.g. interviene personalmente attraverso «accertamenti» e rilievi, affinché non si alterino o si disperdano o comunque si modifichino «le cose, le tracce o i luoghi indicati» (nel caso, «sequestrano il corpo del reato» e le cose a questo pertinenti); può inoltre compiere necessari «accertamenti e rilievi sulle persone» diversi dall’ispezione personale (per quello biologico, invece, si osserva l’art. 349 c.p.p.). Nel caso di sequestro, la p.g. ha l’obbligo di redigere il verbale (art. 357 c.p.p.) enunciarne la motivazione e consegnarlo senza ritardo (e comunque entro le 48 ore), al p.m. del luogo dove è stato eseguito. Il p.m., se ne ricorrono i presupposti, nelle 48 ore successive convalida l’atto, oppure dispone la restituzione delle cose. Questo, è quanto previsto dall’art. 355 c.p.p., in tema di convalida del sequestro.
Comunque sia, le attività tipizzate non danno conto di tutte quelle attività esperibili dalla p.g., poiché nell’ambito delle medesime funzioni, la p.g. può svolgere anche operazioni non predeterminabili con una tipizzazione normativa: le c.d. attività atipiche. Tra queste attività “innominate” sono ricomprese, ad esempio,
le operazioni di osservazione, controllo, appostamento e pedinamento anche attraverso l’uso del sistema di rilevamento satellitare, il riconoscimento fotografico,
le videoregistrazioni in luoghi pubblici, gli atti posti in essere dall’agente sotto copertura, il sopralluogo, ecc. L’attività atipica non ha una particolare disciplina, dovendo solo avere riguardo alle esigenze di indagine da tutelare in relazione al caso concreto ed al dovere di informazione nei confronti del pubblico ministero che cura il coordinamento delle investigazioni. Questa attività, tuttavia, non permette agli organi di p.g. di considerarsi liberi di scegliere le modalità di assunzione e formalizzazione delle proprie attività di indagine; poiché qualora per una determinata attività sia stata prevista normativamente un’apposita regolamentazione, questa non potrà che essere compiuta seguendo quelle specifiche modalità326. Pertanto, se da un lato la previsione di una clausola di
apertura verso forme non regolamentate di attività risulta funzionale a non imbrigliare eccessivamente le potenzialità esecutive in merito all’esigenza ed alla fisionomia concreta delle investigazioni; dall’altro vi è il pericolo di ledere i diritti fondamentali della persona, in quanto si pone il problema della legittimità degli atti stessi327. La polizia giudiziaria, inoltre, compie atti che possono definirsi “soggettivamente atipici”, nel senso che pur essendo tipici quanto al contenuto, oggetto e caratteristiche (in quanto ordinariamente eseguiti dal p.m.), sono atipici con riferimento al soggetto che li compie, la polizia giudiziaria in luogo del pubblico ministero, espressamente legittimato all’atto.
326 Cit., ALONZI, Le indagini di polizia g. nell’ambito dell’accertamento penale, II, in Procedura penale,
a cura di Spangher, Milano, 2015, 541.
327 Secondo le sezioni unite della Corte di Cassazione e La Corte Costituzionale, la questione
verte intorno all’utilizzabilità o meno di elementi di prova assunti contra constitutionem: tali atti atipici, devono ritenersi inutilizzabili, tutte le volte che pregiudicano i diritti costituzionalmente garantiti.