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attivano l’impegno comune

Nel documento Ottobre - Dicembre 2019 (pagine 58-62)

L’adozione di scelte per la riduzione delle emissioni è maggiore dove questi comportamenti virtuosi sono più visibili e nei contesti in cui ci si aspetta che anche altri faranno lo stesso, rivela uno studio internazionale. E questo meccanismo di azione dal basso può allargarsi e produrre trasformazioni su larga scala, fino ad influenzare gli accordi internazionali sul clima.

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gli accordi commerciali con le politiche di riduzione delle emissioni”.

I protagonisti dello studio

Lo studio è stato pubblicato sulla Review of Environmental Economics and Policy con il titolo “Cooperation in the Climate Com-mons”. Gli autori sono Stefano Carattini (Georgia State University, USA), Simon

Levin (Princeton University, USA) e Ales-sandro Tavoni (Università di Bologna,

Dipartimento di Scienze economiche). proprio da questo meccanismo di influenza

e imitazione da parte dei diversi paesi coin-volti. Tanto che l’annuncio del ritiro degli Stati Uniti dall’accordo non è stato seguito da altre defezioni. “Al contrario – precisa Alessandro Tavoni – la decisione degli Stati Uniti è stata contrastata da una maggiore spinta alla coesione. La Francia, ad esempio, ha di recente organizzato un summit riser-vato ai soli paesi decisi ad impegnarsi per la lotta al cambiamento climatico, mentre l’Unione Europea ha proposto di collegare gliate a scegliere queste soluzioni se vedono

che altri nella loro cerchia sociale le hanno già adottate”. Un meccanismo di imitazione, questo, che può essere sfruttato anche in modo attivo per favorire comportamenti vir-tuosi. Si è visto, ad esempio, che informare le persone sul livello di consumo energetico delle loro abitazioni in relazione alla media registrata dalle abitazioni vicine favorisce, nel caso di valori sopra la media, la ridu-zione dei consumi. Ricordare alle persone quanto sia importante risparmiare energia, inoltre, evita che chi consuma meno della media decida di consumare di più.

Il ruolo della fiducia

Il passo successivo, a questo punto, è diffon-dere le azioni virtuose per la riduzione del-le emissioni su contesti più ampi. Ed è qui che, accanto alla visibilità, entra in campo un altro elemento decisivo: la fiducia. “Nei paesi in cui il livello di fiducia reciproca è alto, sono maggiori le azioni intraprese dai singoli cittadini per la riduzione delle emissioni”, dice infatti Tavoni. “Questo per-ché ci si aspetta che i propri concittadini, e magari anche i cittadini di altri paesi, si impegneranno allo stesso modo per favorire il bene comune”. Alcuni studi, ad esempio, hanno mostrato come cittadini svedesi o sviz-zeri siano disposti a versare un contributo per mitigare gli effetti del cambiamento climatico se convinti che ci sia un’alta percentuale di persone nel loro paese che farebbe lo stesso. Quando si parla di azioni per contrastare il cambiamento climatico, del resto, la fiducia (o la sua mancanza) è decisiva anche nelle relazioni internazionali e nelle complesse trattative per raggiungere accordi condivisi. A questo livello, l’analisi dei ricercatori mo-stra che una soluzione efficace è l’annuncio da parte di un paese o di un gruppo di paesi di azioni significative per la riduzione delle emissioni. Queste scelte politiche, infatti, fi-niscono per influenzare gli altri stati, che a loro volta decidono di intraprendere azioni simili. Un esempio viene dall’Irlanda, che ha annunciato poche settimane fa di esse-re pronta a far saliesse-re la tassa sull’anidride carbonica fino ad 80 euro per tonnellata di CO2: uno dei numeri suggeriti nel recente rapporto sul clima firmato da Nicolas Stern e Joseph Stiglitz. Il processo di negoziazione che ha portato all’Accodo di Parigi sui cam-biamenti climatici – suggeriscono i ricer-catori – potrebbe essere stato condizionato

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L’Amazzonia brucia, il bosco Chiquitano è ferito a morte e tra le fiamme brucia an-che parte delle speranze per la Bolivia e per il mondo. Non so se questi sentimenti si possano trasformare in qualcosa di mi-gliore. Per il momento, fanno solo male e generano un’amarezza liquida che sgorga dagli occhi anche se non si vuole. Questo sentimento si aggiunge, come un fiume amaro, al malessere quotidiano di respirare un’aria avvelenata nelle città, bere acqua insicura e malsana, mangiare alimenti contaminati con agenti chimici… Questa nozione di vulnerabilità sembra ac-compagnarci sempre di più e si aggiunge all’orrore dei crimini contro le donne, la tratta di bambini e bambine, il teatro cini-co e surreale dei politici che pende cini-come una spada di Damocle. Ci sentiamo sempre più preda di decisioni ignoranti, stupide e arbitrarie sulle nostre vite e su quelle degli esseri che amiamo.

La distruzione senza rimedio del bosco a causa della deforestazione condanna a una morte lenta. Come se non lo sapessero quelli che ci hanno portato a questa situazione limite. Il bosco, il Gran Chaco Chiquitano e l’Amazzonia, sono una fonte di vita perché assicurano i cicli della biodiversità, dell’ac-qua, della purificazione dell’aria rarefatta

del pianeta. L’Amazzonia é una fonte gene-rosa e magica di acqua e umidità per il con-tinente, perché i suoi alberi la producono in forma di vapore nelle nuvole che volano verso altre regioni con il vento, portando pioggia, tenerezza e vita alla terra. Antonio Nobre, scienziato appassionato dell’Amaz-zonia, affermava tempo fa che queste “nubi volanti”, prodotto della magia e della ge-nerosità degli alberi, potrebbero essere in pericolo per l’effetto della deforestazione e che questo grande polmone di aria e vitali-tà potrebbe dare inizio a un processo irre-versibile, se la misura della deforestazione oltrepassa un certo limite.

Questo dono della terra – invisibile come i popoli indigeni che si prendono cura e proteggono il bosco, invisibile come il la-voro delle donne per prendersi cura della vita, invisibile come la forza e il valore della gente che collabora per spegnere il fuoco – é stato distrutto. Le decisioni di Morales e García Linera, nel caso boliviano, hanno condotto a una depredazione del territo-rio e del tessuto sociale senza precedenti. La loro scommessa a favore dell’etanolo, la loro permissività con i transgenici e la conseguente espansione delle coltivazioni, lo stimolo all’allevamento su larga scala per l’esportazione di carne in Cina, le loro leggi

e decreti per ampliare la frontiera agricola di piccoli produttori e coloni, le politiche per ampliare la frontiera del gas e petrolio nella giungla fino a considerare il fracking come alternativa e, come corollario, l’ap-provazione della Legge e del Decreto che hanno autorizzato gli “incendi controllati”, sono state azioni critiche che con le loro dinamiche hanno condotto al disastro. Mai come ora abbiamo vissuto tanta vio-lenza contro la Natura. E i suoi gestori non sono coscienti di questo. É proprio lì che risiede il pericolo maggiore: nell’ignoranza del danno e della distruzione prodotti dalla loro azione; nella mancanza di limiti che viene dalla cultura dell’impunità che sostie-ne la burocrazia dello Stato Plurinazionale, quello che Hanna Arendt chiamerebbe “la banalità del male”.

Abbiamo vissuto addormentati: “Ci succe-de qualcosa”, dice la gente, “non reagiamo più”; prima un solo grido fermava gli impo-stori, faceva cominciare la ribellione. Oggi ci superano i meccanismi di un potere che cre-sce impune con gli altoparlanti della pompa magna populista. Dopo che tutto è già stato distrutto e il fuoco continua ad assediare i territori, i principali responsabili di questa tragedia elaborano una post-verità in stile hollywoodiano per risistemare le pedine

sul-L’Amazzonia

brucia

Lo sfruttamento incontrollato del suolo e della foresta non produrrà vantaggi per l’economia ma rappresenta un danno irreversibile per la salute di tutto il continente. Dalla Bolivia la denuncia delle donne native.

TERZA PAGINA 57 igiene urbana igiene urbana ottobre-dicembre 2019 DOSSIER CLIMA

Forse l’unica speranza sta nei nostri corpi, che hanno la qualità della memoria, del mo-vimento, dell’interconnessione auto-riflessiva e relazionale. Oggi l’unica ribellione possi-bile è quella del corpo in connessione con la natura, un’alleanza con le altre specie e gli esseri che sono nati assieme agli umani e sono diventati prigionieri della razionalità capitalista patriarcale ed ecocida. I nostri cor-pi hanno sentimenti e questi possono essere trasformati dalla sensazione di oppressione e immobilità a cui conduce la paura ad una sensazione di ribellione e ricerca di nuovi orizzonti dalla terra. Da questa terra dolce che, sebbene bruciata e danneggiata a morte, custodisce i corpi degli alberi e degli anima-li sacrificati; e contiene le ceneri che – nel dolore profondo del nostro essere – stanno muovendo una connessione vitale nelle no-stre acque interne: quelle della mente, dei sentimenti e del cuore.

Si tratta di qualcosa che, ovviamente, i ge-rarchi del saccheggio non capiranno mai.

Elizabeth Peredo Beltrán è una psicologa socia-le, scrittrice, femminista e attivista per la difesa dell’acqua, della terra e diritti umani. È stata Coordinatrice del Comitato Nazionale per la So-lidarietà con i lavoratori domestici in Bolivia e ha promosso e coordinato la campagna “Blue October” in Bolivia, una grande mobilitazione sociale annuale per il diritto all’acqua come bene comune.

Traduzione per Comune-info: Michela Gio-vannini

qua uccide, che il machismo denigra, che la violenza distrugge, che l’ambizione e il calcolo politico corrompono, che l’eccesso di permanenza al potere è malsano e può arrivare a essere criminale.

Abbiamo bisogno di limiti, ci dice la teo-loga ecofemminista brasiliana Ivone Gue-bara, e credo che la coscienza di questi limiti deve essere costruita con amore, ma anche con ribellione e disubbidienza, con la forza dell’indignazione che nasce da un ethos della cura della vita, oggi assente nei governi della nostra America. Non so se siamo ancora in tempo.

la loro scacchiera. Anziché l’incendio, é la spettacolarizzazione del Supertanker (aereo cisterna, ndt) che arriva a salvare il piccolo villaggio e che diventa il protagonista prin-cipale. Il “cambiamento climatico” comin-cia a ballare nelle bocche dei negazionisti e non avrà nessuna conseguenza.

Ma la storia può essere implacabile e Mo-rales sarà ricordato, da oggi e per sempre, come il maggior depredatore indigeno dell’Amazzonia e del Chaco. Questa trage-dia provocata dall’ambizione politica ed economica autoreferenziale e autoritaria deve essere documentata, spiegata alle ge-nerazioni successive. Perché è una politica sui corpi che riproduce il potere patriarcale ed ecocida in tutti i territori, e la Bolivia non é un’eccezione. La distruzione dell’A-mazzonia è il risultato dell’alleanza del patriarcato autoritario e violento con il grande capitale che esige vita per costruire i suoi castelli di plastica. Bisogna nomi-narla per imparare che il poco che resta si deve CURARE, restaurare, proteggere. Per sapere che ciò che conta non é l’intelletto impostore che trucca l’ingiustizia e la di-struzione con parole come quelle di García Linera, ma la coscienza dei limiti, il sapere che il fuoco brucia, che la mancanza di

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Il quadro nazionale relativo al governo dei rifiuti urbani deve affrontare a breve un pro-fondo rinnovamento a seguito della pubbli-cazione nel luglio 2018 nella sua versione definitiva del “Pacchetto sulla Economia Cir-colare”. Tale Pacchetto, nella sua prima pro-posta, pubblicata nel Luglio 2014 era signi-ficativamente sottotitolato “un programma Rifiuti Zero per l’Europa” a testimoniare il solido legame reciproco tra visione circolare di una economia efficientata a livello UE e l’implementazione delle strategie Rifiuti Zero, che ne possono essere lo strumento attuativo nei programmi locali.

Il percorso istituzionale di tale pacchetto era iniziato nel 2014 ed include le seguenti pre-visioni qualificanti:

• L’aumento degli obiettivi di riuso e riciclo al 65% del RU nel 2035 (l’obiettivo attuale dato dal-la Direttiva-quadro 2008/98 è del 50% al 2020). L’obiettivo è espresso in termini di tasso netto di riciclo, ossia sottraendo gli scarti dei processi di riciclo compostaggio, il che comporta la necessi-tà di conseguire tassi aggregati di RD dell’ordine almeno del 75%;

• Un obiettivo per i rifiuti di imballaggio più elevato (pari al 70% al 2035);

• La minimizzazione del ricorso alla discarica (10% al 2035);

• L’obbligo di raccolta differenziata dell’organico in tutta Europa a partire dal 2024 (la precedente formulazione dell’articolo 22 della Direttiva-qua-dro recitava invece “i Paesi Membri dovrebbero

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